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Autore: SlowDownLiz    29/10/2012    7 recensioni
"..Così mi costrinsi a rimanere lì fermo mentre lei si preparava a cospargermi di protezione solare. Fatto tutto il corpo, toccò al viso dove dedicò più premura che nel resto: prima di posare ogni ricciolo di crema, Laura lasciava nel medesimo posto un bacio delicato. " (Preciso che non è tutta così la storia; inoltre è la prima che scrivo.. quindi non vi prometto niente.. l'ho finita ancora ad inizio anno, solo che mi mancava il coraggio di pubblicarla..) In poche parole, è una storia d'amore ambientata ai nostri giorni a Liverpool, con i nostri amati Beatles.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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1- She’s Leaving Home

 

Tutto nella mia vita andava per il verso giusto.
La mia famiglia mi amava e mi appoggiava nelle scelte che facevo per il mio futuro. Avevo un lavoretto nei fine settimana che mi permetteva di guadagnare e risparmiare qualche Euro, anche se erano più quelli che spendevo subito in cose che m'interessavano che quelli che mi rimanevano. Adoravo comprare Cd, libri, scarpe, vestiario, bigiotteria varia…e così facendo non mi rimaneva in tasca molto, ma ero felice comunque.
Frequentavo con successo il secondo anno di Università e già dal primo avevo in mente di partire con il progetto Erasmus per studiare all’estero. La destinazione doveva essere assolutamente l’Inghilterra; amavo tutto di quel paese: la lingua, lo stile, la moda, i ragazzi..
La cosa mi avrebbe entusiasmato molto: non avevo mai passato del tempo all’estero da sola, ma non avevo problemi a partire immediatamente. In effetti, non avrei lasciato molto qui in Italia ma in fondo, mica sarei partita per sempre, no?
Quest’esperienza mi avrebbe permesso di crescere e di uscire dalla mia routine qui in Italia. Dopo varie riunioni, compilazioni di bandi e di moduli vari, finalmente arrivò la buona notizia: ce l’avevo fatta!! Sarei partita la prima settimana di marzo per Liverpool e vi sarei rimasta per i prossimi sei mesi. Ero emozionatissima: io, una ragazza di vent’anni sarei andata a vivere e a studiare molto distante da casa e per di più da sola.
Non stavo più nella pelle!! Certo, il mio tempo là era già tutto organizzato: durante la settimana, la maggior parte della giornata sarebbe stata occupata dallo studio, mentre il resto era da passare come meglio si credeva. Molto probabilmente, anzi sicuramente, mi sarei dovuta cercare un lavoro per mantenermi e, cosa ancora più importante, dovevo trovare un appartamento in cui vivere per questi sei mesi.
La frenesia della preparazione mi colse, ma non impreparata. Iniziai subito a scrivere la lista delle cose che mi sarei portata; tenni in considerazione il fatto che partivo a marzo, perciò davanti a me si prospettava l’estate. Ma quella inglese era totalmente differente da quella afosa e cocente dell’Italia. Il problema stava nel vestiario più conveniente da portare via ma grazie ai molti consigli fidati che ricevetti, tutto mi fu subito chiarito.
Mentre i preparativi continuavano frenetici, il giorno della partenza arrivò e l’agitazione salì alle stelle. Mancavano alcune ore prima del volo ed essendo ancora a casa, ripassai mentalmente ciò che dovevo assolutamente portare con me nel viaggio. “Allora passaporto, biglietti, carta d’identità, altri documenti identificativi, soldi, cellulare, macchina fotografica..ok, il necessario c’è e anche di più.."
