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Autore: giulina    28/10/2012    10 recensioni
Ginevra ha sempre il sorriso stampato sulle labbra lucide di burro di cacao, la testa tra le nuvole e una passione per il giardinaggio.
Ha un'ossessione per l'amore di cui potrebbe discuterne per ore e per le sciarpe colorate, quelle rosse, soprattutto. Cos'ha di speciale? Niente, lei è solo Ginevra.
Edoardo, invece? Bè, lui è tutta un'altra storia.
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"-Lory, secondo te ho qualcosa che non va?-
-Intendi fisicamente o a livello mentale?-
-Entrambi i casi-
-Bè che sei una schizofrenica con una seria bipolarità da far curare già lo sai e poi hai qualche punto di cellulite sulle cosce ma niente di grave, tranquilla-
-E nel complesso?-
-Da cestinare. Come mai queste seghe mentali da donna in piena menopausa?-
-Ho voglia d'innamorarmi-
-E cosa c'entra questo con le tue paranoie su come sei? Maurizio Costanzo è calvo, senza collo e russa, eppure ha trovato l'amore-
-Mi stai nascostamente dicendo che rimarrò calva a breve?-
-No, ma sul russare non ci scherzerei-"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Perlomeno questa volta non c'ho messo cinque mesi!

Buona lettura, scusatemi per l'attesa.

(Chiunque mi voglia uccidere dopo questo capitolo si rivolga alla mia segretaria per un appuntamento. Grazie)





                                                                     

 



 


Lucy: ”Se non mi dici che mi vuoi bene sai cosa farò?Tratterrò il respiro fino alla morte!”
Schroeder: ”Il trattenere il respiro è un fenomeno interessante nei bambini...può indicare un disordine metabolico.Una dose da 40 milligrammi di vitamina B6 2 volte al giorno dovrebbe giovare...credo proprio che sia così,hai bisogno di vitamina B6,potresti provare a mangiare anche molte banane,avocado e fegato di manzo!”
Lucy: ”Io chiedo amore e tutto ciò che ottengo è fegato di manzo...sigh!”


-Peanuts-








La sua pelle è chiara ed è costellata da nei, soprattutto sulla schiena.
Ogni volta che ne sfiora uno lei ride piano, con gli occhi socchiusi e le guance rosse, rosse.

Edoardo ci passa sopra le labbra più e più volte. Poi sul collo, sul seno, vicino all'ombelico e sulle ginocchia che tremano appena quando lui le separa.

Ginevra gli sospira piano nell'orecchio e lui le bacia la clavicola sporgente, cercando la sua mano sotto quegli strati di lana sotto cui l'ha costretto a nascondersi. Nuda gli sorride e lo bacia piano, godendosi la sensazione della sua barba sulla pelle che viene irrimediabilmente arrossata.

Gli sussurra di spegnere la luce, ad un tratto, ma lei non può saperlo che anche al buio Edoardo riesce a contare le sue costole, vedere la sua pelle tendersi e i suoi capelli scuri sopra quel cuscino bianco che sa di lei.
Edoardo non chiude mai gli occhi.




Edoardo è seduto sul pavimento freddo, completamente al buio; la finestra da cui non si è mai affacciato è stata oscurata dalle persiane che fanno entrare solo un filo di luce nella stanza, illuminando solo un piumone bianco.
Lui si sta legando le stringhe di una scarpa da ginnastica, trovata dopo interi minuti di ricerche in silenzio, sotto al letto insieme a dei libri di giardinaggio e una scatola contenente centinaia di bottoni dalle diverse forme e dimensioni.
L'altra scarpa, invece, non ha la minima idea di dove possa essere. Controlla per una seconda volta sotto al letto, sbattendo la testa sulle doghe di legno del materasso, e poi si alza lentamente in piedi cercando di reprimere la voglia di accendere l'interruttore della lampada sul comodino basso.

