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Autore: AyrinL    03/11/2012    2 recensioni
Il Destino stava facendo ancora una volta il suo corso, e l’avrebbe fatto ancora, e ancora, fin quando i due non avrebbero capito di appartenersi, di essere fatti per stare insieme, che i loro corpi e i loro cuori erano a metà, ed era tutta la vita che andavano alla ricerca del loro pezzo mancante.
Alla fine il Destino compì il suo dovere, guardando sorridente dall’alto i due giovani vivere la loro vita stretti l’uno all’altro, sospirando per come era stato difficile unirli, ma ancora una volta ce l’aveva fatta.
Perché il Destino c’è, esiste, sopra le nostre teste. Bisogna solo essere cechi di cuore per non accorgersi della sua presenza.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Destino.
Secondo i vecchi filosofi il destino si identifica con l’ordine necessario del mondo e con la concatenazione casuale che lega gli esseri umani tra loro. E poiché il Destino è qualcosa di trascendentale, proveniente da un Dio non ben ancora identificato, esso non è un’entità malefica, ma una struttura benefica.
Sebastian non ci aveva mai creduto al Destino, a tutta quella storia del cosmo che gira e rigira, che si ribalta, si frantuma, si ricompone, per poi tornare sempre ad un unico punto, un’unica origine, un unico fine, un’unica meta, un unico niente, o forse un unico tutto.
Sebastian era per il rincorrersi, per le persone che insistono, per quelli che hanno tutto il mondo contro eppure continuano ad andare avanti a testa alta.
Eppure lui nella sua vita non aveva mai lottato abbastanza.
Subiva le follie dei suoi genitori, accettava di essere spinto da un luogo all’altro, da Parigi in America, dall’America a Parigi, fin da quando era bambino. Aveva avuto sempre tutto, qualsiasi capriccio futile accontentato.
Quando divenne adolescente e il suo corpo cambiava di giorno in giorno, s’accorse che il corteggiamento e il portarsi a letto un uomo, per poi scaricarlo il mattino successivo, era un modo perfetto per sentirsi per una volta potente. Per una volta poteva scegliere lui cosa fare. Per una volta non era lui quello ad essere scaricato per il weekend, come succedeva ogni settimana con suo padre, troppo impegnato al lavoro.
A lui bastava quel tipo di vita.
Eppure, Sebastian non sapeva che il Destino in realtà esisteva, e più volte si era inflitrato nella sua vita.
Quando a soli quattro anni, in una fresca giornata di primavera, al parco giochi di Lima, quando quella settimana era in visita dalla nonna, un piccolo bambino dai folti capelli ricci gli offrì una barretta di cioccolato fondente, e anche se lui odiava il cioccolato fondente accettò, perché gli sembrava scortese. E poi quel bambino sembrava così gentile.
Quando a dodici anni, quello stesso ragazzino con gli occhi color miele era in gita a Parigi con i suoi genitori, seduto al caffè ordinò una tazza di cioccolata calda gusto rigorosamente fondente, e nello stesso momento Sebastian era proprio seduto dietro di lui con un amico e, sentendo l’ordinazione, si chiese come poteva la gente bere quella robaccia amara.
Quando a diciassette anni, nella sua divisa della Dalton, in quella caffetteria a suo parere insulsa, indugiava sul bancone indeciso sul cosa prendere, perché quella mattina si sentiva strano, sentiva che stava per accadere qualcosa, e i suoi occhi si posavano, quasi come attratti da una calamita, sulla barretta di cioccolata fondente avvolta nella carta blu e argentata.
Forse era il momento di provare quella strana cosa, chissà, magari non era più come quando da bambino la sputava per terra e gli restava in bocca il sapore amaro.
La comprò, credendosi pazzo, chiedendosi il perché di quello strano gesto.
Tornò alla Dalton, maledicendosi del suo ritardo per colpa di una barretta di cioccolata.
Solite facce, solite aule, solita routine.
Proprio mentre gli Usignoli stavano per provare, gli venne un certo languorio. Le sue mani scivolarono nelle tasche, e proprio mentre  stava per strappare via la carta, i suoi occhi caddero su due occhi color miele.
Il suo viso, il suo corpo. Quelle iridi cangianti che sentiva di aver già visto da qualche parte.
Il Destino stava facendo ancora una volta il suo corso, e l’avrebbe fatto ancora, e ancora, fin quando i due non avrebbero capito di appartenersi, di essere fatti per stare insieme, che i loro corpi e i loro cuori erano a metà, ed era tutta la vita che andavano alla ricerca del loro pezzo mancante.
Alla fine il Destino compì il suo dovere, guardando sorridente dall’alto i due giovani vivere la loro vita stretti l’uno all’altro, sospirando per come era stato difficile unirli, ma ancora una volta ce l’aveva fatta.
Perché il Destino c’è, esiste, sopra le nostre teste. Bisogna solo essere cechi di cuore per non accorgersi della sua presenza.  
   
 
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