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Autore: Valine    01/11/2012    4 recensioni
Da un cuore spezzato dal dolore nascono l'odio e l'accanimento contro il mondo. Regina lo sa fin troppo bene, ogni volta che vede suo figlio Henry tenere la mano ad Emma, ogni volta che Mary Margaret spasima per David. E il passato ogni notte ritorna, un incubo che si rivolta come un mare in burrasca e purtroppo dannatamente vero...
Poi, un giorno come tanti a Storybrooke, una ragazza in sella a una mountain bike schizza davanti alla sua Mercedes, mancandola di un soffio. Due paia di occhi scuri si incrociano e sembra che si conoscano...
Siamo più o meno alla seconda metà della prima serie. Emma è lo sceriffo della città, August è arrivato da appena qualche giorno e la ruota del tempo ha ricominciato a girare, cambiando direzione...
Avvertenza: tra i vari pairings ci sarà sarà anche lo Swan Queen, ma non subito.
Genere: Drammatico, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 Ciao a tutti, è un po' di tempo che seguo alcune fan fiction sulla serie "Once Upon a Time". La serie tv mi sta piacendo moltissimo e così anche le fan fiction, così mi è venuta voglia di scriverne una anch'io!
Comincio con la mia versione personale del flashback su Regina, in assoluto il mio personaggio preferito. Da qui parte OUAT come lo immagino io. Non mancate di farmi sapere se vi piace!


Capitolo I


Una storia di tanto tempo fa


Era una notte senza luna, senza stelle, rischiarata soltanto in lontananza da lampi che preannunciavano un temporale.
Uomini in armatura nera stavano arrivando per distruggere la sua casa, la sua famiglia.
Questo Regina lo sapeva, ma non poteva immaginare che si sarebbe giunti a quel punto, quando al banchetto di appena una settimana prima il re Leopold la fissava di continuo stirandosi i baffi scuri tra il pollice e l’indice della mano.
L’uomo si voltava appena per sorridere a sua figlia Biancaneve, e ascoltava distrattamente le sue dolci parole di bambina.
Regina le aveva salvato la vita afferrandola da un cavallo imbizzarrito che stava per disarcionarla. Lei, Regina Scott-Walker, moglie del barone Daniel Scott-Walker, aveva compiuto quel gesto eroico in maniera del tutto disinteressata, senza sapere chi fosse quella ragazzina.
Poco dopo, con grande meraviglia lei e Daniel si erano trovati di fronte niente meno che re Leopold, il quale, da quel momento, non aveva risparmiato continue lusinghe nei confronti della giovane padrona di casa e sguardi alla ricerca di una strana intesa.
Sua madre, Cora, non si stancava di osservare compiaciuta tutte quelle attenzioni e gliele sottolineava in maniera quasi ossessiva, nonostante lei fosse felicemente sposata, nonostante avesse una splendida neonata da amare e da crescere.
La piccola Audrey cominciò a piangere nella sua culla. Regina la prese in braccio per calmarla, cercando di ingoiare tutto il suo dolore.
Leopold aveva visitato insieme a Daniel la tenuta di famiglia e il piccolo villaggio distante appena un miglio dal castello. In quel feudo del regno nessuno era davvero ricco, nemmeno Daniel che ne era il signore, ma la popolazione, composta prevalentemente da contadini, era ospitale e operosa. Tutti pagavano i tributi richiesti dallo Stato; al re però tutto questo interessava molto poco, anzi ne era quasi annoiato.
Sul far della sera Regina aveva accompagnato Biancaneve nella sua stanza dopo che la piccola principessa le ebbe fatto mille complimenti per il giardino che si trovava sul lato della tenuta meglio esposto al sole e soprattutto per lo splendido melo che si stagliava al centro di un’aiuola di rose. Stava per ritornare dalla sua Audrey perché era ora che prendesse il latte, ma la strada le fu bloccata dal re in persona.
