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Autore: LenK    30/10/2012    7 recensioni
Non riuscendo a convincere i suoi genitori a farla partire per il suo viaggio da allenatrice, la diciassettenne Wendy Wink si trova un lavoro come sorvegliante al Parco Nazionale di Fiordoropoli. Un'ottima scusa per scappare di casa e liberarsi finalmente dal confronto con la migliore amica Marigold, andatasene da più di un anno, eppure sempre così presente.
«Cominciamo l’intervista! E per concludere la puntata del lunedì, abbiamo fermato questa graziosa Allenatrice fuori dalla stazione del Supertreno, con un’aria spaesata e una singolare coppia di Pokémon al suo fianco! Devi chiaramente venire dalla campagna, cara, come ti chiami?»
Rimasi per un momento scioccata dalla velocità con cui le cose mi stavano sfuggendo di mano.
[...]
«Mi chiamo Wendy e in realtà vengo da Zafferanopoli.»
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Vanishing'
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Ciao a tutti!
Questa one-shot è nata come introduzione a una long che ho in programma. Avevo in mente di inserirla come primo capitolo, ma poi ho scoperto che volevo inserire troppe informazioni su di lei e l’ho trasformata in una storia a parte ^^ 
Sinceramente ero indecisa se mettere come avvertimento "Raccolta di one-shot" o meno, perché comunque tutti gli eventi che narrerò, seppure con un certo stacco temporale l'uno dall'altro, sono legati da qualcosa di più di un "filo conduttore" u.u
Boh. Siccome è solo la mia seconda storia nel fandom, accetto suggerimenti sulla questione XD

Una piccola nota: farete caso che nella mia fanfiction faccio molta attenzione alla credibilità (se di credibilità si può parlare, scrivendo di Pokémon XD). Intendo dire che i personaggi di cui parlo avranno sempre in squadra Pokémon compatibili con la regione in cui vivono, che si trovano nei posti in cui sono cresciuti o perlomeno in cui sono stati. Non darò a un allenatore nato e vissuto sempre a Azalina un Growlithe, per esempio, mentre potrei darglielo se scrivo che ha lavorato per un periodo ad Azzurropoli come inserviente al Casinò, per capirci!
Scusate se da questo punto di vista la fanfiction potrebbe un po’ abbondare dei classici Pokémon “noiosi” che si incontrano nei Percorsi normali! 
Buona lettura!


«Il Supertreno per Fiordoropoli è in partenza! Benvenuti a bordo!» gracchiò una voce femminile un po’ distorta.
Io per contro mi sistemai meglio sul sedile, arricciando il naso.
Il Supertreno Zafferanopoli – Fiordoropoli era in funzione da davvero poco tempo e l’arredamento aveva ancora quel tipico odore di nuovo, allo stesso tempo fastidioso e accattivante.
A volte, entrando in quella stazione caotica e abbagliante, era ancora possibile vedere qualche elettricista con il proprio Magnemite che dava una sistemata ai cavi.
Dopotutto, 550 chilometri orari non era una velocità semplice da gestire.
Noi di Zafferanopoli eravamo ovviamente molto fieri di questo innovativo mezzo di trasporto che forniva una comunicazione diretta tra le due città più popolose di Kanto e Johto, era una ventata di tecnologia, come quando aveva aperto la Silph Spa.
Io ovviamente non me lo ricordo perché non ero ancora nata, ma mio padre me lo raccontava spesso. Lui era stato uno dei primi dipendenti, per questo quando uscivano i nuovi Pokénav io ne ricevevo sempre uno nuovo fiammante per il compleanno.
Accesi il mio ultimo modello, già ammaccato su un lato anche se lo possedevo solo da due mesi, e iniziai a giocare al Dodrio Pigliabacche per ingannare l’attesa. E forse anche un po’ per mandare giù il magone che mi si era formato in gola tutto a un tratto.
Avevo il Superpass stretto saldamente tra le mani paonazze, uno zaino grande il doppio di me abbandonato sul sedile accanto, il contratto d’affitto di un appartamento a Fiordoropoli accuratamente ripiegato in tasca.
Stavo partendo sul serio.
Non sapevo se essere più stupita del fatto che fossi riuscita a convincere i miei genitori o me stessa.
Istintivamente, la mano mi corse alla cintura, ad accarezzare le Pokéball contenenti Nidorino e Poliwhirl.
«Te l’ho fatta, Marigold», pensai. «Tu sarai anche a spasso per Kanto da più di un anno, ma io sto andando a Johto!».
 
