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Autore: Phoebus    03/11/2012    1 recensioni
1287, nel cuore dell'Italia medievale un amore rischia di sconvolgere alleanze politiche e una famiglia intera. Un amore forte, nato per caso, ma destinato all'eternità.
Al tempo delle dame e dei cavalieri, una giovane ragazza bella e splendente come una vera dama e un'aristocratica non proprio nobile come un cavaliere, incroceranno i loro destini per legarsi nell'anima...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Una fioca luce entrava nella grande finestra davanti al letto, sprigionata da un falò sottostante, dove nitide risa e allegri schiamazzi erano l’unica melodia ascoltabile.
 
 
 
 
 
 
 
Ma in quella calda stanza non c’era posto per nient’altro che non fosse l’amore…lui, solo lui la riempiva…e così tanto da stringere sempre di più quelle due ragazze stese su un letto incantato…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“ti piacciono così tanto i miei capelli?” – erano sdraiate, una al fianco dell’altra, ma Julia proprio non ce la faceva a non accarezzare quei ricci d’oro rosso della compagna.
 
“eh si ma…ti do fastidio? – chiese premurosa -…se vuoi mi fermo…”
 
“no! Certo che no Ju…vorrei…vorrei che continuassi per sempre…” – Lena, dal canto suo, si era proprio persa per Julia.
 
Avevano appena fatto l’amore…
 
 
 
Guardarsi e amarsi così…senza chiedere altro…non c’era cosa che desiderassero di più…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La rossa si sistemò su un fianco e, sorprendendo la sua amata, la baciò delicata sulla fronte…come volesse proteggerla, per poi prenderla dolcemente tra le sue braccia e cullarla, stretta.
 
Julia la lasciò fare. Non l’avrebbe fermata per nulla al mondo…stava troppo bene con lei; Lena la stava cambiando, le stava insegnando ad essere come lei non era mai stata. E di questo gliene sarebbe sempre stata grata.
 
Se era una persona migliore, lo doveva a lei...a quel turbine che sentiva quando erano insieme…
 
 
 
 
 
 
 
Fu proprio Julia a rompere quell’idillico silenzio, senza però smettere di stringersi a Lena.
 
“posso sentire i battiti del tuo cuore sai…” - forti e scanditi come rimbombi di vento che solo la mora poteva ascoltare.
 
“e cosa senti?...dice qualcosa in particolare il mio cuore? – Julia la guardò stranita - …non lo senti? Ascolta bene Ju…”
 
“cosa Lena? Cosa non sento?” – poggiò ancora l’orecchio sul petto della rossa, all’altezza del cuore.
 
“ecco, ecco senti! – finse di concentrarsi -…Ju…lia…Ju…lia…hai sentito adesso??” – sorrise.
 
“tu sei pazza!” – e poi si baciarono piene di passione, mentre ancora i loro corpi nudi si avvolgevano sotto quelle leggere lenzuola.
 
 
 
 
 
“sì, sono pazza di te…credi sia un male?” – sorrideva contenta Lena, stava toccando il cielo, perché il suo cielo era Julia.
 
“no…anzi ne sono felice… - poi la mora afferrò quel quaderno, che tanto serbava con cura e lo aprii, mostrandolo a Lena…-…in questo quaderno…ho scritto delle poesie…- arrossì visibilmente -…e ce ne sono alcune…che…che sì insomma…parlano di te…”
 
Lena fu colta da un immenso stupore!
 
Era vero, c’erano davvero delle sue descrizioni! Di come camminava, di come si vestiva…
 
“ma è…è bellissima questa Ju! Allora aveva ragione tua sorella…scrivevi poesie che parlavano di me…io non so…non so che dire…” – era emozionata, le tremava quasi la voce.
 
“non dire niente amore mio…non dire niente…” – le tolse quel quaderno dalle mani e riprese a baciarla, accarezzandole la lingua con la sua.
 
Erano in un’altra dimensione, in un altro spazio…in un mondo in cui c’erano solo loro, in cui non vi poteva esistere altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le voci della gente sotto attirarono la loro attenzione e la mora, per un momento, cambiò umore.
 
Il suo viso mutò di colpo e i suoi occhi divennero come più scuri, più tenebrosi.
 
