Fanfic su attori > Cast Supernatural
Ricorda la storia  |      
Autore: Para_muse    05/11/2012    1 recensioni
Questo shot l'ho scritto perchè ho pensato che mancasse qualcosa alla storia, indovinate cosa? Bhè proprio il pezzo della vera vacanza a Miami che i nostri ragazzi di "Racchiusi in un...click." non hanno raccontato con le mie mani. Perciò ho elaborato qualcosa in qualche rigo, un po' diverso del capitolo insomma..., che spero possa piacervi... e stupirvi
CAPITOLO CORRETTO!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie '"The Second Chance" - Racchiusi in un...bookstory.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia fa parte della FanFiction dal "Cast Supernatural": Racchiusi in un...click.
Dalla raccolta: "The Second Chance" - Racchiusi in un...bookstory.
(vi consiglio di non leggere questa Missing Moment perchè contente SPOILERS)

 



Missing Moment dal Capitolo 8
 
The Real Vacancy of Year

- Mi dispiace... - riuscì Jensen a mormorare con i denti sporchi di sangue, prima che chiudesse gli occhi svenendo.
E gli piansi addosso, stringendolo convulsamente in un abbraccio dove cercavo amore e perdono. Dove cercavo qualcuno che potesse confortarmi, che mi potesse dire "sono qui, non preoccuparti, passerà, è tutto okay..."
- Jensen - singhiozzai, piano scuotendolo appena. Senti i suoi lenti sussulti e respiri monotoni, mentre andava e veniva dalla riva buia. Scesi dal suo corpo, e mi inginocchiai accanto a lui, poggiando le mani sul petto, sulla camicia, sporca qua e là di sangue. Lo afferrai scuotendo forte.
- Jensen, ti prego... svegliati! - respiravo a scatti, un po' per la paura di perderlo, un po' perché i singhiozzi e l'asma che mi assalivano quando ero nervosa. - Jensen, ti prego... - mormorai, poggiando la testa sul suo petto, con l'orecchio vicino al cuore, dove c'era un battito lento ma quasi regolare. Mi alzai di nuovo sulla schiena e lo scossi ancora. Mi portai vicino al suo viso e lo appoggiai alle mie ginocchia, carezzandogli e battendogli le guance ogni tanto con qualche schiaffo leggero, per farlo rinvenire. - Non devi dormire, stupido! Non devi lasciarmi da sola, mi fai spaventare... - singhiozzai, mentre altre calde lacrime scorrevano a bagnarmi il viso, e bagnare il suo.
Decisa a non stare con le mani in mano, mi alzai e lo afferrai per la camicia, tirandolo su per il busto, strascinandolo per il parquet della stanza. Quando arrivai vicino al letto, lo afferrai solo per un braccio, mettendomelo in spalla e tirandolo su di peso, lo gettai sul letto per lato invece che per lungo.
Decisa a farlo stare più comodo, gli tolsi le scarpe, gli uscii completamente la camicia dai pantaloni, e aprii il bottone di quest'ultimi. In fine gli girai i piedi per farli poggiare sul letto, e corsi in bagno ad affare alcol e quello che trovai per farlo stare bene. Lo lavai, facendogli una spugnatura veloce, e gli tolsi il sangue di dosso, non facendo però granché. Prima che potessi tamponargli il labbro spaccato con un po' di alcool, tirò un sospiro secco e aprii gli occhi, spaesato.
- Jensen... - sussultai, lasciando andare cotone e alcol, abbracciandolo di slancio forte. Jensen iniziò ad ansimare, e mi tirai indietro preoccupata. - Scusami sto soffocando... mi - mi viene da vomitare... - sussultò, sputando qualcosa sulla camicia. Sgranai gli occhi, afferrai la bacinella piena di acqua e la tenni ferma, facendo sporgere il viso di Jensen verso il contenitore.
- Su, ce la fai... - mormorai, carezzandogli la schiena, mentre vomitava l'alcool che aveva bevuto al pub.
- Elisabeth... - sussultò, appoggiandosi di colpo sul cuscino, chiudendo gli occhi.
- Scusami Jensen - mormorai, avvicinandomi al suo viso. - Non volevo farlo, mi dispiace così, tanto, ma dimmi ti prego, posso fare qualcosa per te? Qualunque cosa e sarà fatta... - dissi, vicino al suo viso, cercando qualcosa in quel viso corrucciato, stanco, triste e ammaccato.
- Doccia... - disse piano, - ho bisogno di una...doccia -.
Il mio visò si infiammò e divenni paonazza pensando a Jensen nudo. - Jensen io... - sussurrai, cercando di temporeggiare o cercare una diversa soluzione.
- Posso lavarti così... posso passarti una spugna dappertutto... io non... - mi fermò afferrando il braccio destro in una morsa stretta, e i suoi occhi si puntarono su di me infiammati dal bisogno estremo di qualcosa. Mi fissò con desiderio, con fiducia...
- Ho. Bisogno. Di. Una. Doccia - sillabò parola, per parola, e non dovetti fare altro che annuire.
 
