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Autore: LiquidScience    30/10/2012    2 recensioni
[Spin-off della serie A-Team]
Ed ecco, quando tutto sembra andare sempre in peggio, che fa la sua ricomparsa l'A-Team, dopo molti anni di inattività. Ma i membri che lo compongono non sono gli stessi, ma i loro figli, riuniti insieme da uno scherzo del Destino.
La storia inizia con il racconto di Mike Murdock, intervistato da una giornalista.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dieci anni fa i figli di un commando specializzato operante in Vietnam rifondarono un leggendario gruppo sciolto da tempo. Usando un vecchio negozio come quartier generale, vivono a Los Angeles, lavorando in incognito. Sono tuttora in azione, se avete un problema che nessuno può risolvere, e se riuscite a trovarli, forse potrete ingaggiare il nuovo A-Team!


James uscì dal negozio d’antiquariato con aria serena e si avvicinò alla Corvette parcheggiata lì davanti. Appoggiandosi alla portiera, prese il suo smartphone e fece il numero di Maddie.
“Ciao, James. Dimmi tutto” disse la ragazza, tranquilla.
“Maddie, abbiamo una nuova missione”
“Ottimo! Vado subito a prendere mio fratello”
“Non serve”
“In che senso? Mike non viene?!” esclamò Maddie stupefatta.
“No no, rilassati. Vado a prenderlo io, oggi”
“Grazie, James, ma… come mai?”
“Oh, non ti preoccupare. Ci vediamo dopo”
Attaccato il telefono, salì sulla macchina. La accese e con mani ferme e precise la condusse in strada, diretto verso l’ospedale dove Mike era ricoverato.
 
***
 
“Signor Murdock, ci sono visite!” annunciò la dottoressa di turno al reparto psichiatrico.
“In che senso?” chiese il matto facendo capolino di scatto da dietro la grata della porta.
“Nel senso che c’è qualcuno che la deve vedere”
Mike scrutò il mondo al di fuori dalla sua stanza, cercando con lo sguardo chi fosse il malintenzionato che osava portarlo via proprio quando era arrivato all’ultimo livello del videogioco.
Oltre al medico, c’era un personaggio un po’ strano, familiare, con la divisa della Marina Militare. I gradi indicavano che era un tenente e la targhetta sul petto recava la scritta “Barrow”. Se non fosse per i baffi e i capelli scuri, avrebbe detto che si trattava di James.
“Coincide con la descrizione fornita dal nostro testimone. Lo dovrò portare alla centrale della divisione di Los Angeles  del Naval Criminal Investigation Service, al fine di stabilire per certo se quest’uomo era o no nella scena del delitto all’ora cruciale” disse James tutto ad un fiato.
La dottoressa borbottò solo un ‘ah’ forzato, dopodiché si girò verso uno che sembrava più un armadio che un essere umano.
“Stephan, prendi la camicia di forza”
L’omone scomparve dietro una porta e ne ritornò con in mano una camicia di forza.
“Camicia di forza?!” blaterò il matto “Ti sembro forse un salsicciotto?!”
Nessuno gli prestò attenzione.
“Ehi ehi! Non sono un insaccato e nemmeno un maialino! Io sono un galletto chicchirichì!!”
Detto questo, Mike prese a correre per la stanza sbattendo le braccia come se fossero le alette di un pollo e agendo come tale. Saltò in piedi sul letto e vi rimase con aria solenne.
“Porterò una rivoluzione nel mondo pollesco: Mi farò eleggere Presidente del Movimento per la tutela dei diritti dei polli! Coccodè! Grazie a me la nostra razza a lungo sottomessa sarà in grado di volare!”
“Ma di cosa sta parlando?” chiese James.
“Blatera in continuazione, non ci faccia caso”
“Nella vecchia fattoria ia-ia-oh! Quante bestie al zio Tobia ia-ia-oh!” cominciò a cantare Mike, sbattendo le braccia piegate a mo’ di aluccie e girando su sé stesso.
La dottoressa aprì la porta e i due medici entrarono. Stephan immobilizzò Mike, che continuava a delirare e a dimenarsi, poi lo costrinse a forza ad entrare nella camicia aiutato anche dall’altro medico.
James preferì rimanere fuori, era una scena a cui non gli piaceva assistere.
“C’era il gatto-miao! C’era il cane-bau! Nella vecchia fattoria ia-ia-oh…” continuava a cantare il matto mentre lo legavano. I due medici lo fecero sedere su una sedia a rotelle e lo consegnarono a James, che cominciò a spingerlo lungo il corridoio.
“Cos’è? Oh, un treno! Pronti, signori! Si parte, si parte!! Ciuf ciuf!” esclamò Mike, mettendosi poi a imitare il suono del treno in moto, ciondolando la testa a ritmo.
Usciti dall’ospedale, si avviarono verso il punto strategico dove aveva parcheggiato la Corvette.
“E c’era l’asino-ih oh! C’era il gallo-chicchirichì! Gallo-gallo-gallo nella vecchia fattoria ia-ia-oh…”
“Per favore, Mike, piantala!”
“D’accordo. Come mai sei venuto tu, oggi?”
Mike era passato da uno status di pura follia a uno di completa lucidità in una frazione di secondo. Pazzesco.
“Mi diverto un mondo a portarti fuori. Perché, ti dispiace?”
“No no. Era solo così, per curiosità”
James si chiedeva a volte se Mike fosse veramente pazzo o stesse solo fingendo.
 
