Fanfic su artisti musicali > Linkin Park
Ricorda la storia  |      
Autore: Milapinzia    28/10/2012    3 recensioni
“ 'A te cosa succede?'– sospirò mentre prese ad accarezzargli la nuca con una mano e l’altra continuava a stringerlo prima piano poi forte, poi di nuovo piano ed ancora forte. Non riusciva a starsene tranquillo, fermo, ad avere quell’equilibrio che di solito aveva, quel controllo di cui aveva un disperato bisogno. Che fine aveva fatto se stesso? Non era modo di comportarsi, quello: lasciarlo da solo specialmente nel momento di bisogno."
Sclero a cura di Giacopinzia17 e Milakiki.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The first kiss.

Era un pomeriggio primaverile, un venticello fresco soffiava e toccava la morbida pelle di Mike. Era al Lincoln Park, lo definiva il luogo dove “tutto era cominciato”.
Effettivamente lo era: se Chester non avesse mai fatto il provino per la band e non si fosse mai stanziato lì, i Linkin Park non sarebbero esistiti.
Inoltre, il parco era sempre poco affollato e molto tranquillo: il posto adatto per pensare. E Mike aveva davvero bisogno di pensare, lontano dal caos, lontano da tutti, specialmente lontano da lui.
Lui che non faceva altro che confonderlo, lui che desiderava come mai aveva desiderato qualcuno in vita sua.
Udì una voce, proveniente da una persona incappucciata dietro di lui; una voce che avrebbe riconosciuto nel caos più totale, anche se fosse stata solo un sussurro; una voce che non avrebbe mai potuto dimenticare.
“Mike?” – Michael si girò e guardò il ragazzo, che finalmente tolse il cappuccio e mostrò quantomeno i suoi occhi ed un sorriso non troppo sincero appena accennato.
“Chaz.” – affermò, guardando l’altro.
“Cosa ci fai qui?” – chiese il tatuato. Mike dovette, ovviamente, evitare di specificare le varie ragioni per cui si era trovato ad aver bisogno di andare a fare una passeggiata in quel parco, quindi sintetizzò il più che poté.
“Avevo bisogno di pensare.. Tu, invece?” – sarebbe stato meglio cogliere la palla in balzo e tirarla all’altro, nella speranza che non l’avrebbe a sua volta passata nuovamente a Mike.
“Anch’io.. E’ un bel posto, questo, per pensare.” – ammise Chester.
“Già”- concordò l’altro.
“Vieni a sederti qui.” – Chez gli fece spazio sulla panchina e batté due volte la sua mano sinistra sopra, per incitarlo ad avvicinarsi a lui. Mike, sospirando, si avvicinò alla panchina e si sedette.
Rimasero in silenzio per un paio di minuti; fu Chester a rompere il ghiaccio.
“Allora, che succede?” – proprio quello che Michael non voleva l’altro gli chiedesse; era, però, deciso più che mai ad evitare il discorso, finché avrebbe potuto.
“Niente in particolare.. sono un po’ confuso, ultimamente.” – rimase sempre sul vago, poi guardò l’altro che semplicemente si limitò ad annuire e rimise il cappuccio.
Mike, insicuro e con la mano leggermente tremolante, lo stomaco in subbuglio a causa delle inspiegabili farfalle che vi abitavano e si scatenavano ogni qualvolta era a fianco a Chester, gli poggiò un braccio attorno alla spalla; poi l’abbracciò, in silenzio.
Si sarebbe aspettato di tutto ma non di certo che l’altro poggiasse il capo nell’incavo del suo collo e sospirasse. Si morse il labbro, cercando di tenere la calma; l’unico modo per cercare di farlo, probabilmente, era parlare. O meglio, udire la voce dell’altro, quindi avrebbe dovuto spronarlo a parlare.
Che stronzo, però. Non voleva parlare ma voleva che l’altro lo facesse.
“A te cosa succede?” – sospirò mentre prese ad accarezzargli la nuca con una mano e l’altra continuava a stringerlo prima piano poi forte, poi di nuovo piano ed ancora forte. Non riusciva a starsene tranquillo, fermo, ad avere quell’equilibrio che di solito aveva, quel controllo di cui aveva un disperato bisogno. Che fine aveva fatto se stesso? Non era modo di comportarsi, quello: lasciarlo da solo specialmente nel momento di bisogno.
“I soliti casini con Sam e tutto il resto della merda, il solito insomma.” – confessò Chester, strofinando il naso leggermente freddo nella felpa che aveva indosso.
Una parte di Mike rimase ferita da quell’affermazione.
“Ah.. C-capisco.” – balbettò appena, stringendo più forte a sé l’altro ragazzo, che sospirò. Aveva tanta voglia di piangere quanta ne aveva anche Chester, ne era sicuro. Il problema era che avevano delle motivazioni così diverse… magari a Chester non fregava un cavolo di lui ed aveva frainteso le sue intenzioni.
