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Autore: Shecanhaveyou    29/10/2012    2 recensioni
Sono giorni, settimane, ma che dico?, sono mesi che non lo vedo.
Arrivata alla porta ho il cuore a mille e il fiatone.
E paura.
Sì, ho paura.
Paura di tornare a guardare quegli occhi che mi hanno fatta innamorare.
Paura di tornare a sentire il suo sguardo su di me.
Paura di tornare a sentire la sua voce.
Paura di … vederlo.
Sì. Ho una paura schifosa.
Ma ho paura solo perché so, dentro di me, che lo perdonerei non appena i nostri occhi si incontreranno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nick Jonas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Osservo la pioggia cadere fitta fitta dal cielo con sguardo sognante dall'interno della casa, appoggiata al davanzale della finestra.

Qui a Londra ormai non è una novità che piove, si sa.

Amo guardarla, e magari soffermarmi sulle piccole gocce che scivolano sul vetro della finestra.

Rimango incantata ogni volta.

Ho sempre amato la pioggia, sin da piccola, per quelle poche volte che a Fresno, California, pioveva. Desideravo sempre andare fuori e correre sotto quelle gocce bagnate e piene di meraviglia per una bambina di otto anni e ancora ingenua, ma mia madre non mi lasciava mai andare perché diceva che non era un “comportamento elegante per una bella signorina come me, buona ed educata”.

Appena compiuti i vent'anni sono scappata dalla California e mi sono trasferita qui, un posto che ho amato da quasi tutta la vita, dato che mia nonna abita qui.

E appunto, ora vivo con lei. Il che è divertente, perché mamma odia il fatto che io viva qui, lontana da lei. E soprattutto che io vada così d'accordo con nonna.

Reprimo una risata.

Mamma Ruth e nonna Susan non sono mai andate d'accordo. Neanche prima che io nascessi.

Almeno, così nonna mi raccontava quando veniva un Natale sì e uno no, a farci visita in America.

Mentre i miei pensieri sono tutti puntati su mia madre e la sua stronzaggine, una sagoma si fa strada tra le fitte gocce di pioggia, dirigendosi verso la porta di casa.

Sgrano gli occhi riconoscendo la persona e mi alzo allontanandomi dal davanzale della finestra.

Che ci fa qui? E perché ora? Per l'amor del cielo.

Mi dirigo verso la porta e cerco di mantenere l'andatura dei passi calma, provando a tenere a freno le gambe che vorrebbero portare il mio corpo a gettarsi tra le sue braccia.

Sono giorni, settimane, ma che dico?, sono mesi che non lo vedo.

Arrivata alla porta ho il cuore a mille e il fiatone.

E paura.

Sì, ho paura.

Paura di tornare a guardare quegli occhi che mi hanno fatta innamorare.

Paura di tornare a sentire il suo sguardo su di me.

Paura di tornare a sentire la sua voce.

Paura di … vederlo.

Sì. Ho una paura schifosa.

Ma ho paura solo perché so, dentro di me, che lo perdonerei non appena i nostri occhi si incontreranno.

E così, con il cuore in gola e il respiro mozzato, decido di aprirgli.

Ed ecco che due occhi dei quali conosco a memoria anche il segreto più oscuro, mi scrutano dalla veranda.

I suoi ricci ormai aderenti alla testa per la troppa acqua; sulle guance si vede un leggero strato di barba che fascia quella sua mascella così muscolosa e pronunciata.

I miei ormoni dicono di saltargli in braccio e baciargli quella barbetta, ma come al solito la ragione sovrasta l'istinto. E quel pomo d'Adamo. Cristo, qualcuno fermi i miei ormoni.

La maglietta blu che indossa aderisce al suo petto, mettendo in mostra i muscoli, pochi ma evidenti.

Cerco di rimanere il più fredda possibile, ma non ci riesco.

Ho dato l'anima a quest'uomo, e non posso restare arrabbiata con lui per troppo tempo.

Non posso evitare di perdonarlo. Anche perché so che mi odierei di conseguenza.

«Che diamine ci fai qui?» chiedo, sorpresa.

Lui mi guarda, dalla testa ai piedi e ritorno, come per farmi una radiografia.

Un leggero calore comincia a salirmi alle guance. Cristo, lo sapevo.

«Sei bella. Anche con quel concio fatto alla bene e meglio, e in tuta» dice, senza spostare gli occhi dai miei, «come sempre, infondo».

Abbasso lo sguardo, imbarazzata, non riuscendo più a reggere il suo sguardo.

Finisce sempre così: lui che mi fa complimenti ed io che arrossisco fino alla punta dei capelli.