 
 
“che c’è? Qualcosa non va? Come mai ti sei fermata così di colpo?” – Lena si era accorta che qualcosa le sfuggiva, che qualcosa forse non andava.
 
“mi è venuto in mente che…- sembrava decisa a parlare, ma subito si bloccò -…no niente…”
 
“no! Ora me lo dici Volkova!” – la rossa sorridendo e desiderando sapere cosa passasse nell’anticamera del cervello dell’altra, si mise seduta a cavalcioni su Julia per farla parlare e le immobilizzava le mani, avvicinando sempre più le labbra alle sue.
 
“ecco vedi…io credo che questa…che questa sia la nostra prima notte insieme…e forse anche l’ultima…” – il suo sguardo rimase serio.
 
Lena rimase pietrificata un attimo.
 
“ma cosa dici? Perché dovrebbe essere l’ultima? Abbiamo una vita davanti a noi! E io voglio passarla con te…”
 
“anch’io lo vorrei, davvero…ma non credo sarà possibile e io desidero che tu sia felice…magari con un’altra persona che ti ami…anche… - prese il viso di Lena tra le sue mani -…anche più di me…”
 
 
 
 
 
 
 
Lena non capiva e inizialmente si sentì usata; forse Julia non era poi così presa da lei, forse era stato solo sesso, magnifico sì, ma solo quello; mille dubbi l’assalirono…ma poi intuì perché parlava così. Capì che c’era ben altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Julia…io non voglio qualcun altro. Non me ne frega niente! Io voglio te…e qualsiasi difficoltà incontreremo, la affronteremo insieme…tu ed io! Dimmi che anche tu lo vuoi…” – la guardava speranzosa, e poggiò un piccolo bacio sulle labbra della mora.
 
“certo che lo voglio anch’io, ma tu promettimi che…se mai dovesse accadermi qualcosa, qualunque cosa…andrai avanti con le tue forze e starai lontana da tutti coloro che cercheranno di confonderti…perché credimi ce ne sono molti! – Lena aggrottò la fronte, non riusciva a decifrare bene quello che Julia le stava dicendo, ma ora non le importava…e fu lei, in quell’attimo, a poggiarsi sul petto di Julia desiderosa solo di essere protetta -…no Lena! Me lo devi promettere!” – l’altra non demordeva.
 
“si…te lo prometto Ju…ora però ti prego…stringimi…” – si abbandonò sul petto della mora, e l’altra la strinse forte a sé.
 
Niente poteva dividerle quando erano insieme, niente. Perché erano una cosa sola…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mattino seguente, prime luci dell’alba.
 
Il cortile era spopolato, ormai tutto taceva per dare spazio al riposo. Al meritato riposo.
 
Si scorgeva solo un piccolo movimento…
 
Due uomini, non ancora andati a dormire dopo la gran festa, si salutarono calorosamente nel centro della piazza che aveva accolto tutta quella folla la sera prima. Qualcosa si aggirava per le loro menti.
 
Il resto del paese era tranquillo, quieto; dormivano tutti, fatta eccezione per i contadini mattutini che ripresero a coltivare i loro campi, dopo la guerra vinta.
 
 
 
 
 
 
 
Uomo: “ehi Ferdinand! Allora com’è andata questa bella nottata eh?” – abbracciò fraternamente l’amico, che rispose con un gran sorriso furbo.
 
Ferdinand: “bene! Molto bene, mio caro amico! E credo che questa giornata andrà ancora meglio…oggi siamo noi i padroni di noi stessi finalmente! Niente principi, né re…né tantomeno duchi! – pronunciò con particolare astio quella parola -…Possiamo decidere da noi cosa sarà della nostra terra!”
 
Uomo: “mm…da come parli credo proprio che tu abbia già in mente qualcosa, giovanotto!” – un po’ brillo, guardò lungimirante il compagno.
 
Ferdinand: “diciamo che un’idea ce l’ho e credo che sarà approvata da tutti i nostri compaesani…”
 
 
 
Proprio in quel momento passò per il centro Giacomo, appena alzato, dopo aver riposato per qualche ora con Anna…avevano ballato tutta la notte e quasi sicuramente le ore dopo, le avevano passate dormendo.
 
Era stanco e affamato, ma salutò gentilmente i due, fermandosi a chiacchierare con loro.
 
