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Autore: TonyCocchi    27/10/2012    7 recensioni
Song-fic ispirata dai numerosi “multilingua” hetaliani su You Tube.
La canzone viene dal film di animazione Spirit, ed esprime quell’incrollabile volontà di battersi che tante nazioni, grandi ma soprattutto piccole, hanno dovuto tirar fuori per sopravvivere quando è stato il momento. Quella volontà che, a volte vincendo a volte venendo sconfitte, ha comunque fatto gridare loro, a nemici ben più potenti, “Io sono libero!”, “Tu non mi avrai!”, “Non senza combattere!”.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Finlandia/ Tino Väinämöinen, Inghilterra/Arthur Kirkland, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hetalia - You Can't Take me

Ciao a tutti, cari lettori! Rieccomi a scrivere anche con i postumi della febbre ^__^
Per chi non lo sapesse, questi “multilingua” di cui ho detto nell’intro sono dei video di you tube in cui le canzoni dei film d’animazione, disney e non, sono mixate con strofe delle varie lingue, mentre scorrono immagini delle nazioni di Hetalia corrispondenti.

Vi consiglio di vederne qualcuno, alcuni sono molto belli ^__^ Basta scrivere su you tube “aph hetalia multilanguage” e il titolo del film o della canzone (in inglese) che più preferite.

Nel frattempo, ecco una fanfic “multilanguage” tutta per voi ^__°

La canzone è “You can’t take me” del film Spirit (la linko in italiano ad inizio fic).

Buona lettura!

 

 

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=6Y9OfqtIxXE

 

 

Eccolo.

Il momento di combattere.

Più che mai.

 

Got to fight another fight - I gotta run another night
Get it out - check it out
I'm on my way and I don't feel right.

 

Il passo della marcia del giovane America era incerto e spaventato.

Verso di lui e gli altri ribelli americani avanzavano al contrario i granatieri, tra i migliori reparti che le giubbe rosse avessero da lanciargli contro.

Brutto modo per iniziare la sua prima battaglia. Avanzavano al suono di flauti e tamburi, tutti perfetti nel passo, mentre la loro sembrava una massa di straccioni sbandati. Venne dato l’ordine di caricare i fucili e prepararsi al fuoco: obbedì con la mano che gli tremava, mentre i nemici, veloci come automi, già puntavano le loro armi.

La prima scarica decimò la prima fila, dove si trovava. Paralizzato, vide gli uomini alla sua destra e alla sua sinistra cadere a terra, mentre una striscia rossa di sangue schizzava sul suo volto macchiandogli la guancia. La guerra era orribile, insopportabile.

 

I gotta get me back

I can't be beat and that's a fact

It's ok, I'll find a way
You ain't gonna take me down no way

 

Strinse i denti: non si era infine deciso a fare la voce grossa con Arthur dicendogli che ormai era grande abbastanza per badare a sé stesso per poi pisciarsi addosso al primo momento di fare sul serio!

Veloce come un lampo finì di pressare la polvere, accese la miccia e puntò.

Sapeva ciò che voleva!

 

Don't judge a thing until you know what's inside it
Dont' push me - I'll fight it
Never gonna give in - never gonna give it up no

 

Mise il casco da pilota e percorse di corsa la pista.

Il suo Spitfire Mark lo aspettava per un’altra giornata da eroi sui cieli della sua isola.

“Contatto!”

I motori del suo aereo urlarono grintosi la propria ansia di tornare lassù, dove infuriava la battaglia.

Arthur salutò con un cenno della mano i suoi fidi meccanici e sospirò, avvinto da quei pensieri che a un tempo lo demoralizzavano e lo caricavano.

Ormai era rimasto solo.

Polonia, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, erano già caduti.
Era l’ultimo rimasto. Un mondo intero sperava unicamente in lui, la libertà e il desiderio di democrazia di tanti popoli gravavano tutti sulle sue spalle.

Un fardello simile avrebbe appesantito chiunque al punto da schiacciarlo a terra; nessun aereo ce l’avrebbe fatta ad alzarsi in volo in quello stato. Non il suo.

Lì in alto, le sue urla tonavano più delle sue mitragliatrici, ogniqualvolta un ennesimo moscone nemico veniva abbattuto.

Il leone d’Inghilterra si sarebbe sempre alzato in volo, sempre;  non importava se solo o in compagnia, non importava quante bombe e razzi sarebbero piovuti sulle sue città a seminare lutti.

Si sarebbe sempre alzato a combattere, per sé stesso e per tutti gli altri.

 

Je suis fière et libre comme l'air
Seul maitre de mes frontières

Jamais j'ai laissé jamais je n'abandonnerais non
Je défendrais ma vie!

 

Le pale del mulino di Valmy giravano piano come sempre avevano fatto, incuranti della battaglia che si svolgeva dinanzi ad esse.