Sempre.

Come i primi mesi in cui stavamo insieme.

No. Sbaglio. Come fino a cinque mesi fa.

Sì, li ho contati, non posso farci niente.

«Tesoro, chi è alla porta?» chiede mia nonna dalla cucina.

Io e Nick ci guardiamo come per trovare una via di fuga.

Nonna quasi lo odia per quello che mi ha fatto passare.

Tirarlo fuori dalla droga non è stato per niente facile. L'ho scoperto pochi mesi dopo che stavamo insieme ed io mi sono sacrificata, per lui.

Ho lasciato il college e ho cominciato a lavorare per pagargli la clinica, in cui andava un paio di volte a settimana.

Non si drogava tanto, ma io volevo che ne uscisse. So com'è quel mondo. Mio fratello è morto a causa della droga; non volevo avere un'altra morte sulla coscienza. Anche se non era colpa mia.

E lui che fa? Mi ripaga andando con un'altra.

Certo. Facciamo tutti così, no?

Stronzo. Pezzo di merda. Vorrei dirglielo, urlarglielo in faccia con tutto il fiato che ho in corpo.

Vorrei urlargli quanto sono stata male in questi mesi.

Vorrei urlargli quante lacrime mi ha fatto versare e che ormai i miei occhi non rilasciano una lacrima da almeno due mesi. Anche se mi sforzo.

Vorrei urlare e riempirlo di pugni, per fargli provare almeno un minimo del male che mi ha inflitto.

E vorrei urlargli che nonostante tutto, lo amo ancora. E non poco.

«Un amico, nonna, rimani pure in cucina.» urlo a nonna, «Entra, ti do dei vestiti asciutti.» gli sussurro.

Purtroppo nonna Susan non è come mia madre, che si faceva sempre i fatti suoi.

Nonna tiene un po' di più a me, da questo punto di vista.

E infatti, eccola nel suo grembiale rosa a fiori, che usa quando è in cucina. Arriva sul pianerottolo come un uragano.

«Brooklyn, spiegami che ci fa lui qui? Per di più annegato. Ragazzo, mi bagnerai il teppeto persiano, così! Levati di lì! E capisco che fuori ci sia il diluvio, ma uno straccio di ombrello potevi prenderlo.» dice nonna.

Nick ride.

Oddio. La sua risata, quanto mi è mancato questo suono cristallino.

Ormai conosce le sfuriate di mia nonna. È abituato a tutto ciò.

«Tranquilla lo porto di sopra, dobbiamo solo parlare, non ti preoccupare».

E con questo volevo dare una specie di doppio senso a nonna.

Spero che l'abbia afferrato.

Intanto Nick si è levato le scarpe e cerca di bagnare il meno possibile la casa.

Nonna continua a guardare in cagnesco Nick mentre saliamo le scale di fronte all'ingresso che portano al piano superiore, sento il suo sguardo che salta dalla mia schiena alla sua, che brucia come il fuoco. Per non parlare di quello di Nicholas.

Dio, peggio di così credo che non possa andare.

«Ah, Lyn, ricordati: la cena è alle 8 pm, mi raccomando» dice nonna, come per dare una specie di … coprifuoco.

«Sì. Certo.» dico leggermente imbarazzata.

Mh, a quanto pare ha afferrato il doppio senso di prima.

Percorriamo le due rampe ed arriviamo ad un corridoio che svolta a sinistra. Dove a sinistra, dopo la ringhiera del corridoio che da sull'ingresso, si trova la camera enorme ed elegante di mia nonna e a destra la mia. Compresa di bagno e una stanzina per i miei vestiti, che fa da armadio.

Entriamo in camera e io mi dirigo verso il cassettone, che si trova nella parete a sinistra, dove nell'ultimo cassetto ci sono alcuni suoi vestiti.

Quando stavamo insieme e lui dormiva da me, portava alcuni vestiti qui, ed io molte volte nascondevo le sue magliette, o i suoi boxer o pantaloni della tuta, e li mettevo quando andavo a dormire senza di lui.

Mi piace tantissimo dormire con le sue cose, con il suo profumo addosso.

Se ve lo state chiedendo, sì. Lo faccio ancora.

Lui potrà essere andato avanti, ma io no.

Sento la porta della mia stanza chiudersi.

«Spiegami perché sei qui. Ora.» gli porgo una maglia e un paio di pantaloni della tuta.

Lui li prende, continuando a guardarmi con sguardo dispiaciuto.

«Sono venuto per farmi perdonare. E … Brook, mi dispiace e ti amo. Ti amo tantissimo.»

Lo guardo in cagnesco e i miei occhi cominciano a pizzicare.

