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Autore: Akisan    29/10/2012    9 recensioni
A volte il destino riserva sorprese mozzafiato, ricche di avventure e compagni formidabili.
A volte, invece, decide semplicemente di prenderti per i fondelli.
Così, senza neanche sapere bene il perché, Alex si ritrova suo malgrado a fare comunella con un Arrancar con seri problemi di gestione della rabbia, una ragazzina logorroica totalmente priva di buonsenso, e un individuo subdolo che, secondo lei, ha buone probabilità di discendere direttamente dal demonio.
Il tutto in un ambiente ricco di Hollow, gatti, sarcasmo allo stato brado e situazioni equivoche.
Mooolto equivoche.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aki:«Bene gente, questo capitolo è un po’ diverso dai precedenti, e c’è un motivo: Alex si è rotta le beneamate scatole e quindi bracca Aramis per farsi raccontare il suo passato. Ne ho quindi approfittato per spiegarvi un po’ di retroscena: aprite bene gli occhi perché ci saranno molte cose importanti, alcune delle quali però solo accennate implicitamente e spiegate nei prossimi capitoli. Attenzione: solo la storia dal punto di vista di Aramis, ovvero la prima parte, viene raccontata ad Alex. I ricordi di Meiko, ovvero la seconda parte, vengono raccontati solo a voi che leggete per spiegarvi un po’ di cose, quindi Alex non ne sa nulla. Diciamo che è un mio regalo per premiare la vostra infinita pazienza e spiegarvi finalmente qualcosa. Detto questo…  (punta minacciosamente il microfono contro Aramis) non pensare di scamparla, bello! Ho detto che avremmo fatto karaoke, ma l’unico che non ha ancora cantato sei tu!»

Aramis (senza sollevare lo sguardo dal castello di carte che sta facendo):«Io sono un creativo, se non c’è un’interessante fonte di ispirazione non puoi obbligarmi a cantare»

Alex:«Ma meglio così! Si può sapere perché ti sei intestardita così tanto nel farlo cantare? E poi in ogni caso qualsiasi prodotto della sua “ispirazione” non sarebbe minimamente adatto al raiting arancione, quindi lascia perdere»

Aki (facendo gli occhioni dolci):«Quindi non posso fargli cantare “Sangeshitsu” in duetto con Grimmjow?»

Alex: «QUELLA MENO DI TUTTE!»

Aramis: «Che succede principessa? Sbaglio o sei arrossita? Credevo che ascoltare quella canzone ti avesse fatto piacere…»

Alex:«ASSOLUTAMENTE NO!»

(esce sbattendo la porta)

Aki: «Aaah, l’amore… comunque, tornando a noi, la tua ispirazione verrebbe aiutata se ti dicessi che… »

(si china a sussurrargli qualcosa nell’orecchio con espressione demoniaca)

(Il castello di carte crolla completamente a terra. Un’improvvisa aura oscura circonda Aramis)

Aramis (sorridendo in modo inquietante): «Ma tu guarda… Dov’è finito il microfono?»

 
Uno zuccoso grazie a VaIoLeTImmortalgirl14, gelidovento, zakopane, Nata dalla Tempesta e blackshine32 per aver messo questa storia tra le preferite, a TheBolt e Laoghaire per averla messa tra le seguite, a Zakurio per averla messa tra quelle ricordate, aLa Burattinaia per avermi messa tra gli autori preferiti, e a chi legge e basta. Buon Halloween!
 

 
Capitolo 30: C’era una volta, in un deserto lontano lontano…
 
Le finestre erano oscurate, la porta era chiusa, la sola luce era procurata da un paio di candele posizionate sul tavolino attorno a cui erano seduti, fornendo alla stanza di Aramis una deliziosa atmosfera da seduta spiritica.

Probabilmente nessuno si sarebbe scomposto se il cupo mietitore avesse fatto capolino dalla porta offrendo da bere a tutti.

«Principessa, se non sbaglio in quel biglietto mi ero premurato di specificare “in privato”» borbottò Aramis, scoccando un’occhiata di traverso al piccolo pubblico che si era assiepato nella sua stanza.

Liz era seduta a gambe incrociate alla sua sinistra, e agitava una stringa con fare tentatore di fronte al musetto di Al, il gattino grigio.

