Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Domino_Tabby_    01/11/2012    3 recensioni
Una semplice ragazza compare alla magione Phantomhive, salvata dal maggiordomo Sebastian.
Questo nuovo membro della servitù cambierà la vita ai personaggi?
Rieccomi (purtroppo) con una nuova fic...ora potete disperarvi.
"Non piansi, era inutile.Avevo sprecato le mie lacrime troppe volte.
Le preghiere non bastavano per sopravvivere."
***
"Nessuno mi può capire perché nessuno ha mai provato.
Io sono un rifiuto lasciato sul ciglio della strada, calpestato da tutti e ignorato.
Una cartina che aspetta il giorno in cui il vento la spazzerà via."
***
Spero di avervi incuriosito,
Adieu Chers Lecteurs!
-Tappy
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, rieccomi. Prima di tutto vorrei dire che questo capitolo l'ho letto mentre ascoltavo il Soundtrack di Black Butler che metterò a fine pagina, per chi volesse leggerlo ascoltandolo.
A voi la Storia:




Un rifiuto, ecco come mi sentivo.

Giacevo inerme sul ciglio della strada, sporca e affamata, aspettando nient' altro che la morte, così a porre fine alle mie sofferenze eterne.

 

Mi chiamo Charlotte, un nome piuttosto nobile per una del mio rango.

Faccio, o forse dovrei dire facevo, parte di una famiglia composta da una madre e cinque figli, compresa io.

Si gioiva quando mia mamma riusciva a portare a casa soltanto una mera pagnotta vecchia e secca.

 

Sono cresciuta troppo in fretta, badando ai miei fratelli minori, che poi quando sono cresciuti mi hanno lasciato sola.

 

Mary è diventata pure servitrice di un ricco mercante” pensai.

Io invece ero finita sulla strada.

 

Non volevo fare la fine di mia madre, vedova, che per lottare la fame doveva vendere il suo corpo a uomini sconosciuti.

 

Non lo farò mai.”

Mi rannicchiai a terra, nell'oscurità, coprendomi il viso e cercando di spazzare via il rimorso e la disperazione.

 

Da quanto non mangiavo? Giorni?

 

Non piansi, era inutile. Avevo sprecato le mie lacrime troppe volte.

Le preghiere non bastavano per sopravvivere.

 

Odiavo la notte, odiavo il buio: non sai cosa ci puoi trovare dentro.

 

Sentii qualcosa di bagnato picchiettarmi la guancia, proprio sopra ad un taglio che mi ero fatta in qualche modo.

Ero piena di ferite in tutto il corpo.

 

Incurante della pioggia non mi mossi per cercare un rifugio.

 

Aspettavo la morte, che sembrava osservarmi dall'alto e ridere alla vista di una povera ragazza che si rovina la vita.

 

Avrei voluto prendere un pugnale e conficcarmelo nel petto, almeno avrei posto fine alle mie sofferenze.

 

Nessuno mi può capire perché nessuno ha mai provato.

Io sono un rifiuto lasciato sul ciglio della strada, calpestato da tutti e ignorato.

Una cartina che aspetta il giorno in cui il vento la spazzerà via.

 

Sono così fragili gli esseri umani.”

 

Chiusi gli occhi blu, nella speranza che il mio cuore si fermasse nel sonno.

 

Non badai alla carrozza che si fermò davanti a me, non badai all'uomo che ne uscì, non badai quando si avvicinò e mi fissò intensamente.

 

Non badai.

 

Magari mi avrebbe lanciato un penny o mi avrebbe insultato, o meglio ancora, mi avrebbe preso a calci ...ma non mi importava.

 

Lanciai un' occhiata al signore.

Aveva i capelli corvini e degli occhi color rubino.

Il nero con cui era vestito sembrava confondersi con quello delle tenebre.

 

-Mi scusi se la disturbo, volevo porle una domanda.- la sua voce era di un tono così gradevole che quasi mi addormentai cullata dal suo suono.

 

Anche lui non sembrava preoccuparsi della pioggia che gli appiccicava i capelli alla fronte.

 

Mi misi a sedere, gli occhi rivolti verso il cielo.

Di certo non si sentiva tutti i giorni che un passante si metteva a parlare con una stracciona.

 

-Mi dica pure, tanto ormai è la mia fine qui.- ridacchiai, stanca.

 

-Perché vuole marcire in questo posto?-

Sobbalzai.

 

Chi è lei?” avrei voluto urlargli, se avessi avuto almeno un briciolo di forza.