Marigold Magpie era la mia migliore amica e ex-vicina di casa.
Aveva i capelli neri tagliati alla maschietta, gli occhi azzurro cielo, le ginocchia sempre sbucciate e strati di terra sotto le unghie.
In buona parte di quello che riuscissi a ricordare della mia infanzia e adolescenza, lei era presente.
Lei c’era quando papà, nel tentativo di farmi smettere di portare a scuola il suo Voltorb per vantarmi con gli altri ragazzini, per i miei quattordici anni mi aveva regalato un cucciolo maschio di Nidoran.
Mi aveva fatto i complimenti quando lui aveva imparato Doppiocalcio, dopo che avevo passato un paio di settimane a prendere a calci le poltrone di casa cercando di insegnargli come si faceva.
Faceva la strada con me quando a quindici anni mi ero presa una cotta per il nuovo Capopalestra di Aranciopoli, il Luogotenente americano Surge, e scarpinavo avanti e indietro per il percorso 6 nella speranza di incontrarlo.
Aveva gridato al miracolo quando mi ero stufata di fare su e giù tutti i pomeriggi e, avendo preso l’abitudine di fermarmi a pescare nel laghetto, ero riuscita a catturare Poliwag.
Aveva assistito alle evoluzioni dei miei Pokémon e mi aveva riempito di lodi, nonostante sapessi benissimo che lei era ben più capace di me.
Tuttavia, l’anno prima Marigold non ci aveva pensato due volte a partire con Sandshrew e Pidgeotto per un viaggio alla volta dell’intero continente di Kanto.
“La gloria mi aspetta, Wendy” - mi aveva detto. “Aspettami anche tu.”
E avevo aspettato, all’inizio.
Sarebbe certo tornata con la coda tra le gambe, lamentandosi di non riuscire ad avere la meglio su Misty di Celestopoli con un Pokémon Terra come starter. Sarebbe tornata scusandosi per non aver atteso che i miei mi concedessero il permesso di partire insieme a lei, perché in fondo avevamo sempre fatto tutto insieme. Ma dopo un anno ancora non era successo niente di tutto questo.
Forse l’aveva battuta, Misty di Celestopoli, in fin dei conti.
Poi, in un momento in cui il mondo mi sembrava orribile, il Pokégiornale aveva riportato quell’annuncio riguardo al Parco Nazionale di Fiordoropoli che era alla ricerca di personale giovane.
Un lavoro provvisorio, giusto un mese e me ne sarei andata. Era un espediente perfetto per scappare. Per diventare degna di Marigold,
più forte di Marigold.
Se i miei genitori non mi lasciavano andare a fare l’Allenatrice, mi avrebbero lasciato almeno andare a lavorare. Era un punto su cui potevo insistere.