Ogni volta che Chaz l’abbracciava o gli stava accanto, si sentiva improvvisamente bene: era come se tutto il male del mondo, come se tutto il mondo svanisse ed esistesse nient’altro che lui. Era la sensazione più bella che avesse mai provato e l’amava, la sentiva tremendamente propria e tremenda era la paura di perderla e non provarla più. Come avrebbe fatto, poi? Non voleva pensarci, non voleva accadesse e sperava con tutto se stesso che durasse il più a lungo possibile.
Per sua sfortuna, Chester poté distinguere quella delusione e quel filo di tristezza nella sua flebile voce, quella sua incertezza nel pronunciare quella frase e alzò il capo, per guardarlo negli occhi; era pronto a fare la domanda e Mike si preparò a rispondere. Ma come avrebbe fatto a rispondere senza dirgli ciò che gli stava accadendo? E soprattutto: avrebbe dovuto dirglielo? Una parte di lui gli urlava che era giusto che lui sapesse, un’altra continuava a dirgli che non doveva proprio azzardarsi, altrimenti le cose si sarebbero complicate, lui l’avrebbe trattato male e preso per un coglione; il coglione che effettivamente credeva di essere. Si sentiva così: un emerito stronzo con dei dubbi sulla propria sessualità, perché attratto dal cantante della sua band. E da un po’ di anni, ormai.
Cosa c’era di sbagliato in lui? Aveva anche deciso di sposare Anna, di vivere la vita che aveva sempre progettato sin dal liceo con lei, avere uno o due figli e continuare su quella strada con la propria carriera musicale. Allora dov’era l’intoppo?
“Cos’hai, Mike?” – quest’ultimo sospirò, sciogliendo definitivamente l’abbraccio con Chester. – “Parlamene, non mi piace vederti in questo stato.. si vede che stai male.” – era davvero così evidente?
“Nulla.. “ – rispose, poco convinto. Anzi, non era per nulla convincente: anche la sua sicurezza era andata via?
“Non fare lo stupido, parla con me.” – gli infondeva così tanta sicurezza, in quel momento, tanta da farlo sentire tentato dal dirgli ciò che realmente aveva iniziato a sentire da un po’. In quel momento sentiva che avrebbe capito, compreso a pieno ogni sua singola parola e si sarebbe astenuto da ogni tipo di giudizio.
“I-io..” – non riusciva a convincersi, c’era sempre quella parte di lui che lo malediva e toccava i suoi punti deboli, in modo da farlo tacere e far credere, magari, all’altro che non si fidasse abbastanza per potergli parlare dei suoi dispiaceri, dubbi, dolori.
Chester sospirò, e per paura che se ne andasse, Mike iniziò a parlare, con una calma che non faceva momentaneamente parte di lui.
“Ecco, è da un po’ che mi sento strano.. ed  è come se.. fossi, in un certo senso..” – le parole gli morirono in gola e il mondo sparì.
Sentì qualcosa di caldo e morbido sulle proprie labbra, assieme ad un qualcosa di freddo e ci mise qualche secondo a realizzare che fossero le labbra ed il piercing dell’altro. Purtroppo quel contatto durò troppo poco, per i gusti di Mike; si sentì terribilmente vuoto e freddo senza le labbra dell’altro a riscaldarlo. Si era sentito così bene, addirittura più bene di quando semplicemente l’aveva al suo fianco.
“Scusa.” – bisbigliò Chester, chinando il capo e sospirando pesantemente. Accennò un sorriso che sicuramente credeva Mike non avesse notato, troppo impegnato ad elaborare ciò che era appena accaduto però lo vide e gli fece, in parte, piacere.
Le sue mani finirono sul viso dell’altro e glielo alzarono, cosicché i loro occhi potessero incontrarsi e Mike potesse finalmente porre quella fatidica domanda.. o forse no?
Si avvicinò lui, questa volta, mordendosi il labbro inferiore e fissando il piercing dell’altro, che aprì lievemente la bocca. Mike non capì se fosse per la sorpresa o per il fatto che aveva capito le sue intenzioni; comunque fosse, agganciò le loro labbra in un bacio a timbro, più che accennato rispetto a quello di Chester.
Rabbrividì leggermente a causa della freddezza del piercing ma fece più caso alla lingua dell’altro che si faceva spazio, lentamente, nella sua bocca; non riuscì a capire se fosse timida o meno, era un misto tra timorosa e spavalda, così come percepì lo stato d’animo di Chester.
Le loro lingue s’intrecciarono e per Mike fu ancor meglio di quando l’aveva semplicemente immaginato o sognato, per poi riprendersi ed imprecare contro se stesso. Ora era lì, dove tutto era cominciato e probabilmente stava per iniziare anche tra lui e Chester. O così credeva, o così pensava di volere, oppure così sentiva. Al momento, non aveva idea di nulla, era confuso ed il bacio di Chester, per quanto gli avesse chiarito le idee, gliele aveva allo stesso tempo scombussolate di nuovo ed aveva fatto spazio ad altri milioni di dubbi.
Cosa doveva fare per avere le certezze che, tempo addietro, avrebbe acquisito in poco più di una semplice nottata di sonno o pensieri? Era davvero possibile, allora, cambiare e lasciare dentro di sé solo una minima parte di ciò che si era per davvero?
