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Autore: itsmorgana    02/11/2012    4 recensioni
the darkness - a violate story : prima di lasciarvi alla storia, volevo solo informarvi di una cosa fondamentale:
non ho inventato io questa storia. questa è la storia vera di tate e violet, ovvero quella serie. io ho solamente cercato di scriverla e adattarla un pò alla meglio. :D
Genere: Horror, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Prima di lasciarvi alla storia, volevo solo informarvi di una cosa fondamentale: non ho inventato io questa storia. questa è la storia vera di tate e violet, ovvero quella serie. io ho solamente cercato di scriverla e adattarla un pò alla meglio. :D

Bene, ora che sapete questo particolare, vi lascio alla lettura :)

the darkness - a violate story
the meeting


Era sempre la stessa storia.
Arrivata davanti alla nuova casa, aprii la porta sbattendola e corsi in bagno, il posto dove mi sentivo più ‘me stessa’ ultimamente. Il primo giorno della mia nuova scuola aveva fatto schifo: quella Leah, quella cocainomane, giuro che prima o poi l’avrei uccisa!
Estrassi una delle tante lamette dal borsello, e lentamente feci il primo taglio. Faceva male, tanto male.. ma stavo bene. Non mi faceva pensare a niente, se non a quello stesso dolore che vedevo e toccavo, reale.
Stavo facendomi il secondo taglio, ma qualcosa di insolito mi bloccò, spaventandomi.
‘ Stai sbagliando. Se stai provando ad ucciderti, taglia in verticale. Così non possono ricucirti. ‘
Al suono di queste parole mi girai di scatto, spaventata.
Non conoscevo il ragazzo dalla cui bocca uscirono queste parole, ma la sua voce aveva qualcosa di.. non so, di sinistro.
‘ Come hai fatto ad entrare? ‘ dissi, di rimando.. con tono arrabbiato misto terrorizzato.
Ebbi più tempo per scrutare il ragazzo nei minimi dettagli. Era biondo, abbastanza alto e magro. Indossava un maglione a righe verdi e nere, un paio di jeans strappati all’altezza dei ginocchi e un paio di converse nere. Lo stile mi piaceva, eppure aveva una strana espressione.. una sorta di pericolo.
Era bellissimo e terrificante. Mi intrigava.
‘ Se stai cercando di ucciderti, dovresti almeno tentare di chiudere a chiave la porta’ disse, con le labbra incurvate in un malefico sorriso: indietreggiando lentamente fino a sparire chiudendo la porta.
Sarà uno a cui mio padre strizza il cervello pensai, rimanendo immobile.
 
Durante il giorno, ogni cosa che facevo mi ritornava in mente quell’imbarazzante ma terrificante momento della mattina. Quella voce malefica, quel viso pericoloso.. non riuscivo a levarmeli dalla testa. Mi intrigava, tanto.
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Finalmente entrai a casa, dopo il secondo giorno di scuola. Aveva fatto schifo come il primo giorno, se non di più: ma nonostante ciò mi stavo astenendo dall’andare in bagno e tagliarmi ancora. Non so esattamente perché, ma semplicemente non volevo.. anche se ne sentivo terribilmente il bisogno.
‘ Avevo paura che il mio cazzo non avrebbe più funzionato’ Improvvisamente i miei pensieri vennero interrotti da questa voce familiare, proveniente dallo studio di mio padre.
Mi avviai lentamente in direzione dello studio, e quella voce piena di pericolo si faceva sempre più vicina.
‘ Si, è per questo che non ho preso le medicine! ‘ Sentivo quel ragazzo ridere: la sua risata mi suscitava, sì terrore, ma anche incanto. Mi posizionai dietro ad una parete, sbirciando. Quel ragazzo misterioso era a sedere sul divano, proprio dietro a mio padre che stava ascoltando le sue confabulazioni.
‘ Perché ho conosciuto una persona.. ‘ In quel momento, il suo sguardo incrociò il mio.
Rimasi immobile, persa in quegli occhi scuri che per pochi secondi, che per me sembrarono interminabili, restarono fissi e immobili su di me. Ero attratta da quegli occhi, da quello sguardo e da tutta quell’oscurità al loro interno. Ero attratta da lui.
 