Si trovava lì per pura curiosità.

Urahara invece era comodamente seduto alla sua destra, e lo spostamento d’aria prodotto dal suo ventaglio faceva tremolare le deboli fiammelle delle candele.

Era stato lui a convincere Alex ad ascoltare quello che Aramis aveva da dirle, e questo, a suo dire, gli dava il pieno diritto per ascoltare a sua volta.

Infine c’era Grimmjow, seduto con aria scocciata alle spalle di Alex.

Non era minimamente interessato a quello che avevano da dirsi; si trovava lì unicamente in veste di dissuasore, casomai Aramis si fosse momentaneamente dimenticato che le sue mani non avevano licenza di palpeggio.

Forse sarebbe sembrato molto più minaccioso se solo Ed, il gattino fulvo, non avesse deciso proprio in quell’istante di cimentarsi nella scalata del suo braccio.

Alex, seduta esattamente di fronte all’Arrancar, assottigliò lo sguardo.

«E secondo te sulla mia fronte c’è scritto “deficiente”? Qualsiasi cosa tu voglia dirmi può aspettare qualche minuto; ora credo proprio che sia il momento che tu ci dia qualche risposta» rispose con tono deciso.

«E le domande sarebbero?»

«Chi sei? Perché Meiko ti ha sigillato? Perché Aizen ha messo su tutto questo casino per liberarti? Cosa c'entro io, in tutta questa storia?»

«Che intendi dire, Alex? Aizen voleva che togliessi il sigillo ad Aramis, no?» intervenne perplessa Liz.

«Sì, ma perché proprio io? A Las Noches ha a disposizione gente molto più forte di me, e non mi sembra affatto il tipo che si sventrerebbe piuttosto che sacrificare qualche sottoposto. E anche quando Meiko mi ha parlato… non so, mi ha dato quasi l’impressione che mi conoscesse»

«Un’impressione è davvero poco su cui basarsi, principessa»

«Tu mi hai chiamata, Aramis. Quando Grimmjow è stato mandato a prenderti nelle rovine della colonia, ho sognato il momento in cui gli hai succhiato quasi tutte le energie. Sei stato tu a farmelo vedere, non è vero? Perché?»

Un pesante silenzio scese sulla stanza.

«Guarda guarda Aramis, sembra proprio che sia arrivato il momento di dissipare la nebbia di misteri che ti avvolge!» commentò allegramente Urahara.

Per tutta risposta l’Arrancar sollevò tre dita.

«Posso rispondere solo a tre delle tue domande, e neanche in maniera completa. Prendere o lasciare»

Alex si morse il labbro con una chiara insoddisfazione dipinta su tutta la faccia, poi, reticente, annuì.

E Aramis cominciò a raccontare.
 

~ Prima parte  - Aramis ~

Era diventato Vasto Lorde già da qualche mese, quando aveva incrociato per la prima volta la strada di Meiko.

O meglio, quando Meiko gli aveva tirato senza alcun preavviso una sonora pedata nel sedere.

«Sei tu l’imbecille che ha ridotto le mie due compagne in quello stato catatonico?»

Lentamente si era rialzato dalla sabbia.

Sì, in effetti era stato lui.

Purtroppo i suoi approcci avevano l’effetto collaterale di prosciugare le sue vittime di quasi ogni energia.

Non poteva farci niente, era così che si nutriva.

Comunque prima o poi si sarebbero riprese.

«Non me ne faccio nulla del tuo “prima o poi”. Muovi il culo e rimettile a posto, bimbetto!»

Non era certo la prima volta che veniva minacciato in quel modo, quindi non si era scomposto più di tanto: gli sarebbe bastato esercitare il proprio fascino su di lei, e le proteste si sarebbero sicuramente spente in un attimo.

A quei tempi non era ancora in grado di leggere nella mente altrui, quindi non sapeva che i suoi sforzi per sedurla gli avrebbero unicamente procurato un altro calcio nel didietro.

Confuso e innervosito, aveva provato a ribellarsi.

Stesso doloroso risultato.

Completamente sconvolto, aveva dovuto obbedirle.

~

Dopo quell’episodio, aveva cominciato a recarsi alla colonia sempre più di frequente.

