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Autore: black 91    17/05/2007    8 recensioni
Eccomi con la mia seconda ff!!! Non voglio anticiparvi molto, vi dico solo che parla di una ragazza un po' chiusa che deve fare i conti con la vita di campagna dopo aver vissuto in città 16 anni della sua vita. Lo so, detta così non fa molto effetto, ma provate a leggere il prologo, è corto, non vi costa nulla, lasciatemi anche una piccola recensione, tutti quanti quelli che si prendono la briga di leggere, così mi renderò conto se vale la pena continuarla. Vi dico anche che non mancheranno i colpi di scena, parla anche di una cosa che piace a tutti: la musica, eggià. Vi ho incuriosito? Aspetto le vostre recensioni! Kissoni!!!
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten, Nuovo personaggio, Trunks
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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zoe

Inseguendo un sogno

 

 

 

PROLOGO

 

Era buio.

Una villa enorme, tutte le luci erano accese, tutte tranne una.

Colei che si muoveva nell’oscurità della stanza sapeva bene che cosa fare, lo aveva architettato da molto tempo ormai, troppi scandali, troppe incomprensioni, era impossibile vivere soffocati da tutta quella gente che andava e veniva quotidianamente.

Lo zaino era pronto, non c’era tutto, giusto il minimo indispensabile e qualche soldo, non se ne sarebbe accorto nessuno. Aveva lasciato un biglietto sulla scrivania: “vado da papà, non cercarmi. Saori”.

Aprì l’armadio e tirò fuori tutte le sue lenzuola e le legò una dopo l’altra facendo diventare la sua opera lunga quanto bastava, l’aveva visto fare in alcuni film, di solito funzionava.

Buttò la fila di lenzuoli giù dalla finestra, nell’aprirla venne investita dalla leggera brezza d’inizio Settembre, sospirò, era l’ultima volta che vedeva quel panorama, che era stato negli ultimi anni la sua unica fonte di conforto, c’erano mille luci colorate appartenenti alle insegne dei bar e locali della grande metropoli in cui abitava, le scese una lacrima, l’ultima goccia di malinconia se ne stava andando, la stava lasciando in quella casa troppo grande per una ragazza come lei, salutò le sue luci e si girò per legare un’estremità dell’ultimo lenzuolo al letto su cui non avrebbe mai più dormito.

Fece tre saldi nodi, no, quattro è meglio, per stare sicuri, poi si mise lo zaino in spalla e buttò la lunga corda di coperte dalla finestra, erano giuste giuste, poi si mise degli occhiali da sole nerissimi e un cappello che racchiudeva tutti i capelli, non doveva assolutamente farsi riconoscere da nessuno. Dopo ciò si aggrappò alla corda da lei fatta e cominciò a scendere dalla finestra, passo dopo passo la tensione aumentava, anche perché i nodi si stavano sciogliendo, mancava poco quando:

-porca…-.

Non disse altro, il volo fu breve, cadde di sedere, in quel momento invidiò con tutta se stessa i gatti e la loro innata abilità di cadere sempre in piedi.

Rimase con in mano un lenzuolo che buttò a terra e cominciò a correre a perdifiato per quel cortile che conosceva molto bene, era riuscita a non farsi vedere dai sorveglianti, ora si trovava davanti ad un muro, oltre il quale c’era la libertà, lei conosceva un passaggio nascosto da un cespuglio, lo aveva creato lei anni prima, ma non si era mai decisa ad usarlo, fino a quella notte.

Passò attraverso la muraglia e si trovò in strada, ricominciò a correre verso la fermata più vicina, una volta lì aspettò il pullman, con lei c’erano dei loschi individui ubriachi che ridevano per ogni cazzata che sparavano, li guardò con disgusto, uno di quelli si avvicinò:

-ciao ragazzina… ti va di divertirti insieme a noi?- aveva l’alito che odorava di tutte le porcherie possibili e immaginabili e una voce per niente rassicurante.

-toccami e te ne pentirai- lei era impassibile, era abituata a gente simile.

-ma davvero?- disse lui toccandole la spalla col dito, la ragazza fece una mossa fulminea,  gli infilò il gomito in pancia, facendolo cadere sul marciapiede, dolorante.

Poco dopo arrivò il bus e ci salì da sola, finalmente.

Era l’unica sul mezzo, si sedette all’ultimo posto, non voleva altri contatti con persone.

-dove ti porto ragazzina?- chiese il guidatore assonnato.

-in stazione… ho l’abbonamento- rispose lei.

Guardò fuori dal finestrino, quelle stesse luci che vedeva dalla sua stanza, da vicino facevano tutto un altro effetto, erano meno rassicuranti, forse era per i barboni che vi sostavano perennemente fuori? Non ci credeva nemmeno lei, non avrebbe più rivisto quei posti, non ci sarebbe mai più tornata, la vita di città non faceva per lei, era troppo stressante, troppo piena di gente e lei aveva bisogno di tranquillità.

Il pullman la scaricò davanti alla stazione, entrata dentro le sembrò di essere sotto a milioni di riflettori, socchiuse gli occhi nonostante gli occhiali scurissimi.