Ai piedi della costruzione, le linee francesi osservavano il tiro dei cannoni nemici farsi sempre più serrato, ogni esplosione era una martellata di paura dritta al cuore; di lì a breve i soldati austriaci e prussiani, molto più numerosi e addestrati di loro si sarebbero lanciati all’attacco.

Francis scrutò l’ingrigito cielo autunnale sopra di loro con l’occhio non coperto dalle bende: potevano anche farcela, le uniche nuvole di cui doveva preoccuparsi erano quelle che ingrigivano il cuore dei suoi uomini.

“Soldati!” –li chiamò il loro comandante ferito, sguainando la sciabola- “Tutto quello per cui abbiamo sofferto in questi ultimi anni, tutto quello che abbiamo faticosamente ottenuto e che potremmo ancora ottenere è minacciato da qualche monarca straniero impaurito! Oserete voi permetterglielo? Per cosa sono morti i vostri fratelli francesi attaccando la Bastiglia, o facendosi massacrare dai mercenari svizzeri del re?”

Si fermò per godersi un soffio di vento sul viso, e lo scoppio una cannonata alle sue spalle. Indicò le due colonne nemiche in avvicinamento.

“Il mondo sta cambiando. Abbiamo deciso noi francesi di cambiare, e non torneremo sui nostri passi! Se siete d’accordo con me, respingeteli!”

Colmo d’emozione, sulle ali di quel vento di cambiamento che aveva preso a soffiare in quella grande nazione, il mulino fece girare le sue pale più forte che mai.

 

To stale dreczy mnie

Dlaczego wszystko poszlo zle

Chce juz odejsc stad

Nie jestem tam, gdzie jest mój dom

 

Feliks stava cercando di sfruttare al massimo la fioca luce nella stanza per controllare che il fucile fosse pulito ed affidabile. Mentre le esplosioni e colpi di mitragliatrice che si sentivano per tutto il quartiere non riuscivano a smuoverlo, fu la voce stanca di uno degli altri presenti, un vecchio dai vestiti consunti, e dalla pistola vecchia ma ancora pronta a farsi valere, a fargli alzare gli occhi.
“Perché ci aiuti?”

Perché non avrebbe dovuto?

“Non sei ebreo.”

Sorrise, per fargli capire quanto fosse onorato di condividere con lui e gli altri quel rovinoso destino.

“Siete polacchi. Questo mi basta.”

Guardò il alto, dietro il vetro della finestra, il cielo che si anneriva delle ceneri della sua Varsavia. Era tanto triste, ma lo era ancora di più per quei poveretti che avevano deciso di morire padroni del proprio destino, costringendo i tedeschi, con gran fatica, a stanarli dal ghetto casa per casa: se anche stavolta sarebbe riuscito a risorgere, da buona fenice quale lo definivano, Polonia li avrebbe ricordati per sempre come le persone più coraggiose che avesse mai conosciuto.

Col calcio del fucile spaccò il vetro della finestra e si alzò di scatto; lo stesso fece il vecchio ed entrambi aprirono il fuoco.

Alcuni minuti dopo arrivò un carro panzer, e la palazzina di fronte la loro smise di sparare. Senza demordere, fece rimbalzare i suoi ultimi proiettili contro quella spessa corazzatura.

Chi meglio di lui, caduto tante volte, ne sapeva di battaglie disperate?

 

Combatterò e vincerò
E tutta l'anima ci metterò
Nessuno mai mi fermerà
E' l'onda piena è l'onda che va

 

“Assassini”
“C’ho famiglia!”
“Sono fascista! Non mi uccidete!”

Una volta che i prigionieri furono allineati alla recinzione, l’ufficiale nazista comandò al plotone di puntare; a quel punto, in cima alle gradinate del campo sportivo del Vomero, gli insorti nascosti capirono di non poter più aspettare un altro secondo se volevano salvare quegli innocenti.

“Adesso! Sparate! Sparate!” –ordinò Romano, dando l’esempio.

Tanto fu il sollievo di quei poveretti scelti a caso per essere fucilati nell’approfittarsene per darsela a gambe, tanta fu la soddisfazione dei loro angeli custodi nel premere i grilletti: nessuno poteva permettersi di oltraggiare la loro città, la più bella del mondo, come avevano fatto loro e passarla liscia.

Romano e gli altri napoletani si lanciarono giù per gli scaloni dello stadio continuando a sparare, come si faceva in tante altre zone della città. Suo fratello purtroppo non era stato pronto nel reagire quanto lui e si era lasciato occupare dal suo “amico” Germania; ma lui era di un’altra pasta.

L’esercito più potente del mondo avrebbe imparato presto cosa voleva dire portare la morte e la guerra a Napoli e alla sua gente.

 

Ei pidä vangita vapauden lasta

Sen sä huomaat vasta!