Provava un misto di risentimento e morbosa curiosità verso quella donna dagli occhi di ghiaccio, ma soprattutto voleva capire come avere la meglio su di lei.

Insomma, ne andava pur sempre del suo orgoglio di seduttore.

La osservava, ascoltava le sue conversazioni e la seguiva.

Finchè non aveva rimediato l’ennesimo calcio nel didietro.

Ormai stava diventando un’abitudine.

«Continuare a vederti strisciare nell’ombra mi nausea, se hai qualcosa da dirmi fallo e basta, bimbetto»

Bimbetto?!

Assurdo, come aspetto Meiko non era poi così tanto più grande, e per di più era decisamente più bassa di lui, e osava chiamarlo bimbetto?

«Ti chiamo così perché la tua età mentale è pressappoco quella. Sappi che in questa colonia non sono ammesse persone incapaci di ragionare prima di fare qualsiasi cosa passi loro per il cervello, quindi o ti adegui, o ti sbaracchi il più presto possibile fuori dal mio territorio. E comunque come dovrei chiamarti? A quanto ho sentito ogni singolo membro della mia colonia ti conosce con un nome diverso»

Beh, forse aveva esagerato un po’ con i nomi falsi.

Ma dopotutto un nome valeva l’altro, e ne aveva usati così tanti che ormai erano decenni che non ricordava più quello vero.

«Capisco. Vorrà dire che da oggi in poi se la pianterai di comportarti come un moccioso frustrato ti chiamerò “Aramis”. Ma se ti pesco ancora a strisciarmi in quel modo alle spalle ti appendo a uno di quei rami per le budella, sono stata chiara?»

Questo lo lasciò senza parole.

Lui la stava pedinando per trovare un modo di sopraffarla, e lei lo aveva battezzato.

Aramis.

 Era la prima volta che qualcuno gli dava un nome.

Escludendo “bastardo” e sinonimi, ovviamente.

Aramis.

Sì, gli piaceva.

~

Fu parecchi anni dopo che alla colonia si sentì parlare per la prima volta di Aizen e degli strani poteri che conferiva agli Hollow strappando loro la maschera.

“Arrancar”, era così che si chiamavano.

Nel frattempo Aramis aveva continuato a farsi qualche scampagnata ogni tanto nel mondo terreno, sfuggendo per un pelo in un paio di occasioni agli Shinigami e approfondendo la conoscenza di Urahara, che aveva lasciato la Soul Society per fare la guardia a una cosa in particolare.

Finchè un giorno giunse alla colonia Aizen in persona, accompagnato da un paio di questi nuovi esseri creati da lui.

Per la cronaca, uno dei due era Grimmjow, e da come squadrava Meiko sembrava decisamente conoscerla.

Aizen parlò a lungo, esponendole i vantaggi che quella trasformazione avrebbe comportato.

«E in tutta questa storia tu cosa ci guadagni, Shinigami? Non vorrai certo dirmi che intendi dotare me e i miei compagni di questi poteri favolosi per pura beneficienza»

«Non si tratta di guadagno, ma piuttosto di uno scambio vantaggioso per entrambi. È vero, la vostra trasformazione richiederebbe un prezzo, che però potrebbe rivelarsi un ulteriore guadagno per te: l’unica cosa che chiedo infatti è lealtà nei miei confronti, ma ciò non minerebbe in alcun modo l’autorità sui tuoi seguaci, anzi, te ne fornirebbe una ancora più vasta tra gli Arrancar attualmente esistenti. I più forti tra loro infatti prendono il nome di Espada, e godono dei più alti onori a Las Noches, la nostra fortezza attualmente in costruzione»

Mentre quel discorso veniva pronunciato, Aramis aveva provato un paio di volte la sensazione che gli occhi di Aizen dardeggiassero nella sua direzione.

Meiko comunque non accettò la sua proposta.

Grimmjow aveva decisamente l’aria di qualcuno pronto a fare una carneficina, ma Aizen decise di andarsene senza alcun tipo di ritorsione.

Le disse che voleva lasciarle il tempo di rifletterci su.

Ma Aramis aveva la netta sensazione che lo Shinigami si stesse rivolgendo anche a lui.

Offrendogli la possibilità di diventare più forte della sua regina.