Non appena lui distrasse quegli occhi perfetti da me, mi girai improvvisamente e con passo normale, andai in camera mia. Mi distesi nel letto, prendendo il mio libro preferito per leggere un po’.
Avevo letto come minimo solo la prima pagina quando dei colpi violenti alla porta mi riportarono alla realtà dalla fantasia contorta di quel libro. Qualcuno stava bussando.
Scesi dal letto ed andai ad aprire la porta: rimasi sconvolta dalla visuale. Era lui.
Indossava un maglione di lana verde, sopra ad una camicia bianca, dei pantaloni beige e sempre le sue converse nere.
‘ Posso entrare? ‘ chiese, spezzando quel momento di imbarazzante silenzio che si era creato.
‘ Certo ‘ risposi, senza esitare, spostandomi di poco per farlo passare.
‘ Comunque io sono Tate ‘ disse di punto in bianco, incrociando le gambe e mettendosi a sedere sul pavimento.
‘ Violet ‘ risposi, sfoderando un sorriso. Chiusi velocemente la porta e lo raggiunsi a sedere sul pavimento.
Un altro momento di silenzio si creò tra di noi, molto imbarazzante devo dire. Guardavo in basso le mie mani intrecciarsi, non sapendo cosa dire. Volevo che facesse lui la prima mossa.
Improvvisamente si tirò su una manica, scoprendosi fino all’avambraccio, e alzò di poco il braccio.
‘ Questo me lo sono fatto dopo che mio padre se n'e' andato. Avevo dieci anni, credo. ‘ disse, indicando una delle tante cicatrici che aveva sul polso.
Io, elettrizzata che questa sarebbe stata una conversazione feci lo stesso. ‘La scorsa settimana. Primo giorno alla nuova scuola. Uno schifo. ‘ dissi facendo vedere i tagli fatti il giorno prima.
‘ Westfield, giusto? ‘ disse, riferendosi alla scuola. Feci segno di sì con il capo: era proprio quello il nome della mia scuola. ‘ La peggiore. Mi hanno espulso da lì. ‘ finì.
Esitai per un secondo, spostando lo sguardo da un’altra parte. Sentivo di potermi fidare di lui, di potergli raccontare tutto. Così, riponendo lo sguardo su di lui, mi confidai.
‘ Odio questo posto. Odio tutti, con la loro merda da designer borghese. La costa est e' molto meglio. Cioe', almeno avevamo le stagioni. ‘
‘ Adoro quando cambiano le foglie. ‘
‘ Si, anche io! ‘ dissi, sorridendo felice. Senza smettere di guardarlo.
‘ Come mai vi siete trasferiti qui? ‘ chiese, alzandosi e andando in direzione della lavagnetta che avevo in camera mia.
‘ Mia madre aveva un’amante. Mio padre l’ha letteralmente colto sul fatto. ‘ risposi alla domanda, seguendolo con lo sguardo.
A quel punto Tate si girò di scatto, fissandomi. ‘ E’ terribile. ‘ disse. ‘Se ami una persona non dovresti mai ferirla, mai.’
‘ Vero? Infatti. ‘ feci un secondo di pausa, poi ripresi. ‘E la cosa peggiore e' che sei mesi prima mia madre ebbe un terribile aborto spontaneo. Il bambino aveva sette mesi, e abbiamo dovuto fargli questo funerale molto macabro. ‘ mi resi conto che nel frattempo che parlavo, lui aveva scritto sulla lavagnetta la parola ‘TAINT’, ovvero macchia. Che diamine voleva dire?
‘ Hai mai visto una bara per un bambino? ‘ ripresi.
In quel momento tornò a fissarmi, avvicinandosi sempre di più e tornando a sedere davanti a me, nello stesso punto di prima. ‘Mi dispiace.’ Disse, prendendomi le mani e intrecciandole alle sue.
Ebbi una scarica di tensione, terrore e gelo, che mi spinse a guardarlo con aria spaventata e a scattare in piedi, andando in direzione delle casse per cambiare canzone.
‘Perché vai da mio padre?’ chiesi, con aria abbastanza disinvolte.
‘Non fare domande delle quali conosci già le risposte. Sei abbastanza intelligente per capirlo’ rispose, con aria arrabbiata. Così tanto che sembrò gelarmi all’interno: ma non lo diedi a vedere, e sorrisi nella sua direzione.
‘Ti va di ascoltare Morrissey? E' fico, è incazzoso, e odia tutti e tutto.’ Sorrisi andando a sedere nel letto con l’ipod in mano.
‘Hai qualcosa di Kurt Cobain in quel coso?’ chiese lui, e a quella domanda sfoderai un sorriso a 32 denti. Era buffo il fatto che aveva chiamato ‘quel coso’ il mio ipod, mi faceva ridere.
Ma le nostre risate durarono ben poco: mio padre entrò in camera, obbligando Tate ad andarsene. ‘Non dovresti essere qui’ gli disse.
Sentivo i passi pesanti di Tate sempre più in lontananza, mentre mio padre mi urlava contro di stare lontana da lui.
Poi sentii la porta di casa chiudersi violentemente. Avevo voglia di piangere.
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Oh mio Dio, la odio troppo, la voglio uccidere. L’ammazzo, lo giuro. Sì, l’ammazzo. Pensavo, mentre mia madre mi disinfettava la ferita appena sopra l’occhio che stamani Leah mi aveva procurato. Avevamo avuto una rissa stamattina.. non era proprio una rissa, diciamo che Leah e quelle ochette delle sue amiche mi avevano picchiato. Ma io non sono una che sta ferma a guardare, in qualche maniera mi sono difesa.