 
 
Giacomo: “buongiorno ragazzi! Già svegli?” – lui sveglio non lo era poi molto.
 
Ferdinand: “beh…si dà il caso che noi abbiamo dormito…soli!” – l’altro rise sotto i baffi.
 
Giacomo: “non credo che tu sia stato così solo! Comunque non ho fatto nulla di quello che immagini! Ero troppo stremato… - cambiò discorso, visibilmente imbarazzato -…di cosa stavate parlando di prima mattina? Sentiamo…un governo provvisorio? Chiedere aiuto a qualche villaggio vicino?” – non si aspettava certamente la risposta che poi ebbe.
 
Ferdinand: “stiamo pensando che dovremo dare la giusta punizione a quella sorta di Comandante dei miei stivali.” – Giacomo si svegliò tutto di colpo, quasi trasalendo!
 
Uomo: “si! Sarebbe proprio una buona idea! Dopo tutto quello che ci ha fatto passare!”
 
Giacomo: “no! Julia non sarà toccata. – intervenne fermo, deciso -…Ci ha aiutato nel combattimento e io credo che se non fosse stato per lei e il suo arco, le mura sarebbero state prese di sicuro dai Borboni. Quindi non abbiamo nulla contro di lei, anzi dovremo ringraziarla!” – non avrebbe mai permesso a Ferdinand di fare quello che aveva detto.
 
Ferdinand: “guarda che non ha combattuto solo lei! C’erano altri mille e più uomini! Contadini! Che hanno rischiato di morire e di lasciare le loro famiglie, molti sono anche morti…quindi non vedo perché tu difenda così tanto quella stronza! Merita di morire!” – era irremovibile, rabbioso.
 
Giacomo: “anche lei ha rischiato di morire in combattimento. E poi punirla per cosa? Ha combattuto per noi…e ora non rappresenta più un pericolo, non ha nessuna pretesa.” – stavano per azzuffarsi tra loro, erano sempre più vicini e contrastanti.
 
 
 
Ma Giacomo cercava, comunque, di restare calmo.
 
 
 
Ferdinand: “non ricordi cosa abbiamo dovuto passare per colpa sua e della sua famiglia??? Quante tasse ci imponevano di pagare! E se qualcuno non aveva i soldi, ricordi qual era la loro risposta?? Te la ricordi!?”
 
Giacomo: “veniva ucciso…” – rispose a bassa voce, abbassando lo sguardo.
 
Ferdinand: “ecco! E tu ora non vuoi fargliela pagare?? Devono crepare! E lei sarà la prima! Non credo che il popolo mi dirà di no! – era sicuro e pieno di sé, ed era impossibile dargli torto -…ora scusate ma devo andare. Ho qualcosa da organizzare.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Detto questo se ne andò, a passo veloce e fiero; mentre intorno le botteghe iniziavano il loro lavoro.
 
Giacomo rimase impassibile, zitto; anche lui ne aveva passate tante, ma aveva conosciuto Julia e l’ammirava ora…per quanto assurdo potesse sembrare. E poi c’era Lena…lei amava il Comandante, le si sarebbe spezzato il cuore a quella notizia.
 
Decise così di non parlarne ad Anna, non subito; doveva far in modo che Ferdinand non riuscisse nel suo intento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le due ragazze si alzarono, a giorno inoltrato.
 
Dopo un “lungo” saluto, Lena tornò da sua madre. Camminava a due metri da terra e sognava ad occhi aperti…era felice, dentro e fuori. Avrebbe urlato al mondo intero il suo amore, avrebbe fatto qualsiasi cosa per Julia…la sua Julia.
 
La mora, invece, restò a palazzo e, con l’aiuto di Bernadette tornata il mattino, racimolò alcuni vestiti, lasciando il resto lì.
 
 
 
“questo padroncina lo portiamo via? È la giacca che avete indossato al ballo dagli Antici l’ultima volta…vi stava d’incanto! Ricordo come vi guardavano tutte le signorine di corte! E anche i giovanotti…Io dico che dovreste prend…” – non la fece terminare.
 
“no.” – e continuava a prendere le cose più importati.
 
“ma padroncina…eravate meravigliosa con quest’abito rosso! Vi slanciava e vi faceva anche più grande!” – allora Julia lasciò tutto e si voltò alla ragazza, facendole uno sguardo molto più che serio!
 