Lacrime stronze, adesso dovete spuntare?

«Vado a cambiarmi e ne riparliamo subito, okay? E non piangere, lo odio. Mi distrugge, quando lo fai.» dice.

Chiudo gli occhi con forza.

«Nicholas, chiuditi in quel bagno prima che ti spacchi qualcosa in testa. Vai. Veloce.»

Mi guarda un'ultima volta e si ritira in bagno.

Mi passo le mani sulla faccia, soffermandomi sugli occhi e stropicciandoli.

Cazzo. CazzocazzocazzocazzoCAZZO.

Il mio cuore lo sta già perdonando, e la mia testa è contraria, certo.

Va sempre così con l'amore.

Il cuore dice 'Dai, cazzo, vai, buttati, dagli un'opportunità!' e la testa 'No, stupida, se l'ha fatto una volta, può farlo di nuovo. Lascialo perdere. Dimenticalo.'.

Cristo.

Devo schiarirmi le idee, ora.

Musica. Sì. Mi serve della musica.

Vado al mio grande stereo regalatomi da nonna a Natale l'anno scorso.

Lo amo. Quando ascolti la musica con questo stereo è come entrarci dentro.

Voglio ucciderlo con la musica.

Sì, cavolo.

E The last time ci sta benissimo.

«Beccati questo, Jonas» sussurro tra me e me.

La canzone riempie la stanza e, girandomi verso il bagno, noto che lui è uscito, con i ricci umidi e i vestiti asciutti.

Oh, santi numi quant'è stuprabile.

Mmh.

Spero di resistergli. Davvero.

Alza gli occhi al cielo, reprimendo un sorriso, ed io sorrido amaramente.

Mi fa segno di abbassare il volume «No. L'alcolti così capisci il male che mi ha fatto.»

Nick chiude gli occhi spazientito e sospira, stendendosi sul letto continuando a guardarmi.

You wear your best apology, but I was there to watch you leave.

And all the time to let you in just for you to go again.

Disappear when you come back, everything is better.

Ci osserviamo mentre la canzone continua.

Se qualcuno ci guardasse da fuori, credo che penserebbe che ci stiamo scopando a vicenda con gli occhi.

Ma davvero.

This is the last time I'm asking you this put my name at the top of your list.

Gli occhi mi pizzicano (ancora) e non riesco più a resistere. Chiudo gli occhi e due lacrime si fanno strada sulle mie guance.

Improvvisamente la musica si ferma e sento dei passi venire verso di me.

«Ehi, piccola … non piangere, su. Lo sai che mi distrugge quando lo fai.»

Sussurra.

È vicino a me. Molto, troppo vicino. E non va bene.

Affatto.

«Ah. Non piangere, mi dici? “lo sai che mi distrugge”?! MA TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI COMBINATO?! Mi hai lasciata dopo che ti ho tirato fuori da tutti i tuoi casini del cazzo, andandotene con un'altra. Dopo tutto quello che ho fatto per te.» dico, gesticolando come una matta.

Si avvicina a me lentamente e mi rapisce nel suo abbraccio.

Affondo in quel posto sicuro, in quelle braccia, in quel petto. Non voglio che mi lasci.

Non di nuovo.

Singhiozzo sul suo petto, piango fortissimo, come non facevo da mesi, e non mi reggo neanche in piedi.

Nicholas mi prende in braccio e portandomi sul letto, sempre tenendomi addosso a lui.

Ci copre entrambi con la coperta di lana, rossa, adagiata in fondo al letto.

Oddio. Sono distrutta.

Da lui.

Da questo pianto, che non facevo da un bel po'.

E questo abbraccio, questo contatto con lui mi ha spezzata definitivamente.

Se solo penso che probabilmente non lo rivedrò mai più per un'altra volta … no. Non voglio neanche minimamente pensarci, perché sarebbe distruttivo.

Peggio del … peggio, sì. Banale, eh?

Mi asciugo le ultime (credo, e spero) lacrime che escono impertinenti dai miei occhi e mi stringo ancora di più a lui.

«Ho passato cinque mesi nel dolore. Mi hai lasciata … vuota. Credo che vivere non contasse più, in quei giorni. Io ho provato a rifarmi una vita … ma non ce l'ho fatta. Ho fallito, come è mio solito fallire nei miei obbiettivi. Come con te.» lo guardo intensamente, facendo fondere ghiaccio e cioccolato «Con te ho fallito miseramente e non mi perdonerò mai per questo mio errore.»

Le lacrime tornano a riempirmi gli occhi e, senza accorgermene e senza riuscire a controllarle, già escono e bagnano nuovamente le mie guance.