***
 
“Fra un po’ abbiamo un colloquio con un nostro potenziale cliente” disse Hun agli altri, tutti nel retrobottega del negozio di antiquariato.
“Potenziale?” chiese Maddie, convinta che la missione fosse già stata confermata.
“Esatto. Ho applicato qualche piccolo stratagemma, in modo da offrire aiuto a chi ne ha veramente bisogno” spiegò sputando fumo dal sigaro ad intervalli regolari.
Nessuno replicò e tutti si prepararono secondo i piani di Hun.
 
***
 
Un vecchietto e una giovane donna stavano passeggiando  per il parco, con un passo deciso come se sapessero già dove andare. La donna reggeva stretta in mano una ventiquattrore come se ci fosse all’interno un inestimabile tesoro.
“Papà, ma sei sicuro che dobbiamo fare tutto questo? La valigetta, intendo” disse la giovane donna.
“Certo, se li conosci come li conosco io!”
“Ma tu conoscevi il vecchio A-Team!”
L’altro non rispose e ciondolò la testa.
I due si fermarono in un punto, all’incrocio fra due sentieri ciottolati. C’erano due panchine, di cui una occupata da un signore che stava leggendo un libro voluminoso.
“Beh, allora? Come mai non sono qui?” disse impaziente la giovane donna al padre.
“Eh eh aspetta, aspetta. Potrebbero essere ovunque, anche sotto il tuo naso!”
La giovane donna si sedette ai piedi di una quercia vicina, sbuffando.
“Signorina” disse l’uomo seduto, mentre un altro vestito elegantemente passava per il sentiero vicino portando a spasso un cane “È brutto vedere una donna della sua età abbattuta in quel modo. È tutto a posto?”
“Non sono affari suoi” rispose seccamente la giovane donna. L’uomo seduto richiuse il libro, tenendo comunque il segno con il dito indice e lisciandosi la barba riccia. Sembrava volesse dire qualcosa, ma sospirò e riprese la lettura.
La donna osservò tutte le persone presenti nel parco: oltre all’uomo che leggeva e a quello con il cane, ce n’era uno muscoloso che pescava beatamente al lago e una ragazza che faceva jogging.
“Ah, accidenti! Forse ci siamo sbagliati e non è qui che li dobbiamo incontrare”disse la ragazza, che aveva ormai perso la pazienza.
“Proviamo da un’altra parte, altrimenti niente” propose il padre, anche se conosceva la tenacia della figlia.
“È fuori discussione. Mio fratello è probabilmente in pericolo, abbiamo bisogno di loro!”
“A volte le cose non sono come appaiono” disse l’uomo alzandosi dalla panchina e chiudendo  definitivamente il libro. Si avvicinò a loro con un sorriso.
“Io sono Hun Smith, dell’A-Team” si presentò, togliendosi barba finta e parrucca.
“Io sono Spike Baracus” disse il pescatore affiancandosi a Hun.
“Maddie Murdock” e questa volta fu la ragazza che faceva jogging a parlare.
“James Peck, piacere” si presentò quello con il cane.
La donna rimase stupita: li aveva avuti sempre sotto il naso, e non se n’era accorta!
Un dubbio le percorse la mente: ma non erano in cinque?
In quel momento, sentì un fruscio alle sue spalle. Tutti si girarono verso la quercia appena in tempo per vedere un’altra persona con una mimetica scendere agilmente.
“Mike Murdock. Che la Forza sia con te!” disse questi tendendo la mano dopo essersi scrollato tutte le foglie di dosso. I due possibili clienti lo guardarono di traverso: sembrava un tipo fuori dal comune.
 