~

Stava impazzendo.

Diventare un Arrancar gli aveva fornito per qualche motivo il potere di leggere la mente altrui, ma non era affatto in grado di controllarlo.

A Las Noches, contando le sue dimensioni e la scarsa popolazione che la abitava, era poco più che un fastidio, ma, come aveva messo piede nel mondo terreno, era stato assalito da migliaia di voci in un
solo istante, trovandosi in poco tempo sull’orlo della pazzia.


Non aveva assolutamente abbastanza concentrazione per aprire un garganta, e se fosse rimasto troppo a lungo così all’aperto qualche Shinigami si sarebbe accorto della sua presenza.

Shinigami… Urahara!

Era parecchio ormai che non lo vedeva, ma al momento non riusciva a pensare a nient’altro, mentre il peso di centinaia e centinaia di pensieri gli opprimeva la testa.

~

«Dovrei staccarti la testa qui e ora, bimbetto»

Ah, il disprezzo che trasudava dalla voce di Meiko gli provocava un’enorme nostalgia.

Era ancora offesa a morte per il suo tradimento, e lo dimostrava apertamente ogni volta che le arrivava a portata di calcio.

Grazie ad Urahara, Aramis era riuscito a padroneggiare alla perfezione il suo nuovo potere (fornendogli in cambio forza-lavoro nell’eterno negozio che usava come copertura mentre faceva la guardia a quella cosa), e, visto che Aizen si vedeva raramente a Las Noches, lui ne aveva approfittato per ritornare alla colonia.

Da cui era stato buttato fuori subito dopo a calci in culo.

C’era voluto un sacco perché la sua regina accettasse di nuovo la sua presenza, eppure Aramis non si era mai imposto fisicamente su di lei, malgrado avesse ricercato tutto quel potere proprio per quel motivo: ora che poteva leggerle nella mente, Meiko non poteva nascondergli più nulla, e la cosa lo appagava incredibilmente.

~

Nel frattempo parecchi membri della colonia l’avevano abbandonata per rifugiarsi a Las Noches, e altri erano stati uccisi nel deserto da alcuni Arrancar in avanscoperta.

~

«Cos’è l’amore?»

Questa era una domanda venuta fuori quasi per caso, a cui né Aramis né Meiko sapevano dare una risposta.

Dopotutto era rarissimo che quelli come loro potessero provare un sentimento tanto intenso.

Alla fine si erano trovati d’accordo su un punto: probabilmente l’innamoramento veniva fuori quando a causa di qualcuno ci si trovava in una situazione del tutto diversa da quella a cui si era abituati.

«Allora la questione è risolta, Aramis: la prima volta nella tua esistenza in cui ti troverai ad aver a che fare con l’istinto di protezione cadrai cotto come una pera»

«Ma come, mi stai forse dando dell’ egoista?»   

«No, ti sto dando dell’infantile egoista. È una sfumatura diversa»

«Molto bene, e di chi si potrebbe invece mai innamorare colei che viene chiamata “la regina di ghiaccio”? Esisterà qualcuno in grado di incrinare la tua impassibilità?»

«Mi stai dando della frigida?»

«Assolutamente no. Ti sto dando della frigida repressa. È una sfumatura diversa»

~

Meiko aveva deposto il fagotto di stracci, che fino a poco prima era stato Aramis, in una nicchia all’interno dell’albero che per secoli aveva ombreggiato la sua colonia, ora completamente disabitata.

“Ferma Meiko, non puoi farlo! Guarda come sei ridotta, smettila di impormi sigilli, così ti ucciderai!” le aveva gridato mentalmente.

Ormai era l’unica cosa che poteva fare.

 “Ti preoccupi per me, bimbetto?”

“Sei tu quella che si preoccupa troppo per il futuro! Avanti, non fare la stupida!”

Era stato Urahara a capire a cosa Aramis servisse davvero ad Aizen, e quella prospettiva aveva costretto Meiko a prendere quella drastica decisione.

Sigillata, la coscienza di Aramis aveva cominciato pian piano ad affievolirsi.

Era riuscito a rimanere sveglio giusto il tempo di sentire qualche ultima parola.