Leopold la tacciò di averlo volutamente ignorato e offeso. Regina, che non aveva accettato nessuna di quelle insinuazioni, ostentò uno sguardo fiero che irritò ancora di più l’uomo e lo portò a spingerla contro un muro.
Le sue mani dalle guance scivolarono fino al decolleté. «Una donna bella come voi è sprecata per questo posto!» sibilò il re. «Vi voglio… Venite con me, vi darò tutto quello che desiderate!»
La strinse di più fino a schiacciarla contro quella parete e tentò di baciarla, ma Regina con uno scatto di nervi riuscì a divincolarsi e ad allontanarsi. Il corpo le tremava e la voce anche, e però trovò il coraggio di intimare al re di non osare toccarla mai più.
«Lo vedremo» replicò Leopold secco. «Perché i re prendono sempre ciò che gli spetta!»
La sua espressione era intimidatoria. Pochi giorni dopo che Leopold e Biancaneve furono partiti per il loro palazzo, una vedetta che presiedeva il confine del territorio degli Scott-Walker era corso coperto di ferite dal suo signore recandogli una notizia terribile.
Daniel era stato accusato di organizzare una rivolta contro il re.
Leopold alla testa dei suoi soldati aveva attaccato le torrette poste al confine del feudo sterminando tutte le guardie che vivevano lì, e stava galoppando verso il castello per punire quel falso, alto tradimento.
Regina non aveva raccontato al marito del fatto che Leopold le avesse fatto una corte così spudorata nella sua stessa casa, ma, di fronte alla tragedia che stava per colpirli, svelò il segreto.
Daniel si infuriò. Sua moglie era bellissima, coraggiosa e dolce al tempo stesso, ed erano così stupende in lei tutte queste qualità che facilmente potevano far gola a un uomo potente, che vedeva realizzati i suoi desideri con uno schiocco di dita.
Il giovane si rimproverò duramente per essere stato così cieco. Batté con violenza il pugno sulla scrivania, scaraventò tutte le pergamene poggiate lì sopra e la boccetta di inchiostro macchiando irreparabilmente il tappeto sotto i suoi stivali.
Regina aveva il cuore ferito dai sensi di colpa e implorò il marito di perdonarla. Gli accarezzò il viso bagnato da piccole perle di sudore e gli passò poi le dita tra i capelli.
Questo bastò a calmarlo; pian piano recuperò la lucidità necessaria per trovare una soluzione.
Organizzare una difesa contro l’invasione si rivelò impossibile. C’era troppo poco tempo a disposizione e presso la sua corte erano poche le persone che sapevano maneggiare davvero la spada.
Innanzitutto occorreva impedire che sua moglie e sua figlia corressero il rischio di trovarsi al centro di una battaglia praticamente persa in partenza. Inoltre, Daniel considerava la sua gente come degli amici e non voleva che andassero incontro a morte certa.
Prese la sua decisione. Abbandonare il castello e la propria terra gli parve l’unica via possibile per sfuggire a quella folle ingiustizia. Sarebbe stato considerato un codardo e un traditore, e il nome del suo casato avrebbe portato quella macchia per l’eternità, ma tutto questo non aveva alcuna importanza.
Daniel entrò affannato nella camera da letto. La  sua andatura veloce produceva un rumore secco sulle assi del pavimento. «Amore mio, sei pronta?» chiese subito.
Regina annuì tirando su col naso. Nonostante avesse pianto, si impose di farsi forza. Avvolse Audrey nella coperta di lana che lei stessa aveva ricamato, poi si strinse alle spalle il mantello di pelliccia.
Daniel le accarezzò una guancia e la baciò amorevolmente. «Dobbiamo andare, non c’è più molto tempo.»
«I miei genitori?» chiese Regina in apprensione mentre scendevano le scale con al seguito la sua cameriera personale e il maggiordomo.
«La loro carrozza è già partita» rispose Daniel con sicurezza. «Ci incontreremo presto al valico e ce ne andremo tutti insieme.»