- Stai bene? - sussurrai, sotto la pioggia d'acqua, in reggiseno e pantaloncini, mentre Jensen stava in boxer appoggiato alle mattonelle fredde, dietro di se.
- Si sto bene... - disse, aprendo la bocca sotto lo spruzzo d'acqua, sciacquandosela. Sputò voltandosi verso destra, mentre io non sapevo bene che fare se non tenerlo per le mani.
- Sicuro? - domandai incerta, afferrando la spugna da dietro le sue spalle. Gliela passai tra le mani, aspettando che se la strofinasse piano addosso, ma non si mosse, mi guardò con gli occhi semichiusi, quasi come se fosse addormentato e si issò sulle sue gambe. - Vuoi che ti ci metti un po' di bagnoschiuma... - mi abbassai verso la bottiglietta in plastica scivolosa. L'afferrai con entrambe le mani, e l'avvicinai alla sua mano occupata dalla spugna, aspettando un suo assenso. Disse un flebile - si - appoggiandolo con la testa che annuii appena.
Ne spruzzai solo qualche goccia sulla superficie spugnosa. Il liquido poteva mettergli bruciore nei piccoli graffi rossi ancora freschi. L'acqua aveva lavato le gocci di sangue fresco, ma quello rappreso era restato un po' a chiazze nella pelle.
- Jensen, vacci piano, potrebbe... - dissi, cercando di ricordagli la situazione, ma lui non lavò se stesso. Prima lavò la persona che aveva davanti.
Mi afferrò piano la mano, e giocando a intrecciare le mie dita alle sue, strinse piano la spugna nel pugno e l'iniziò a passarmela sul braccio, sfregando delicatamente sulla mia pelle.
- Jensen? - sospirai piano. - Cosa stai facendo? - sussurrai, cercando il suo sguardo, che era chino, intendo a fissare il braccio, e continuare la salita, fino alla spalla.
Strofinò ancora, e ancora, e ancora. Spalla, collo, petto, altra spalla, altro braccio, pancia, e scese giù, partendo dai piedi. Scioccata o non so cosa, lo fissai sbattendo più di una volta gli occhi tra l'acqua che cadeva giù, e le lacrime che mi offuscavano la vista.
- No, ti prego Jensen, alzati... - sussurrai, afferrando per una spalla, facendo forza. Ma lui non mi ascoltò, era concentrato, meticoloso, attento alla mia pelle, al modo come sfregava la spugna con essa, se lo faceva piano o forte, mentre una mano sfregava, l'altra mano, ripassava sul punto lenta, dolce, come se volesse alleviare un dolore che non c'era.
Singhiozzai sfinita. Quella che doveva farsi perdonare ero io. E non ero nemmeno io quella che doveva togliersi i sintomi della sbornia, non dovevo essere io quella che doveva togliersi le macchie di sangue rappreso sul viso e sulla pelle. Non ero io quella che si era fatta prendere a calci e a pugni da una persona come… sconosciuta.
Però dovevo essere io quella che doveva lavarsi da tutto il male che aveva in corpo: la rabbia e la gelosia di una persona che egoista, meschina e cattiva, aveva sempre impregnato a dosso quello che aveva appena elencato, sopportandolo per una lunga, vita eterna.
Dovevo essere io quella che doveva farsi perdonare, dovevo essere io quella che doveva scusarsi...
...chiedere scusa e ricominciare da capo.
- Jensen - lo chiamai per l'ennesima volta, cercando di attirare la sua attenzione. Si alzò e mi fissò ma prima che potesse dirgli qualcosa, mi fece voltare. Non mi opposi, mi voltai, e le sue mani gentili, mi sfregarono la schiena in dolci massaggi come del resto avevano fatto per il resto del corpo. Quando si abbassò, mi piegai sulle ginocchia anch'io, e mi voltai, mettendomi al suo livello. - Ascoltami per favore, devo dirti una cosa... - sussurrai afferrandogli le mani, togliendo così la spugna e facendogliele pulire dalla schiuma sotto lo getto d'acqua.
- Jensen io, volevo scusarmi, e chiederti perdono per quello che è successo prima... tutto questo non ha senso, e prima non ne ha avuto per niente... - sussurrai, scostandomi i capelli appiccicati alla fronte, che mi offuscavano la vista, mentre altre lacrime salate, insieme a lacrime di acqua dolce, cadevano giù dal mio viso e dal suo.
- Perdonami ti prego... - dissi tirando un sospiro, soffocandomi. Jensen si alzò, e mi porse una mano per seguirlo, piantando i piedi bene a terra, mi diedi lo slanciò per alzarmi... e le sue braccia erano li, a tenermi stretta a lui, quando stavo quasi per perdere l'equilibrio.
- Jensen...io... - non sentii più parole.
Mi tappò la bocca, zittendomi con un bacio. Un bacio vero...un primo vero bacio. Le nostre labbra bagnate, strette l'une nell'altre, mentre le mani correvano, cercandosi, stringendosi nei morbidi capelli bagnati, l'uno dell'altra dopo uno strano stato di shock.
I nostri respiri ansanti, che sfociavano da una bocca all'altra.
- Jensen - gemetti, allontanandomi un momento, chiudendo gli occhi, cercando di non rivivere quel momento come un flashback ma di viverlo in pieno. Troppo impegnata a riflettere su quello che era successo, non mi sentii afferrare per le cosce, sentii solo la brutta sensazione del freddo delle mattonelle dietro la schiena, quando ci andai a sbattere contro, mentre la dolce e calda sensazione di calore che le labbra di Jensen mi stavano nuovamente dando, mi svegliarono completamente tutti e i cinque i sensi, stringendolo forte contro di me, mentre il bacio appassionato, mi accendeva dentro la parte di me innamorata e selvaggia.
Mi lasciai andare ad una lotta di passione e ragione. La passione guarnì per prima la spada, mentre il ragazzo che ultimamente occupava troppo spesso i miei pensieri perversi e non, si addentrava tra le mia labbra, giocando con la lingua.
Mi lascia andare... perché non c'era nessuna battaglia. Solo una vincitrice. Passione.
Mi sentii scaraventare sul letto di peso, mentre le sue labbra correvano alla mia gola, alla mia spalla. - Forse... - gemetti.
Lo afferrai per la nuca stringendolo forte tra una mano e l'altra, facendogli alzare così lo sguardo.
- Forse...? - mormorò, sorridendomi dolcemente. Si avvicinò al mio viso, depositando sulle mie labbra uno, due, tre dolci baci. - Scusami - sussurrò fissandomi dritta negli occhi, ammaliandomi.
Le mia parole furono roche e appena sussurrate, ma sincere: - Scusami tu -
- Stiamo correndo forse un po' troppo... prima di iniziare a correre... -
Gli tappai la bocca con una mano ridendo divertita: - L'ultima volta che l'hai detto, - dissi, tirandogli i capelli, scherzando, - è finita male! - e insieme sghignazzammo, mentre vidi gocciolare un po' di sangue dal suo labbro.
- Dobbiamo rimettere a posto quelle ferite... -
- Va bene... -
 