“Aspettami. Tornerò a prenderti, Aramis”
 
 

~ Seconda parte - Meiko ~

Era distesa sulla sabbia, sotto i pallidi raggi di quella luna che non tramontava mai nell’Hueco Mundo.

Ormai erano parecchi anni che era ferma allo stadio di Adjucas, e spesso si concedeva lunghe pennichelle su una duna di quell’immenso deserto, aspettando che lo scemo di turno, vedendo la lupa da sola con la guardia apparentemente abbassata, si avvicinasse per fare di lei la sua cena.

Non provava quello smanioso piacere di uccidere che molti dei suoi simili sembravano coltivare, ma non si faceva certo problemi a sbranare chi la attaccava: non ci teneva per niente a perdere la coscienza di sé tornando una Menos Grande.

Comunque non dovette aspettare molto.

«Guarda guarda che bel bocconcino che abbiamo trovato!»

«Non è molto grande, basterà per tutti?»

Aprì gli occhi.

«Caccia di gruppo, eh? Simpatici…» commentò, tirandosi su.

Erano in sei, e l’avevano circondata. Erano tutti enormi, cosa piuttosto comune tra gli Adjucas e che non era per forza sintomo di potenza. Solo uno era di ben più modeste dimensioni:  un felino dall’aspetto piuttosto feroce che era più o meno della sua stazza, e che aveva tutta l’aria di essere il capo.

Scattò per prima, saltando addosso al bestione più vicino e dilaniandolo.

Era raro che gli Adjucas si unissero in gruppi così numerosi, ma quando succedeva l’unico modo per batterli era basarsi sulla velocità per eliminare uno per uno i più deboli, in modo da incrementare la propria forza ed insieme non avere intralci quando si affrontavano gli ossi più duri, visto che era fondamentale non farsi portare via neanche un pezzo di carne dagli avversari.

Il capo le balzò addosso, ma lei scartò a sinistra e ferì due suoi compagni accorsi a dargli manforte, mentre sentiva il suo potere accrescersi.

«Idioti! È troppo veloce per voi, lasciate fare a me!» ruggì lui agli unici due membri del suo gruppo rimasti incolumi, mentre gli altri si facevano da parte.
Lei si voltò ad affrontarlo.

«Dovresti scegliere con più accuratezza le tue prede, signor cacciatore» lo derise mentre cominciavano a camminare in cerchio, squadrandosi alla ricerca di un’apertura nella reciproca guardia.

Poi si fece seria.

Questo qui era di tutt’altra pasta rispetto ai suoi compagni: se non fosse riuscita a trovare in fretta un modo per morderlo forse sarebbe stato meglio battere in ritirata.

«Scherzi? Che gusto c’è a mangiare se il cibo non si agita neanche un po’?»

Perfetto, le era pure toccato l’esaltato!

Proprio il genere di individuo che più detestava.

«Ma finora è stato solo il cibo a mangiare»ribatté lei, leccandosi le zanne che sapevano ancora di sangue.

«A questo si può rimediare in fretta!»

Evitò il suo attacco frontale, ma il suo avversario previde la direzione in cui avrebbe scartato e deviò anche lui; così finirono a rotolare avvinghiati nella sabbia, ringhiando e cercando di mordersi a vicenda.

Ci aveva visto giusto, il bastardo se la cavava davvero bene.

Poi qualcosa la colpì, staccandola dall’altro Adjucas e spedendola qualche metro più in là.

Erano gli altri due, che a quanto pareva si erano stufati di rimanere in disparte e ora incombevano su di lei.

«Vi avevo detto di starne fuori!» ruggì furioso il loro capo.

«Se non possiamo esserle d’aiuto in combattimento non siamo degni di essere suoi servitori» asserì uno dei due.

Perfetto, i due polli capitavano proprio al momento giusto.

Fu in quel momento, non appena ebbe finito di strappare dei brandelli di carne da entrambi, che successe.

Il suo corpo animale si illuminò, e all’improvviso cominciò a cambiare, sotto lo sguardo sbalordito dell’ultimo Adjucas del gruppo rimasto incolume.

Quando il processo di mutazione finì, si ritrovò inginocchiata sulla sabbia.

Al posto delle zampe anteriori, aveva mani munite di lunghi  artigli che uscivano dalle nocche, al posto di quelle anteriori, dei piedi.