Già, pensò Regina. Al di là delle montagne li aspettava una vasta foresta, selvaggia e disabitata, ma pur sempre un luogo dove poter ricominciare da capo. Una volta passati i primi difficili tempi, non aveva alcun dubbio che lei, Daniel e la loro bambina avrebbero vissuto serenamente.
Un tuono li avvertì che il temporale si stava avvicinando. Anche se quelle non erano le condizioni ideali per affrontare un lungo viaggio, era fin troppo chiaro che non esistevano alternative.
Pochi minuti dopo attraversarono il cortile principale del castello, diretti alla stalla.
Regina amava quel posto. Prima che il medico del villaggio le confermasse di essere in dolce attesa, andava lì spesso a occuparsi del suo cavallo. Lo strigliava e gli dava da mangiare e poi, appena Daniel terminava con il suo lavoro di governo del feudo (perché anche se non era vasto di problemi ce n’erano comunque tanti), si lanciavano in lunghe cavalcate per le colline intorno al castello.
Cora le rimproverava che era disdicevole per una donna del suo rango perder tempo dietro a un animale grosso e puzzolente, e quindi proseguiva a rinfacciarle che quel matrimonio, con un ragazzo sì nobile, ma non sufficientemente potente, le aveva soltanto rovinato la vita.
Regina, anche se sul momento si arrabbiava, cercava di badare il meno possibile alle assurde ambizioni di sua madre. Era felice nel suo castello, con l’uomo che amava, e quando nacque Audrey la sua gioia sembrava non avere più limiti. Era sicura di aver raggiunto il suo lieto fine.
Si riprese da quella girandola di ricordi e sospirò con tristezza mentre Daniel controllava che i due cavalli fossero ben legati alla carrozza che doveva aiutarli a fuggire. Sperava soltanto che, una volta passati i primi difficili tempi, lei, Daniel e la loro bambina avrebbero potuto vivere serenamente.
«Puoi salire, amore mio» disse Daniel aprendo la porta della carrozza.
«Non credo proprio!» esclamò una profonda voce maschile. Il rumore di diversi passi umani era scandito da un clangore di armature. Leopold era comparso sulla soglia del portone della stalla e lo seguivano tre coppie di soldati bardati di pettorali e schinieri di metallo scuro, la sua guardia personale.
Regina sgranò gli occhi, talmente sorpresa e spaventata che il colore le svanì dalle guance e dalle labbra.
Non dovevano essere già lì quegli uomini, così presto. Daniel aveva calcolato che avrebbero fatto in tempo ad allontanarsi dal castello prima del loro arrivo. Forse aveva commesso un errore.
«Dove credevate di andare?» chiese retoricamente Leopold affilando un sorrisetto ironico verso la ragazza, poi si rivolse a Daniel, anche lui pietrificato di fronte a quelle ombre minacciose.
«Barone Scott-Walker! Vi credevo un giovane assennato e invece vi comportate da vigliacco! Non mi sarei mai aspettato da voi che voleste fuggire dalle vostre responsabilità. Devo dedurre che tutte le accuse contro di voi sono vere e ho fatto appena in tempo a darvi la punizione che meritate!»
Daniel si irrigidì. «Che siano vere o no ormai non ha importanza! Io so perché siete tornato qui, che cosa volete realmente da me o, per meglio dire, chi volete.»
Regina sentì mancare le forze dentro di sé. Audrey ricominciò a piangere tra le sue braccia e lei non poté fare altro che tenere la sua bambina stretta al petto.
Leopold rise «Beh, siete abbastanza intelligente!»
Due soldati avanzarono e presero di peso sia il maggiordomo che la cameriera. Al re bastò un semplice gesto della mano: i due uomini in armatura sfoderarono i loro pugnali e con un solo colpo sgozzarono i due poveretti senza che potessero nemmeno accorgersene.
