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Autore: Nemesi_    30/10/2012    1 recensioni
Camilla, Miriam e Nicole.
L'amore innocente che colpisce i ragazzi a diciotto anni.
Tutti si chiedono se sia quello giusto, se sia quello vero e se duri per sempre.
Ma sarà davvero così?
Tuffatevi nelle vite di queste ragazze e divertitevi.
Gli altri capitoli arriveranno molto presto, intanto però lasciate un commento e ditemi se la storia vi piace o meno!
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Non hai idea di come ti abbia guardato!”

Sorrisi e sentii le mie guance infiammarsi di colpo.
Eccome se lo sapevo come mi aveva guardato, ma c’era qualcosa che lei non sapeva e che probabilmente non avrebbe mai dovuto sapere.
Guardai fuori dalla finestra, con il suo sorriso stampato in mente, mentre la professoressa farfugliava qualcosa su un certo filosofo; guardavo gli alberi spogli, ricoperti da un candido manto di neve che era caduto durante la notte.
Mi voltai verso Miriam e le sorrisi, mentre continuava a ripetermi il modo in cui lui mi guardava e come pendeva dalle mie labbra ogni volta che io parlavo.


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“Ragazze abbiamo iniziato la scuola da due settimane e io sono già stanca di tutto!”
Borbottai a Nicole mentre ci dirigevamo in aula di informatica.
Ci raggiunse in fretta anche Miriam: insieme formavamo un trio inseparabile e qualsiasi cosa sarebbe successa noi saremmo state unite e avremmo sconfitto qualsiasi problema.

“Ma lo sapete che oggi siamo in copresenza con la V G?”
Ci disse Nicole sorridendo allegramente: il suo nuovo ragazzo era in quella classe.
Miriam sbuffò, il suo di ragazzo invece era in un’altra e non ci mettevano mai insieme, purtroppo.

Già, io ero l’unica single ma anche a me faceva piacere ci fosse la VG con noi, perché almeno mi sarei goduta la vista.

“Ehi Camilla, è tuo questo?”

Mi voltai verso il corridoio e vidi Davide che mi guardava sorridendo, tenendo in mano il mio libretto personale.
Per un momento non risposi e rimasi a fissarlo in silenzio.
Era dannatamente bello quando sorrideva, quando parlava, quando camminava.
Okey, era sempre dannatamente bello.

“Certo che è suo, non vedi che c’è il suo nome?!”
Lo guardò in cagnesco Miriam e glielo strappò dalle mani, infilandomelo nello zaino aperto.
Lui alzò le spalle e se ne andò, entrando nell’aula d’informatica dove dovevamo andare anche noi.

Mi girai verso le mie amiche e le guardai. Entrambe facevano cenni con la testa  e mi dicevano qualcosa sul fatto che “non poteva piacermi quello stronzo” o che era “troppo tonto per me”; ma a me non importava niente di tutto ciò, perché quando lui sorrideva mi toglieva il respiro.

 

Finita quella noiosissima giornata di scuola tornammo nel nostro dormitorio, che si trovava nell’edificio più a sinistra della scuola e per raggiungerlo dovevamo attraversare il parco.
Miriam e Nicole aspettarono a scuola i rispettivi ragazzi: il sabato pomeriggio lo dedicavano a loro, passando qualche ora insieme.

Io invece me ne stavo tutta sola, come sempre.
Probabilmente sarei andata a farmi un giro per il centro con qualche mia amica, avrei fatto un po’ di shopping e poi mi sarei preparata per la serata.

Mentre attraversavo il parco mi venne voglia di sdraiarmi al sole e stare un po’ da sola, magari con un bel libro e così feci.
Mi sedetti su una panchina e tirai fuori dallo zaino il mio libro preferito “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen. Mi mancavano poche pagine alla fine, era circa la decima volta che lo leggevo e ogni volta restavo sempre a bocca aperta, lo adoravo.
Chiusi di scatto la copia ormai consumata che avevo preso in biblioteca e ne uscì un bigliettino.
Non era mio, però lo lessi lo stesso.

«L'amore si scopre soltanto amando.»

La condividevo a pieno.

Cos'è l'amore in effetti? 
Tante persone hanno provato a dare una risposta e tante sono state le opinioni.
Alcuni dicono che l'amore sia il sentimento più forte del mondo, il sentimento che fa muovere, che fa giare il mondo. 
Mi è stato insegnato da quando ero bambina che l'amore è qualcosa di fantastico, che si prova fra persone speciali, indipendentemente dal loro sesso, dal colore della loro pelle o dalla loro situazione sociale. 
Sono cresciuta aspettando il principe azzurro, sperando di diventare una principessa e di vivere su un castello.

Ma poi sono cresciuta.

Crescendo ho imparato che l'amore è bello, perchè, finchè dura, porta felicità, benessere e appagamento dei sensi: quando c'è l'amore è tutto perfetto e idilliaco; ma poi, vivendo, ho imparato anche che l'eternità non esiste, che il 'per sempre felici e contenti' delle favole è solo un'illusione. Quindi ho imparato che l'amore fa male, che è una brutta bestia e una medaglia con due volti.

Mi sono state dette un sacco di altre cose sull'amore, per ognuno è diverso, ma per me è sempre stato questo e nulla di più.

Ho sofferto, tanto, troppo a parer mio, mi sono promessa più volte di non cadere nelle grinfie di Amore, ho giurato a me stessa che sarei stata attenta a non fare gli stessi sbagli di prima, quelli che ho commesso molte volte lasciandomi sopraffare dalle mie passioni.

Ma ho imparato anche un'altra cosa, che nella vita bisogna tentare e non tirarsi indietro.
La vita è bella e finchè si è giovani bisogna sbagliare, bisogna provare e riprovare, bisogna sbattere la testa e cadere, per poi rialzarsi, più consapevoli di prima.
Non serve a niente sfuggire dall'amore, perchè lui ti troverà sempre, quando meno te lo aspetti.

L'amore è così imprevedibile e quando ha deciso le sue vittime scaglia senza pietà la sua freccia e tu non hai scampo, sei in suo potere per sempre.
Non ha senso ritirarsi dal gioco perchè si ha paura di vivere, bisogna affrontare le proprie paure, bisogna passare sopra l'opinione degli altri e dimostrare che si sono sbagliati, che tu hai sempre avuto ragione.

Ora sono cresciuta e non credo più alle principesse, ai castelli e al 'per sempre felici e contenti', ma mi piace sognare e mi piace credere che nel mondo ci sia qualcuno che la pensa come me, che ci sia la mia anima gemella, il mio principe azzurro.



Mi alzai da quella panchina e tornai nella mia stanza.
Quella sera avrei avuto una festa e ci sarebbe stato anche lui, il mio sorriso, il mio Davide.
Avrei dovuto farmi avanti, avrei dovuto dirgli quello che provavo per lui, perché così non potevo più andare avanti, ne avevo abbastanza.
  
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