Tastandosi la testa, si accorse che al posto del muso ora aveva una faccia, e lunghi capelli argentei le ricadevano sulle spalle.

Le orecchie e la coda erano rimaste canine, ma in generale il suo aspetto ora assomigliava molto a quello di un essere umano.

Si alzò in piedi, nonostante le sembrasse strano non dover più stare a quattro zampe.

Era diventata una Vasto Lorde.

Alzò lo sguardo, e vide che l’Adjucas la stava ancora squadrando.

Sembrava allo stesso tempo sbalordito e furioso.

Si voltò per andarsene.

Ora che non c’era più il pericolo di retrocedere, non doveva neanche più divorare gli altri.

«Ehi, dove credi di andare?» ringhiò lui, tagliandole la strada. «Non abbiamo ancora finito!»

«E invece mi sa proprio che abbiamo finito. Mettiti il cuore in pace e cercati un’altra colazione, bello»

«Credi che abbia paura di te? Posso ancora distruggerti, se voglio!»

Le sfuggì un sospiro.

Lo aveva già detto che, se c’era una cosa che detestava, erano gli esaltati? 

Le bastò un passo e grazie alla nuova velocità si ritrovò in cima a una duna alle sue spalle, mentre lui si voltava a squadrarla con odio.

Quello lì se la sarebbe legata al dito, se lo sentiva.

«Qual è il tuo nome, Adjucas?»

«Grimmjow» ringhiò lui in risposta. «E il tuo, donna?»

Guardò l’orizzonte, dove si intravedevano i rami di un gigantesco albero di pietra.

«Meiko»

~

Che razza di problema aveva, quell’invasato?

Non era la sua magagna principale al momento, eppure Meiko avrebbe tanto voluto saperlo.

Già era nervosa perché quello Shinigami di nome Aizen era entrato come se niente fosse nella sua colonia per proporle quella che a lei sembrava né più né meno che una schiavitù mascherata da collaborazione, e per di più doveva anche sorbirsi gli sguardi di fuoco di una delle due creature chiamate Arrancar venute con lui.

L’invasato in questione era un tizio dai capelli azzurri e l’aria perennemente incazzata, che dal momento in cui aveva messo piede nella sua colonia non le aveva staccato gli occhi di dosso.

Ce l’aveva con lei per qualche motivo, eppure era sicura di non averlo mai incontrato uno psicotico simile.

Eppure se bruciava così tanto dalla voglia di ammazzarla sicuramente un motivo doveva pur avercelo.

Chissà.

Riportò la sua attenzione sullo Shinigami, e misurando bene le parole rifiutò la sua proposta.

Cercò di nasconderlo al meglio, ma era sulle spine come non le capitava ormai da anni: quell’uomo era pericoloso, era forte, e lo stesso poteva dirsi dei due Arrancar che lo accompagnavano; se avessero attaccato, della colonia sarebbe rimasto a malapena il ricordo.

«Questo significa che non c’è più alcun motivo per lasciarti vivere, Meiko!» ringhiò a quel punto l’invasato dai capelli blu.

Tuttavia lo Shinigami lo rimise in fretta al suo posto.

«Calmati Grimmjow, non è a te che spetta questa decisione»

Grimmjow?

Allora dopo tutto quegli esseri ce l’avevano un nome, oltre ad un numero.

Però…

Quel nome in particolare lei l’aveva già sentito.

E improvvisamente le affiorò alla memoria, accompagnata da una leggera smorfia di disappunto, l’immagine di un Adjuchas estremamente rompiballe dalla forma felina.

Oh, perfetto.

L’esaltato assetato di vendetta era in effetti proprio quello che mancava alla sua vita.

«Quindi non hai intenzione di uccidermi?» chiese con calma allo Shinigami.

«Quella con cui sono venuto qui è solo una proposta, non un ultimatum. Quindi per ora noi ci ritiriamo; probabilmente riflettendoci con più calma ti accorgerai che quello che  voglio offrirti è ciò che più si avvicina all’invincibilità»

Meiko rilassò tutti i muscoli che aveva inconsciamente irrigidito per la tensione.

