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Autore: Medea00    30/10/2012    9 recensioni
OS nata da un prompt datomi da Cecilia nella mia pagina: Blaine che torna a casa alle 4, ubriaco e costretto a chiamare Sebastian perchè non ha le chiavi. Fluffoso e comico QB.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Promptami'
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Titolo: La chiave del cuore
Autore: Io. (lol)
Parole: 1954
Rating: Verde
Prompt: Blaine e Sebastian abitano insieme (coinquilini, ragazzi, boh) Blaine è ubriaco marcio alle 4 di notte e ha dimenticato le chiavi di casa così deve chiamare Sebastian -CHE DORMIVA BEATAMENTE- al telefono.
Avvertenze: Seblaine.

 


 
 La chiave del cuore




 
 
Quando Sebastian arrivò a casa impiegò esattamente tre minuti per disfarsi della tracolla, spogliarsi quasi del tutto, indossare il suo pigiama – dei pantaloni di una tuta e una canottiera – e, letteralmente, tuffarsi sul letto e poi sprofondare il viso sul suo amatissimo cuscino, con ancora le luci di camera accese.
Quel giorno in università era stato veramente da incubo: prima il professore di economia e gestione dei mercati finanziari era arrivato con un’ora di ritardo, poi quello di microeconomia aveva avuto la bellissima idea di fare una simulazione dell’Ultimatum Game, costringendo così i ragazzi a passare il resto della serata chiusi in facoltà tra conti e giochi di Nash. A un certo punto si era pure messo a litigare con uno della divisione di Scienze Economiche e Bancarie, perchè loro dovevano fare gli Steve Jobs della situazione e andare contro a ogni decisione degli Aziendali. Non aveva mai creduto che l’economia fosse facile, ma in certi giorni non riusciva proprio a sopportarla.
Così come quel giorno; quella notte, in realtà: era arrivato a casa alle undici di sera, dopo che la metro era rimasta ferma per quattro ore a causa di un suicidio. Ma la gente potrebbe anche ammazzarsi a casa sua, senza rompere le scatole ai pendolari. Le avrebbe dato una mano lui, piuttosto, perchè era davvero distruttivo arrivare a casa a quell’ora dopo una giornata sfiancante, e adesso tutto quello che voleva fare era dormire ventimila ore abbracciato al suo ragazzo.
E fu in quel momento che alzò di scatto la testa dal cuscino: dov’era Blaine?
Setacciò tutta la loro piccola casa, un bilocale di sessantacinque metri quadri che andava bene al massimo per un gatto, ma che a due giovani ragazzi newyorkesi benestanti sembrava perfetto. Nonostante i suoi piccoli difetti, come il trovarsi al quarto piano di un appartamento senza ascensore, la caldaia che ogni tanto si spegneva nel bel mezzo di una doccia, o la cucina che riusciva a malapena a contenere una persona, Sebastian dopo tre anni di convivenza aveva imparato ad amare quell’ambiente. Perchè conteneva tutti i ricordi condivisi con il suo bellissimo fidanzato, le nottate sul divano, quelle completamente devote al sesso. Oh, sì: la lavatrice non si era ancora ripresa dall’ultima volta.
Dopo aver constatato che Blaine non fosse da nessuna parte, si convinse ad andare a controllare il frigorifero in cerca di qualche suo mesasggio: avrebbe dovuto pensarci prima, probabilmente, ma vista la stanchezza accumulata era già tanto che riuscisse anche solo a mettere due pensieri in fila. Così, lesse velocemente il post-it giallo fosforescente che lo avvisava di una serata universitaria, una specie di festa degli studenti di lettere a cui apparteneva Blaine. Roba da birra, musica vintage e sonetti di Shakespeare. Roba che non gli riguardava, insomma.
“Prego, divertiti pure”, mormorò contro il biglietto portandolo con sè in camera, per poi lanciarlo sul comodino e tornare beatamente sotto le coperte.
L’idea di doversi svegliare tra otto ore per tornare di nuovo in quella assurda facoltà gli fece girare la testa, ma decise di non pensarci: impostò la sveglia del cellulare, sul comodino accanto a lui, per le sei e mezza, accertandosi che avesse il volume al massimo. Infine, potè finalmente chiudere gli occhi, adagiando una mano sulla parte del letto in cui dormiva Blaine, come per immaginarlo accanto a lui, e dopo nemmeno dieci secondi cadde in un sonno profondo.