«Ssh. Non dire così. Con me non hai fallito, Brooklyn. Assolutamente. Ora sono pulito e sono pronto a ricominciare. A ricominciare con te. Ora.» dice, guardandomi e sorridendo.

E lo faccio anche io.

«Hai un sorriso meraviglioso. Spero che te l'abbiano ripetuto in continuazione durante questi mesi di mia assenza.» dico, stendendomi su di lui.

«Ehi, ragazzina, siamo già passati in seconda base. Vedo che mi perdoni in fretta.»

Rido di gusto.

Era un po' che non mi succedeva.

«No. Dentro di me sono ancora in lotta, ma al cinquanta per cento sì, ti ho perdonato.- … -E non chiamarmi ragazzina, ho 22 anni, ricordi?»

«Oh, lo so, ma dalla statura e dal tuo visetto d'angelo non sembra proprio!»

«Smettila di prendermi in giro!»

«Gnegnegne!» dice, facendomi il verso. Comincia a farmi il solletico toccandomi i fianchi.

E rido.

Rido ancora e ancora, e ancora.

Con la testa, con il cuore, con le labbra, con gli occhi.

Tutto di me ora ride.

E solo a causa sua.

Amo sentirmi così leggera. Senza preoccupazioni.

«Mi sei mancata Brooklyn. Tantissimo. Tutto di te mi è mancato.» divento seria di botto, guardandolo «Mi è mancato il tuo sorriso, i tuoi occhi color del cielo; le tue labbra sottili, ma piene; i tuoi capelli setosi e lisci; il tuo corpo mi è mancato. Eh, sì. Mi sei mancata tutta, Brookie

Unf.

Questo nomignolo lo usava sempre ogni volta che facevamo l'amore. Quello intenso e passionale.

«Nicky

Ci guardiamo.

Ci avviciniamo l'uno all'altra, piano, come se tutto dipendesse dalla nostra vicinanza.

Come se tutto potesse finire se uno di noi due facesse anche solo una mossa sbagliata.

Le nostre labbra si sfiorano; successivamente le nostre lingue si riuniscono ed esplorano l'una la bocca dell'altro.

Ed è come tornare a respirare dopo mesi di apnea, per me.

Sospiriamo insieme, sulla bocca l'uno dell'altra, e Nick tira su a sedere entrambi, mettendomi a cavalcioni su di lui.

Le sue mani esplorano la mia schiena, i nostri bacini si incontrano e io rabbrividisco di piacere. Le mie mani si immergono nei suoi ricci.

Ribalta la posizione, schiacciandomi sotto di lui. Allaccio le gambe alla sua vita e rallento il bacio.

Nick passa al mio collo, tartassandolo di baci e morsetti. Io lo intrappolo in un abbraccio fatto di gambe e braccia.

«Mi sei mancato.» dico, con la testa nell'incavo del suo collo.

Torna a guardarmi.

«Anche tu, Brookie. Non so che diamine mi sia preso quando ho incontrato quella … quell'essere.»

Dio, non voglio sentire parlare dell'altra.

«Non mi sembra il momento opportuno per parlarne, um?» dico, baciandolo dietro l'orecchio.

«Giusto.»

Torno a cavalcioni su di lui.

Mi guarda perplesso.

«Lo sai che mi piace stare sopra quando mi fai le coccole.» spiego.

Sospira.

«Eeh. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.»

«Cretino.»

Passiamo dieci minuti buoni in silenzio, accontentandoci l'uno della presenza dell'altra.

Mi era mancato ascoltare il battito del suo cuore.

«Sai, ho ancora quella tua sciarpa rossa, a casa.» dice, rompendo il silenzio.

Rimango senza fiato, sgranando gli occhi per la sorpresa.

«Ha ancora il tuo profumo e molte volte la metto. Sai, essendo unisex, non do nell'occhio.»

But you keep my old scarf from that very firts week, because it remind you of innocence and it smells like me.

Okay, Taylor e le sue canzoni così azzeccate allamia strana vita sentimentale mi fanno male.

I miei occhi stanno per straripare ancora.

Appoggio la fronte al suo petto, coprendo gli occhi.

Com'è possibile? Credevo l'avesse buttata. O che si fosse dimenticato che fosse mia, o che l'avesse lasciata a sua sorella.

Alzo lo sguardo verso il suo viso.

Sorrido amaramente.

«Posso riaverla? Sai, mi piace il rosso

«Solo se tu mi ridai i miei boxer. Sai, mi servono.»

«Questo è un ricatto.» mi siedo per bene, poggiando le mani sui suoi fianchi.