***
 
Nel retrobottega del negozio di antiquariato Jack Morrand, il vecchietto, e sua figlia Eliza sedevano dietro lo stesso lato del tavolo, mentre di fronte a ai lati c’erano i membri dell’A-Team, liberi dal loro travestimento: Hun al posto di un paio di pantaloni marroni e un pullover indossava Jeans e una polo bianca, Spike anziché la tuta, stivaloni e berretto aveva invece una maglia e una casacca senza maniche dai colori sgargianti, con tanto di pantaloni coordinati, Mike anziché la strana mimetica verde-marrone indossava i soliti pantaloni e una maglietta di cui da dietro la camicia con una trama a scacchiera si vedeva solo l’immagine cambiata a seconda dell’umore del matto, Maddie anziché l’abbigliamento tecnico da jogging aveva un paio di jeans grigio scuro e una felpa bianca e grigia. James era l’unico che non si era travestito, per cui indossava lo stesso vestito elegante di prima, ad eccezione della cravatta che da verde bottiglia ora era blu oltremare.
E il cane che Face stava portando a passeggio era ritornato a casa di Maddie, dai suoi rispettivi proprietari.
“Allora” disse Hun in tono solenne, come se stesse pronunciando la prima parola di un libro “Avete detto che suo figlio William è partito per Red Hill ed è scomparso, senza nessun avviso”
“Esatto” confermò Jack.
“Mio fratello faceva il giornalista. Era lì perché voleva raccogliere dati per un suo articolo” aggiunse Eliza, anticipando la domanda di Hun.
“E se invece si è innamorato di qualcuno, tanto da rompere tutti i legami che aveva col pass…” chiese James, ma fu interrotto da una gomitata di Maddie.
“Mio fratello non avrebbe mai fatto questo!” obiettò Eliza, un po’ irritata.
“Dubito una cosa del genere. William era molto dedito al suo lavoro e molto legato a noi”
“Potrebbe essergli successo qualcosa” dissero Mike e Spike in coro, fulminandosi poi a vicenda con il tipico sguardo di uno che pensa ‘L’ho detto prima io!’.
I due possibili clienti si guardarono, con angoscia negli occhi: non ci avevano mai pensato, ma era dannatamente possibile.
La donna ingoiò un boccone amaro e posò sul tavolo la ventiquattrore.
“Spero che questi bastino… è tutto quello che abbiamo”
Detto questo, Eliza aprì la valigetta rivelandone il contenuto. Hun e gli altri guardarono stupiti il contenuto: saranno stati sì o no 25.000 verdoni.
“Faremo tutto il possibile per riportare sano e salvo suo figlio William, sig. Morrand” disse Hun, con un sorriso “Avete appena ingaggiato l’A-Team!”
Eliza avrebbe voluto seguirli nella missione, vivere magari qualche avventura, ma dovette desistere perché doveva dare una mano al suo vecchio padre a gestire il suo negozio.
 
***
 
“Hun, hai mai considerato l’idea del mezzo unico?” disse Spike bloccando Hun prima che salisse in macchina. Tutti gli altri si guardarono, illuminati, perché non ci avevano mai pensato.
“Potremo prendere la mia macchina, ha cinque posti” propose Mike.
“Intanto, Mike, lì dietro in tre stiamo stretti. E poi, la macchina non è tua né mia: è di papà”
E se anche fosse affiorata una soluzione, era svanita come era apparsa, riportando tutti al punto di partenza.
“E poi ci serve anche dello spazio per mettere tutta la roba” disse Spike, che con ‘la roba’ intendeva armi, munizioni e altro materiale.
“Il vecchio furgone!” disse Maddie, e tutti la guardarono immaginando ognuno una cosa diversa.
“Alla clinica ne abbiamo preso uno nuovo, per cui quello vecchio è fermo. Ha solo quattro posti, ma potrebbe arrivare fino a cinque o sei e in più ha il posto per… la roba
“Ottima idea, Maddie! Tutti alla clinica!” disse Hun, sorriendo.
 