E non c’era niente di più bello del dormire intensamente per svegliarsi la mattina dopo fresco e riposato; una di quelle notti incredibilmente veloci, prive di sogni, che dovevano essere battezzate come ottava meraviglia del mondo, per quanto fossero belle.
Ma poi il suono agitato e tremolante del cellulare lo destò dalla sua fase REM.
Odiava la sveglia. Odiava la mattina.
Con una mano premette qualcosa sullo schermo del touch screen, non ancora in grado di aprire gli occhi e sporgersi verso il telefono; andò a tentoni per qualche secondo, fino a quando la musica non si ammutolì e lui abbandonò il braccio esausto sul fianco del letto.
Altri cinque minuti, e poi si sarebbe alzato.
Ma dopo nemmeno venti secondi il cellulare cominciò di nuovo a suonare, e allora qualcosa non quadrava: non aveva impostato due sveglie, non aveva rimandato quella di prima e, soprattutto, quella non era la suoneria associata alla sveglia.
Era quella della chiamata in corso.
Sbattendo gli occhi un paio di volte, afferrò il suo Iphone ancora intento a squillare, leggendovi impresso il nome di Blaine e, proprio sotto di quello, le tre e quarantacinque dell’orologio digitale.
“... Pronto?” Biascicò, con voce roca e la mente che ancora non era riuscita a connettersi.
“Sebastian... sono Blaine.”
“Blaine?”
Che cazzo lo chiamava a fare il suo ragazzo a quell’ora della notte?
“Shhhh”, lo sentì bisbigliare, accompagnando quell’insulso verso a una risatina squillante e frivola.
Conosceva Blaine da abbastanza tempo per capire che fosse ubriaco.
“Blaine. Che vuoi.”
“SShhhhhhhhhhhhhhhh dobbiamo parlare piano o svegliamo tutti!”
“Ma dobbiamo chi? Ma con chi sei?”
Il nervosismo del risveglio brusco fu automaticamente sostituito da un moto di vera e propria gelosia, perchè, insomma, con chi cazzo stava parlando? C’era qualcuno con lui? E se lo aveva fatto ubriacare solo per infilarsi nelle sue mutande? Erano tutti gay in quella maledetta facoltà di lettere, e lui sapeva bene quanto Blaine potesse risultare una preda appetitosa. Se solo si azzardavano a toccare il suo fidanzato, ne avrebbero viste delle belle.
“Dimmi dove sei”, sentenziò allora, già seduto sul letto e parlando a denti stretti, “Dimmelo Blaine, ti vengo a prendere.”
“Nnnno guarda devi solo aprirmi.”
Un momento.
“Che cosa?”
“Mi apriiiiii??” Cantilenò Blaine dall’altra parte del telefono, mentre, in sottofondo, si sentiva un rumore di mani battute contro un portone.
“Ma che- Blaine riprenditi, dimmi dove cazzo sei.”
“Sotto casa.”
“Sotto casa.”
Lo ripetè piano, moderato.
“E, di grazia, perchè non sali su per quelle benedette scale e entri a casa?”
“Perchè ho lasciato lì le chiavi.”
Morto. Blaine era un uomo assolutamente morto.
“Mi hai chiamato per questo?” Sebastian si passò una mano sulla fronte, prese dei respiri lunghi e profondi perchè, ecco, doveva ricordarsi che a New York l’omicidio del proprio partner era un reato molto grave, e lui non poteva permettersi di andare in prigione, quanto meno doveva prima prendersi quella laurea che gli aveva privato del tutto di una vita sociale.
Quindi, non avrebbe potuto uccidere Blaine. Ma ciò non implicava che non fosse costretto a scendere tutte le scale per andare ad aprirgli.
Tra un insieme di imprecazioni, borbottii e “ma accidenti a me e a quando ho posato gli occhi su quel culo”, Sebastian, in pigiama, con le ciabatte, i capelli completamente arruffati e il volto cinereo, aprì il portone.
E Blaine era proprio lì, come aveva detto. Aveva il farfallino sciolto, la camicia sgualcita, i capelli ormai privi di gel e un aspro alito che sapeva di alcool; con sua grande sorpresa, però, era solo.
“Amore!” Si lanciò contro Sebastian con tutto il suo corpo, tanto che lui fu pure costretto a sorreggerlo. Non bastava la sveglia alle quattro, pure il nomignolo, ci voleva.
“Ma con chi parlavi?” Domandò continuando a guardarsi intorno, come se da un momento all’altro potesse sbucare qualche gay munito di protesi ai glutei e un flacone di steroidi.
“Con il mio nuovo amico.” Blaine indicò il retro di una macchina e – oh. C’era un piccolo gatto grigio che li fissava curioso.
“Ti sei messo a parlare con un gatto.”
“Miagolava!” Mugugnò lui, in risposta. “Svegliava tutti.”
