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Autore: Persephone Grey    02/11/2012    2 recensioni
Il sole morente incendiava il cielo sopra Ilirea di bagliori color fuoco. Un vento impetuoso proveniente dal deserto di Hadarac si era levato nel pomeriggio e portava con sé la polvere della sconfinata distesa, polvere che ora saturava l’aria rifrangendo i raggi del tramonto e dando alla città un’aria spettrale e terribile al tempo stesso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole morente incendiava il cielo sopra Ilirea di bagliori color fuoco. Un vento impetuoso proveniente dal deserto di Hadarac si era levato nel pomeriggio e portava con sé la polvere della sconfinata distesa, polvere che ora saturava l’aria rifrangendo i raggi del tramonto e dando alla città un’aria spettrale e terribile al tempo stesso.

Nasuada stava in piedi sul terrazzo dei suoi appartamenti privati, che si affacciava sulla parte ovest della capitale, e osservava lo spettacolo, incurante delle raffiche che la sferzavano e agitavano violente l’ampia gonna. Le ore del tramonto erano quelle che più l’angosciavano: osservare il cielo sopra Ilirea che si tingeva di rosso le ricordava sempre le battaglie combattute durante la guerra contro Galbatorix, come se la città fosse di nuovo preda degli incendi. Erano passati due anni dalla morte del Tiranno e dalla fine della guerra contro l’Impero, una guerra che i Varden avevano vinto sì, ma che per lei aveva significato solo dolore. Aveva vinto, era diventata Regina di Alagaesia, ma a che prezzo? Aveva perso tutto quello che aveva di più caro, l’amicizia di Orrin, che la considerava al pari di un tiranno; Eragon, che era volato lontano in sella a Saphira e che, forse, non avrebbe mai più volato nei cieli di Alagaesia; Brom e suo padre, morti per mano dell’impero; e, infine, Murtagh, al quale aveva rinunciato per il bene di una corona che ora pesava come un macigno.

Murtagh…

Una folata di vento più furiosa delle altre le sollevò la gonna oltre il limite della decenza e la regina fu costretta a stringersi al corpo la stoffa vermiglia. Da due anni vestiva solo di rosso. Da quando Murtagh era partito cavalcando Castigo, Nasuada aveva deciso che avrebbe per sempre indossato il colore delle squame di Castigo. La sua sarta personale aveva cercato più e più volte di convincerla a farsi cucire un abito di un altro colore, ma Nasuada aveva sempre fermamente rifiutato; nel suo armadio c’era spazio per una sola tinta, seppur declinata nelle sue mille sfumature, come nel suo cuore c’era posto per un solo uomo. In questo modo avrebbe sempre gridato al mondo che il suo cuore apparteneva al Cavaliere rosso, e si augurava che, ovunque egli fosse, avrebbe sentito parlare di Nasuada, la folle regina che vestiva solo il colore del sangue, e che avrebbe capito…

Il vento iniziò a farle lacrimare gli occhi, o forse non era il vento…
“è inutile che stai lì a fissare l’orizzonte” disse una vocina perentoria alle sue spalle “non tornerà”
Nasuada si voltò e vide Elva appoggiata alla finestra, gli occhi violetti che la fissavano sotto le lunghe ciglia scure. La regina sospirò alle parole della bambina e fece per rispondere, ma quella continuò, implacabile, “lo sai che ho ragione, non tornerà, forse nemmeno se tu in persona lo andassi a cercare”
“non potrei andare a cercarlo nemmeno se volessi” sospirò Nasuada
“no non puoi, ma non dirmi che non vuoi. Raccontalo a te stessa, se ti fa stare meglio, ma non a me” poi, con un sorriso a metà tra il divertito e il crudele, Elva aggiunse “e comunque smettila di struggerti, se il tuo dolore non ucciderà te, ucciderà di certo me” e mimò un conato di vomito, prima di schizzare via, veloce e silenziosa come era apparsa.
Nasuada rimase a fissare la cornice vuota della finestra, turbata dalle parole di Elva. No, non poteva. Non poteva sottrarsi ai suoi doveri di regina e mettersi a setacciare Alagaesia in lungo e in largo, nella speranza di ritrovare Murtagh, ma avrebbe rinunciato volentieri a tutto quello che aveva, a tutto quello che era, pur di poterlo fare. Almeno la sua vita, che senza Murtagh accanto le sembrava vuota e inutile, avrebbe avuto di nuovo uno scopo.
Immaginò di lasciare Ilirea in sella a Tempesta, di attraversare tutta Alagaesia alla ricerca dell’uomo che amava, e alla fine quando lo avrebbe avuto di fronte a sé (perché era certa che lo avrebbe ritrovato, prima o poi), guardandolo negli occhi gli avrebbe detto quanta strada aveva percorso per trovarlo, e se Murtagh le avesse chiesto “Perché?” gli avrebbe risposto “Lo sai perché”...

Ma non poteva, semplicemente non poteva.

Rimase a fissare l’orizzonte, immobile, fino a quando il rosso si tramutò in viola, il viola in nero e tutto si fece notte.
   
 
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