Quando ero tornati Jared e Jessica dal pub, volevano delle spiegazioni, tipo: "Perché siete bagnati?" - "Betta! Perché piangi?" - "No, vi prego spiegatevi perché non abbiamo capito! Jensen sanguini?" - "Oh Beth, dai su raccontaci cosa è successo, vogliamo capire!" - "Lizzie, dai lasciare curare me Jackles!".
Avevamo dovuto fare la finta, dovevamo apparire un po' scontrosi l'una verso l'altra. Volevamo fare un tipo di scherzo a Jessica e a Jared, che avrebbe messo in gioco la nostra relazione. Dovevamo farla funzionare dal mattino di domani fino quando sarebbe durata... un mese? Un anno? Dodici anni? Una vita?
Bhè quando Jessica e Jared avrebbero scoperto quel dolce bacio mattutino che ci saremmo dati in loro presenza, avrebbero fatto molte più domande di quella sera.
E il mattino seguente, J-Rod restò con i cereali in gola, soffocando, mentre Jessica gli aveva sputato addosso il succo di mirtilli che aveva appena bevuto.
- Oh mio Dio! -
- Porca ci lecca! State insieme? Mha?!? - il ragazzo più fine del pianeta, ci aveva fissato cercando di non tossire e di non imprecarci addosso, chiedendo altro.
La ragazza più dolce e pazza al mondo invece mi era saltata addosso urlandomi che tutta la felicità del mondo fosse con me.
E bhè, io speravo fosse così.
 
