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Autore: BlueSkied    04/11/2012    0 recensioni
Emily Rochester, giovane addestratrice di cavalli dal passato difficile, è assunta nelle prestigiose scuderie LaMosse, dove, tra adolescenti teneri e stravaganti e padroni senz'anima, il suo cuore si dividerà tra due modi diversi, ma complementari, di amare qualcosa e qualcuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Non scrivere, mai


La prima cosa che ho notato, stranamente, appena rientrata in casa, è stata la foto del mio matrimonio, appesa accanto al letto. La tengo lì più per mantenere le apparenze, che per un reale legame affettivo. Ci sono talmente abituata che non la guardo nemmeno più, ma i miei occhi ci si sono posati subito.
Ho provato uno strano vuoto alla bocca dello stomaco, in totale contrasto con il senso di felicità che mi ha pervaso tutta la notte. Sono agitata e non so perché.
Florence, con il suo ciarlare della gara, non fa che rendermi ancora più nervosa. Dio, quando questa stupida giornata sarà finita, sarò contenta.
La solita concitazione che precede eventi del genere, accompagna tutto il viaggio in macchina fino all’arena. Marine siede tutta impettita, ancora più gongolante del solito.
L’abbiamo visto tutti, quel suo cavallo è una macchina da guerra, ha già la vittoria in tasca. Il concorso completo è più impegnativo di quello che ha fatto finora, ma non si preoccupa affatto.
Albert è piuttosto silenzioso, cosa abbastanza rara, e non infastidisce sua sorella come al solito. Continua a lanciarmi occhiate, senza alcun motivo e io lo lascio perdere.
Appena arriviamo, Ashton prende la nipote e la porta ai box, ignorandoci del tutto. Queste sono le occasioni in cui può sfoggiare il suo fanatismo e la sua smania di competere, so com’è fatto.
Dovrei andare a fare la parte della signora LaMosse e spettegolare con le altre primedonne già riunite, ma non posso impedirmi di cercare Emily con lo sguardo, che però deve essere già a occuparsi dei cavalli.
Non è mai stata come ieri notte. Non so cosa darei per essere con lei, invece che qui.
Con un sospiro rassegnato, mi costringo ad essere gentile con quell’oca giuliva di Maud Porter, che parla delle qualità del figlio a voce altissima, quasi volesse venderlo all’asta.
Florence, dal canto suo, non intende tirar fuori una modestia che, d’altronde, non le appartiene e comincia a decantare le possibilità di vittoria di Marine a voce ancora più alta. Sembrano essersi dimenticate entrambe che i loro figli sono fidanzati. L’inizio delle chiamate per il dressage interrompe il battibecco, e dimostra davanti a un pubblico ancora più ampio la netta superiorità di Hades.
La folla applaude ammirata alle sue movenze eleganti, ma io riesco solo a vederlo mentre sbalza di sella Emily.
Al termine della gara, l’ego di Marine è così gonfio da sollevarla da terra. Ed è solo la prima prova.
Mi distraggo completamente durante i cinque chilometri del cross- country, perché Emily è poco lontana da me, intenta non a osservare la gara, ma a guardarsi intorno, ansiosa come mai l’ho vista. Non ho modo di parlarle, e tutto questo non fa che agitarmi ulteriormente. C’è qualcosa che decisamente non va.
Durante il pranzo, rischio seriamente di rovesciare il piatto in testa a Florence, le cui chiacchiere inutili mi trapassano il cervello come un tarlo. Il sorriso di circostanza che ho sul viso deve sembrare una paresi, ormai, ma naturalmente a nessuno importa. Continuo a sorbirmi complimenti e pettegolezzi come un cocktail amaro, senza sentire una sola parola.
Il pomeriggio scorre lentissimo, fino al salto a ostacoli, quando Marine e Hades, stracciano la concorrenza per la terza volta. Spero che, finalmente, questo strazio sia finito, però c’è la cerimonia di premiazione e poi ci sarà il ricevimento, ma non ne posso più. Guardo mia nipote sollevare la coppa dorata quasi con noia, distribuendo sorrisi sfacciati a tutti, e spero che ora sia soddisfatta.
Non è Art, suo padre, a raccogliere le congratulazioni e a spingerla davanti agli obiettivi dei fotografi sportivi, ma Ashton, che guarda i suoi concorrenti con occhi da squalo, lo sguardo del vincitore che dissacra il cadavere del nemico. Questa gara è il lasciapassare per le competizioni nazionali, e il nome dei LaMosse spiccherà sugli altri ancora una volta.
Non m’interessa niente di tutto questo. Da qualche parte, in questa arena, Emily si tormenta per qualcosa e io non posso fare niente per lei. Non ho mai odiato il mio ruolo quanto adesso.