Appena mia madre finì di disinfettarmi, corsi in camera mia, ancora nervosa e con manie omicide. Appena aprì la porta ed entrai in camera mia, l’immagine di Tate seduto sulla mia poltrona mi fece sobbalzare.
‘Che ci fai qui?’ chiesi. ‘Se ti vede mio padre ti ammazza!’
‘Diciamo che non mi piace seguire le regole..’ disse, con uno sguardo terrificante. Mi piaceva. Risposi al sorriso.
Raccontai tutto a Tate: di Leah e della voglia matta che avevo di farle del male.
Lui iniziò a parlare proprio come un vero psicopatico! Mi disse che, se non volevo ucciderla, ci sarebbe stato solamente un altro modo per far sì che smettesse: spaventarla a morte, far sì che abbia paura di me. Dovevo solo portarla qui a casa mia, e al resto avrebbe pensato tutto lui.
‘Come faccio a portarla qui?’ chiesi, disperata.
‘Facile.’ Sorrise. ‘Vai da lei e le dici..’
 
***
‘Senti qua, voglio che smetti di minacciarmi.’
Leah era al suo armadietto, e appena sentì le mie parole si girò di scatto.
‘So cosa vuoi. La droga.’ Lei mi guardò con aria sconvolta.
‘Vieni da me domani per un campione gratuito. Io spaccio, e non sono male. Ho la roba migliore in città.’
Leah fece un sorriso smorto, un perfetto sorriso da drogata: che io presi come un sì.
 