«Ne dubito fortemente. Se c’è una cosa che decenni di lotta disperata per la sopravvivenza mi hanno insegnato, è che nessuno è invincibile. Purtroppo dietro l’angolo c’è sempre un pesce più grosso»

~

Meiko abbassò la tazza di the.

Ormai era parecchio tempo che quella storia andava avanti, e per forza di cose si era ritrovata qualche volta a parlare con quell’uomo, dovendo suo malgrado constatare che era davvero gratificante poter dialogare ogni tanto con qualcuno che non avesse sempre il cervello settato in modalità sterminio.

Anche se con il suo comportamento spesso superficiale la irritava non poco.

«Quello che lei non sembra capire è che quel bamboccio di Aramis si trova sotto la mia responsabilità, è compito mio evitare che lui e gli altri combinino guai nel mondo terreno e attirino l’attenzione degli Shinigami. Continuando ad assecondarlo in questo modo non mi aiuta per niente» borbottò irritata.

Urahara sorrise alla sua protesta. «Può stare tranquilla: il gigai che gli ho prestato gli impedisce di rilasciare molto reiatsu, e visto che questo mondo sembra piacergli così tanto non vedo perché impedirgli di gironzolare un po’, finchè non combina danni»

Meiko gli rivolse uno sguardo scettico.

Come se non lo avessero saputo entrambi che non erano certo quelle architettoniche o paesaggistiche le bellezze che piacevano tanto ad Aramis in quel mondo.

«Come vanno le cose nella sua colonia?» chiese Urahara dopo una pausa.

Meiko si incupì.

«Male. Molti hanno paura di questi nuovi Arrancar creati da Aizen, soprattutto degli Espada, e altri invece desiderano diventarlo. Qualcuno se n’è già andato a Las Noches. Aramis finora è l’unico ad essere tornato alla colonia dopo la trasformazione. Ho sentito che Aizen è riuscito a reclutare perfino Barragan Luisenbarn, che controllava con i suoi seguaci un ampio territorio a nord e a cui nessuno osava avvicinarsi. È per questo che preferirei non dovermi più assentare per venire qui a riprendere quel bamboccio»

«Mi perdoni se glielo faccio notare, ma le sue parole mettono in crisi l’immagine fredda e distaccata che vuole dare di sé: se davvero per lei venire qui è una seccatura, perché non manda mai qualcun altro a prendere Aramis, o lascia che torni da solo?»

«Figuriamoci, quello lì sarebbe capace di aspettare qui per secoli se non venissi di persona a prenderlo. E comunque non sono gentile come mi dipinge, signor Urahara. Semplicemente seguo una linea di condotta che porta me e chi sta sotto il mio comando ad andare avanti affrontando il minor numero di problemi possibile. Il mio credo è la logica, non i buoni sentimenti»

«Mmm, sarà»

~

Era sbalordito dalla sua visita, glielo si leggeva in faccia.

In fondo nel mondo terreno era notte fonda, una notte buia come quella eterna dell’Hueco Mundo da cui era appena fuggita.

O forse faceva quella faccia per via delle sue condizioni fisiche.

Meiko tossì, e sulla mano le rimasero residui di sangue.

In effetti era di certo stata meglio in passato.

«Cos’è successo?» chiese agitato Urahara, aiutandola a reggersi in piedi. «Hanno attaccato la colonia? E dov’è Aramis?»

«Aramis… l’ho appena sigillato»

«Come sarebbe sigillato?» boccheggiò l’uomo.

«Non c’era altro modo: il primo sigillo annulla il suo potere e gli fa assumere un’altra forma, in modo che Aizen non possa servirsi di lui; il secondo scatterà ogni volta che qualcuno, dopo averlo toccato, esprimerà la volontà di liberarlo, sigillando progressivamente i suoi poteri spirituali»

«Ma perché è arrivata a tanto?»

Meiko sorrise mesta. «Sappiamo bene entrambi che l’unica altra soluzione sarebbe stata ucciderlo: io sono solo una fredda anima che non è riuscita a tenersi stretti i suoi compagni, quindi ora come ora non sarei mai in grado di proteggerlo da Aizen. In questo modo Aramis potrà sopravvivere finchè questa storia non sarà finita»

Fu scossa dai brividi, mentre il suo corpo cominciava a brillare di un’opaca luce argentea.

«Cosa succede adesso?»

