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Autore: bathala    18/05/2007    11 recensioni
Venivano sempre bene in fotografia. O almeno, questo era quello che sua madre ripeteva continuamente. Finché un giorno Bill non torna a casa disperato per la sua foto di classe... [Tradotta da lisachan]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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SMILE

SMILE

Note dell’autrice.

(Eccoci ancora qui!) La fic contiene linguaggio colorito e una minima componente omosessuale. Non vi piace lo slash, non leggete. Commenti e critiche sono ben accetti. I flames saranno oggetto di derisione. Non è stata betata, quindi non siate troppo cattivi LOL! Preparate i fazzoletti.

Scritta il dieci febbraio 2007

*

Sembravamo sempre felici nelle fotografie. Questo era, almeno, ciò che mia madre ripeteva sempre. La cosa non infastidiva il “teppista” che era in me. E d’altronde, mio fratello credeva nel “vivere l’attimo”. Potevo sempre vederlo nel suo sorriso, e si trovava sempre riflesso nelle sue fotografie.

Era un giovedì pomeriggio qualsiasi, frequentavamo l’ottavo grado*. Tutto ciò che ricordo è d’essere tornato a casa presto quel giorno, e che non c’era nessuna bella ragazza in vista. La noia mi stava uccidendo, e non c’è niente di cui sorprendersi!

E poi bla bla bla, ho mostrato alla mamma la foto di classe che tutti dovevamo portare a casa. Mia madre amava guardare le nostre foto, credendo fossimo la cosa migliore che le fosse capitata al punto che nessuno dei suoi dipinti avrebbe potuto superare quel capolavoro che eravamo io e Bill – il mio fratello gemello. Non sono la persona più dolce del mondo, ma farei qualsiasi cosa e ogni cosa per mia madre e per mio fratello. Non che lo ammetterei mai, comunque.

Posso sentire l’accorata risata di mia madre trillare nelle mie orecchie ancora oggi. Pensavo tipo “E come si suppone che io possa rimorchiare qualche ragazza se sorrido come un idiota nella mia foto di classe?”. Mia madre continuò semplicemente a ridere, dicendomi che allora avrei fatto meglio a fare pratica davanti allo specchio perché questo è, dopo tutto, quello che piace alle ragazze. Avevo già gli occhi, i capelli e il viso adatti. Mi serviva solo un sorriso perfetto.

Mia madre stava preparando la cena quando sentimmo Bill correre su per le scale verso la sua stanza. Non vidi nemmeno la sua faccia, ma sia mia madre che io sapevamo che c’era qualcosa che non andava. Di nuovo. Mettendo giù il bollitore, mia madre si mosse per seguire Bill in camera sua, ma la fermai dicendo “Me ne occuperò io”. Era uno di quei giorni in cui avevo bisogno di essere il fratello maggiore. È il minimo che potessi fare per mia madre.

Grattandomi la nuca, aprii la porta della camera da letto di mio fratello, terrorizzato all’idea della vista che avrei dovuto affrontare. Vidi qualcosa di peggio.

Bill non era neanche riuscito ad arrivare al letto. Stava nel mezzo della stanza, arrotolato in una palla. Stava piangendo disperatamente, in silenzio, il trucco nero (ombretto? Eye-liner? Quale è cosa?) scivolava giù sul viso arrossato. Era evidente che mio fratello aveva soppresso il bisogno di piangere tutto il giorno. Le vene del suo collo sembravano sul punto di esplodere per il dolore represso.

Onestamente, non sapevo cosa fare, e mi sentivo terrorizzato a mia volta alla vista di mio fratello gemello così a pezzi. Lo sentii ansimare sulla mia spalla nello stesso momento in cui lo strinsi abbracciandolo. Il mio cuore si sbriciolò. E subito dopo realizzai cosa doveva essere successo quel giorno.

- È per la tua foto, è così? Non riesco a ricordare una sola volta in cui tu abbia dimenticato di truccarti per l’occasione.

Bill sollevò il capo dalle mie spalle, mordendosi le labbra. Scosse la testa e guardò altrove.

- Fammela vedere.

Mio fratello si congelò sul posto.

- Avanti, Bill. Dammela.

Le lacrime stavano già ricominciando a formarsi nei suoi occhi, quando raggiunse il suo zaino, lo aprì e ne tirò fuori la foto della sua classe. Siamo stati separati fin dal settimo grado, e mi mancano quei tempi in cui non potevi nemmeno distinguerci nelle foto, prima che cominciassimo ad amare cose diverse. Per essere più sincero, semplicemente mi mancano quei momenti in cui stavamo insieme nelle foto di classe.

Non voglio stare separato dal mio gemello. Come potrei voler essere separato da me stesso?

Bill mi passò la foto e io mi sentii come se qualcuno avesse affondato una spada nel mio petto… e poi l’avesse girata. Mio fratello era stato spinto in ultima fila, col cappello che copriva il suo viso quasi per intero. Potevo leggere, sentire e perfino odorare il terrore che si irradiava da quella sfottuta foto. Ero a conoscenza degli episodi di bullismo e di quelle orribili t-shirt, ma quello era troppo.

Non potevo lasciare che mia madre vedesse quella foto. Assolutamente.