Al momento, però, non ha la minima idea nemmeno di come arrivarci, a quella lampada.
Fa qualche passo nel vuoto, passando sopra quella che sembra la felpa che aveva quella sera e un paio di pantaloni. Sale su un libro dalla copertina liscia, quasi scivolosa, e poi sbatte contro la gamba di quella che sembra una sedia. Probabilmente, la sedia a dondolo bianca che ha visto di sfuggita qualche ora prima.
Una risata bassa e contenuta proviene da sotto al piumone che occupa l'intero letto ad una piazza e mezza del materasso troppo duro per lui ma che profuma di lei.
Una mano spunta da sotto tutti quegli strati di tessuto caldo, e trova in un secondo l'interruttore della lampada. Una luce soffusa illumina la piccola stanza in cui regna la confusione, dalle pareti colorate di un verde scuro, il suo colore preferito.
Una massa di capelli scuri compare all'improvviso insieme ad un sorriso di labbra rosse che a lui sembra non aver mai smesso di baciare.
Gli occhi di Ginevra sono ancora chiusi, ma Edoardo sa esattamente che stanno ridendo, probabilmente di lui o solamente per l'imbarazzo che prova.
Si mette a sedere sul letto lasciando scoperta solo la testa, mentre il corpo è ancora avvolto dal pesante piumone, vergognandosi anche solo di fargli vedere un altro pezzo di pelle che lui quella sera ha visto comunque. Ha visto tutto di lei.
- Scappare al buio non è facile come sembra. -
- Soprattutto dalla tua stanza. Da quant'è che non dai una sistemata? -
Ginevra ride ancora e cerca di non notare che lui sia ancora senza maglietta. Sente che le sue guance sono arrossate però lo fissa negli occhi senza vergogna o paura.
- Mai pulito questa camera. Mi trovo a mio agio nel caos. -
Edoardo fa un pallido sorriso e si porta una mano sui capelli scompigliati come quelli della ragazza se non di più. Si guarda intorno, con solo i pantaloni addosso e una scarpa, e osserva, per la prima volta, quella stanza che sa di Ginevra. Ha sempre pensato che le stanze raccontassero molto delle persone e ora ne ha la conferma.
Quella camera è piena di colori, di profumi, di sorrisi disegnati su dei fogli o che può vedere su delle fotografie attaccate a una bacheca. La sedia a dondolo è occupata dai molti vestiti della ragazza e appoggiata al muro c'è la custodia di una chitarra, anche se lui sa benissimo che Ginevra non ne possiede una. Sopra al letto ci sono dei poster di qualche cantante famoso di cui non ricorda il nome e sulla mensola di acciaio, che sembra quasi stonare in quelle pareti, dei libri accatastati.
- Non stavo scappando - dice dal nulla Edoardo, studiando la sua espressione.
Ginevra continua a sorridere e si gratta la punta del naso arrossata. Gli ha detto che si è presa il raffreddore ieri, quando è uscita per portare Leopoldo dal veterinario e un acquazzone l'ha presa in pieno.
- Lo so. -
- Pensavo che dormissi. -
- Stavo dormendo, ma ho il sonno leggerissimo e tu ti muovi con molta poca delicatezza. -
- Senti chi parla: stasera sei cascata per due volte e hai sbattuto contro il tuo comodino. -
- Ma solo perché avevo bevuto un pochino! Non reggo la Sambuca. -
- Tu non reggi l'alcool, è diverso. - Ginevra sbuffa e si butta all'indietro sui cuscini. Ne ha quattro, Edoardo li ha contati.
La sua risata arriva improvvisa alle orecchie del ragazzo che si sta infilando la maglia trovata sotto la sedia a dondolo. Si alza di nuovo a sedere, tenendo tra le mani la scarpa del ragazzo che ha trovato sotto al cuscino.
- Ma che numero porti? Il 50? - Edoardo le si avvicina e si siede pesantemente sul letto, iniziando a legarsi le stringhe della scarpa ritrovata.
Quando la guarda di nuovo non può fare a meno di baciarla due o tre volte sulle labbra e poi sulla spalla nuda dove ha un neo piccolissimo, facendola ridere. A Edoardo sembra che non abbia sentito altro che la sua risata, da quando la conosce.
Quando esce dalla stanza, le getta un'ultima occhiata e trova, ancora una volta, la bellezza.
La bellezza di quella camera fatta di colori, con Ginevra avvolta nella coperta che gli sorride e continua a ridere. Edoardo le vorrebbe chiedere di non smettere mai.





La mattina dopo Edoardo è al call center, seduto alla sua scrivania nel suo blocco claustrofobico, che si rigira tra le mani il disegno che gli ha fatto Chiara quella mattina, mentre faceva colazione.
Lo ha fatto su un foglio di carta bianco, con dei pennarelli che il fratello le ha regalato per il suo onomastico. È una specie di suo ritratto: c'è lui, in piedi davanti a quello che sembra il fornello della cucina, con una tazza in mano e un sorriso enorme che prende quasi tutta la faccia.
La prima cosa che gli ha chiesto Chiara, quella mattina quando si è svegliata, è stata perché fosse così felice e perché stesse cucinando le crepes con la Nutella nonostante non fosse domenica.

