Miki era alla guida della sua auto, si stava dirigendo verso
la scuola come del resto faceva tutte le mattine da ben otto anni. La
tangenziale quella mattina stranamente era abbastanza scorrevole, infatti, non aveva
dovuto lottare tra urla e strepiti a suon di clacson per farsi strada, come
accadeva di solito. Lungo il suo percorso non faceva altro che vedere i soliti
alberi sulla destra, e soliti edifici in costruzione sulla sinistra, che lei
tanto odiava; ormai conosceva perfettamente a memoria tutte le strade e le stradine
seminascoste che poteva fare tutto il tragitto ad occhi chiusi, dalla partenza
fino a destinazione. Qualche volta ci aveva provato per davvero a chiudere gli
occhi per qualche secondo, come se quel gesto avrebbe potuto alleviare la
triste agonia che aveva nel cuore. Dopo quei vani ed insani tentativi si era
ripromessa di non farlo più, soprattutto quando insieme a lei c’era suo
figlio; non poteva di certo mettere a rischio la sua vita, per via dei suoi
momenti di folle sconforto . Nonostante quella mattina il cielo fosse
limpido e primi raggi del sole preannunciassero una giornata pressoché
primaverile, al contrario di quanto si potesse sperare, poiché la primavera era
passata da un bel pezzo, Miki tutte le stagioni, tutti mesi e tutti gli
anni si sentiva dentro sempre allo stesso modo, vittima di una gelida bufera
senza fine.
Miki aveva aperto il finestrino e, dopo essersi guardata allo
specchietto per sistemarsi un ciuffo ribelle che le cadeva sulla fronte, aveva
acceso una sigaretta quasi senza accorgersene, totalmente rapita nel turbine dei
suoi macabri pensieri. A quel punto il piccolo, che sedeva sul sedile accanto,
vedendo la madre fumare espresse tutto il suo disappunto:
“Mamma! Ma cosa fai?! Fumi?! Lo sai che papà non vuole che
tu fumi in macchina!”
La donna aveva udito quelle parole in lontananza ma quel
tanto che bastarono a riportarla alla realtà. Dopo essersi girata con lo
sguardo verso il bambino chiese: “Jacopo hai detto
qualcosa?" Il bimbo con occhi straniti rispose: “Mamma! La
sigaretta!” “Come?” Chiese la giovane sgranando gli occhi dalla sorpresa.
“Guarda cos'hai a destra” rispose il figlio con una smorfia di
disapprovazione. La donna si voltò dall’altra parte e vide che tra l’
indice e il medio teneva una sigaretta, il cui fumo stava invadendo tutta
l’auto. “Ah! Dici questa! Ah ah ha ha!” rise falsamente Miky; poi, per
stemperare la situazione un pò tesa, prese in giro il bambino: ” Certo che
sei proprio pignolo come tuo padre, non ti sfugge nulla!!” Jacopo si girò
verso la madre e a braccia conserte le rispose “Si….e tu hai sempre la testa
tra le nuvole come dice papà!”
[...Accidenti a te Yuri! Hai visto cosa significa quando
parli troppo con tuo figlio di come ero o di come eravamo da ragazzi?!?! ...
Certo che Jacopo ti assomiglia in ogni minimo particolare: capelli biondissimi,
come i tuoi; carnagione chiara, come la tua...per non parlare dei lineamenti del
viso cosi angelici, proprio come i tuoi! Da me forse può aver ereditato il
fisico snello e agile, e l’amore per lo sport...]
“Cambiando discorso" proseguì la donna "hai
ripassato le tabelline?"
“Si signore!” rispose furbetto il bambino
“Su avanti fammi sentire” ordinò Miki.
Il bambino recitò diligentemente le tabelline fino
all’arrivo alla scuola elementare. Dopo essersi salutati, Miki ripartì per
raggiungere il suo negozio di articoli sportivi.
Arrivata a destinazione parcheggiò la sua auto e scese a passo svelto
dirigendosi verso il suo negozio, inconfondibile perché, a differenza
degli altri, era perfettamente curato sin nei minimi particolari: insegna ben in
vista e sempre ben illuminata che attirava l’attenzione degli
ipotetici clienti con la scritta “MiKi The Best Sport Articles Shop";
l'insegna era su un edificio costruito con mattoni rossi a vista, e alle due
estremità vi erano poste due finestre arcate di media grandezza; infine,
la porta di ingresso era stata costruita con un materiale in vetro fumè. Grazie
a quest’insieme di caratteristiche il negozio di Miki diventò in soli
tre anni dalla sua apertura il più gettonato negozio sportivo di tutta Via
Monte Napoleone.