Di fronte a quella visione mostruosa Daniel esplose d’ira ed estrasse la spada. Era solo contro ben sei guerrieri e Leopold si mise a guardare la scena divertito.
Il giovane era molto abile con la spada, riuscì a ferire un soldato con la lama e a stenderne un altro con una gomitata sotto al mento. Quasi non aveva dubbi che avrebbe potuto batterli tutti e puntare addirittura alla gola del re per salvare se stesso e la sua famiglia.  
Stava per affrontare il terzo soldato, incrociò con lui la spada una, due, tre volte, ma all’improvviso il braccio gli si bloccò come congelato e lasciò cadere l’arma a terra.
«Così siete arrivata. Credevo voleste rimanere in disparte» disse Leopold.
«Meglio non correre rischi, Vostra Maestà» rispose una voce femminile vicino all’ingresso della stalla mentre un altro lampo dal cielo illuminò quello spazio.
Regina avrebbe riconosciuto tra mille quella voce.
Cora entrò vestita del suo migliore abito nero, i capelli raccolti in una crocchia che le conferiva un aspetto imperioso. Seguì un tuono ancora più vicino dei precedenti.
«Voi?!» esclamò Daniel incredulo, come Regina che guardava sua madre inorridita.  
Cora aveva la mano destra protesa in avanti. Aveva pronunciato un incantesimo contro Daniel in modo da impedirgli di continuare a combattere e la ragazza lo aveva capito subito.
«Madre!» urlò Regina. «Che state facendo?»
«Solo il tuo bene» disse Cora in tono gelido, flemmatico.
La donna strinse il pugno immobilizzando Daniel del tutto con i suoi poteri. I soldati lo presero a pugni e lo portarono al cospetto di Leopold, e poi trascinarono Regina a pochi metri da loro.
«Perfetto» disse il re sorridendo sotto i baffi. «Finalmente vi siete arreso. Cioè, siete stato costretto ad arrendervi. Per fortuna vostra suocera è una donna giudiziosa e sa da che parte stare. Pensate che se non mi avesse aiutato ad arrivare così velocemente qui non vi avrei trovato.»
Regina trasalì. Con un’altra stregoneria Cora aveva messo letteralmente le ali ai piedi di Leopold e dei suoi uomini, ed ecco come avevano fatto ad anticipare la loro fuga. Sua madre l’aveva tradita già da prima.
«Orbene, barone» proseguì il re schiarendosi la voce. «Visto che avete osato rivolgermi contro la spada nulla più mi trattiene dall’accusarvi di lesa maestà e di pronunciare qui la sentenza. Ovviamente sarete messo a morte.»
«No!» urlò Regina. «Vostra Maestà…. La grazia, vi prego! Verrò con voi, farò ciò che vorrete!»
La supplica della ragazza non mosse minimamente il re. «Oh, è così bello sentire delle preghiere uscire dalla vostra bella bocca, ma non posso. Vostro marito sarà impiccato nella mia piazza principale, davanti al popolo.»
Cora fece un lieve inchino verso Leopold. «Mio signore… Si può risolvere il problema subito.»
Si avvicinò a Daniel con uno sguardo severo.
«Come avete potuto fare questo, soprattutto a vostra figlia e a vostra nipote?!» biascicò il giovane. Un rivolo di sangue gli colava dal labbro per i colpi ricevuti.
Cora fu inflessibile.
«Tu non sei in grado di dare a mia figlia ciò di cui ha realmente bisogno. Questa cosa è andata troppo avanti, quell’idiota sognatore di mio marito non doveva nemmeno darvi il consenso di sposarla. Solo io so ciò che è meglio per lei… E non si tratta certo di te!»
Cora alzò la mano e con uno scatto fulmineo la affondò nel petto del ragazzo con un rumore sordo, lugubre. Quando la tirò fuori stringeva qualcosa di rosso e pulsante. Era il cuore di Daniel.
Regina urlò contro sua madre «Nooooo!» straziata dalla sofferenza, mentre la bambina nelle sue braccia ormai piangeva senza sosta. I soldati le impedirono di avvicinarsi a lui.