«Tu tieni i miei boxer, magliette e quant'altro per dormirci, io tengo la tua sciarpa. Mi ricorda di te. E della tua innocenza.» sorride.

Scosso la testa. «Innocenza, eh? Sei proprio … no, non è vero. Non sei stupido. È dolce e romantico da parte di un ragazzo.» porto un dito alle labbra, pensando «Okay, allora puoi tenerla. Però voglio un'altra sciarpa rossa, mi piace quel colore!»

«Oh, lo so bene che ti piace.» dice, guardando altrove e facendoschioccare la lingua. E mi fa scendere da sopra di lui, scendendo dal letto e dirigendosi verso il bagno, dove prende i pantaloni ancora umidi e tira fuori una scatolina. Rossa, per di più.

«E, dato che ho attraversato l'oceano per venire qui, un'autostrada intasata e un diluvio che ancora non è finito,» ah, già, non me n'ero accorta «beh … » si inginocchia di fronte a me.

Oddio.

«Scherzi, vero? Non vorrai mica … »

«Fai silenzio, Lyn, cavolo. Zitta per un minuto, okay?»

Annuisco.

Apre la scatolina e all'interno si trova un'anello d'argento, con uno swarovski rosso al centro.

È piccolo l'anello. Molto piccolo. Beh, forse è normale date le mie dita ultra piccole.

Ma è bellissimo.

«Brooklyn Dawn Fall. So di aver combinato tanti casini, di averti fatto sacrificare un sacco di cose per tirarmi fuori da quei casini. E so che non è stato facile, data la morte di tuo fratello causa quello schifo, comunque … » dice, guardandomi dritta negli occhi «So che siamo giovani, 22 e 25 anni è un po' presto. Ma io ti amerò. Ti onorerò. Sopporterò i tuoi scleri, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi stagione, in qualsiasi mese. In salute e in malattia. Ti porterò il the caldo alla pesca, quello che ti piace tanto, a letto quando avrai il ciclo e non riuscirai ad alzarti causa i crampi. Potremo fare quanti bambini vorrai e insegnargli a sognare ed inseguire quei sogni tanto desiderati. Faremo tutto quello che vorrai … ti farò fare tutto quello che vorrai, ma … fallo con me, ti prego. Rendimi partecipe della tua vita. Vuoi diventare mia moglie?»

I nostri sguardi non si sono staccati neanche un attimo.

Passano i secondi e io continuo a guardarlo, rimaniamo fermi.

«Nicholas. Sarà dura. Molto dura passare la tua intera vita con una psicopatica ed isterica come me, lo sai?» sorridendo scendo dal letto e mi metto in ginocchio, di fronte a lui.

«Lo so, piccola. Ci saranno alti e bassi, ma noi riusciremo a combatterli e superarli. Insieme riusciamo a fare tutto, lo sai questo.»

Annuisco e sposto lo sguardo sull'anellino.

«A te l'onore di mettermelo, Signor Jonas.» sorrido.

«Grazie, Signora Jonas.»

L'anello mi sta perfettamente. È bellissimo, mi piace un sacco.

«Posso baciare il mio futuro marito?» chiedo divertita. «Certo, futura moglie.»

Ci baciamo dolcemente. Uno di quei baci indescrivibili.

Uno di quei baci i quali dovresti provarli per capire quanto siano dolci e quanto ti mandino in paradiso.

Chissà cosa dirà nonna.

Rido tra le nostre labbra.

«Che ridi?» sussurra sulle mie labbra.

«Sto pensando a quando lo dirai alla nonna. Riderà tantissimo, e poi ti strozzerà.» sussurro.

«Nah, non penso.»

«E invece.» dico, sarcastica.

«Ti amo, Brook, eh.»

«Io invece no, scemo.»

Ridiamo insieme.

Come potrei vivere senza di lui? Lo amo così tanto che non so neanche più come si fa a “non amare”.

 

Put your lips close to mine as long as they don't touch,

Out of focus out of eye 'till the gravity is too much,

And i'll do anything you say if you say it with your hands

And i'll be smart to walk away but you're quizzing.

This slope is Treacherous,

This path is reckless,

This slope is Treacherous,

And I like it.

 

 

 

Okay. Sì, lo so, ho ancora tutta l'altra storia da continuare/finire e … sì, dovrei cominciare a scrivere il capitolo nuovo, però mi è venuta in mente questa guardando la pioggia e l'ho buttata giù. Sapete quanto mi piace Londra, non potevo non ambientarla lì!

Grazie mille per la vostra pazienza e per aver letto, spero che lascierete una recensione!

Un bacione grande grande,

-Ellie.

   
 
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