 
«Siamo arrivati a Fiordoropoli. Ci auguriamo di averti ancora a bordo!» recitò, sorridendo nella mia direzione, un ragazzo con indosso la divisa della ferrovia.
Arrancai fuori dalla stazione, la schiena curva sotto il peso dello zaino.
Con la testa abbassata in quella posizione sofferente, vedevo benissimo la macchia di caffè sulla mia t-shirt grigia, proprio sotto il seno, che aveva fatto bella mostra di sé durante tutto il viaggio.
Ero già stata a Fiordoropoli qualche volta con i miei genitori e non mi aveva mai colpito. Era una città enorme proprio come Zafferanopoli, forse più grande della mia città natale, ma l’atmosfera che si respirava era la stessa. Trovavo che le metropoli si assomigliassero un po’ tutte.
Ad ogni modo, volevo far vedere ai miei Pokémon la loro nuova casa.
«Nidorino! Poliwhirl!» esclamai, facendo uscire i miei amici dalle loro sfere.
Il Pokémon Girino, eccitato dall’ambiente sconosciuto, iniziò a saltellare, incapace di contenere l’agitazione. Potevo quasi vedere riflesso nei suoi grossi occhi il bagliore dorato che la città sembrava emanare.
Nidorino, che mi era sempre somigliato di più, si appiccicò alle mie gambe tremando lievemente, mentre fiutava il territorio. Aveva l’abitudine di strusciarmisi contro sin da quando era un piccolo Nidoran, ma dal momento che con l’evoluzione gli erano cresciuti degli aculei velenosi sul dorso, credevo fosse meglio che la perdesse benché fosse molto tenero.
Mi tolsi lo zaino dalle spalle e mi accoccolai in equilibrio sulla pianta dei piedi, per stare alla loro altezza.
«Questa è Fiordoropoli.» spiegai. «Ve lo avevo detto, staremo qui per un po’. Solo per un po’, promesso. Poi inizieremo il nostro viaggio.»
Annuirono entrambi.
Mi alzai in piedi e, mentre stavo per farli ritornare nelle Pokéball, notai con sospetto due persone che si affrettavano nella mia direzione, facendosi largo tra la calca di gente che usciva dalla stazione del Supertreno. Si trattava di una donna con un caschetto di capelli verdi, vestita di bianco e nero, seguita da un energumeno in canottiera che reggeva una grossa telecamera sulle spalle.
Oh-oh.
Feci per scappare, ma lei riuscì ad agguantarmi per il bavero della maglietta.
«Ciao!» mi gridò nelle orecchie. «Sei un’Allenatrice, vero? E questi sono i tuoi Pokémon! Che carini!» cinguettò. «Sono Roxy, inviata del Pokédex Show. Viene trasmesso in radio e in televisione contemporaneamente la mattina alle dieci. Lui è il mio cameraman, Oliver!»
Abbozzai un cenno di saluto.
«Adesso ti faremo qualche domanda, niente di complicato, ci serve solo qualche minuto per completare lo show che andrà in onda domani, ci sei?» snocciolò tutto d’un fiato.
Stavo per protestare e sbraitare che non volevo assolutamente essere filmata, registrata, o che qualunque informazione sulla mia persona venisse divulgata in alcun modo quando la tipa mi trascinò con malagrazia davanti alla telecamera, mentre tirava fuori dalla tasca della gonna un microfono.
«Cominciamo l’intervista! E per concludere la puntata del lunedì, abbiamo fermato questa graziosa Allenatrice fuori dalla stazione del Supertreno, con un’aria spaesata e una singolare coppia di Pokémon al suo fianco! Devi chiaramente venire dalla campagna, cara, come ti chiami?»
Rimasi per un momento scioccata dalla velocità con cui le cose mi stavano sfuggendo di mano. Il fatto è che avevo appena scorto il mio riflesso nella telecamera e, per Arceus!, sembravo appena uscita da uno scontro a mani nude con una mandria di Tauros.
Roxy mi avvicinò il microfono alla bocca, mugugnando fra i denti con un falso sorriso: «Stiamo riprendendo!».
Mi sbrigai a incrociare le braccia al petto per coprire la macchia di caffè, gesto che, se ero fortunata, poteva essere scambiato per un’ostentazione di sicurezza.
«Mi chiamo Wendy e in realtà vengo da Zafferanopoli» dissi timidamente.
Roxy alzò un sopracciglio, ma tentò di dissimulare. «A-do-ra-bi-le! Ma ancora più adorabile è la squadra di questa stravagante Allenatrice!»
Non sapevo se sentirmi sollevata o offesa dal fatto che aveva preferito spostare l’attenzione collettiva sui miei Pokémon invece che su di me.
Approfittai della telecamera puntata momentaneamente altrove per sistemarmi i capelli con le mani.
Roxy aveva iniziato ad allungare la mano verso Nidorino, con l’intento di accarezzarlo. Sgranai gli occhi in un’espressione di allarme.
«Sì… sono un Nidorino e un Poliwhirl.» snocciolai frettolosamente. «E sarebbe meglio che non li toccasse, soprattutto Nidor - »
Il mio amico decisamente non amava gli estranei e reagiva sempre in modo aggressivo. Tirò un potente calcio sullo stinco della reporter, facendole emettere un urletto di dolore.
«Ehm, mi dispiace.» provai a scusarmi.
«Tutto ok, è molto carino, davvero!» trillò quella strana donna. Pur odiando quella situazione, non potei fare a meno di ammirare la sua dedizione verso il lavoro.
Grattai Nidorino sotto un orecchio per tranquillizzarlo.
Roxy si girò di nuovo verso la telecamera, chiaramente smaniosa di chiudere lì l’intervista,  e mi passò un braccio intorno alle spalle.
«Abbiamo appena avuto con noi Winnie da Zafferanopoli! Saluta i nostri ascoltatori, Winnie!».
«Grazie, mi chiamo Wendy, ciao!» farfugliai incerta.
Finalmente Oliver spense la telecamera e io mi lasciai andare a un sospirone liberatorio.
Mi riaccomodai lo zaino sulle spalle, feci una carezza ai miei Pokémon e li feci rientrare nelle loro sfere.
Volevo solo andare a casa, e forse per un momento il concetto di casa incluse Zafferanopoli. Ma quell’attimo di debolezza mi passò subito.
Mentre mi incamminavo, mi girai un’ultima volta per specificare: «Sul serio, Roxy, sono spiacente per Nidorino.».
«Lascia stare, lascia stare» disse lei sbrigativa.
«Taglia il pezzo in cui la bestia mi aggredisce» sentii Roxy sussurrare adirata a Oliver, mentre si allontanava nella direzione opposta alla mia, con i vistosi orecchini rossi che dondolavano furiosamente.

 


 

È troppo corto? ç__ç
Va bene, è un prologo :D Cercherò di allungare il successivo!
Grazie per essere riusciti ad arrivare fino a quaggiù, un bacio a chi recensirà e a chi legge soltanto.

Len.

  
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