«Basta, tesoro» proseguì Cora. Strinse l’organo del giovane fino a spegnerlo e a ridurlo un mucchietto di cenere che lasciò cadere a terra con noncuranza.
Daniel stramazzò al suolo privo di vita.
«Soddisfatto, Vostra Maestà?» chiese Cora a Leopold.
«Sì, devo dire che la vostra mancanza di pietà ha scosso persino me» disse il re serio. «Ma non abbiamo ancora finito. Fa parte del nostro patto, ricordate?»     
Cora a quel punto deglutì, come se quello che ancora doveva accadere fosse troppo crudele persino per lei.
«Regina» disse perentoria. «Adesso devi darmi tua figlia.»
Il dolore di quella notte sembrava non avere termine. Morte dinanzi a lei e dietro di lei e ora addirittura Audrey.
«Non mia figlia!» gridò la ragazza. «È così piccola! Perché volete farmi anche questo?!»
«Perché quando crescerà mi porterà certamente del rancore, vorrà vendicare suo padre. Preferisco eliminare il problema alla radice» disse Leopold sbrigativamente.
«Cora, fate in fretta e darò una vita di agi a voi e a Regina. Sono un uomo di parola» disse ancora.
La donna annuì e agitò di nuovo le mani nell’aria, immobilizzando questa volta Regina con il viso ormai coperto di lacrime.
«Madre, vi prego! Usate la magia per qualcosa di buono, almeno una volta nella vostra vita!»
«È quello che sto facendo. Per te e per me stessa.»
Cora, impassibile, strappò Audrey dalle braccia di Regina. La bambina gridò ancora più forte come se la perdita del contatto con sua madre l’avesse fatta infuriare.
«Vostra Maestà, vorrei andare nel bosco qui vicino, almeno per risparmiare a mia figlia quest’altra perdita di fronte ai suoi occhi.»
Il re acconsentì e, quando Cora fu uscita dalla stalla portandosi via Audrey, l’incantesimo sul corpo di Regina svanì. La ragazza fece per inseguire la madre, ma il re e i suoi soldati l’avevano già intrappolata.
«Mettetela in catene!» ordinò Leopold, poi sibilò «Non mi piace questa vostra voglia di scappare. E potete scordarvi che ve le tolga, anche quando sarete nel mio letto, cara mia concubina!»

Cora era arrivata ai margini del bosco nei pressi del castello. I momenti passati poco prima alla stalla erano stati così concitati da non accorgersi che il temporale era praticamente sopra di lei. Anche se ancora non aveva iniziato a piovere, aveva indossato sulla testa il suo mantello scuro.
Si inoltrò tra gli alberi fino a un grosso masso di forma piatta situato al centro di una spianata. Valutò che fosse il posto adatto e vi poggiò sopra la bambina scoprendola quasi del tutto.
Purtroppo non poteva usare su di lei lo stesso incantesimo con cui aveva posto fine alla vita di Daniel perché Audrey era davvero un fagottino minuscolo. Estrasse quindi dalla cintura che portava alla vita un coltello.
Pose la punta della lama in alto, una ventina di centimetri sopra la bambina. Sentì che era più difficile del previsto mantenere saldo il polso per compiere quel misfatto inaudito, ma andava fatto, altrimenti avrebbe venduto la sua anima alla magia nera per nulla.
Respirò profondamente ed ecco, l’indecisione le venne meno.
«Mi dispiace per te, piccola» disse. Stava per sferrare il colpo.
Avvertì improvvisamente un dolore lancinante alla mano e il coltello era caduto sulla pietra, vicino a Audrey.
«Questo non posso permetterlo!»
A gridare era stata la voce argentina di una ragazza. Stava in piedi, sul ramo di un albero vicino vestita di pantaloni larghi e stivali di cuoio, la parte superiore del corpo era coperta da un mantello con il cappuccio che le nascondeva il volto. Legata alla cintura portava una borsa di pelle.