***
 
Il furgone, una volta riverniciato tutto di bianco e fatto qualche modifica agli interni, era pronto per portarli tutti fino in Nevada. Il motore era ancora in buone condizioni e la carrozzeria pure.
Una cosa soltanto faceva da punto negativo: mancava carattere. Era un semplice furgone, di quelli che si vedono normalmente per le strade, guidati da persone normali durante il loro normalissimo lavoro.
E loro erano tutt’altro che un gruppo normale, m a questo avrebbero pensato un’altra volta.
“Guido io!” disse Maddie strappando le chiavi dalle mani di Spike.
“Eh! È suo il furgone” aggiunse Hun e Spike fece una smorfia.
Così Maddie si sedette al posto di guida, Hun di fianco, dietro di loro Spike e James. Mike aveva insistito per sedersi dietro a Baracus, per motivi ignoti agli altri membri.
Il viaggio verso il Nevada trascorse tranquillo, interrotto ogni tanto da Spike che si arrabbiava con Mike per uno scherzetto subìto. Al calar della sere, i cinque si fermarono in un motel per la notte. Mancavano ancora molte miglia a Red Hill ed erano tutti stanchi.
Quella notte, Mike non riusciva a dormire, tormentato da mille pensieri, fantasmi e ombre. Si alzò, prese la giacca a vento e si avviò verso la porta. Prima di lasciare la stanza, si voltò verso sua sorella che dormiva beatamente sul letto accanto, come qualcuno che ha lavorato sodo e ottiene finalmente un meritato riposo. Sorrise e chiuse la porta.
Fuori, in piedi vicino a un piccolo laghetto artificiale, c’era James. Forse anche lui non riusciva a dormire perché tormentato da mille pensieri.
“Ciao James” disse e l’altro lo salutò con un saluto tirato.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Mike.
“No… niente”
“Allora perché sei così pensieroso?”
“Niente. Sono solo un po’ stanco, ecco il tutto”
“Perché allora non sei andato a dormire?”
“Non ci riuscivo”
Seguirono alcuni attimi di silenzio, durante i quali Mike prese un sasso e lo lanciò nel laghetto, facendolo rimbalzare più volte. Esultò come se avesse vinto chissà quale campionato.
“Tu sei proprio strano!” disse James, che non sapeva se ridere o rimanere perplesso.
“Prova anche tu, dai!”
“Ma sei matto?!”
“Ma dai?!” lo canzonò l’altro, guardandolo con uno sguardo da ‘e l’hai scoperto solo adesso?’.
James continuò a rifiutare, finché Mike si arrese e fece qualche tiro in solitario.
“Sai una cosa?” disse ad un certo punto Face.
“Cosa?”
“Per essere un matto, sei fin simpatico”
Mike stava per lanciare l’ennesimo sasso, ma si bloccò a metà tiro.
“Davvero pensi questo?”
“Sì. A volte con le tue strane visioni e deliri mi spaventi un po’, ma a parte questo hai il coraggio di essere te stesso, in qualsiasi circostanza ti trovi”
Mike rispose con un sorriso e lanciò il sasso che aveva in mano.
“Sei la prima persona che mi dice che sono simpatico”
“Davvero?”
“Davvero. Normalmente mi guardano storto, diffidano da me o mi stanno alla larga, solo perché sono matto. Come se la pazzia fosse contagiosa…”
“Anche tua sorella?”
“Lascia perdere mia sorella una buona volta! Considera tutti, tranne lei e la mia famiglia”
James scosse la testa, sorridendo. Mike tirò un altro sasso, facendolo rimbalzare sette volte.
“Tu ce l’hai ancora?” chiese ad un certo punto il matto.
“Cosa?”
“Una famiglia. Una mamma e un papà”
“Mia madre morì di cancro quando avevo dodici anni” disse James tutto ad un fiato, come se si fosse liberato da un grosso peso.
“Oh…”
“E mio padre… beh, lo vedevo raramente. Era come se fossi da solo e ho dovuto arrangiarmi”
“Divorziati?”
“Tecnicamente, non sono mai stati sposati”
Mike lanciò un altro sasso e soltanto i rumori dei balzi fendevano il silenzio della sera.
“Posso farti una domanda?” chiese James, rompendo il ghiaccio.
“Sono qui, no? Fai pure”
“Ma tu sei matto o fingi?”
Mike si morse il labbro, sorpreso, e bloccò il lancio a mezz’aria.
“Nessuno lo sa”
Detto questo, completò il lancio, ma il sasso compì un balzo solo.
“Tu, invece?”
“Io? Io so solo che ho passato gli ultimi dieci anni della mia vita dentro un reparto psichiatrico. So solo che ho sempre cercato di non essere uno zombie infettato dalla massa. So solo che vedo cose che nessun’altro vede. So solo che mio padre ha avuto questo problema prima di me. So solo che è ereditario. So solo che a volte vado su di giri e deliro. So solo che le reazioni dei medici sono divertenti”
Tutti quei “so solo che” davano un tono ritmico al discorso di Mike, come se fosse una specie di poesia.
James non rispose, ma chinò leggermente il capo, scuotendo la ghiaia con un piede. Mike guardò un punto, oltre l’orizzonte, con le mani sui fianchi.
“Oh, no! Oh, no!” cominciò a dire il matto , agitandosi.
“Che c’è?”
“Gli… Lo sapevo!!! Gli uomini-uccello!!!” disse, quasi urlando in preda al terrore e indicando un punto.
James volse lo sguardo dove Mike indicava, ma non vide nulla.
“È la fine!!! È iniziata l’invasione degli uomini-uccello!! I Maya lo avevano predetto!!”
Detto questo, cominciò a correre avanti e indietro.
“Guarda che se continui così svegli tutto il motel!” tentò di dirgli Face, ma il matto era già sparito dietro la porta. James rise, prese uno dei pochi sassi piatti rimasti a terra e lo lanciò nel laghetto.
 
***
 
“Sveglia, Maddie!!” urlò Mike di prima mattina, svegliando di colpo la sorella.
“Ah, Mike! Cosa c’è?” rispose Maddie, infilando la testa sotto il cuscino.
“È Halloween!!”
La sorella gemette qualcosa da sotto il guanciale che Mike non capì.
Il matto alla fine decise di lasciarla sonnecchiare in pace e prese la piletta che lei teneva sempre sul comodino, diretto verso la camera di James, con un sorrisetto maligno in volto.
Aprì la porta. La camera era completamente buia e la vittima stava tranquillamente dormendo sul letto.
Mike si avvicinò di soppiatto e gli toccò lievemente la spalla. James gemette, ma non fece nient’altro.
Gli toccò nuovamente la spalla, questa volta più forte.
“Ah, che c’è?” disse, girando la testa verso il punto da cui veniva la mano.
Appena ebbe aperto gli occhi, Mike accese la pila, illuminandosi il viso dal basso e ululando come un matto.
James, come previsto, urlò dal grosso spavento.
Quando gli altri, sentendo le grida, sono accorsi e hanno acceso le luci, videro Face che stringeva fortemente le coperte, terrorizzato, mentre dall’altra parte Mike che quasi non si reggeva in piedi dalle risate.
“Cosa è successo?” chiese Maddie, che aveva i capelli spettinati in modo strano dal cuscino.
“Oh santo cielo! Mike, mi hai fatto venire un infarto!” ringhiò Face al matto.
“Avresti dovuto vedere la tua faccia! Era troppo divertente!” Detto questo, Mike cadde a terra e cominciò a rotolarsi ridendo follemente.
Gli altri due, Hun e Spike, non dissero nulla, un po’ perché ancora inebetiti dal sonno e un po’ perché non c’era niente da aggiungere.
 