Arrivata all’aeroporto, salutai i miei genitori che mi avevano accompagnato all’aeroporto e mi diressi verso la zona del check-in. Dopo aver terminato tutte le procedure di controllo, m'imbarcai. Fortunatamente avevo il posto vicino al finestrino, così durante tutto il volo scattai foto al paesaggio. Montagne con le cime ancora innevate, fiumi azzurrissimi e nuvole che sembravano panna montata… Ogni cosa che vedevo mi rendeva felice e per tutto il viaggio mi si stampò in faccia un sorriso ebete; sembrava che mi fossi fumata qualcosa d'illegale invece ero solamente inebriata da tutta quella bellezza che ci circondava senza che noi esseri umani fossimo realmente capaci di apprezzarla.
Il volo sembrò durare meno di quanto dovesse e atterrammo.
Appena misi i piedi a terra e respirai la prima boccata di aria inglese, tutto diventò ancora più bello.
Ero euforica fino alla punta dei capelli. Avrei persino potuto nuotare fino in Francia attraverso la Manica per quanta energia sentivo dentro di me. Ritirai i miei bagagli che per grazia divina non erano stati smarriti, chiamai un taxi e come prima cosa andai all’Università per avere informazioni sugli orari delle lezioni. A quanto pareva, avrei dovuto seguire un mucchio di corsi e sarei dovuta essere in grado di dare tutti gli esami prima di ripartire per l’Italia. “Pff…cavolo, cosa mi aspetta ..” Sapute le cose che m'interessavano, mi preoccupai di trovare un appartamento. Stavo uscendo dall’atrio, quando svoltando l’angolo, qualcuno mi venne addosso facendomi cadere il malloppo di carte che avevo ritirato in segreteria. “Ma porco…anche questo rompiscatole ci voleva!” pensai.
Quel qualcuno si scusò immediatamente e si chinò a raccogliere tutti i fogli. Lo guardai e mi accorsi che era un ragazzo e quando si rialzò e mi consegnò il materiale, rimasi senza fiato. Mai in Italia avevo visto un viso così bello: occhi verdi scuri, ciglia lunghissime, labbra a cuoricino di un rosa intenso, pelle liscia ..
Insomma, nemmeno volendo avrei potuto trovargli un difetto. I capelli erano color castano scuro ed erano portati leggermente più lunghi sulle orecchie forse per nascondere quel leggero accenno a essere a sventola. Non so per quanto tempo rimasi fissa a guardarlo ma riuscì a riprendere il controllo della mia persona e abbassando lo sguardo per la vergogna lo ringraziai e gli dissi di non preoccuparsi. Lui si scusò nuovamente e facendomi l’occhiolino per salutarmi se ne andò dalla parte da cui ero venuta. “Uao.. Che visione!”
Ancora un po’ sulle nuvole, arrivai all’area degli annunci sugli affitti e lì mi misi a spulciare per bene le varie possibilità che mi si presentavano.
Scartai immediatamente quelli troppo cari dovendo così rinunciare anche alla vicinanza alla mia facoltà. Valutando quello che mi rimaneva, ne trovai uno molto interessante e vantaggioso: né troppo caro, né troppo distante. Inoltre, dalla foto si poteva intuire che era anche molto carino e tenuto bene. “Che fortuna sarebbe se fosse ancora libero! Meglio chiamare subito prima che diventi troppo tardi!”
Entrai nella prima cabina telefonica che trovai, composi il numero e dopo pochi squilli una voce femminile rispose all’altro apparecchio. La ragazza si chiamava Elisabeth e dopo averle spiegato il motivo della mia chiamata, decidemmo di comune accordo di incontrarci la sera stessa: mi avrebbe mostrato l’appartamento e mi avrebbe ospitato a cena insieme agli altri due inquilini.
Rassicurata dall’avere una quasi certezza sul aver trovato un tetto sopra la mia testa, andai a lezione che rimaneva della giornata. Mangiai come merenda un panino finché leggevo in biblioteca. Mi misi però a osservare gli altri studenti. La bellezza dei ragazzi inglesi era totalmente differente da quella italiana, però stuzzicavano le voglie femminili lo stesso.  La tonalità della pelle era più chiara della nostra, tipicamente mediterranea. Inoltre sembravano tutti perfetti, senza un pelo fuori posto; bastava pensare al ragazzo che si era scontrato prima con me.