Si staccò dalle sue labbra mordendosi le proprie e chinando lo sguardo ed il capo, sbuffando e rialzandosi dalla panchina. Chester lo seguì dapprima con lo sguardo ma, vedendolo talmente agitato da far quasi paura persino a lui, si alzò e gli si avvicinò; gli prese la mano ma l’altro si liberò dalla sua presa un tantino bruscamente, soprattutto perché nemmeno un minuto prima lo stava baciando!
“Mike, fermati per piacere.” – cercò di rimanere calmo e tenere altrettanto pacato il proprio tono di voce, per non turbare ulteriormente l’altro; questi, comunque, stentava a stare fermo e camminava avanti e indietro, mangiandosi le mani.
Chaz si scocciò e l’afferrò bruscamente, mettendolo poi con le spalle appoggiate ad un grosso albero lì vicino a loro e bloccandolo con una presa ferrea che Mike non immaginava potesse possedere. Non sembrava poi così forte, contando che era piuttosto magro e i muscoletti non erano quasi per nulla accennati.
Aprì leggermente la bocca per la sorpresa e finalmente trovò la maniera per regolarizzare il suo respiro, mentre Chester continuava a tenerlo fermo, in perfetto silenzio. L’unica cosa che potevano udire, oltre al vento, era il fruscio delle foglie degli alberi che erano da poco ricresciute, assieme alle ali degli stormi di uccelli che volavano da un albero all’altro, o da un albero in cielo.
“Hai finito?” – chiese Chester, esausto.
L’altro annuì, sospirando e si poteva notare nei suoi occhi che l’agitazione di prima si era leggermente appiattita, o era stata finalmente messa a tacere per un bel po’.
“Scusami, Chester. Il problema è che non ci sto capendo più niente, mi sento così fottutamente attratto da te e non riuscivo a spiegarmelo prima e questi baci mi hanno reso tremendamente felice ma mi hanno allo stesso tempo confuso. Ho paura di tutto ciò che potrebbe succedere così come ho paura dell’ignoto, odio non avere certezze ed essere invece pieno di dubbi, farmi centomila domande alle quali non posso rispondere.” – Chester avrebbe seriamente gradito che l’altro non parlasse così a macchinetta, così speditamente senza lasciargli capire tutto ma obbligandolo ad ipotizzare le parole di cui aveva usufruito. In quegli anni spesi assieme aveva imparato che, ogni qualvolta era agitato, shockato o qualunque cosa del genere, dava di matto e si era messo d’impegno per evitare questo suo stato da mezza checca isterica.
“Michael, stai perdendo di nuovo la calma. Riprenditi!” – sbuffò esasperato, odiava quei suoi atteggiamenti. Lo preferiva di gran lunga quando faceva il perfettino del cazzo che voleva che tutto fosse al proprio posto.
Mike prese aria, inspirò ed espirò profondamente e poi tornò a guardare negli occhi il tatuato.
“Hai capito il filo della situazione, comunque?” – domandò Mike.
“Ho solo potuto acchiappare che ti senti attratto da me e non ci stai capendo niente.” – affermò titubante Chaz, grattandosi la nuca e tornando a guardarlo negli occhi solo dopo aver pronunciato quelle parole. Il ragazzo di fronte a lui arrossì di botto ed annuì; di nuovo prese a mordersi il labbro inferiore ma Chester non voleva lo facesse. Se voleva mordere qualcosa, tanto valeva che mordesse il suo, di labbro.
“E’ quello il punto. Non ci capisco niente e tu sai, ormai, quanto io odi avere dubbi.” – certo che lo sapeva, era quella la ragione per la quale non si fece problemi a baciarlo di nuovo.
“Te le do io, le certezze..” – mugolò, lasciando stupito ed inebetito l’altro mentre con la lingua scese a leccargli il collo, dove lasciò un umido bacio ed un morsetto.
Altro che certezze, quel tatuato stava giocando con il fuoco e Mike se ne stava mano a mano rendendo conto; più le sue mani vagavano per il corpo, più si rendeva conto di desiderare Chester per davvero e non solo per uno sfizio momentaneo.
Improvvisamente tutto gli apparve più chiaro.

NOTE DELLE AUTRICI (?) :

Tanto odio per me, tanto odio per me (?) Il nuovo singolo di Giacopinzia, prossimamente in tutti i negozi di dischi !
Ok lo so che mi odiate, ma non è colpa mia se la cara Milakiki ed io siamo delle deviate mentali che creano 'ste cose.
Perdono, lo so, Giacopinzia è sempre in mezzo e voi la odiate, ma un giorno imparerete ad amarla (?) (ma perché cazzo parlo in terza persona? D: )
Vabbè, comunque sia, viste le 1249829523 scopate e cose che abbiamo fatto fare a Chaz e Mike, abbiamo deciso di creare una raccolta.
Iniziamo dal loro primo bacetto (?) che teneroni, uhm?
Okay, vi lasciamo in santa pace e speriamo che vi piaccia!
Baci, MILAPINZIA!

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Linkin Park / Vai alla pagina dell'autore: Milapinzia