- Io sono sempre felice. -
- Secondo me è perché sai che tra poco mangerai la Nutella. -
- È probabile. -
- Poi dici a me che sono golosa! Quanto manca perché siano pronte? -
- Qualche minuto. Siediti e stai buona che mi serve concentrazione. -
- Posso far volare in aria la crepes come fanno a quel programma dove ci sono tutti i cuochi? -
- No, perché tu in aria ci tiri anche la padella e poi ti spacchi il cranio. -
- Che schifo. Ma allora queste crepes? -
- Ho detto che manca qualche minuto! Intanto bevi il latte. -
- Ma è freddo! -
- Lo sai o no come si usa il microonde? -
- Sì, ma non ce la faccio. Sono stanca. -
- Hai dormito undici ore di fila! Angelica mi ha detto che ti sei addormentata alle dieci davanti a C'è posta per te. -
- Già, è vero. Tu cosa hai fatto ieri sera?-
- Sono stato da un amico, te l'ho detto. -
- Il tuo amico profuma di buono. -
- Cosa? -
- Hai un odore diverso addosso, lo sento. Probabilmente è quello del tuo amico. Vi siete abbracciati per tanto tempo per caso? -
- Le crepes sono pronte, Chiara. Comunque mi sono fatto la doccia stamane, ho il mio solito odore.-
- No, io lo sento. È sotto la pelle ormai. -

Edoardo accende il computer ripensando a quella conversazione, agli occhi di Chiara che ridevano di lui. Forse ha già capito tutto, anche cose che al ragazzo sono ancora sconosciute.
Si infila le cuffie nere e incomincia con le telefonate nella zona di Trastevere.
Quella mattina piove, come piove da giorni, e la pioggia colpisce quei vetri fragili che gli mostrano file interminabili di auto ferme a un semaforo rosso e gente che mastica bestemmie mentre corre riparandosi con delle buste della spese vuote oppure una giacca troppo leggera per quel tempo.
Nel blocco accanto al suo non c'è nessuno. Ginevra quella mattina non occupa la scrivania con la sua voce allegra e le sue unghie dipinte di blu non ticchettano sulla tastiera a cui manca una lettera. Lavorerà nel pomeriggio, avendo fatto un cambio di turno con quella simpatica signora anziana che indossa sempre un rossetto rosso fuoco sulle labbra raggrinzite dal tempo.

La donna quella mattina aveva una visita dall'ortopedico e Ginevra non si è sentita di dirle di no, quando le ha chiesto di cambiare orario solo per un giorno.
Quando glielo ha detto, ieri sera, mentre erano ancora nudi nel letto e ascoltavano il ritmo dei loro respiri, Edoardo ha storto il naso, rendendosi conto che la mattina seguente non avrebbe ascoltato nessuna sua telefonata.
Le manca e questo gli fa terribilmente paura. Come gli fa paura il suo sorridere quando lei è presente.
Qualcuno si schiarisce la voce dietro di lui. Edoardo ruota con la sedia girevole che cigola sul linoleum e incontra il volto serio del direttore Sireni. Quella mattina indossa una camicia a mezza maniche -nonostante abbia nevicato solo qualche giorno prima- e una cravatta viola stirata male. Tiene le mani incrociate dietro la schiena e si dondola sui suoi mocassini di pelle marrone, dalla punta rovinata.
- Amato, hai un attimo? -
Edoardo annuisce e si alza in piedi per seguire l'uomo che lo sta conducendo al quinto piano, nel suo ufficio. La paura che ora prova è diversa, ed è ancora più orrenda.
Quando si siede davanti alla scrivania del direttore, su quella poltrona nera scomoda, che sembra quasi fatta di chiodi, si domanda quasi come sia il suo volto e che fine abbia fatto il sorriso di quella mattina che Chiara ha incorniciato su un foglio di carta.
- Amato, da quanto tempo sei qui? -
- Quasi due anni, forse qualcosa di più. -
- Due anni e tre mesi. Tu lo sai in che periodo siamo, vero? È il periodo che stiamo vivendo un po' tutti. Un periodo sfortunato che ha colpito anche l'azienda. In questi giorni ho avuto un incontro con il proprietario della compagnia, il dottor Grilli, che ha deciso di fare dei tagli. -
- Direttore, io... -
- Ha deciso di tagliare un'azienda tra le tante sul territorio, questa per la precisione. Il mese prossimo questa sede chiude. -
Edoardo si porta le mani sul volto e sembra quasi dimenticarsi di essere davanti al suo direttore che lo sta guardando con la pietà negli occhi, probabilmente.
L'uomo si avvicina con la sua poltrona alla scrivania e appoggia le mani sul legno lucidissimo, prendendo un respiro profondo.
- Amato, ho letto la tua cartella. So che non te la passi benissimo, inoltre hai anche una bambina piccola di cui occuparti, se non mi sbaglio. -
- Mia sorella. -
- Giusto, tua sorella. So che non è stato affatto professionale da parte mia andare in giro a chiedere informazioni sul tuo conto e leggere la tua cartella privata ma in quel momento mi è sembrato giusto. -
Edoardo continua a non fiatare e a osservare il pavimento grigio sotto le sue scarpe.
- Ho letto che hai un diploma di ragioneria. Li sai ancora fare due conti? -
Edoardo alza gli occhi e guarda confuso l'uomo, rendendosi improvvisamente conto che le sue mani sono gelate.
Annuisce rapido.
- Mio fratello ha due aziende farmaceutiche: una a Pavia e l'altra a Catania. Ha deciso di aprirne una terza qui a Roma ed ha bisogno di un contabile fidato, qualcuno che gli faccia due conti, preparare le buste paga, IVA e roba varia. Mi ha domandato se io conosco qualcuno e di telefonargli appena avessi avuto sotto mano una persona adeguata. Tu mi hai assicurato che qualcosa la sai fare. -
- Qualcosa mi ricordo. -
- Naturalmente mio fratello ti pagherebbe un corso di formazione in contabilità e in informatica. -
Il ragazzo annuisce un'altra volta.
- Ci stai, Amato? La faccio questa telefonata? -
Le mani di Edoardo sono ancora fredde ma non ha più paura.