 

A un certo punto, Roman viene a chiamarmi. Stiamo quasi per salire in macchina per tornare a casa e dare gli ultimi ordini per il ricevimento, ma lui dice che Ashton mi vuole parlare subito. Dico a Florence di andare, assicurandole che Marine e Al torneranno con Art, e mi lascio accompagnare fino ai box.
L’atmosfera non potrebbe essere più diversa da com’era poco fa. La gente lì dentro ha sguardi tirati, imbarazzati, c’è un brusio come di api infuriate. Mi fissano, come chi guardi qualcosa di orrendo che non ha mai visto prima, e la terra comincia a dondolarmi sotto i piedi. Cosa sta succedendo. Cosa sta succedendo. Cosa sta succedendo.
Roman mi spinge in uno degli uffici dei giudici, dove ci sono già Ashton, Marine e…Emily. Smetto subito di farmi domande. Mio marito chiude la porta dietro di me e mi fronteggia: - Elizabeth, ho saputo qualcosa d’increscioso che riguarda te e questa donna. Vorrei che tu mi dicessi che non è vera una sola parola – dice, calmo, distaccato, come se stesse trattando un affare.
Sento le mie labbra tremare, vorrei negare tutto, vorrei respingere ogni accusa, non per me, ma per lei. Non riesco a dire niente. La guardo, ma lei tiene gli occhi puntati su Ashton, con una terribile determinazione: – Sì, è tutto vero – dice, in tono fermo, senza la minima esitazione. L’espressione di Marine mi fa venire voglia di picchiarla. Non so come abbia fatto a scoprirlo, ma deve essere stata lei a denunciarci.
Ashton chiude gli occhi, infastidito. Non c’è traccia di dolore o delusione nel suo gesto. È solo un fastidio.
– Ovviamente – esordisce, guardando Emily – Lei comprende che questo rende inopportuna la sua presenza in scuderia. Non saranno divulgati i motivi del suo licenziamento, e avrà la liquidazione che le spetta – le assicura. Lei annuisce, inespressiva, poi porta lo sguardo su di me, finalmente.
Quello che vedo mi spezza il cuore. Lo sapeva. Sta facendo tutto questo per tutelarmi, ma io sono stanca di essere impotente e inascoltata.
– Ashton!- esclamo, pretendendo la sua attenzione, e lui mi guarda, meravigliato: - Io l’amo. Come mai ho amato nessuno. Non pensare di risolvere così la cosa, non riuscirai a tenermi a lungo lontana da lei! Fai pure finta di nulla, non cambierò idea. L’amo. Sono innamorata di lei, e questo è qualcosa che non puoi controllare a tuo piacimento! – dichiaro, furente.
Lui mi scruta come se non mi avesse mai visto e probabilmente è così.
Non fa in tempo ad aprire bocca, che qualcuno comincia a battere colpi sulla porta con violenza.
Ashton sussulta e l’apre in fretta: - Non voglio essere disturbato!- sbraita, ma è Art che lo afferra per le spalle e lo scrolla:
- Dannazione, Ash! – grida – Il cavallo è impazzito un’altra volta, ha sfondato il box! È tutta colpa tua, lo sapevi che era pericoloso! –
La prima a cogliere davvero la situazione è Emily, che corre fuori, seguita da Marine. Io, Ashton e Art ci scambiamo uno sguardo confuso, poi andiamo loro dietro.
Il senso di deja-vù è terribile. Hades, come una furia nera, corre fra i box, terrorizzando gli altri cavalli.
Molti uomini cercano di fermarlo in ogni modo, gridando, ma la bestia scalcia, completamente fuori controllo.
Lo strillo di Marine mi ghiaccia il sangue nelle vene: - Al!-
Tutti si voltano nella direzione in cui indica, e vediamo Albert dritto sulla traiettoria del cavallo. Non so perché sia lì, e non m’importa. Nessuno può salvarlo. Da vile che sono, mi copro gli occhi e mi volto, non potendo far nulla per far cessare il rombo assordante delle urla intorno a me. Non ho mai sentito Marine gridare così.
Il silenzio scende di botto, come una frana, e riapro gli occhi all’improvviso, terrorizzata.
Due tizi stanno costringendo il cavallo a tornare indietro e da una parte, scosso dai brividi, c’è mio nipote spaventato a morte ma illeso. Accanto a lui, scarmigliata e con le braccia graffiate dalla scivolata, c’è Emily.
Non vedo altro, perché le gambe cedono e i miei sensi spariscono.
 

Mi risveglio a casa, in camera mia. È sera, e sento la musica dai piani inferiori. Il ricevimento deve essere iniziato già da molto. Mi alzo a sedere e mi accorgo che accanto a me c’è Ashton.