“ho detto no. Io da oggi in poi non appartengo a nessuna casata e rinuncio ai miei titoli, questi abiti prendili tu. Vendili e quello che ne guadagni dallo a chi ne ha bisogno.” – il loro dialogo finì così, anche perché Bernadette rimase talmente frastornata da quella risposta che non parlò più!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lena tornò dalla madre e rimase con lei per raccontarle quello che le era successo la sera prima…
 
Si era innamorata…e non avrebbe rinunciato per nulla al mondo a quell’amore.
 
La madre la capì; certo, Julia non era l’ideale di persona che la signora Teresa avrebbe voluto per la figlia, ma l’importante era che Lena fosse felice, e lo era, perché ogni volta che parlava della notte passata le si illuminavano gli occhi.
 
Non poteva essere più felice di così…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono i giorni, Julia e Lena continuavano a vedersi e ormai il paese sapeva di loro…sapeva di questa umilissima ragazza, figlia di una povera panettiera, che stava cambiando l’austero Comandante.
 
E, a gran meraviglia delle due, nessuno controbatté…anzi la gente si affezionò subito alle due, tanto che giravano per le strade senza problemi. E venivamo anche fermate dalle signore anziane a dagli artigiani che si complimentavano con loro, perché quello era il segno tangibile del cambiamento che c’era in paese.
 
 
 
Lena: “cosa hai intenzione di fare oggi pomeriggio? Mia madre mi ha pregato tanto di invitarti da noi per la cena…che ne dici? Se mi dici di no, credo mi rimprovererà a vita!” – si tenevano dolcemente per mano.
 
Julia: “per me va bene, verrò però dopo il tramonto…ora vorrei andare nel bosco ad esercitarmi con l’arco, è un po’ che non lo faccio più…”
 
Lena: “allora posso dirlo a mia madre, sarà contentissima!” – proprio in quell’attimo, due volti scontrosi incrociarono lo sguardo di Julia; lei li percepì subito, ma non diede loro molta importanza e proseguì.
 
Se il suo sesto senso non la ingannava, presto avrebbe scoperto chi erano quei due sconosciuti.
 
Anna: “ragazze! – salutò affettuosamente le due -…Dove siete dirette? Non è che potreste accompagnarmi in chiesa da Padre Marco…dovrei portargli delle cose…”
 
Lena: “ma certo Anna! – si rivolse alla mora -…Amore tu vieni?”
 
Julia: “no andate pure, ne approfitto per andare al bosco…ci vediamo dopo, luce dei miei occhi…- e la baciò -…ciao Anna, a presto.”
 
E si incamminò verso le scuderie del suo palazzo, dove avrebbe preso il suo cavallo e l’arco, prima di dirigersi verso la boscaglia.
 
Lena rimase per un po’ a guardarla andare via…poi per fortuna Anna la ridestò!
 
 
 
“si vede proprio che c’è qualcosa di forte tra voi! Vi incantate a guardarvi…” – Lena a quelle parole, la prese sottobraccio.
 
“già…ma ora forza andiamo! Sennò Padre Marco ci sgriderà per il ritardo, come sempre!” – e ridendo si allontanarono anche loro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eppure quelle due strane figure continuavano a fissare le ragazze, che allegramente camminavano…
 
Nessuno li riconobbe, nessuno; indossavano un saio talare e all’apparenza sembravano tranquilli pellegrini, venuti a passare una giornata o poco più e a ristorarsi, ma non era così.
 
 
 
“quelle due sono amiche di vostra sorella insieme ad altri sciagurati, ma non preoccupatevi non avete nulla da temere. Non possono niente contro i vostri mercenari.” – il più alto parlava piano, per non farsi sentire da altri.
 
“bene. Allora niente potrà impedirmi di riavere Spoleto. Né questa marmaglia di rozzi contadini, né tanto meno mia sorella. Questa è la prima parte della ricompensa che ti spetta. – lanciò all’altro un sacchetto colmo di monete d’argento -…il resto l’avrai a lavoro compiuto.”
 
Detto ciò, il giovane Duca si allontanò cauto ed uscì dalle mura per dirigersi verso nord; l’altro incappucciato, dopo essersi guardato ben intorno, si tolse velocemente il saio e tornò tra la gente, come se niente fosse.
 
Era uno di loro.
 
  
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