- Da quanto tempo hai detto che è nel forno? -
- Quaranta minuti, forse. -
- E le lasagne non sono ancora cotte? -
- Per niente. -
- Ma che modalità hai messo? -
- Ventilato! -
- E la temperatura? -
- Cazzo, la temperatura! -
- Sei fuori come un balcone, ciccia. -
- Hai ragione. Lo metto a 150? -
- Vai. Comunque, devi ancora raccontarmi dell'altra sera. -
- Scusa? -
- Sì, la tua seratina romantica con il tuo trombamico! -
- Ma non è un mio amico! -
- Però tromb... -
- Loriana! -
- Come se non lo sapessi! Allora, com'è a letto? -
- Lory, basta. Sono cose private. -
- Allora ci sei stata, brutta porcona che non sei altro! Lo sapevo! Lo dico subito a tuo fratello! -
- Loriana, giuro che cambio numero di telefono. -
- E io vengo a Roma! Dai, Gin, dimmi qualcosa. Qualche dettaglio piccante. -
- Loriana mi stai mettendo terribilmente in imbarazzo. -
- Dimmi qualcosina. -
- Uffa. Mi ha fatto stare bene, sei contenta? -
- Un corno! Sii più precisa. -
- Sono stata molto bene. -
- Ancora qualcosina in più... -
Ginevra si stende sul letto e guarda il soffitto sopra di sé, sbuffando.
- Loriana, mi sa che sono rovinata. -
- Ho capito, tromba bene e mi sa che ti ha anche fatta innamorare. -
- Oddio, innamorare forse… -
- Non mi interessano i tuoi sentimenti melensi verso quel ragazzo, voglio i dettagli fisici. -
- È molto carino, ha la barba. -
- Secondo me è proprio topo. -
- Topo? Si dice figo, a limite. -
- No no, topo rende di più l'idea. Ha una bella voce, da quello che mi ricordo, molto da maschio dominante. È voluto stare sopra lui, vero? Ci scommetterei le palle! -
- Dio, come sei triviale! -
- Hai ragione, sono volgare oggi. Ma a tuo fratello piaccio così, soprattutto a letto. -
- Quanti ormoni circolano nel tuo corpo? -
- Parecchi, dicono succeda così quando si è incinta. -
- ... -
- Cazzo! Tuo fratello mi ammazza se scopre che te l'ho detto. -
- Loriana… -
- Sì, diventerai zia. Per favore, puoi piangere dopo e ora continuare a descrivermi il tuo nuovo boyfriend? Magari descrivi anche la parte a sud dell'equatore. -
- Oddio, Lory… -
- Niente, sento che stai prendendo i Kleenex dalla scatola sul comodino. È finita, addio descrizione porno! -
Ginevra ride tra le lacrime e quella risata sembra rimbombare per tutta la casa.








   
 
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