La stessa cosa valeva per le ragazze: tutte avevano uno stile personale e nessuna seguiva una moda specifica. Per esempio, la ragazza che sedeva di fronte a me e che avevo già notato durante la lezione di prima, aveva una frangetta molto gonfia, tipo quella che si portava negli anni ’70, lunghi capelli ondulati color rosso scuro, portava una maglia verde bottiglia con il collo alto, una collana rossa con grosse perle, un braccialetto di plastica sempre rosso e degli occhiali da vista con una montatura nera molto grossa. Aveva uno stile personale e particolare che mi piaceva alquanto.
Decisi però di concentrarmi su altro; “meglio che produca qualcosa nel poco tempo che mi rimane prima dell’appuntamento..”. Iniziai così a leggere la scheda che ci aveva consegnato il professore di letteratura inglese ma essendo scritta con tanti termini che non avevo nemmeno mai sentito, decisi di aiutarmi con il dizionario bilingue. Lo tirai fuori dalla borsa e incominciai a tradurla. Mi accorsi, però, che la ragazza dal frangettone si era messa a guardare ciò che stavo facendo. Alzai così lo sguardo e le sorrisi tranquillamente come per chiederle se aveva bisogno di qualcosa; lei, nonostante l’imbarazzo, decise di parlare:
-Sei italiana? ..
Solo quando parlò italiano, realizzai la situazione.
-Si..e a quanto pare anche te, eh? Le risposi.
-Ehm, si..piacere comunque, mi chiamo Alessia.
-Il piacere è mio. Io sono Laura; caspita, ma com'è piccolo il mondo. Due italiane sedute una di fronte all’altra nella biblioteca dell’Università di Liverpool..
-Eh, il destino ha voluto così..
Ridemmo insieme, ma immediatamente ci zittimmo perché gli altri ci stavano guardando un po’ male.
Alessia sottovoce continuò:
- Io sono di Milano e sono qui da un mese grazie all’Erasmus; davanti a me ce ne sono altri otto da passare qui. Te invece?
-Anche io sono qui con l’Erasmus. Frequento l’Università di Padova e sono arrivata qua proprio qualche ora fa.
-Fresca fresca insomma. E quanto ci rimarrai?
-Per sei mesi. Ho preferito scegliere l’opzione di permanenza più breve perché non vorrei perdere un anno intero di università. Mi piacerebbe potermi laureare nel giusto tempo, anche se non è detto che questo accada..sai, mai dire mai nella vita.
-Esatto.. mai fare programmi a lunga durata se non si hanno certezze. Però è giusto porsi degli obiettivi. Comunque, visto che è quasi ora di cena, ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa insieme così continuiamo la chiacchierata?
-Veramente avrei un appuntamento, quindi per stasera non posso.. ma potremmo scambiarci i numeri di telefono per ritrovarci domani, ti va? Qui non conosco nessuno e rivedere una faccia amica mi farebbe piacere..
-Ma certo. Aver trovato qualcuno che parla la mia stessa lingua mi farà evitare di impazzire..e di sentire la mancanza dell’Italia.
Ci scambiammo i numeri e ci salutammo. Presi i miei bagagli e m’incamminai verso la zona in cui si trovava l’appartamento. Non era ancora del tutto buio e la luce del crepuscolo rischiarava ancora il cielo. Per le strade c’erano tantissime persone, molto probabilmente di ritorno dal lavoro. Finché camminavo, mi guardavo attorno e studiavo le vetrine che incontravo: molti dei negozi erano ancora aperti e mi sarebbe piaciuto andare a darci un’occhiata, ma per non intralciare con i miei trolley, continuai per la mia strada. “Avrò altre giornate per guardarmi tutti i negozi di questa città..”