***
 
“Benvenuti a Red Hill, ridente cittadina” annunciò Maddie alla guida del furgone, quando arrivarono.  
“Direi ‘giacente cittadina’, più che altro. Non c’è anima viva!” commentò Spike.
“Oh! Siamo in un videogioco di zombie?! Dov’è l’M60?” chiese Mike, illuminandosi.
“Piantala, scemo!” lo ammonì Spike.
La squadra si fermò davanti l’indirizzo che Eliza aveva indicato loro. Scesero tutti e si avviarono verso la porta. Hun suonò il campanello, ma non ottenne nessuna risposta.
“Signor Morrand, siamo l’A-Team. Ci manda sua sorella Eliza”.
Nessuno rispose.
“Non sarà in casa” ipotizzò James.
Hun girò la maniglia e la porta si aprì, con lo stupore di tutti. Entrarono uno alla volta, procedendo a passo lento e calcolato. L’intera casa era a soqquadro: c’erano sedie capovolte a terra e alcuni mobili avevano le ante spalancate e l’intero contenuto riversato sul pavimento.
“Che bello, facciamo gli investigatori!” disse Mike. In effetti, non aveva tutti i torti.
Hun si chinò e rovistò tra delle carte a terra. Sollevò un busta strappata, completamente vuota.
“Cercavano qualcosa e l’hanno trovato” annunciò, leggendo un lato dell’oggetto, che recava scritto a mano ‘Indagini si trf crz’
Hun si chiese che cosa volessero dire ‘trf’ e ‘crz’. Forse c’era qualcosa di più che qualche piccolo scoop…
 
***
 
“I bar sono un’ottima fonte di informazioni” disse James, entrando in un locale insieme a Hun. Gli altri sarebbero rimasti alle uscite, con le armi in mano e pronti ad intervenire non appena ce ne fosse stato il bisogno.
“Sto cercando William Morrand, lo conosce?” chiese Hun al barista. Questi lo guardò in cagnesco, strofinando nervosamente un boccale di birra già asciutto con uno straccio.
“Sei un suo parente?”
“Siamo vecchi amici”
Il barista si guardò intorno, circospetto, poi si avvicinò ai due dietro al bancone.
“Vi conviene girare al largo o finirete nei pasticci come lui” sussurrò, come per paura che lo sentissero le persone sbagliate.
“Che genere di pasticci?” chiese James, ansioso di parlare anche lui nonostante Hun gli abbia raccomandato di non farlo.
Il barista si guardò ancora intorno, come se stesse parlando di cose di cui non dovrebbe parlare.
“Sentite, non voglio che finiate come lui. Gli avevo detto di lasciar perdere, ma non mi ha ascoltato. Vi dico solo una cosa: Andatevene prima che sia troppo tardi e girate al largo dagli Scorpioni Neri”
“Gli scorpioni Neri?” Chiese Hun, che voleva saperne di più. James emise un lamento angoscioso.
Il barista fece solo un gesto agitato con la mano e posò il boccale sul bancone.
“Ascolti” Hun non voleva arrendersi “Dove possiamo trovare questi Scorpioni Neri?”
“Gli faremo un bella visitina, vero Hun?” disse James e Hun lo ricambiò con un sorriso e accese un sigaro.
Non dissero quelle parole a voce tanto alta, ma lo fu abbastanza per catturare l’attenzione di un signore vestito con uno smoking nero seduto a un tavolo vicino. Questo si alzò e li raggiunse. L’uomo dietro il bancone appena lo vide scappò da un’altra parte, fingendo di aver sentito un ordine di un cliente.
“E così voi damerini pensate di potervi mettere contro gli Scorpioni Neri per il vostro amichetto, eh?” disse l’uomo con lo smoking, estraendo una revolver.
“Oh, no, si sbaglia! Siamo solo venuti a trovare un nostro amico e, sa, non siamo pratici della zona. Abbiamo sentito che avete una cartina della cont…” Cominciò a giustificarsi James, ma fu interrotto da una gomitata di Hun. Erano lì in missione, non per fuggire a gambe levate come dei conigli.
Si sentì uno scatto metallico, ma quasi nessuno ci fece caso. Quasi.
“Hai sentito questo rumorino? È una calibro nove, carica e pronta a farti un buco nei gioielli di famiglia” disse Smith e ma l’uomo in nero non fece una piega.
Altri tre uomini vestiti alla stessa maniera si alzarono e misero in vista le loro pistole, puntate contro di loro.
“Ma io non sono il solo armato”
In quel momento Spike, Mike e Maddie entrarono nella stanza e puntarono le loro Ruger Mini 14 contro quello con lo smoking.
“Oh santo cielo!” disse il barista nascondendosi sotto il bancone.
“Nemmeno io, sai? Eh eh” disse Hun a quello che gli puntava contro la pistola.
“Non cercate di spaventarci con quei giocattoli, sappiamo benissimo che sono caricati a salve”
Hun puntò in alto e sparò un colpo, lasciando un buco sul soffitto, dopodiché la puntò contro l’uomo di fronte a sé. Questo fece un cenno anche agli altri compagni e tutti depositarono le armi a terra. James le raccolse tutte e le mise fuori dalla loro portata.
L’A-Team si avviò verso la porta per condurre gli Scorpioni Neri fuori, in una specie di piazzetta.
“Voi due rimante qui, in caso qualcosa vada storto” disse Hun a Maddie e suo fratello e Mike diede il suo mitra a James
“Dov’è William Morrand?” chiese Smith una volta fuori, serio, tirando una boccata dal sigaro.
Quello con lo smoking non rispose, ma fece un sorriso beffardo. Hun ripeté la domanda ma, non ricevendo alcuna risposta per la seconda volta, si irritò.
“Portaci dal tuo capo” disse.
In quel momento uno degli uomini in nero, fulmineo, estrasse una piccola pistola dalla giacca e sparò un colpo a Spike, che cadde a terra con lo sgomento di tutti i membri del Team. James, rapido, lo disarmò e gli tirò pure un pugno in pieno viso, un po’ incollerito per quello che aveva fatto e un po’ per debellare la sua resistenza. Sempre tenendo il mitragliatore puntato verso gli Scorpioni, si avvicinò al ferito per controllare. Spike era stato ferito di striscio al fianco, non in modo grave.
Un rumore di pneumatici catturò la loro attenzione. Hun si girò e sorrise: era un’auto della polizia.
Dalla vettura scesero quattro poliziotti, tra cui lo sceriffo e il suo vice.
“Arriva giusto in tempo per arrestarle questi delinquenti” disse Hun.
“Gli Scorpioni Neri, famosi trafficanti di armi e sostanze illegali” aggiunse James, trascinando Spike verso un muretto che costeggiava la piazza.
“Lo so” disse lo sceriffo “io ne sono il capo”
Mike e Maddie osservarono impotenti la polizia arrestare i loro amici e lasciare lì il ferito come se fosse un peso morto.
 