Vapautta,vapautta,vapautta kaipaan!

 

L’imprudente plotone sovietico arrivò come previsto sul luogo dove era stata pianificata l’imboscata.

I soldati finlandesi, nelle loro mimetiche bianche, emersero dalla coltre di neve sparando all’impazzata alla sinistra dei russi. La potenza di fuoco era impari, considerato anche il tank, che girò prontamente la propria torretta nella direzione degli spari.

Ma mentre quelli erano distratti dall’attacco su quel fianco, Tino stava già sgusciando fuori dalla macchia di abeti dal lato opposto, acquattato e silenzioso come una lepre.

Inosservato, lanciò un’occhiata glaciale al suo gigantesco e corazzato obiettivo: appena fu abbastanza vicino, tirò fuori dalla sacca la granata e la lanciò tra i cingoli, dove era impossibile recuperarla. Esplose prima che il carro armato potesse sparare un solo colpo. E mentre i soldati più vicini, ma non così vicini da essere coinvolti dall’esplosione, si voltavano increduli, scattò in piedi e iniziò a freddarli col proprio mitra.

Un altro successo, piccolo vero, ma piccolo era anche lui in confronto a un nemico che avrebbe dovuto annientarlo come si annienta una formica sul proprio passaggio. Eppure la Finlandia resisteva, e lui immaginava Ivan contare i morti tra le truppe della sua tanto decantata armata rossa, chiedendosi come fosse possibile.

Non si sarebbe lasciato annientare da quel gigante ingordo: la guerra sarebbe finita, ma lui avrebbe continuato ad esistere, a qualunque costo.

 

Aki tétova nem tud a bajok elol futni.

Te nem fogsz messze jutni

Sose törik be a, sose törik be a vadló!

 

Così tanti suoni, uno più terribile dell’altro.

Colpi di artiglieria, case che crollavano, madri che piangevano.

Elizaveta vedeva i suoi ungheresi, gli abitanti della sua Budapest, terrorizzati e umiliati superarla di corsa in cerca di rifugio, mentre lei restava ferma come scoglio in mezzo alla tempesta. Si erano riversati in strada per chiedere la libertà e si sentivano rispondere di non contare niente: non si voltano le spalle al comunismo così impunemente.

Ci fu un’altra esplosione e da una nube di fumo emerse enorme e minaccioso un carro armato con la stella rossa dipinta sulla fiancata.

Elizaveta aveva le ginocchia sanguinanti per una caduta, la faccia e i vestiti sporchi e laceri, ma soprattutto aveva una molotov nella mano destra e un accendino nella sinistra. In quello stato fronteggiava la potenza incontraddicibile dell’Unione Sovietica; fissava con occhi iniettati e rabbia infinita il carro come se a guidarlo ci fosse lui in persona.

“Fatti sotto, Russia! Solo perché comandi metà del mondo non significa che puoi venire in casa mia a fare i tuoi sporchi comodi!”

Diede fuoco alla miccia, e lanciando gridò così forte che anche una superpotenza, dall’alto del suo piedistallo, potesse sentire il suo grido.

 

I’m free!

 

 

 

Spero vi sia piaciuta! ^__^

E che abbiate gradito anche l’idea di mettere il testo della canzone nelle sue varie lingue (le trovate tutte su you tube, anche in multilanguage su hetalia)

Questa è  una delle mie canzoni dei film d’animazione che più mi piace: da moltissima carica!
All’inizio vi ho fornito il link della versione italiana, ma vi suggerisco di sentire anche la versione finlandese che è proprio bella!

 

http://www.youtube.com/watch?v=rWdc6SUb5RI >>> in questo video è pure usata per uno slide show hetaliano appunto su Finlandia e la sua guerra contro Russia.

 

Ecco nell’ordine gli avvenimenti storici che ho descritto:

-         La guerra d’indipendenza americana.

-         La battaglia nei cieli dell’Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la Royal Air Force si batté da sola per il mondo libero contro i tedeschi.

-         La battaglia di Valmy, dove i francesi respinsero le truppe straniere che volevano schiacciare la rivoluzione e le sue conquiste.

-         La triste lotta degli ebrei del ghetto di Varsavia, città che, per rappresaglia, venne praticamente rasa al suolo dai nazisti.

-         Le Quattro Giornate di Napoli, unico caso in cui l’esercito tedesco si sia dovuto arrendere ad una popolazione civile.

-         La Guerra d’Inverno, in cui la Finlandia resistette ad una occupazione che sembrava certa da parte dell’Unione Sovietica

-         La rivolta di Budapest contro il regime comunista nel 1956

 

Combattere per la propria dignità e libertà è l’unica ragione veramente giusta. Che si vinca o si perda, si avrà sempre un posto nella storia.

 

Commentate!

Alla prossima! ^__^

  
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