Mi porge un bicchiere d’acqua, una pastiglia e indica un abito sul servo muto: - Appena riesci ad alzarti, vestiti e scendi. I tuoi ospiti ti stanno aspettando, Elizabeth – dice, asciutto. Lui è in smoking e sorseggia un Martini.
Non prendo il medicinale, ma bevo e lo guardo: - Dimmi che non l’hai già mandata via – lo supplico.
Mio marito scuote la testa: - Ora devi smettere di pensarci. È stato un errore, tutto qui. Ti vestirai e tornerai ad essere la signora LaMosse. Nessuno ne dovrà sapere nulla. Quella ragazza non è più affar tuo – dichiara, calmo in modo snervante.
Scaglio il bicchiere attraverso la stanza e rimango a guardare i frammenti di vetro sul tappeto, prossima a singhiozzare:
- Piantala di startene lì come se l’intera faccenda non ti riguardasse!- urlo, frustrata e disperata – Se non t’importa niente di me, perché vuoi che rimanga? Pensi che non sia capace di andare a cercarla, adesso, di andarmene con lei?- sbraito, piangendo davvero.
La testa mi pulsa, ma è niente in confronto allo squarcio che ho dentro. Ashton mi fissa, odioso: - Calmati, ora. Questo è inopportuno e imbarazzante. Hai ragione, Elizabeth, non m’importa cosa pensi o come ti senti, m’importa degli obblighi che hai verso di me. Senza un regolare divorzio non ti lascerò andare proprio da nessuna parte. Non infangherai il nome dei LaMosse con una torbida storiella viziosa. Una donna. Devi essere impazzita, mia cara. È così…metropolitano – sentenzia, prendendo un sorso con la massima tranquillità e facendosi pure una risatina.
Se non fossi così stanca e svuotata, gli tirerei un pugno. E quello che mi fa più rabbia, è che so di non esserne capace. Non riuscirei a gettarmi tutto alle spalle, così, e scappare insieme a Emily.
Nonostante tutto, resto la viziata, ricca, stupida Elizabeth LaMosse. Ma non posso lasciarla andare via così.
Mi arrendo, apparentemente. Mi preparo, scendo al ricevimento, ascolto le chiacchiere, riesco perfino a fare i complimenti a Marine, che però è pallida e sconvolta quanto me. Credo che inizi a provare almeno un minimo senso di colpa.Appena restiamo da sole, mi chiede perdono. Non so se ci riuscirò. 
Quando la festa è al suo culmine, come ho fatto una sera di pochi mesi fa, sguscio fuori.
I ragazzi Pryce sono davanti alla sua stanza, e mi rendo conto che lei ha chiesto loro di aspettarmi qui.
Mi dicono che è al cancello, e tutti e due hanno gli occhi rossi e gonfi.
Corro, volo.
Emily Rochester è appoggiata al fianco di una macchina presa in prestito, con un trailer agganciato.
Sta fumando, ma appena mi vede, getta la sigaretta e mi si avvicina. Vorrei abbracciarla, ma lei mi tiene a distanza, per il momento.
– Mi dispiace, non c’era niente altro da fare – dice, guardandomi dritta negli occhi con quel suo sguardo chiaro e argentino.
Mi prende le mani: - Ce la farai, lo so. Sarà difficile, ma puoi farcela –
Scuoto la testa, piangendo senza ritegno, ma lei mi accarezza i capelli: - Non avere paura. Ora ti dico cosa dovrai fare –.
Mi porge una busta sigillata: - Qui dentro c’è l’indirizzo di dove andrò a stare. Se un giorno tu dovessi capire che non sarai mai pronta per venire da me, scrivimi una lettera. Se sarai pronta, invece, non scrivere, ma vieni. Mi troverai là ad aspettarti – dice, mettendomi la busta in mano.
Non ce la faccio a vederla andare via, e mi avvinghio a lei: - Non è possibile che non c’è altro che possa fare. Io non voglio restare qui – mormoro, la voce rotta.
Lei mi scruta, assumendo di nuovo il cipiglio da falco: - Ma devi. Non per me, non per tuo marito, ma per te stessa. Tu sai di essere legata a questo posto, ma un giorno riuscirai a recidere quel legame. Quando quel giorno arriverà, vieni da me – sussurra, a un soffio dalle mie labbra.
– Cosa posso fare, nel frattempo?- le chiedo, completamente smarrita.
– Non scrivermi, mai- risponde.
Ci scambiamo un ultimo bacio, che sembra durare troppo poco.
Hawkeye, nel trailer, sbuffa piano, quando lei sale in macchina.
Anche quando è ormai lontana resto lì, a guardare la strada.
I cavalli di fuoco hanno portato via l’unica persona che abbia mai amato e dovrò percorrere un sentiero difficile, per ritrovarla.
  
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