Ricordanza, l'isola dell'oblio
Era trascorso ormai un mese da quel fatidico giorno, ma
ancora la fobia nell’isola di Ricordanza non era passata.
Il relitto della nave
maledetta era rimasto ancorato al largo, monito desolato e solitario per gli
abitanti di quel luogo di quanto era accaduto. Gli scienziati sulla terraferma
stavano ancora studiando le sostanze prelevate dalle strane casse rinvenute
nella stiva della nave, mentre i giudici e la polizia passavano notte e giorno
a cercare qualcuno cui dare la colpa per quel disastro dalle inimmaginabili
conseguenze.
Dopo i primi giorni in cui tutti si erano dati da fare per aiutare
i soccorritori, quando le vittime del naufragio e i giornalisti erano tornati
alle proprie case ed erano rimasti solo pochi curiosi ritardatari, gli isolani
avevano ripreso le proprie faccende quotidiane. I bambini avevano ripreso la
scuola, gli operai il lavoro, le casalinghe i lavori di casa. Ma da quel giorno
sempre più gente aveva iniziato a comportarsi stranamente.
Le mamme
dimenticavano i bambini a casa quando uscivano per accompagnarli a scuola, il
fornaio dimenticava di togliere il pane dal forno quando era cotto, il
sagrestano dimenticava di suonare le campane della chiesa e i bambini
dimenticavano sempre di mettere la sciarpa. E, se questa potrebbe sembrare una
cosa normale, c’è da dire che né nonne, né mamme dicevano loro di metterla.
Quando fu evidente che a Ricordanza c’era qualcosa che non andava, il sindaco e
la giunta comunale si riunirono in consiglio per discutere della situazione, ma
quando furono pronti per iniziare nessuno ricordava perché erano lì.
Solo Ermes,
il figlio del macellaio, il più giovane consigliere comunale, sembrava
ricordare tutto.
Man mano che Ermes parlava i membri della giunta iniziavano
una serie di –Ah! È vero! È proprio così! - - Ha proprio ragione! L’avevo
dimenticato! –
Finalmente, dopo ore di discussioni, ipotesi e proposte,
giunsero alla conclusione. C’era qualcosa che faceva andar via la memoria!
Subito pensarono che fosse legato al naufragio della nave, e decisero di
chiamare nuovamente sull’isola gli esperti che erano da poco tornati a casa.
Gli scienziati giunsero con strumenti tecnologici delicatissimi e si
rinchiusero in una elegante stanza a studiare tutto ciò che ritenevano
necessario, portandosi dentro anche qualche isolano senza nulla da fare per
esaminarlo.
A notte fonda uno di essi uscì con un lungo rotolo di carta appena
uscito dalla stampante e si recò dal sindaco per esporgli la situazione.
– Caro
sindaco! – disse – Noi scienziati d’alta levatura siamo giunti alla conclusione
che su quest’isola c’è un problema! Le profusioni di una sostanza sconosciuta
ingerite dagli esemplari della fauna locale hanno innescato una reazione
chimica che secondo la legge della moltiplicazione dei pani e dei pesci e in
virtù delle proprietà della deliranza ambientale hanno provocato dei disastrosi
effetti nel momento in cui la fauna locale misteriosamente modificata è stata
assorbita dagli organismi dei lor signori isolani illustrissimi. –
Il sindaco
osservò attonito quell’ometto che lo guardava da dietro gli occhiali, con il
suo camice bianco, le penne e le matite che gli uscivano dalle tasche e da
dietro le orecchie, e il cravattino che penzolava da un lato. – In parole
povere sarebbe a dire? – chiese titubante.
– In parole povere sarebbe a dire,
signor mio, che i pesci che hanno ingerito le sostanze provenienti da quella
nave, se mangiati, fanno perdere la memoria. -
- Ma come? Lo sanno tutti che il
pesce contiene il fosforo e fa bene alla memoria! -
- Adesso non è più così.
Vede? Noi scienziati lo abbiamo scritto e siglato tutti unanimemente. Qui, al
rigo milletrecentosettantanove! – disse indicandogli il rigo su cui era scritta
la nuova verità.
Fu così che a Ricordanza mangiare pesce divenne illegale
quanto il consumo di stupefacenti e che tutti i ragazzini, che prima venivano
supplicati dalle madri di mangiare tutto il merluzzetto o la soglioletta
freschi freschi pescati dal nonno la stessa mattina furono sospesi dai
professori per essere stati scoperti a mangiare sardine nei bagni. I più furbi
mettevano ai professori nel caffè qualche goccia di brodo di pesce e riuscivano
comunque a farla franca.
Quando sulla terraferma si diffuse la notizia del
mirabolante avvenimento gli industriali si affrettarono a ideare metodi di far
soldi con i pesci dell’oblio, puntando sulle risapute qualità benefiche del
pesce. Fu così che il brodo di pesce fu prodotto e venduto in bottigliette di
lusso chiamate “Distillato Scacciapensieri” e il pesce essiccato, liofilizzato
e ridotto in tavolette masticabili di un bel colore rosso e aromatizzate all’arancia,
fu venduto in costosissime confezioni di “Pillole Scordalin”.
E Ricordanza, che
sempre era stata un’isola tranquilla, i cui abitanti vivevano in armonia tra di
loro e con la natura, perse per sempre il ricordo di quei giorni felici, prima
che la nave maledetta naufragasse di fronte le sue acque. Ma nessuno si
rammaricava di questo, perché nessuno, a parte Ermes il figlio del macellaio, che era allergico al pesce, lo ricordava.