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Autore: OldMilk    31/10/2012    3 recensioni
Zacky aveva deciso che era meglio lasciarmi dormire al freddo e al gelo, piuttosto che invitarmi ad andare nella stanza degli ospiti. Le ossa mi dolevano e la testa minacciava di esplodere da un momento all'altro. Dovevo ammettere che io e quello strano ragazzo non eravamo proprio amici da quando gli avevo soffiato il posto da chitarrista solista all'interno del gruppo, ma pensavo che ormai, dopo tutto quel tempo, le acque si fossero un pochino calmate. Mi ritrovavo spesso in conflitto durante le prove, infatti mi era parso strano che mi avesse tenuto li a dormire, ma non volli farci caso in modo particolare. Rientrò nel piccolo salotto dopo qualche minuto tenendo in mano una tazza di caffè. Ripeto, UNA tazza di caffè.
[Synaky]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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The only thing I ask of you is to hold his when I'm not around.
When everything feels like the movies.



Avevo passato l'intera nottata dormendo profondamente, la mano di quel ragazzo ancora ben stretta nella mia e i suoi capelli a contatto con la mia fronte. Non saprei definire bene cosa mi avesse svegliato quella mattina, so solo che sentii un bruciore allucinante all'altezza della nuca.
Aprii gli occhi di scatto, massaggiandomi il collo, ma cosa diavolo stava succedendo?  Sentii un'altra fitta dolorosa arrivare dopo poco sempre nello stesso punto.
«Oh.. ma che cazzo!» urlai, tirandomi in piedi.
Misi a fuoco la stanza illuminata dai raggi del sole. Il pavimento di marmo freddo, le pareti rovinate e lui, rannicchiato nell'angolo del letto che mi guardava con due occhi omicidi. Ok, dovevo ammettere che pensavo mi sarei svegliato prima di lui, ma così non era stato. Faceva scorrere il suo sguardo dalla sua mano alla mia faccia e viceversa. Aveva i capelli completamente scompigliati, il petto nudo si alzava ed abbassava al ritmo regolare del suo respiro e la forma delle ossa si intravedeva sulle sue spalle gracili.
«Tu» iniziò, alzandosi in piedi e venendo verso di me a passo spedito «Cosa cazzo stavi facendo??» mi diede uno spintone, facendomi finire addosso al muro. Non reagii, non volevo.
«Nulla, Matt voleva solo che qualcuno rimanesse qua con te»
«Stronzate!» urlò, tirando un pugno con la mano buona sul muro, proprio accanto alla mia testa. Non mi aveva colpito, non aveva voluto farlo. Il silenzio calò su quella stanza in poco meno di qualche secondo, facendoci prendere fiato ad entrambi. Aveva lo sguardo basso, avvilito in un certo senso.
«Sei la persona che odio di più al mondo» sussurrò, continuando a guardarsi la punta dei piedi. Indossava solamente quei pantaloni grigi della tuta con cui aveva dormito e aveva i muscoli del braccio tesi, con la mano chiusa a pugno ancora accanto alla mia testa. Sollevò lo sguardo verso di me, era carico di odio e.. lacrime. Non uscivano da quegli occhi ormai stanchi, ma se ne stavano sull'orlo, premendo per riversarsi sul viso scarno.
«Zack..» cominciai.
«Lascia stare, non dire nulla» sibilò, lasciandosi scivolare per terra.
Mi abbassai con lui. Aveva le braccia che gli ricadevano lungo il busto, lo sguardo basso coperto dai capelli che aveva sulla fronte. Allungai un braccio nella sua direzione, appoggiando la mano sulla sua spalla. Sentii la forma dell'incavo del suo collo quando lo presi senza forza, facendo aderire il suo volto sul mio petto. Lo avvolsi in un abbraccio, sperando che non mi picchiasse ancora. In risposta udii un singhiozzo, appena accennato, soffocare nella mia maglietta scura, per poi aumentare di intensità. Le sue mani si aggrapparono con forza alle maniche e sentii distintamente lacrime calde iniziare ad inzupparmi il petto. Lo strinsi più forte, mentre lo lasciavo sfogare in un pianto liberatorio.
«Scusami» disse, piangendo «Scusami se ti odio» e pianse ancora.