***
 
“Ma hai portato tutto l’ospedale?” esclamò Mike vedendo Maddie prendere un’enorme valigetta del pronto soccorso.
“Speravo non ce ne fosse stato bisogno”
I due fratelli adagiarono Spike sul furgone, dove mancava il sesto posto, facendolo sdraiare con la schiena lievemente appoggiata sui portelloni posteriori. Quando lo posarono a terra, il ferito emise un lamento stozzato, ma niente di più. Non bastava una brutta ferita, ma aveva pure battuto la testa.
Mike si tolse la giacca a vento rossa e la piegò a mo’ di cuscino, per poi metterla sotto la testa di Spike.
“Ce la farai a curarlo?” chiese il fratello, parlando piano.
“Mike, sono una veterinaria!”
“Hai mai curato un gorilla? Più o meno è la stessa cosa”
Spike, semicosciente, bofonchiò qualcosa. Avrebbe voluto fargliela pagare, ma era troppo debole.
“Posso medicargli la ferita, ma non aspettarti miracoli”
Mike osservò la sorella armeggiare con svariati ‘attrezzi da medico ’ mangiucchiandosi nervosamente le unghie, mentre al di fuori il cielo si tingeva di arancione.
 
***
 
Mike si stava contorcendo in modo strano, le ginocchia sul sedile e cercando di passare per lo spazio troppo stretto che c’era con lamiera del furgone, agitando disperatamente il braccio per prendere uno zainetto lì dietro. Quando finalmente riuscì nel suo intento, gioì e tirò fuori il contenuto.
“Ma cosa stai facendo?” chiese Maddie dal sedile del guidatore, staccando per un attimo gli occhi dal libro che stava leggendo. Vide Mike vestito in modo molto strano: oltre ai pantaloni color panna, aveva una mantellina mimetica dello stesso colore più il bianco e il grigio, con tanto di cappuccio e maschera della medesima trama. Il tutto era coronato da un grembiule da cuoco con tanto di scritta “Home sweet home”.
“Vado in ricognizione” rispose l’altro, con un tono di uno che stava giocando al militare.
“E ci vai vestito in quel modo? Passerai sicuramenteinosservato” disse ironicamente Maddie.
“Il mimetismo è tutto, non a caso mi chiamano ‘il fantasma della casa’”
Spike aprì un occhio e ridacchiò silenziosamente. Lo scemo era proprio matto.
“È Halloween, Maddie” disse Mike, prima di chiudere la porta del furgone.
La ragazza scosse la testa e sorrise. Dopodiché, ritornò al suo libro mentre Spike riprese a sonnecchiare.
Mike si allontanò rapidamente dal furgone, parcheggiato in un posto sicuro dopo quello che era successo in piazza. Raggiunse un gruppetto di case e provvide a seguire la linea del muro, come un ninja in azione. L’intero quartiere subiva visibilmente l’influenza di Halloween: non c’era posto senza una zucca-lanterna, scheletri finti appesi, streghe di stoffa, ragnatele sintetiche con ragni di plastica.
Inciampò in qualcosa di morbido e cadde lungo disteso a terra. Imprecò e si girò a guardare quale oscura minaccia ha osato ostacolare il suo cammino. Prese in mano qualcosa di lungo e flessibile. Lo avvicinò agli occhi per vedere cosa fosse, ma quando lo scoprì la gettò a terra inorridito.
“Maledette serpi in gomma” disse fra sé e sé “Sono persino più pericolose di quelle vive”
Detto questo, continuò il suo cammino verso l’ufficio dello sceriffo, un po’ seccato per il suo spiacevole incontro ma non del tutto privato della magia del personaggio che impersonava.
Una coppia di poliziotti attraversò lo stesso vicolo che Mike stava percorrendo. Il matto si appiattì sul muro, sperando che il suo travestimento funzioni.
“… E poi c’era quello con il giubbotto rosso e i capelli sparati per aria, giusto?” disse il primo poliziotto.
Mike trasalì. Stavano parlando di uno uguale a lui. Aveva forse un gemello cattivo? Un alter-ego venuto da chissà quale continuum spazio-temporale? O forse era una terribile coincidenza?
“Sì, quel mezzo matto e la ragazza. Per quell’altro, quello ferito, non c’è pericolo. Pensa, ci hanno detto di setacciare anche tutta la contea se necessario!”
Poi i due poliziotti girarono l’angolo e Mike continuò per la sua strada, col cuore in gola.
 