Per un attimo gli balenò l’idea di lasciare la presa e abbandonarlo tramortito al suolo, ma non poteva farlo, maledizione, o Blaine non gli avrebbe rivolto parola per una settimana.
“Sebby... hai un profumo buonissimo...”
“Sì, pucci pucci e trallallero. Ti muovi a entrare?”
“Come staiiii??? Io bene... ho bevuto un po’...”
“Blaine, ti giuro che ti lascio qui.”
“Ti amo tanto, ma proprio tanto, ma tanto tanto, Sebastian...”
“Okay me ne vado.”
Ma proprio un attimo prima che riuscisse a richiudere il portone, Blaine lo spinse con una mano, trascinandosi dentro al condominio e avviandosi verso le scale con passo incerto.
Dopo nemmeno due scalini lo vide inciampare sui suoi piedi, afferrando il corrimano giusto un attimo prima di battere la faccia contro il suolo e guadagnarsi un naso rotto. Sebastian sospirò, maledisse ancora una volta il giorno in cui aveva incontrato Blaine a quella festa di Capodanno e poi, con la dovuta attenzione, gli fece mettere un braccio intorno alle spalle, conducendolo per tutti e quattro i piani, fino alla porta di casa.
Una volta entrati, Blaine andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua; non sembrava ancora molto lucido, ma almeno riuscì ad arrivare in camera da letto e indossare il pigiama senza enormi difficoltà.
Una volta uscito dal bagno ed essersi lavato il viso, si sentiva un po’ meglio. Almeno le pareti avevano smesso di girare e riusciva a formulare frasi di senso compiuto.
“Sebastian... che ore sono?”
“Le quattro e venti”, rispose l’altro, già sotto le coperte e con la schiena rivolta verso di lui; fu in quel momento che Blaine notò le sue occhiaie incavate, le sue spalle tese, il suo tono burbero e l’insieme di quello che risultava essere un uomo esausto. Si sentì terribilmente in colpa per averlo svegliato in piena notte; si raggomitolò sul letto, proprio accanto a lui, e gli diede un piccolo bacio sulla base del collo, prima di voltarsi per lasciarlo dormire in pace.
Ma dopo poco tempo il suo corpo fu avvolto da un paio di braccia confortanti, ed ecco che Sebastian si trovò a pochi centimetri da lui intento a lasciargli un dolce bacio sulla guancia.
“Ehi.”
“Ehi”, rispose Blaine, e con la mano andò a cercare la sua, stringendola affettuosamente e con rimpianto: “Mi dispiace tantissimo averti svegliato.”
“Mhm, non ti preoccupare. Ero scazzato perchè ho avuto una giornata pesante.”
“Ma potevo prendere le chiavi.” Blaine si voltò completamente verso di lui; adesso, erano un groviglio di braccia e gambe che si intrecciavano tra di loro, così come i loro sguardi.
“Ma infatti sei un idiota.” Confermò Sebastian. “E la prossima volta non ti apro.”
“Va bene”, ridacchiò, e poi passarono un po’ di tempo in silenzio, dandosi di tanto in tanto qualche piccolo bacio.
“E tu invece? Com’è andata la serata?”
Fece per pensarci un momento, e poi rispose con una smorfia: “In realtà credo di stare antipatico a metà di quelle persone.”
“Cosa? E perchè?”
“Beh, perchè la metà di loro voleva provarci, e io invece ho passato tutta la serata a dire quanto fosse bello e perfetto il mio ragazzo.”
Sebastian emise un sorriso sornione, stringendo ancora di più Blaine contro il suo petto, con un improvviso moto di felicità che lo riempiva dentro.
“Non puoi biasimarli Blaine”, sussurrò, compiaciuto, “Fossi in loro, ci avrei provato pure io.”
“Ah sì?”
“Certo.”
“Allora prima non hai fatto i tuoi soliti monologhi? Sai, quelli in cui dici di odiare tutti e desideri di non avermi mai conosciuto.”
“Oh no, quello l’ho pensato comunque.”
Blaine ridacchiò sommessamente contro il suo collo: “Sei un idiota.”
“E tu la prossima volta portati le chiavi.”
“Questa è stata l’ultima volta Sebastian, te lo prometto.”
“Avessi avuto un dollaro ogni volta che me l’hai detto...”
“Davvero!”
Sebastian non si sprecò a dargli una risposta verbale; gli alzò il mento con l’indice per dargli un bacio languido e pieno d’affetto, zittendolo in quel modo, e poi si cullarono abbracciati aspettando di essere avvolti dal sonno.
Blaine non si ricordò le chiavi di casa nemmeno una volta.
Ma a quelle feste da quel giorno in poi ci andò anche Sebastian, perchè nonostante tutto, era meglio tener d’occhio quelle persone che volevano rubargli il suo bellissimo ragazzo.





   
 
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