Con un solo salto atterrò al suolo e si scoprì il viso. Come Cora aveva intuito si trattava proprio di una ragazza, davvero bizzarra per i suoi gusti. Aveva i capelli castani raccolti in una lunga coda e gli occhi più che mai irriverenti.
«Chi diavolo sei?» chiese Cora indispettita per essere stata interrotta. Poi la osservò meglio e la riconobbe.
«Astrid! Sei Astrid, la fata esiliata!» esclamò con stupore. «Che ci fai qui?»
«Ero di passaggio per queste terre, quando ho sentito una potente aura di energia oscura» spiegò la ragazza. «Pensavo che fosse lui, ma, a quanto pare ho evitato ugualmente un crimine da parte di una delle sue allieve preferite.»

«Senti chi parla… Proprio tu che usavi la tua lurida magia bianca per fini personali! Ora vattene e fammi finire il mio lavoro!»
Cora afferrò di nuovo il coltello per uccidere Audrey e quando fu convinta di averla colpita si accorse di aver infilzato soltanto un drappo della sua coperta e la pietra sotto di essa.
Astrid era ricomparsa alla sua sinistra con Audrey in braccio. Cora si morse le labbra, il potere di Astrid non era affatto da disprezzare.
«Lo so che usavo male la mia magia. Per questo sono stata esiliata, ma voglio riparare ed essere riammessa tra le fate con onore. Per questo stavo cercando il tuo maestro
«Non m’importa niente di lui e delle vostre beghe! Dammi la bambina!» ringhiò Cora.
«No! Non dopo tutto quello che hai fatto, hai usato persino tua figlia per ottenere più potere e lusso! Hai favorito le pretese del re contro la tua famiglia!»
«Come fai a saperlo?» Cora era sempre più stupita.
«Ho visto tutto nella tua mente, posso leggere nel pensiero. È uno dei miei poteri, quello che usavo peggio.»
La strega, furiosa per aver permesso che la fata giungesse alla comprensione dei suoi fini, le lanciò contro una sfera di energia violacea, ma Astrid, per evitare che la bambina ne venisse investita saltò di nuovo.
«Saprai pure leggere nel pensiero, ma sei stupida, in aria e con la mia nipotina in braccio non puoi confrontarti con me!» disse Cora con soddisfazione. Strinse un pugno e a quel punto uno dei rami intorno colpì Astrid alla schiena come una frusta.
La fata schiantò a terra di spalle. «Oddio, qui si mette male!» si disse. «E non piangere ancora, piccola» si rivolse a Audrey. «Così non riesco a pensare!»
Cora si avvicinò a lei mentre con uno scatto energico si alzò in piedi. Astrid si dissolse in una nuvola di fumo bianco, ma Cora fece lo stesso inseguendola di fatto da un capo all’altro del bosco.
«Non credere di seminarmi, Astrid. Anche se credi di compiere grandi distanze, in realtà ti sei allontanata di appena qualche passo, e, come vedi, sono sempre qui!»
La fata aveva l’affanno. Cominciò a piovere e Cora approfittò di quella circostanza per evocare dei goblin del fango.
Pronunciò semplicemente la parola “Sorgete!” e dalle pozzanghere che si stavano riempiendo di pioggia emersero delle creature orribili senza occhi e naso, con una bocca enorme e marcescente dalla quale colava del fango, appunto.
Astrid provò a colpirli con delle lame di luce pur sapendo che si rigeneravano con una facilità incredibile. Nel giro di neanche un minuto si trovò circondata e senza un briciolo di energia.
«E va bene» disse Cora piena di sé. «Vi ucciderò insieme, tu e la mia nipotina, così risparmio la fatica!»
Astrid un mezzo per fuggire ce l’aveva, ma con tutti quei lampi che fendevano il cielo era molto pericoloso.