***
‘Lei si fa di coca. Ma io non ho la coca!’ esclamai, esasperata.
‘Non ti servirà, è solo una scusa per portarla qui.’ Disse Tate, cercando di tranquillizzarmi un po’.
‘Dopo di che, se ne andrà a mani vuote e terrorizzata.’ Continuò, sempre con quel sorriso malefico.
Ero un po’ terrorizzata, avevo paura di quello che avrebbe potuto fare Tate. Ma non volevo tirarmi indietro: quella stronza se lo meritava.
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Il campanello suonò: era arrivata.
Aprii la porta e mi si presentò una Leah arrabbiata che pregava per la droga.
‘Dov’è la mia fottuta droga?’ disse in modo molto annoiato, senza degnarmi di uno sguardo. Entrò in casa, sbattendo contro di me di proposito. Restai immobile per un momento, cercando di scacciare l’idea di ucciderla, poi chiusi la porta.
‘Allora?’ esclamò Leah.
‘Seguimi.’ Dissi, freddamente.
Scendemmo giù in cantina, lei davanti e io dietro. ‘Che è questo posto? Sembra una discarica!’ esclamò, senza esitazione.
‘E’ solamente la cantina! I miei mi perquisiscono la stanza ogni settimana, questo è il nascondiglio migliore!’ non riuscivo a credere a quante cazzate gli stavo dicendo, avevo voglia di ridere.
Avanzammo giù per la cantina, al buio. Non si riusciva a vedere niente.
‘Allora, dov’è?’ disse, più infuriata che mai.
‘Proprio dietro l’angolo.’
Girammo l’angolo e arrivammo in una stanza buia. Accesi la luce, come pianificato poco fa, e la vista di Tate a sedere su un dondolo al centro della stanza mi fece rabbrividire.
‘Allora è lei la stronza della coca!’ esclamò, con sguardo ammaliante, da psicopatico.
‘E tu chi cazzo sei?’ chiese Leah, spaventata.
Tate mi disse di spengere le luci, e così io feci. Ero elettrizzata, non vedevo l’ora di vedere Leah scappare a gambe levate.
A luci spente Tate iniziò a gridare, ridendo in un modo che mi spaventò davvero troppo, e anche Leah, che continuava a gridare ‘Che cosa sta succedendo?’. Improvvisamente la luce iniziò ad andare ad intermittenza, e Tate iniziò ad emettere dei suoni terrificanti, non sembrava nemmeno lui. Non si riusciva a vedere quasi niente con quell’effetto alla luce, ma potevo giurare di aver visto qualcosa, qualcosa di non umano.. decisamente qualcosa, non Tate.
Sgranando gli occhi, intravidi l’immagine di Tate scambiarsi con quella di quella cosa ad intermittenza, alzarsi dalla sedia a dondolo e buttare Leah a terra, scaraventandocisi sopra. Ero terrorizzata, la cosa stava andando troppo oltre. Quella cosa poi.. era sovrannaturali. Le mie grida si erano mischiate a quelle disperate di Leah. ‘Lasciami andare!’ lei non smetteva di gridare.
Ero troppo terrorizzata, volevo accendere la luce, ma non riuscivo a trovare l’interruttore. Sentivo una presenza dietro di me, una malefica presenza: quella stessa presenza che mi buttò a terra con una spinta, in un batter d’occhio. Non avendo la forza di rialzarmi, indietreggiai, e appoggiai le spalle alla caldaia. Quella cosa si stava avvicinando verso di me, le sue mani bianche e grinzose erano a pochi centimetri dalla mia faccia: così urlai ancora più forte, mischiandomi a Leah che era ancora distesa a terra.
Ancora scossa dalla paura e dal terrore, cercai in tutti i modi di alzarmi: e quando ci riuscii accesi immediatamente la luci.
La prima cosa che mi saltò agli occhi fu Leah distesa a terra, che si dimenava come non so cosa, con 3 enormi e profondi graffi rosso sangue nella guancia sinistra. Subito dietro a lei c’era Tate, che si dondolava nella sedia a dondolo con un sorriso meschino, come se niente fosse successo.
Leah si alzò immediatamente e, sempre urlando, corse velocemente verso l’uscita della cantina.
‘Aspetta!’ urlai, correndole dietro: ma lei era già scappata, sanguinante.
Mi sentivo strana. Ancora non mi capacitavo di tutte le cose che avevo visto. Avevo gli occhi comi di lacrime, ma non volevo farle uscire. Ero ancora spaventata a morte.
‘Credo proprio che non ti infastidirà più.’ Disse Tate, appoggiato al muro come se niente fosse.
‘Che diavolo era?’ urlai io, spaventata a morte. Potevo sembrare anche un po’ nervosa.
‘Che dici? Mi ha colpito nelle palle e se n'è andata.’ Rispose lui, avanzando sempre di più verso di me.
‘No.. no, io ho visto qualcosa!’ urlai. I miei occhi pieni di lacrime stavano per scoppiare in un pianto senza fine.
‘Ma che.. parli come una matta. E' tutto ok, gliel'abbiamo fatta vedere a quella stronza.’ Replicò lui, andando quasi sulla difensiva.
Si creò un piccolo momento di silenzio: momento in cui potei ripensare a tutte le cose strane che mi erano successe nei precedenti cinque minuti. E avevo preso una decisione. Non volevo entrarci.
‘Vattene! Non ti voglio più vedere!’ urlai, più furiosa che mai. Lo spintonai indietro, allontanandolo da me. Io indietreggiai di alcuni passi, lo guardai con aria spaventata e disgustata, e corsi su per le scale dello scantinato.
Una volta in casa lo sentii urlare ‘Credevo non avessi paura di niente!’.

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Spazio Autore:
Bene ragazzi, spero vi sia piaciuto questo capitolo! Devo ammettere che è stato difficile scriverlo, soprattutto l'ultima scena.. e sarà anche difficile scrivere alcune scene future, ma in qualche modo ce la far; voglio portarla a termine questa fan fiction!
Spero sarete in tanti a leggerla, e le recensione sono ben gradite.. anzi, per favore, fatele lol e ditemi cosa ne pensate :D
Allora ci vediamo non-so-quando con il prossimo capitolo!
Bye bye, guys ♥


ah, e seguitemi su twitter: @xjudasbitch :)
   
 
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