La settimana stava ormai finendo e gli ultimi giorni li stavamo passando in piscina, sotto il sole, al mare e la notte in disco, mentre le uscite a coppie giornaliere non finivano mai.
Una mattina - ultima mattina in Miami - nella piscina di albergo si era scatenata una guerra tipo un'ipotetica "terza mondiale". All'appello mancavano un paio di Europei perché le Italiane c'erano, e gli americani ne facevano parte anche loro.
Purtroppo come si sul dire, l'America e l'America e gli Americani, sono Americani.
Jessica a cavallo sulle mie spalle, si fece battere da Jared più di dieci volte, mentre io e Jensen ci sbaciucchiammo più di venti volte, cercando di avvicinarci e avvicinare i soldati a sconfiggersi a vicenda.
Alla fine naturalmente furono gli Americani a vincere, ma alla fine il vincitore fu soltanto uno di noi quattro: Jensen e suoi baci ricevuti.
Ricordammo quel giorno in tante risate, mentre qualcun'altro al posto mio, stranamente, ci scattava foto in bordo piscina e io, Jared e Jessica facevamo gli acrobati, facendo l'impossibile con salti, e bracciate in aria.
Il pomeriggio di quello stesso giorno andammo al mare, e in una stretta fascia a bikini nero, e in un decoroso costume con perline a collana, io e Jessica, credendoci più che fotogeniche, dopo un bagno in acqua, ci scattammo una serie di fotografie divertenti, tra cui soltanto una seria, che finì nell'album delle fotografie ricordo “Miami we’re coming”.
Quella sera al pub, dopo esserci fatto un giro di rum e pera, e di vari shoots diversi, Jensen mi esortò a ballare, e questa volta, per la prima non eravamo divisi da nessuno, e nessuno si stava baciando con nessun'altro a parte le nostre labbra unite, le nostre mani che giocavano con i capelli dell'altro e i nostri bacini che strusciavano lentamente a ritmo di musica.
Una coppia scatenata... uno come le altre.
Arrivati all’hotel, il mio eyeliner ormai secco era sparito, e il rossetto più che sbavato era scomparso ma ricomparso su quelle di Jensen, che imbambolato si guardava allo specchio grande appeso in bagno.
- Oh cazzo, sono una donna! - disse serio, passandomi poi più volte la mano per togliere via i residui del rossetto rosso, mentre io mi facevo addosso dalle risate.
Quando ci eravamo tutti cambiati e messi in comodi vestiti per il giorno dopo, o meglio per le ore che ci restavano, per poi prendere l'aereo alle sei, cioè poco meno di quattro ore, ci sistemammo le ultime cose in valigia e ci sedemmo sul letto guardandoci a vicenda. Tutti insieme iniziammo a ridere a crepapelle, non capendo bene la situazione, mentre una lotta di cuscini sfociò dal nulla, facendoci riempire i capelli di piume. Mi toccò districarli e togliere piuma per piuma da ogni ciocca di capelli. Ma almeno le ultime foto ricordo più divertenti finirono comunque per essere incollate nell'album ormai pieno. E l'ultima fu quella più bella. Io tra quei due maschietti che amavo tanto. Il mio ragazzo e il mio migliore amico.
 