«È l’ultimo sigillo che ho imposto su Aramis. Non appena morirò una parte della mia anima verrà racchiusa in lui. Gli ho promesso che sarei tornata a liberarlo, ma nella mia prossima vita ovviamente non mi ricorderò più di tutto questo. Sarà quella parte della mia anima ad attirarmi da lui, e se sarò diventata qualcuno in grado di proteggerlo mi permetterà di liberarlo»

Mentre ancora parlava le sue gambe cedettero, e si accasciò a terra respirando faticosamente.

Urahara le stringeva una mano.

Buffo, sembrava perfino triste che lei si stesse spegnendo.  

«Non c’è alcun bisogno che lei muoia, signorina Meiko. Si può cambiare anche senza ripartire da zero»

«Sono venuta qui perché nessuno deve sapere che sono morta» continuò Meiko senza ascoltarlo. «Non so in quale luogo rinascerò e quanto ci metterà Aizen ad accorgersene. Non so se ci rincontreremo ancora, quindi per il momento le dirò addio»

Urahara fece un sorrisetto a quelle ultime parole. «Io invece le rispondo con un arrivederci, signorina Meiko»

Lei distolse lo sguardo.

Ora era distesa sull’erba, sotto i pallidi raggi di una luna che era molto simile a quella che mai tramontava nell’Hueco Mundo, silenziosa spettatrice mentre il sipario calava su Meiko, la regina di ghiaccio.
 

 
Angolo delirazioni

Aramis: «Bene, sembra che sia arrivato il mio turno di cantare ~»

Alex (trascinata di nuovo a forza nella stanza): «Mi spieghi perché devi mettere su una faccia tanto perversa anche durante il karaoke?»

Aramis: «I tuoi sono solo pregiudizi, principessa. In realtà è una canzoncina alquanto innocente»

Alex: «Ah-ah, e a chi sarebbe dedicata la canzoncina innocente?»

Aramis: «Se-gre-to»

Alex: «Sento già che mi pentirò di aver ascoltato…»

(Parte la musica)

«~Sotto un grande albero di mele, è lì che ti ho trovata.
     Avrei tanto voluto giocare con te, ma sei ancora una tenera piccola mela.
     Matura al Sole, quando diventerai una mela succosa ti raccoglierò.
     Cresci ancora più rossa, diventa più grande.
     Io aspetterò ancora per un po’.
    Diventeremo davvero amici intimi?
    Che cosa speri di ottenere?
    Su, mostrami un’espressione ancora più interessante.
  Matura e casca dritta nella mia mano,
   io aspetterò per sempre ~»

Liz: «Beh, dopotutto è stata davvero una canzoncina tranquilla per i suoi standard!»

Aki: «Ehm… sì, certo, cara… tranquilla, innocente e del tutto priva di allusioni a una persona in particolare, sicuramente… forse se gli facessi davvero cantare “Sangeshitsu” coglieresti meglio…»

Alex: «HO DETTO DI NO!»

 
Angolo spiegazioni

1) In Bleach viene spiegato che se gli Hollow vengono uccisi da uno Shinigami finiscono o alla Soul Society o all’Inferno, ma non viene detto nulla su tutte le altre possibili modalità di morte, tipo se si uccidono tra di loro senza assorbirsi o se si suicidano. Quindi sappiate che Meiko parla di reincarnazione perché nella mia storia se un Hollow muore non per mano di uno Shinigami semplicemente si reincarna di nuovo come essere umano. Un po’ come succede agli abitanti della Soul Society, insomma. È una mia supposizione, ovviamente, Tite Kubo non mi pare abbia mai detto nulla di simile.

2) Nel flashback Meiko minaccia di appendere Aramis ai rami per le budella perché la colonia sorgeva ai piedi di un albero gigante di pietra. Ma di sicuro ve lo ricordavate, vero?

3) Quella che canta Aramis nell’angolo delirazioni è “Ookina ringo”, una canzoncina presa dal musical di Hunter x Hunter. Ovviamente la traduzione non è proprio letterale, alcune frasi le ho saltate e alcune le ho un po’ cambiate.

Ah, giusto per la cronaca, la canta Hisoka a Gon.

Se pensate che suoni un po’ perversa avete perfettamente ragione.
 

  
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