Matthew si lasciò scivolare pesantemente sul divano, osservando la mia figura in piedi davanti a lui. Come sempre, il salotto di casa Sanders mi lasciava trapelare una tranquillità inaudita. Alzò gli occhi verdi su di me, incrociando le mani.
«Cosa è successo?» domandò, mentre mi lasciavo cadere sulla poltrona accanto al caminetto acceso.
«Nulla, è scoppiato a piangere, dicendo che mi odia e.. chiedendomi scusa» mi limitai a voltare lo sguardo verso la finestra, osservando il cielo terso di fine Novembre.
«Capisco» chiuse gli occhi, mettendosi a riflettere qualche momento, dopodichè si alzò, sistemando i ceppi del fuoco «Credo che sarà meglio non provare questa settimana, magari stasera usciamo tutti insieme a prendere qualcosa da bere al Johnny's e vediamo come procede la situazione.. Credo che stia cominciando a cedere» si risedette, composto.
«Cedere?» domandai, curioso.
«Questa sua facciata è tutta una finta, si vede lontano un miglio che dentro ha una bomba pronta ad esplodere.. ed è quello che sta cominciando ad accadere, quando sarà pronto ti tratterà come tutti noi.. Per il momento non sentirti in colpa, tu gli stai solo facendo del bene»
Feci per dire qualcosa, ma una bambina di cinque anni fece capolino dalla porta del salotto con la sua chioma bionda, guardandoci curiosa.
«Zio Matt» sussurrò, intimorita da me.
Matthew si voltò, sorridendo «Ehi Grace, arrivo tra un momento! Torna pure in camera a giocare, e prepara un bel tè per le tue bambole, sarò felice di prenderlo con loro»
La piccola fece un sorrisone, scomparendo oltre la porta. Io scoppiai in una sonora risata, tenendomi le mani sulla pancia.
«Sarò felice di prenderlo con loro.. ahahah.. oddio Matt sei esilarante»
Matthew si alzò, scoppiando a ridere «Fuori da casa mia Gates, ho da fare con delle signore di là»
E sotto le nostre risate lo salutai, asserendo che ci saremmo visti quella sera.



Il Johnny's era semi deserto quella sera. Probabilmente l'acquazzone che era arrivato quel pomeriggio aveva fatto desistere tutti dall'intento di mettere piede fuori di casa. Tutti tranne noi, che ormai ce ne stavamo beatamente stravaccati su quei divanetti in pelle da più di mezz'ora, sorseggiando le nostre birre scure. Attorno a quel tavolo sembravamo un gruppo di matti, ma noi sapevamo benissimo di essere una personalissima famiglia, ma non una di quelle composte e perfette, piuttosto una di quelle con parecchi problemi, in cui i componenti si sostengono, nonostante le numerose litigate. Zachary appoggiò la birra sul bancone, osservandomi di sbieco. Non riuscivo ad inquadrare il suo comportamento quella sera. Appena voltai lo sguardo nella sua direzione lo vidi girarsi immediatamente, mettendosi a parlare con Johnny.
«Vado fuori a fumare una sigaretta» dissi alzandomi, afferrando il pacchetto di Marlboro che avevo lasciato sul tavolo. Matthew scosse la testa, era contro il fumo.
«Come vuoi Gates, ci vediamo tra poco» e mi fece un cenno con la mano.
La pioggia cadeva copiosa, sbattendo violentemente contro l'asfalto della strada. Il rumore dell'oceano era udibile sin li, nonostante fossimo abbastanza distanti dalla riva. Estrassi una sigaretta, portandomela alla bocca, per poi mettere le mani nelle tasche dei jeans, cercando l'accendino.
«Cazzo» sussurrai, dovevo averlo lasciato sul tavolo.
«Stai cercando questo?» La voce di Zachary, così fredda e tagliente, mi arrivò all'orecchio in pochissimo tempo, facendomi rabbrividire un attimo.
«Si, grazie» mi voltai, prendendo l'accendino dalla sua mano. Lo avevo davvero vicino, sentivo il suo respiro sul mio viso e notai distintamente ogni più piccola sfumatura delle sue iridi chiare. La sua mano si posò sulla mia, cominciando poi a risalire lungo il braccio. Seguì la spalla e il collo, afferrando poi la sigaretta dalle mie labbra. La lasciò scivolare a terra, dentro ad una pozzanghera. Posò una mano sul mio petto, facendomi indietreggiare leggermente. Sentii il freddo del muro di mattoni sulla mia schiena, mentre Zachary mi sussurrava un «E' questo quello che hai fatto ieri sera, no?» e sorrise sul mio orecchio «Non è poi così male»
Avevo il suo corpo completamente incollato al mio, lo sentivo perfettamente mentre con la punta del naso mi sfiorava il collo. Spostò con la mano buona il colletto della mia maglietta, iniziando a lasciare piccoli baci sul lembo di pelle scoperto, facendomi chiudere gli occhi. Salì lentamente, torturandomi, finchè non mi lasciò andare, sfiorando le mie labbra con la punta delle dita, soffiando un leggero e flebile «Muoviti a fumare, Matthew vuole parlare a tutti quanti» e sparì, lasciandomi li fuori con il cuore che martellava così pesantemente da sembrare voler uscire dal petto. Sentivo le guance in fiamme. Merda.


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Ehm, eccomi qui! :)
Spero ne sia uscito qualcosa di buono, ma non ne sono così convinta :D
Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno recensito la scorsa volta (grazie mille davvero, mi rendete la persona più felice di questa terra) e tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite!
Al prossimo capitolo :)
OldMilk.

  
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