Quando arrivammo all'aeroporto e finimmo di fare check-in, e passammo dall'altra parte, ci dirigemmo tutti insieme al bar per prenderci due caffè ciascuno perché un po' stanchi, anche se sicuramente avremmo dormito ben volentieri sull'aereo, invece di dormire arrivati a casa.
Dopo essere usciti dal bar, ed esserci seduti uno vicino all'altra sulle sedie d'attesa, Jensen mi afferrò la mano, voltandosi e guardarmi a lungo. Sorrisi timida.
- Cosa c'è? - domandai con voce roca.
- Sei bellissima... - mormorò avvicinandosi al mio viso.
- Oh, grazie... - dissi, ridendo a bassa voce.
- Con il naso sporco di panna al caffè... - disse ridendo divertito, e leccandomi la punta di panna sul naso. Il mio sguardo si fece omicida e gli diedi uno schiaffetto sulla spalla, stringendomi a lui, diventando paonazza.
- Disgraziato! - esclamai in italiano.
- Mamma?! Questa ragazza ha detto disgraziato! Cosa significa, mamma? - esclamò una voce di bambina curiosa, che conoscevo così bene...
- Aurora?! - esclamai sorpresa, togliendomi di dosso Jensen, voltandomi verso la bambina che sgranava gli occhi, fissandomi contenta. Saltò giù dalla sedia e mi venne incontro correndo intorno alle sedie dove vi ero seduta.
Mi alzai inginocchiandomi per terra, aspettando che si tuffasse tra le mia braccia, e la stringessi in un tenero abbraccio. - Aurora! - esclamai felice, quando si strinse a me, stretta, stretta, senza mollarmi.
- Come stai tesoro? - domandai in italiano, facendomi capir solo dalla madre che le era corsa dietro sorridente, e da Jessica che ci guardata stupiti e sorridente anche lei.
- Benissimo e tu? Oh, guarda tu sei Gien-Giè...vabbè Giè ciao! - disse agitando la manina verso la persona dietro alle mie spalle, che ci guardava un po' sorpresa e un po' incerto. Tradussi per lei, facendolo ridere, quando spiegai che non sapeva pronunciare il suo nome. Mi avvicinai all'orecchio di Jensen suggerendogli cosa dirgli:
- Ciaao piccolaa Aauroura! - cercò di sorridere, apparendo più sicuro di se, ma non ci riuscii granché. La prima a ridere fu Jessica, seguita dal resto di noi, mentre Jared, ridacchiava, facendo finta di capire. Gli sorrisi lanciandogli uno sguardo di sfida. Lui scosse la testa ridendo.
- Ma...ma come mi ha chiamato? Io sono molto più brava di lui a parlare in inglese! - disse alzando le spalle, mettendosi in posa. Risi ancora una volta e prima che potessi dire qualcosa Jessica si voltò a chiamarla e a parlarle. Fu l'occasione per scambiare qualche parola con la madre.
- Partite anche voi oggi? - domandai dispiaciuta.
- Si, purtroppo la pacchia è finita. Si ritorna alla vecchia vita... - mormorò triste.
- Dov'è tuo marito? -
- Sta cercando di risolvere un problema con il passeggino di Aurora... - disse guardando la sua bambina, parlare tranquilla tra le braccia di Jessica.
- Loro sono i tuoi amici? - indicò i ragazzi che fissavano la bambina ammaliati.
- Si - sorrisi indicandoli uno alla volta. - Jared, Jessica che è italiana, viene da Napoli, e Jensen... - dissi sorridendo timidamente. Come se mi avesse sentito, si voltò a lanciarmi uno sguardo dolce.
- E' lui che ti fa penare d'amore? - domandò curiosa. Ridemmo entrambi e infine... scossi semplicemente la testa: - Non più ormai... -
Quando scambiai le ultime parole con Angelica, Aurora venne da me, cercandomi. Mi allungò le braccia, segno che voleva starmi in braccio, e l'afferrai stringendola a me.
-Sei grande ormai tesoro! Dovresti stare giù... scendi dai! - la rimproverò gentile la madre. Ma Aurora non sentii nessuno, solo mi afferrò con le mani poco paffutelle il viso, e mi fece voltare verso il suo sguardo, per farmi ammaliare.
- Elisabetta! - mi richiamò, marcando la doppia "t" nel mio nome, come facevano tutti i bambini d'altronde.
- Quel ragazzo è il tuo principe azzurro. Anzi se potesse essere mio... - disse sospirando entusiasta. - E' bellissimo! - mi sussurrò all'orecchio, scalciando poi per scendere, quando vide suo padre arrivare. Gli corse incontro, facendosi prendere in braccio da lui.
Mentre ancora io pensavo alle parole che erano uscire dalla bocca di una persona ormai più che adulta con la testa.
Rimanere scioccata era solo una grossa fantasia.
- Wow, sua figlia è... - mormorai sorpresa, guardando Angelica.
- Si lo so... - sussurrò, fissandola.
 
