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Autore: profumodimareinvernale    07/11/2012    0 recensioni
Lei che sognava di andare a vedere il mare d'inverno. Lui che sognava di vederla sorridere sempre in quel modo. Loro che si amavano guardandosi negli occhi e tra le lenzuola complici del loro affetto. Lui, disposto a tutto pur di stare con lei. Lei, veramente felice dopo tanto tempo. Un amore semplice, delle piccole cose, puro e distruttivo al tempo stesso.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Voyage des larmes en sourires.
 
Capitolo I: Un tea senza zucchero e il Nirvana.
 
- Andiamo al mare.
Un leggero vento trasportava le foglie cadute dagli alberi ormai spogli lungo la stradina facendole scricchiolare come popcorn sul fuoco. Percorreva tutti i ciottoli di pietra consumati dal tempo e dalle persone che anno dopo anno ci camminavano sopra e correva lungo il fiume grigio e triste che scorreva sotto di noi.
I suoi capelli sporgevano dalla ringhiera e dondolavano piano ogni volta che un soffio d'aria li sfiorava o quando era lei a muovere la testa, forse attirata da qualcosa lungo la riva del corso d'acqua.
Pure in quella giornata cupa e nuvolosa, lei risplendeva. Era bella. Era sempre bella.
Dalla sua bocca semichiusa uscivano piccoli sbuffi di vapore che rimaneva un attimo sospesi nel vuoto per poi scomparire. Ogni tanto accennava un sorriso, per nessun motivo in particolare, sorrideva e basta, era fatta così. Forse non pensava nemmeno a qualcosa, ma spesso le veniva da sorridere anche quando era difficile trattenere le lacrime.
- Voglio andare al mare!
Si voltò verso di me con un piccolo saltello e sbatté forte le mani in un piccolo applauso dal suono ovattato e catturato dai guanti spessi che indossava.
Aveva gli occhi così luminosi che sembrava che il sole avesse aperto a forza tutte le nuvole di quel pomeriggio per illuminare lei e lei sola.
E quelle labbra che si erano appena liberate di un sorriso che faceva invidia a un bambino il giorno di Natale. Quanto avrei voluto baciarle in quel momento. Mettere un attimo in pausa quella sua felicità per farle dimenticare il mare e metterle in testa soltanto noi due.
Ma sarebbe stato crudele ed egoista privarla di quel sorriso stupendo, così mi limitai ad annuire.
- Va bene, andremo al mare.
Mi dovetti ricredere. Il sorriso di prima non era niente in confronto a quello che mi stava sbattendo in faccia in quell'esatto momento. Altro che Natale, nemmeno una persona che aveva appena vinto alla lotteria sarebbe stata tanto felice.
Mi tolse le parole e il respiro in un sol colpo.
Rimase un attimo sulle sue, immobile, forse un po' confusa sul da farsi, e poi mi si buttò letteralmente al collo.
Sentivo il suo respiro dietro l'orecchio, il che mi fece venire qualche brivido lungo la schiena. Non c'era granché di eccitante o di erotico in quel momento, ma avrei tanto desiderato che in mezzo a quella stradina vuota ci fosse stato un letto dove poterla amare in tutti i modi possibili.
Le sue labbra sfiorarono appena il mio collo sussurrando un "grazie" così sincero che mi fece tremare il cuore.
Posai una mano sui suoi capelli così soffici al tocco e la baciai sulla guancia rossa un po' per il freddo, un po' per l'emozione.
- Tutto per te. Andiamo a casa adesso?
Prima di rispondere si strinse a me come era solita fare quando cercava coccole e protezione. Così la abbracciai ancora più forte accarezzandole la schiena.
Lei era così dolce. Così dolce che se avessi avuto a portata di mano una tazzina di tè, le avrei domandato garbatamente: "Perdonami cara, ma potresti gentilmente piangerci dentro? Ho finito lo zucchero". L'unico lato negativo sarebbe stato doverla veder piangere.
Si staccò piano da me e mi prese per mano con i suoi grossi guanti di lana. Mi tirò un po', trascinandomi a strattoni lungo il sentierino malridotto.
- Andiamo a casa allora.
La raggiunsi e le strinsi forte la mano, odiando per un attimo quegli ingombranti guanti che mi impedivano di sentire il calore della sua piccola mano.
Camminavamo piano, senza fretta, ma con tanta voglia di vivere la nostra intimità.