***
 
James andava avanti e indietro freneticamente lungo tutta la cella. Hun lo osservava da sdraiato sul letto, contando i giri che Face faceva per addormentarsi. Ma non ci riusciva. Nessuno dei due ci riusciva. Nemmeno l’altro carcerato, anch’egli steso su una brandina, non riusciva a dormire a causa del rumore frenetico dei passi.
I due membri del Team avevano ancora l’immagine di Spike che cadeva a terra, ferito. Hun, in  un certo senso, si sentiva in colpa: avrebbe dovuto farli perquisire e non limitarsi solamente a prendere le armi che già avevano tirato fuori.
“Psst!” sussurrò una voce dall’unica finestra della stanza, posta un po’ in alto e attraversata dalle sbarre.
Hun e James si voltarono e guardarono la strana maschera da Hockey che affiorava da dietro le corte sbarre della finestra.
“Cos’è, uno scherzo?” disse James, che di sorprese ne aveva già abbastanza.
Mike si tirò su la maschera, sorridendo compiaciuto.
“Mike!! Come sta Spike?”
“È un po’ sbattuto come un uovo, ma se la caverà, il ragazzone!”
“La polizia vi sta cercando ovunque” lo avvisò Hun.
“Lo sappiamo, Maddie ha spostato il furgone poco fuori città. Eh? Non mi avete presentato il vostro amichetto!”
“Mike, ti presento William Morrand” disse Hun, presentando il terzo uomo nella cella.
“Piacere” rispose questi “Quindi, voi siete quelli che mi dovrebbero salvare?”
“Il Nuovo A-Team al vostro servizio!” disse Mike “Ora perdonatemi, devo fare rapporto al Campo Base”
Detto questo, scomparve.
“Ma cosa si è bevuto?” chiese scettico William, appoggiandosi a un gomito.
“Nulla. È solamente… matto” rispose James.
“Ah… perfetto!” disse William, lasciandosi cadere sulla brandina.
 
***
 
Mike si nascondeva per bene dietro a una finestra, badando a non farsi vedere. Voleva scattare qualche foto-ricordo dell’ufficio prima di tornare indietro. Arrivarono lo sceriffo e uno vestito con uno smoking nero e cominciarono a parlare di contrabbandi, merce illegale e le somme da dividere.
Mike tirò fuori il registratore che sua sorella gli aveva dato e lo appoggiò vicino alla finestra, dopodiché tirò fuori una macchinetta fotografica digitale e cominciò a scattare qualche foto ai due, ovviamente senza flash. Quando i due nell’ufficio ebbero finito di parlare, Mike fermò la registrazione e riprese tutto il suo materiale.
“Missione compiuta!” esclamò sottovoce avviandosi verso il furgone.
 
***
 
Maddie stava leggendo tranquillamente il suo libro quando sentì un rumore di passi vicino al furgone. Insospettita, cercò la fonte del rumore, rimanendo col fiato sospeso, aspettandosi di tutto.
Il portellone del furgone si aprì e Mike fece capolino col suo buffo travestimento.
“Dolcetto o scherzetto?” Chiese, senza però aspettarsi una risposta.
“Mike! Hai fatto?”
L’altro tirò fuori il registratore e la macchinetta fotografica, sorridendo.
“Hun, James e il nostro caro amico William sono nella prima cella e con quello che ho raccolto quei malviventi saranno più inchiodati di una scultura di chiodi”
“Non esistono sculture di chiodi, scemo!” esclamò Spike dal suo angolo.
“Ah, Spike! Vedo che stai meglio”
“No, è che mi ero stufato di dormire”
“Sì, sta meglio” disse Maddie, abbozzando un sorriso e mettendo un segnalibro sul volumetto, per poi chiuderlo.
“Allora” cominciò la ragazza “Ci serve un piano di emergenza. Qualche idea?”
“È compito di Hun inventare piani, non mio!” obiettò Mike.
“Il matto ha ragione. Non abbiamo mai fatto un piano prima d’ora e siamo n solo in tre contro un intero corpo di polizia”
“Due, Spike. Due. Tu rimani qui”
“No! Spike Baracus non si tira mai indietro nel momento del bisogno!”
Mike guardava a turno l’uno e l’altra, indeciso su chi dare ragione o semplicemente senza sapere cosa dire o pensare. Ad un ceto punto si illuminò.
“Ehi, mi è venuta un’idea geniale”
 