Dopo essere stati più di mezz’ora ad aspettare i rispettivi aerei, per Aurora già era tempo di partire, mentre noi avremmo dovuto aspettare altri dieci minuti o giù di lì.
- Allora... - disse Marco per primo, facendomi alzare con le lacrime agli occhi. - Ci vediamo presto - affermai, più che domandare.
- Sicuramente! - disse stringendomi la mano, lasciandomi con una leggere pacca sulle spalle. - Buona fortuna! - mormorò, passando avanti, stringendo la mano al resto dei miei amici.
- Elisabetta! Oh Betta! - disse Angelica, stringendomi a se in un abbraccio. - Grazie di tutto! - disse, singhiozzando un po'. Per poco, anch'io non mi feci scappare una lacrima.
- Suvvia, ci rivedremo presto... - dissi, cercando di calmarmi e di farla calmare.
- Sicuramente! Arrivederci! - disse lasciandomi un bacio sulla guancia, voltandosi anche lei a salutare il resto dei ragazzi, mentre io mi abbasso verso Aurora stringendola forte per l'ennesima  e ultima volta... in America, forse.
- Buona fortuna Betta! Se poi mamma vorrà, mi vedrò arrivata casa, davanti a un pacco di patatine, una puntata di Supernatural! - disse ridendo felice.
- Si, piccola... se non hai paura degli demoni, si! - dissi ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Aurora mi strinse ancora di nuovo a se. - Non è un addio, ci rivedremo ancora... e ti vorrò ancora più bene. Ti aspettò a Roma un giorno o l'altro...e giocheremo con le mie bambole, promesso - disse lasciandomi più di un bacio sulla guancia. Convulsamente la baciai alla testa profumata alla pesca, e la strinsi per l'ultima volta forte, forte... sperando che la fortuna non ci abbandoni mai, e che sia sempre a nostro favore... facendoci incontrare un giorno o un altro.
- Giocheremo un giorno... promesso! - gridò ridendo, allontanandosi tre le braccia del suo papà, con una mano rivolta verso di me a salutarmi, mentre l'altra stringeva la mano della sua dolce mamma, che protettiva non avrebbe mai lasciato la sua figlia indifesa... mai.
 
 
*spazio autrice*
 
Salve :D Ho scritto questa MM perché andava scritta. u.u
No sto scherzando, anzi a dirvi la verità no.
Ho scritto questa Missing Moment perchè andava fatto, e andava spiegato come si erano uniti finalmente Jensen e Elisabeth. La nostra Vicky mi aveva chiesto il loro primo vero bacio... ed eccotelo ;D
Spero ti vada bene ahahaha xD Ho fatto quel che si poteva fare... u.u
Per quando riguarda questo racconto di quello che hanno fatto in un giorno... bhè mi sono un po' basata sulle foto che ho trovato sul web. Infatti poi ci ho fatto una "copertina capitolo/barra/album ricordi" perchè potete vedere se andate su, a guardare, che le foto corrispondono a quello che ho scritto...o meglio quello che ho scritto corrispondono alle foto. :)
Per il resto l'incontro di Elisabeth con Aurora, mi è venuto così spontaneo scriverlo... perché…bhè poi capirete perchè l'ho scritto. È questo diciamo… è la base di questa storia insomma. Questo MM non è da dimenticare... è da considerare!
Comunque voglio darvi un paio di info sulla piccolina: Aurora ha appena cinque anni, e poi se avete notato bene che è una ragazza sveglia. E amo i bambini svegli io :D
Si incontreranno o no un'altra volta Aurora ed Elisabeth...? Vi dico subito che c'è qualcosa in cantiere... la mia mente malata viaggia per questa storia. A scuola o a casa devo appuntarmi tutto per questo strana trama... se vi piace questa storia solo un po', vi dico subito di continuare a leggere (lo so posso essere di parte xD) ma ci saranno tanti colpi di scena ;D promesso
Dove di questo, volevo farvi notare solo un piccolo accorgimento. Jensen se avete notato bene, pronuncia per la prima volta piccola nel capitolo nove... ma nessuno si è chiesto come l'avesse imparato... bhè è stata la stessa Elisabeth a impararglielo, per farlo parlare con la piccola Aurora... bhè adesso lo sapete xD ahahaha
vabbè...
 
Al prossimo Missing Moment, se ce ne sarà un altro ;D eh chi lo sa...
 
xoxo Para_muse

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Para_muse