Feci di tutto per non cedere al desiderio di staccare le teste a quelle persone e costringerle a mangiare la propria merda. Circondai mio fratello con le braccia, gettando di lato la fotografia. Nonostante non lo volessi ammettere, era davvero colpa mia. Sin dal momento in cui eravamo stati separati, i ragazzi avevano cominciato a trattarlo male, dato che “il suo fratello figo non era più lì intorno tutto il tempo per proteggerlo”.

- Ascolta, questa foto, - dissi indicando l’immagine offensiva, - non definirà il resto della tua vita. Quei tipi sono solo degli stupidi che non sanno essere fighi e tutto il resto, quindi maltrattano le persone per far credere che abbiano qualche sorta di potere. Lo sai questo, vero? Non puoi lasciarti abbattere da questo.

- È solo che è così difficile stare lontano da te, sai? Non m’importa stare nella tua ombra tutto il tempo, ma ho davvero bisogno del tuo aiuto per tenere lontane queste persone cattive. Mi manca stare con te, ed essere me stesso senza essere minacciato. Non posso esserlo, quando loro sono lì per prendermi.

- Mi dispiace davvero tanto che non possiamo stare nella stessa classe, e mi dispiace tanto di non averti protetto. Farò del mio meglio per esserci più spesso. Se ci pensi, quando saremo famosi tu sarai la star! E tutti ti verranno dietro e ti chiameranno ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette! Intendo, chi se ne frega dei compagni di scuola? Tu hai me, la mamma, Georg e Gustav.

Mio fratello si morse le labbra ed annuì. Mi guardò, con quegli occhi brillanti, pieni di speranza, pregandomi silenziosamente di restare con lui.

- Pensi davvero che diventeremo famosi?

- Certo! Hai me nel gruppo, no? Un giorno, sia le groupie che i ragazzi gay affolleranno il backstage, implorando Tom Kaulitz di concedergli una sveltina.

- Sei pazzo!

Il mio gemello sorrise e rise, nascondendo gli occhi dietro all’alone di trucco nero sulle sue palpebre.

- Sono realista, fratello. – dissi, inarcando le sopracciglia. Bill sospirò, e per la prima volta dopo anni baciai mio fratello sulla fronte, rassicurandolo sul fatto che l’avrei protetto… e sarei rimasto con lui… per sempre.

*

Sollevandomi dal vecchio letto di Bill a casa nostra, a Leipzig, sento mia madre chiamare il mio nome. Cena, penso. Spero veramente che mia madre abbia della Coca Cola in frigo. È già sera, e mi sa che sto su questo letto a sognare ad occhi aperti e ricordare da più di quattro ore.

Sono davvero un bastardo sentimentale. Di nuovo, non che lo ammetterei davanti a qualcuno… ma posso esserlo nel “tempo che passo da solo”, giusto? Eh.

Rotolando verso il mio lato del letto, i miei occhi incontrano un altro paio di occhi castani. Sostengo lo sguardo di mio fratello, chiedendogli silenziosamente a cosa stia pensando.

Bill comincia a cantare a bassa voce, e posso quasi sentire i battiti del suo cuore.

Rimaniamo zitti per un secondo, prima che io torni a rompere il silenzio.

- Vuoi tornare alle Maldive per una vacanza, prima che cominci il 2007?

- Tu vuoi che venga con te?

- Ti pare che mi interesserebbe andare con qualcun altro?

Mio fratello si sporge in avanti, baciandomi sulle labbra prima di alzarsi in piedi e vestirsi. Mentre scendiamo le scale per festeggiare il Natale con la mamma e il nostro patrigno, canticchio silenziosamente la nostra canzone, guardando discretamente il mio gemello sorridere con dolcezza... toccando appena la mia mano con la sua.

I'm disappearing slowly - can't stand myself

I can't get you out of myself

No matter where you are - come and save me

I'm not myself when you are not...

Here with me, I am alone

And what is left of me

I don't want to be

The sky outside is skewed

And on the wall your goodbye letter

I'm not myself when you are not with me I don't want to be anymore


I don't want to be anymore

“Ich Bin Nich Ich” – Tokio Hotel

*

Note sceme della traduttrice.

*In Germania la scuola è organizzata diversamente rispetto all’Italia è_é Non hanno le elementari e le medie, ma un ciclo unico in cui ogni anno è un “grado”. L’ottavo grado di cui si parla dovrebbe corrispondere alla nostra terza media, e il settimo alla seconda.

Come si può passare un’intera settimana su una cosine tanto breve?! XD Continuando di questo passo, riuscirò a tradurre tutta la mole di fic che voglio tradurre, tipo, fra tre anni! È un dramma!

Che dire di questa storiellina? È una piccola perla nel fandom slash dei TH X3 Mi ha colpita tantissimo per la sua pucceria ç_ç Non è scritta divinamente o che, ma non mi importa, è così dannatamente carina! E poi è ispirata da fatti avvenuti realmente, la qual cosa mi ha davvero spezzato il cuore ç_ç Prova fotografica.

Mi raccomando, riempite lo spazio recensioni di commenti, così io poi potrò mandarli all’autrice della storia originale X3 Che è una ragazza adorabile, tra le altre cose XD

E a presto con nuove traduzioni e – ovviamente – nuove storie della sottoscritta sui gemelli Kaulitz :D

Link alla storia originale.

  
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