Andò in biglietteria e chiese un biglietto di sola andata per un paesino lontano, poi si diresse verso il suo binario, decise finalmente di accendere il suo mp3 e mettersi le cuffie.

Il treno arrivò dopo qualche minuto e lei salì, trovandosi un posto in uno compartimento da sola, non voleva contatti con nessuno.

Puntò la sveglia del suo cellulare per le dieci del mattino, non doveva perdere la fermata.

Erano ormai le undici di sera, le si chiudevano gli occhi, così si sdraiò sul sedile tutto per lei e si addormentò cullata dalla sua musica.

Passarono le ore, l’mp3 si scaricò, la luce entrava nello scompartimento furtiva, come se volesse far svegliare lei, ma non bastava così poco per farla tirare su, ma dopo poco la sveglia del telefono suonò facendola sobbalzare.

-maledetta sveglia… ti imbavaglio subito- detto ciò la fece smettere di suonare, mentre dormiva le si era tolto il cappello e le era caduto a terra, era proprio sotto il sedile, la ragazza lo raccolse di malavoglia e poi si ravvivò un po’ i capelli corvini lunghi fino alle scapole.

-chissà dove sono…- si disse ad alta voce.

Si diede della pazza, come poteva parlare da sola? Ma non era da biasimare, non era una gran chiacchierona, ma una parolina di tanto in tanto le faceva bene.

Rimase ad aspettare, dopo un po’ il treno si fermò in una stazione, ma non era la sua.

Si rese conto di quanto fosse cambiato il panorama rispetto a quella notte, ora davanti a lei c’erano innumerevoli campi, campi a perdita d’occhio, era giunta in campagna.

Dopo un’oretta il treno si fermò ancora in un paese, la passeggera solitaria lesse il nome, era arrivata, prese lo zaino e si precipitò fuori.

Appena scesa dal treno fu avvolta da un’aria diversa da quella della città, era pulita, pura, si mise avidamente a respirarla, come se volesse togliere ogni minimo residuo della città dal suo organismo.

Poi riprese a camminare verso una meta che conosceva bene, non guardava la gente che inevitabilmente veniva attratta dalla sua presenza.

“accidenti… ma che hanno da guardare… e io che volevo passare inosservata” pensò tra sé e sé.

Si mise a correre, non sopportava quegli sguardi, voleva fuggirli, ma se li sentiva sempre alle calcagna, come se la perseguitassero, svoltò l’angolo andando in una via che sembrava priva di gente ma…

-ops… scusami… non l’ho fatto apposta, aspetta che ti aiuto- le disse il ragazzo dal capelli neri con cui aveva avuto lo scontro. I suoi occhi erano neri come la pece, ma trasmettevano tranquillità alla ragazza, che rimase per un attimo paralizzata da quello sguardo così… amichevole. Anche il ragazzo rimase colpito da lei, aveva degli occhi castani, scurissimi, in quel momento sembravano spaesati, persi, ma gli fecero uno strano effetto.

La magia durò poco.

-scusami tu… non ho bisogno d’aiuto…- disse lei con tono distaccato e fece per superarlo.

-non ti ho mai vista, sei nuova?- le chiese lui con aria interrogativa.

-sono appena arrivata, scusami, ma devo andare…- lei non lo aveva neanche guardato in faccia, e se ne andò, allontanandosi da lui, che la osservò sparire, si era accorto che lei aveva bisogno d’aiuto, ma non osava seguirla, era stato rapito dal suo sguardo, poi si girò davanti e vide per terra un cappello, il cappello della ragazza. Lo raccolse e decise di tenerlo, era sicuramente un segno, l’avrebbe senz’altro incontrata di nuovo, il paese era piccolo e si conoscevano tutti, prima o poi l’avrebbe trovata, così continuò per la sua strada, un amico lo salutò per strada.

-ciao Goten!-

-ciao Trunks! Pronto per l’inizio della scuola?-

-abbastanza, tu?-

-non molto, l’estate è sempre così corta…-

-capisco…-

-tu non puoi immaginare quello che mi è appena successo-

-racconta…-.

Così Goten cominciò a narrare all’amico il bizzarro incontro con la ragazza sconosciuta.

Intanto lei era arrivata davanti ad una casa, titubante se bussare o no, alla fine si decise, salì le poche scale di legno e suonò il campanello.

Aspettò per pochi secondi una risposta, sentì dei rumori provenire dall’interno e un uomo le aprì la porta.

-ciao papà, scusami se mi presento così… ma sono qui per restare, se non è un problema-

-ciao Saori, entra pure… mi aspettavo che arrivasse questo giorno, sei sempre la benvenuta dal tuo papà, ricordalo sempre-.

La ragazza sorrise ed entrò, per lei stava per cominciare una nuova vita in un paesino in mezzo alle campagne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccovi il prologo della mia nuova ff, ho una vaga idea di quello che succederà poi, ma a me piace, spero anche a voi, anche se da questo primo pezzo non si capisce molto. Fatemi sapere se devo continuarla o se fa proprio pena, badate che aggiornerò solo dopo aver ricevuto abbastanza recensioni, quindi sta a voi decidere.

Kiss!!! By black 91

 

 

  
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