***
 
Il vicesceriffo se ne stava appoggiato davanti alla porta dell’ufficio, come se stesse facendo la guardia.
Ma più che stare vigile e attento sembrava si stesse addormentando in piedi.
“Ehi!” fece una voce poco lontano. Il poliziotto alzò lo sguardo e vide uno tipo vestito con una strana mimetica, completo di mantellina. Sbatté più volte gli occhi, credendo che la stanchezza gli stesse giocando brutti scherzi.
“Sto dicendo a te! Sono il fantasma della casa, pronto a darti qualche legnata!”
L’altro corrugò la fronte, ancora più convinto di avere bisogno di farsi un caffè.
“Vieni qui, se hai coraggio! O sei un… polloccio?”
Detto questo, lo strano damerino con la mimetica cominciò a girare intorno imitando un pollo.
Il vicesceriffo si arrabbiò, prese la sua pistola e cominciò a sparare a caso, in direzione del mezzo matto vestito di bianco, ma a causa della stanchezza e dei movimenti rapidi dell’altro nemmeno un colpo andò a segno.
“alé!” disse Mike, che ora aveva la maschera sopra la testa e la mantellina in mano, come un matador.
Scaricata la pistola, il poliziotto si avventò contro l’altro, ma fu atterrato e legato come un salame nel giro di poco tempo.
“Gracias, muchas gracias señores!” esclamò il matto, inchinandosi verso un pubblico invisibile.
Maddie approfittò della confusione per entrare nell’ufficio. Vicino alle celle c’era lo sceriffo che russava pacificamente. La ragazza tirò fuori una boccetta e bagnò un fazzoletto con del liquido. Si avvicinò di soppiatto dietro al bello addormentato e cercò di rubare il mazzetto di chiavi dalla tasca. Come previsto, lo sceriffo si svegliò di colpo tentando di capire cosa stesse succedendo, ma Maddie gli mise il fazzoletto inumidito in modo da coprirgli il naso e lo sceriffo ricadde sulla sua sedia, ricominciando a russare.
Maddie mise via il fazzoletto e prese tranquillamente le chiavi.
“Cloroformio?” chiese sorpreso James, che aveva assistito silenziosamente alla scena, insieme a Hun e William.
“Sì” rispose lei, aprendo la porta della cella.
“Ma ti porti sempre via tutte queste cose strane? Insomma, quanta altra roba inutile hai portato?”
“Beh, in questo caso è stato utilissimo, James!” fece notare Hun.
“Sono molto previdente”
Con queste tre parole Maddie chiuse il discorso e fece cenno agli altri di raggiungere la stanza che dava all’uscita.
“Ho interrotto una riunione di famiglia?” chiese Mike, che stava entrando dalla porta.
“Non sono colori a tempera, questi?” chiese James prendendo in mano un lembo della mantellina di Mike, che però se lo riprese come fosse d’oro.
“Vi stanno cercando dappertutto, come faremo a sapere se la via è libera?” notò giustamente William.
Mike tirò fuori un walkie-talkie.
“Fantasma del furgone, ci sei?”
“Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo, brutto scemo!” ringhiò Spike dall’altra parte del ricevitore.
“Vedo che Spike si è ripreso bene!” disse James.
“Veramente no” rispose Maddie “Perde ancora sangue e se ha ancora la forza di fare battute è solo grazie al suo fisico. Se non lo portiamo subito in ospedale, potrebbe finire… male”
Questa ultima notizia gettò una nota d’ombra su tutti i presenti.
 
***
 
“E poi arriva questa qui con il cloroformio e stende di botto lo sceriffo” raccontò William da dentro la stanza dell’ospedale dove era ricoverato Spike. Oltre a loro due c’erano tutto il nuovo A-Team, Jack Morrand e la figlia Eliza. L’infermiera del reparto aveva protestato più volte, dicendo che c’era troppa gente lì dentro, ma fu sempre messa a tacere dalla chiacchiere di James.
“Poi siamo partiti e, una volta attraversato il confine della contea, Mike e Hun hanno portato Spike in ospedale mentre William e James hanno consegnato una copia dei file a uno sceriffo non-corrotto” continuò Maddie.
“Lo scemo era veramente ridicolo con costume mimetico!” aggiunse Spike, ridendo.
“Ehi!” protestò Mike.
James si avvicinò a Eliza e Jack, mentre gli altri continuavano a parlare.
“Tenete” disse porgendo loro una mazzetta di dollari.
“Cosa…?” disse Eliza, non capendo il perché.
“Tra viaggio, motel, affitto dei membri, spese mediche e materiale vario abbiamo speso meno della metà. Per cui, ecco il resto”
I due clienti non sapevano cosa dire, si limitarono solo a ringraziare per l’aiuto.
“Ehilà!” disse una voce alla porta e P.E. Baracus entrò con un bicchiere di latte per ciascuno, su un vassoio.
“Chi vuole del latte?” chiese, con la sua voce un po’ roca, resa un po’ più cupa dall’età.
Tutti si avventarono sul vassoio, prendendo ognuno il suo bicchiere.
“Ha! Grande Papi!” disse Spike, con i baffi bianchi lasciati dal latte dopo un lungo sorso.
  
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