 

Per un istante i nostri occhi si incrociarono ed io arrossii.

-Io non ho un lavoro, non ho una famiglia, non ho una casa. Non credo di essere degna di vivere in questo mondo.- sussurrai abbassando gli occhi.

 

L'uomo mi tese la mano coperta dal guanto.

Sfoggiò un sorriso ammaliante che mi fece venire la pelle d'oca.

I ritratti del suo viso erano così...perfetti.

 

-Le andrebbe di diventare la cameriera della casa Phantomhive? Avrete alloggio, cibo ed uniforme gratuito.-

 

Una proposta di lavoro nel bel mezzo della notte da un perfetto sconosciuto vestito di nero.

 

-Io non so fare niente.- dissi alzandomi in piedi.

Lui si portò un mano al mento e rise lievemente.

 

-Tutti hanno una dote.-

 

Non so perché, ma accettai, forse perché ero frastornata e stanca.

Quell'uomo era la mia unica salvezza dalle grinfie malefiche del mondo.

 

Senza farsi problemi mi caricò sulla carrozza, aiutandomi a salire.

I sedili erano così comodi che mi sembrava di essere seduta su un letto di piume.

 

-Non mi ha ancora detto il suo nome.-

 

-Io sono il maggiordomo del conte Phantomhive, Sebastian Michaelis.-

 

Quelle parole mi ronzarono in testa.

-Wilkinson, Charlotte Wilkinson.- dissi socchiudendo gli occhi.

-Non mi menta, signore, lei chi è veramente?Un inviato della regina?-

 

Lui scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli neri come l'inchiostro.

 

-Sono solo un mero maggiordomo.-

 

Non ricordai più nulla perché sprofondai in un sonno profondo come gli abissi del mare, cullata da quella voce cristallina.

 

-***-

 

 

Un torpore piacevole teneva il mio corpo avvolto con dolcezza.

Le ferite sembravano stare meglio.

 

Dormivo beatamente in un letto caldo e confortevole.

Mi rigirai tra le coperte, stropicciandomi gli occhi.

 

Tossii un paio di volte, guardandomi intorno, ancora quasi assopita.

Ero in una stanza con un letto singolo .

Al lato c'era una scrivania ed un armadio in legno.

 

Non era molto grande ma per me, che ero abituata a spazi piccoli e angusti sembrò di essere in paradiso.

 

In fondo alla cameretta ardeva della legna in un minuto caminetto. Dopo un po' ricordai tutto.

 

Ero scesa dalla carrozza insieme al signor Sebastian, che mi aveva portato in quella camera.

Poi ebbi una fitta alle tempie e...buio totale.

 

Probabilmente erano le ferite.” pensai mettendomi a sedere.

I miei capelli marrone chiaro erano sciolti e addosso avevo una camicia da notte bianca.

 

Chi mi ha cambiata...?”

 

-Si è svegliata, finalmente.- mi soffiò in un orecchio una voce soave.

 

Mi girai di scatto, trovandomi faccia a faccia con il maggiordomo vestito di nero, che aveva piantato gli occhi rossi nei miei.

 

-M-mi scusi, io...- balbettai cercando di alzarmi dal letto.

Fu come se fossi stata trapassata da mille lame.

 

Feci un gemito mentre l'uomo mi rimboccava le coperte, mettendomi distesa.

 

-Le sue ferite sono gravi. Inizierà i lavori appena saranno guarite. Il mio padroncino non tollera che i servi lavorino in condizioni discutibili.-

 

P-padroncino?” annuii, con una smorfia di dolore.

Sebastian portò la mano destra alla bocca, sfilandosi il guanto candido.

 

Si sedette sul bordo del letto e mise la mano prima sulla mia fronte.

 

Arrossii violentemente, mentre il mio cuore batteva all'impazzata.

Quando mi tastò il collo rabbrividii.

 

-Mmh..mi sembra proprio che abbia la febbre..- dichiarò alzandosi e infilandosi il guanto.

 

Boccheggiai in modo buffo, fintanto il maggiordomo si porto una mano alle labbra e ridacchiò.

 

-Si riposi.- sussurrò prima di andarsene, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

Io annuii, sapendo perfettamente che l'uomo non mi aveva visto.

 

Dove sono finita?”



SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti. Spero il capitolo vi sia piaciuto. Siccome ho già in corso molte fanfiction (che vi invito a leggere e recensire se volete.) credo che aggiornerò poco frequentemente.
-Tappy


 

Soundtrack:

http://www.youtube.com/watch?v=WYa8t6kh4OA

  
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