Arrivai alla via in cui si trovava il condominio del mio “futuro” appartamento. “Beh, non è stato così difficile trovarlo…speriamo sia quello giusto per le mie esigenze!E sennò mi adatterò.. dove potrei andare a quest’ora per avere un altro posto in cui stare?”
Cercai il numero civico 909 e lo trovai. Era un piccolo palazzo a tre piani con un giardinetto ben curato sul davanti. Al centro del praticello pieno di fiori svettava un grande salice piangente con sotto una panchina un po’ rovinata.
“Toh, trovato il rimpiazzo.. Potrei dormire su questa panchina..sperando non si metta a piovere come è solito in questo paese..” Finalmente mi decisi a entrare nel condominio; salì fino all’ultimo piano e mi feci coraggio.
Suonai il campanello, anche se ero alquanto agitata e spaventata: non tanto perché non conoscevo chi avrei avuto di fronte, ma per cosa sarei riuscita a dir loro. Guardai il tappetino davanti alla porta d’entrata che mi accoglieva con un “WELCOME” detto da due gatti rossi e respirai profondamente.
Finalmente qualcuno venne ad aprire. Era una ragazza minuta, con un caschetto biondo e un visetto molto carino e simpatico. Vedendo che non aprivo bocca, mi chiese, con un forte accento di Liverpool, se avessi bisogno di qualcosa.
Allora cercai di connettere il cervello alla facoltà della parola e le spiegai che ero la ragazza interessata all’ultimo posto nell’appartamento.
Il suo viso s’illuminò e scusandosi mi fece entrare. Molto probabilmente lei era Elisabeth, la ragazza della telefonata. Appena entrai notai subito diverse cose: varcata la soglia d’entrata ci si trovava in soggiorno. L’aria era invasa da un profumino invitante proveniente dalla cucina che mi fece brontolare la pancia.
Fortunatamente nessuno si accorse del rumore. La sala era arredata semplicemente ma con un gusto particolare: al centro c’era un enorme divano a “elle” che occupava la maggior parte dello spazio; davanti ad esso, appeso alla parete, un televisore al plasma trasmetteva una partita di calcio. Ai piedi del divano un tappeto persiano consunto copriva il pavimento in mattonelle. Dal soffitto pendevano a distanze differenti delle lampade che illuminavano perfettamente la stanza.
Mi accorsi che sul divano era stravaccato un ragazzo in jeans e in camicia; teneva un braccio sotto la testa e aveva gli occhi socchiusi. Le labbra erano sottili e sotto la camicia che usciva dai pantaloni, s’intravedeva una panzetta morbida.
Pure il viso era paffuto ma nel complesso era anche lui un bel vedere. Vedendomi, si alzò di scatto dal divano e mi venne incontro:
-Oh, ecco la neo arrivata! Enchanté mademoiselle, je suis John..
E dicendo questo, s’inginocchiò davanti a me, prese la mia mano tra la sua e me la baciò. “Oddio che imbarazzo.. scommetto che sono bordeaux in faccia!”pensai.
Riuscì biascicando a rispondere “il piacere è mio!io sono Laura..”.
Lui mi sorrise e mi squadrò dalla testa ai piedi come avesse dei poteri sovrannaturali che gli permettessero di guardare sotto i miei vestiti. Prima di ritornare a sdraiarsi sul divano mi sorrise nuovamente e mi fece l’occhiolino. “Ma cos’è!?! Qui va di moda strizzare l’occhio alle ragazze?!”
A conti fatti, mancava ancora qualcuno all’appello e quel qualcuno doveva essere in cucina ed era colpa sua se per tutto l’appartamento c’era quell’odore che faceva venire l’acquolina in bocca. Forse per le chiacchiere che aveva sentito in soggiorno o forse perché aveva bisogno di un aiuto ai fornelli, ma anche colui che mancava alle presentazioni si fece vedere. E quando uscì dalla cucina e vidi di chi si trattava mi venne un colpo.
Spaventoso quanto a volte poteva essere spietato il destino.

  
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