Parlavamo, ridevamo, ci guardavamo fissi negli occhi per trasmetterci in segreto le parole che non dovevano essere dette ad alta voce, le nostre frasi, quelle che gli altri non dovevano sentire, nemmeno l'aria attorno a noi.
La sua felicità la rendeva una persona a parte, quasi completamente diversa da quando è normale o normalmente felice. Sembrava una bambina, alienata dalle cose esterne e da tutte quelle brutte. La sua attenzione veniva catturata da ogni minima cosa. Un cane molto paffuto e peloso che passava, un negozio luminoso, il cielo che andava a sfumarsi in un blu scuro. Sorrideva a qualsiasi cosa perché quella era una delle poche volte in cui era spensierata, dove non era triste, non soffriva, non c'erano cose a preoccuparla. Vederla così era come la prima pioggia dopo una lunga siccità. Troppe poche volte l'avevo vista così, e troppe le avevo passate a consolarla, a vederla piangere più lacrime di quel che avrebbe potuto. Mi mancava quel sorriso, quella spensieratezza, e avrei fatto di tutto per mantenerla così il più a lungo possibile.
Arrivammo a casa e feci appena in tempo a chiudere la porta che già mi stava trascinando da un'altra parte.
Mi prese per mano e mi portò in camera da letto. Mi fece sedere sul bordo, si tolse la giacca e senza guardarmi negli occhi mi tolse il giubbotto, la felpa, la maglia, facendomi rimanere a torso nudo con i suoi capelli che leggeri mi sfioravano le clavicole.
Si sedette vicino a me e, prendendomi una mano e posandosela sulla coscia, mi guardò negli occhi sussurrando appena.
- Voglio fare l'amore con te.
Le sorrisi con tenerezza e posai delicatamente le mie labbra sulle sue.
- Quante cose che vogliamo oggi.
Abbassò un po' la testa e si mise a ridere, di una risata breve e soffice, più un sorriso sonoro che una piena risata.
- Il mare è solo un mio desiderio. Può anche aspettare. Io non ti desidero, ti voglio. E ti voglio ora.
Non le diedi il tempo di prendere un respiro e la baciai, la baciai forte, intensamente. Uno di quei baci che si vedono nei film quando due persone si rincontrano dopo tanto tempo.
Mi appoggiai piano su di lei così da costringerla a coricarsi; feci scivolare una mano sotto il suo sedere e la spostai sul letto in modo da posarle la testa sul cuscino.
Iniziai a baciarle il collo e intanto la sentivo, sotto di me, quasi tremare, aggrappandosi con le mani alla mia schiena e attorcigliando le sue gambe alle mie.
Ogni volta toccarla era come fare l'amore per la prima volta. Un po' per l'attesa, un po' per il desiderio, un po' per l'immenso amore che provavo per lei e che riuscivo a dimostrare appieno sfiorando il suo corpo.
Le slacciai piano i bottoni del maglione che indossava e lo lanciai noncurante dietro di me sentendolo cadere con un tonfo sordo sul pavimento.
Le tolsi la maglia, buttando via anche quella, e le slacciai il reggiseno, posandolo sopra il comodino.
Mi appoggiai a lei sentendo sulla pelle il suo corpo caldo che riscaldava anche il mio. Desideravo toccare ogni spazio del suo corpo, sfiorarlo con il mio, col le dita, con la guancia.
Iniziai a baciarle il piccolo seno che avevo scoperto e con una mano sbottonai i suoi jeans e li sfilai piano lungo le sue gambe.
Lei si tirò su a sedere, buttò i pantaloni a terra e mi spogliò completamente. Mi baciò, mi sfiorò, mi toccò in un modo che in quel momento mi sembrò di raggiungere il Nirvana. Non si trattava solo di sesso, era tutto. Era l'amore, era la felicità, era il modo di essere felici insieme e di amarsi senza bisogno di parole. Era il fatto di concedersi all'altro e di essere amati, di sentirsi parte del proprio compagno. Non era solo questione di sesso.
L'eccitazione quasi mi annebbiava la mente. Il nostro ansimare dava il ritmo ai nostri movimenti.
Le sue mani che stringevano i miei capelli, il suo respiro sulla mia spalla, la sua voce che a volte usciva in un piccolo gemito di piacere perché non era più riuscita a trattenerla.
Non ne avevo mai abbastanza. Non sarei mai riuscito a smettere di amarla. Era mia, in ogni caso. Era la mia salvezza, la parte bella di me. Era lo zucchero.
  
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