I goblin alzarono le loro lunghe braccia. La fata sapeva che all’ordine di Cora si sarebbero avventati su di loro come un enorme ondata di fango, facendo affogare lei e la bambina.
Occorreva prendere in fretta una decisione e Astrid decise. Non avrebbe incontrato il grande Tremotino, non lo avrebbe mai sfidato. Non sarebbe tornata trionfante dalle sue compagne come aveva sognato e non avrebbe più visto la sua sorellina che aveva lasciato a loro.
Forse il modo per espiare i suoi errori era proprio quello.
Alzò gli occhi al cielo e disse «Oh Dio di tutti gli Universi, so che non vuoi esaudirmi perché ho commesso dei peccati enormi, ma concedimi di salvare almeno questa creatura, anche in cambio della mia vita!»
Cora scoppiò a ridere «Che vai blaterando, Astrid! Ormai persino quel tuo Dio ti ha abbandonato!»
La fata prese dalla sua borsa un piccolo oggetto luminoso, aveva la forma di un fagiolo. Lo sguardo di Astrid era orgoglioso come non mai.
«No, Cora, tu sei stata abbandonata! Ho percepito proprio adesso l’alba di un grande futuro!»
«Mi hai stancato! Crepa!» gridò Cora.
Proprio mentre i goblin stavano per effettuare la loro mossa letale, Astrid lanciò a terra il fagiolo. Come attratto da una calamita un fulmine si schiantò su di loro ingoiando in una luce immensa la fata, la bambina che portava con sé e i goblin. Cora venne sbalzata diversi metri all’indietro.
Quando si riprese davanti a lei non c’era più alcuna traccia né dei suoi mostri né delle sue vittime designate, soltanto alberi carbonizzati e un cratere fumante scavato nella terra.

Dopo aver recuperato le forze Cora si trasportò nella carrozza dove Leopold aveva fatto rinchiudere Regina.
Sua figlia era accasciata sul sedile, distrutta. Aveva le catene ai polsi e diversi lividi si intravedevano dagli abiti strappati. Conoscendola, probabilmente aveva cercato di fuggire.
«Dai tesoro, il dolore passerà» disse Cora in maniera assurdamente amorevole. «Se non avessi fatto così non avremmo mai ottenuto nulla. Ti insegnerò come comportarti, e se giocherai bene le tue carte tra non molto sarai una vera regina e non più una semplice concubina. Ti renderai conto che l’amore non serve a niente se non allontanarti da scopi più grandi.»
Fece qualche secondo di pausa e osservò Regina che teneva gli occhi bassi.
«Ho lasciato la piccola nel bosco
» mentì poi. «A quest’ora sarà diventata cibo di qualche belva. È meglio così, la sua presenza ci avrebbe impedito di ottenere ciò per cui dobbiamo impegnarci. Ti avevo detto fin dall’inizio che incontrare la principessa Biancaneve era stata una fortuna, ma la fortuna va pure aiutata.»
Regina stavolta sollevò lo sguardo. Era diventato oscuro, tagliente. Lo aveva intuito, sua madre aveva saputo del passaggio del re per il territorio di Daniel e aveva fatto imbizzarrire di proposito quel cavallo, per continuare ad alimentare la sua ambizione.
Regina contorse la bocca in una smorfia minacciosa «Sì, madre… Voglio davvero impegnarmi!»
Sì che avrebbe dato tutta se stessa, per ottenere tutto il potere possibile e vendicare la sua famiglia. Se gli Scott-Walker erano stati sconfitti dall’ingiustizia lei avrebbe ripagato tutta quella gente con la stessa moneta. Ingiustizia e dolore per tutti quanti, compresa Biancaneve. Se quella bambina non avesse gridato aiuto non sarebbe successo niente, quindi anche lei non era innocente.
Il sangue di sua madre per la sua infelicità, il sangue di Leopold per quello di Daniel, il sangue di Biancaneve per quello della sua Audrey. Quello era il suo lieto fine.






  
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