Entrata in negozio Miki salutò la commessa con un
cenno delle mano, poi si tolse il cappotto e lo mise sull’ appendiabiti, e si
diresse verso il bancone dove la giovane commessa stava ascoltando una canzone
che stavano trasmettevano per radio e ne tamburellava il ritmo con i
polpastrelli.
“Buongiorno Sara! Come va? Tutto bene?” domandò
Miky. La commessa rispose cordialmente: “Bene,e lei?"
[Da schifo!] Avrebbe voluto rispondere Miki, invece si limitò
a fare uno dei suoi sorrisi di circostanza e rispose: “Tutto bene, grazie.”
Erano trascorse poche ore dall'apertura del locale...Per
Miki quel tempo sembrava un'eternità, ai suoi occhi quella stanza con gli
scaffali e gli ultimi articoli ben sistemati non rappresentavano altro che una
prigione senza uno spiraglio di luce, una prigione dalla quale voleva fuggire
via...ma non poteva.
Nel tardo pomeriggio, Miki si trovava nel suo studio alle prese con la
contabilità quando squillò il telefono. Dopo pochi secondi la
commessa rispose, materializzandosi poco dopo nello studio e avvisando la
proprietaria del negozio che suo marito l’ attendeva al telefono; con passi
pesanti la donna si trascinò al telefono e, come al solito, assunse un
atteggiamento convenzionale. “Pronto? Ciao Yuri!! Come stai?"
Dall’altra parte uno Yuri tutto pimpante rispose:
“Ehilà Miki! Io sto benissimo...soprattutto ora perchè sto parlando con
te!”
La donna fingendosi felice rispose: “Ne sono felice!
Ascolta Yuri, devi dirmi qualcosa?”
Il ragazzo, un po’ stupito per la risposta, disse:
”No no nulla! Volevo solo salutarti” Poi aggiunse: “Miki
purtroppo hanno bisogno di me ora… a stasera, ti amo!”
“Ti amo anch’io” rispose lei.
Dopo essersi salutati Miki a passo svelto si diresse
verso lo studio quando la voce della sua giovane commessa la fermò
dicendole: “Certo che lei è proprio una donna fortunata!”
Miki si girò e chiese: ”Come?”
“Dicevo che lei è davvero una donna fortunata, è
difficile trovare un marito come il suo” ripeté la giovane visibilmente
imbarazzata.
"Eh già, sono molto fortunata” rispose con un
tono incolore la donna andandosene via.
Ritornata nel suo ufficio Miki ripensò a quello che le aveva
appena detto la sua collaboratrice: sapeva benissimo che poteva ritenersi una
donna molto fortunata, poteva contare su un bravo padre e un buon marito,
ma allo stesso tempo tutto questo non le bastava più, anzi le continue
attenzioni dell’uomo erano diventate fonte di disagio, perché in quelle
circostanze la donna doveva mostrarsi altrettanto disponibile e affettuosa,
quando in realtà non ne aveva nessuna voglia...ma d’altronde...cosa doveva
fare?
Non poteva di certo dire al suo consorte che non lo amava più;
a volte avrebbe voluto parlare con il suo Yuri di questa sua crisi esistenziale,
ma provava molta vergogna, mista ad una forte paura di perderlo per
sempre.
Era una domenica mattina come tutte le altre: Miki come al solito stava
sistemando la camera da letto quando, improvvisamente, squillò il telefono.
La donna urlò a gran voce: “Jacopo rispondi tu!" e
sentì il figlio dire qualcosa al telefono ma senza capirci nulla.
Dopo alcuni minuti vide il bimbo affacciarsi con la sua testolina bionda sulla
soglia della camera e le disse: “Mamma ti vogliono al telefono”
“Uffaaaa!” sbuffò Miki per tutta risposta “Sarà
qualche fornitore…ma adesso chiamano anche a casa?” e così dicendo aveva
raggiunto il telefono, prese la cornetta in mano e rispose con fermezza
“pronto…"