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Autore: xsheneedsjonas    07/11/2012    5 recensioni
"Ma lei voleva andarci, con tutta se stessa...
Si dice che niente e come sembra, e probabilmente era vero, o almeno così sperava.
Se lo fosse stato?!
C'era qualcosa in quegli occhi castani, qualcosa di nuovo, mai visto prima in nessuno...
Qualcosa che Carly moriva dalla voglia di scoprire."

Charlotte Bowl ha smesso di credere nell'amore da molto tempo, forse troppo.
Solo LUI può guarirla.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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INTRODUZIONE:
ciao a tutti, eccomi qui con l'ennesimo delirio sui fratelli Jonas: ho già un paio di idee per la continuazione, ma ovviamente dovrete essere voi a dirmi che ne pensate e se quindi ne varrebbe la pena o meno!
spero che questo prilogo vi abbia incuriosito!
a presto, xxx
-Ronnie

 

Prologue – LOVE LIFE.
 

-Carly! Tienimi d'occhio il tredici e il ventidue!-.
Le otto e un quarto del mattino e già il capo aveva qualcosa di irritante da urlare.
Non che fosse una novità, ma spesso quella voce così profonda ma che allo stesso tempo riusciva ad essere più irritante di uno squittio dava letteralmente alla testa della ragazza.
Charlotte, o Carly, come preferiva essere chiamata, non ne poteva già più, ed era al lavoro da sì e no dieci minuti.
-sì Josh!- rispose in tono monocorde, obbedendo.
La caffetteria a quell'ora sembrava il posto più tranquillo del mondo, anche con i soliti schiamazzi in sottofondo: l'atmosfera era piuttosto tranquilla e rilassata, ai tavoli sedevano professori, studenti che avevano deciso di non entrare a scuola e un paio di anziani che, in tutta serenità, si godevano la giornata gustandosi un buon thè caldo, mentre scorrevano con lo sguardo la prima pagina di notizie del Times.
Fuori dalla grande vetrata che faceva da parete al locale, New York City era già sveglia da un bel pezzo, o forse non era mai andata a dormire: macchine di ogni genere che sfrecciavano per le strade, mamme che correvano verso gli asili portandosi appresso bambini ancora assonnati e affannati per la lunga corsa, uomini d'affari vestiti di tutto punto, con tanto di valigetta sotto braccio, che smanettavano come dannati, mentre rispondevano all'ennesima seccante telefonata...
Chiunque avesse detto che New York era un circo, ci aveva azzeccato in pieno.
Ma era il posto più bello al mondo, senza ombra di dubbio: il caos che si creava per le strade a qualunque ora del giorno era qualcosa di immancabile e assolutamente magico, creava quell'aria che poche città potevano vantare, il verde di Central Park era talmente luminoso da fare male agli occhi, specialmente nelle giornate di sole, dove circa i due terzi della popolazione newyorkese evadeva dagli uffici e gli appartamenti e si rifugiava in quel piccolo angolo di paradiso, le insegne di Broadway avrebbero fatto innamorare chiunque, anche il personaggio più scettico, della magia di quell'enorme strada e delle meraviglie che racchiudeva.
Carly si concesse il lusso di tirare un respiro profondo: amava da morire quella città.
Amava da morire il traffico a tutte le ore del giorno.
Amava da morire le mille luci al neon della sera, che non si spegnevano mai, fino all'indomani mattina.
Amava da morire le centinaia di metri che doveva fare per poter attraversare la Fifth.
Amava da morire quando, alzando la testa, riusciva a vedere solo qualche triangolo di cielo azzurro, coperto dagli altissimi grattacieli che scintillavano sotto il sole.
Amava da morire il suo piccolo appartamento che condivideva con la sorella, Jane, e l'odore forte di caffè appena fatto che sentiva ogni volta che entrava al lavoro.
Amava da morire la sua vita: amava il fatto che se l'era scelta da sola, e la stava vivendo esattamente come aveva deciso di viverla.
 
-Joseph! Oh, caro! Vieni qui, figliolo! Come stai?-.
Josh che non urlava insulti o ordini?
Strano!
Carly alzò gli occhi da un tavolo che stava pulendo, notando con insolita sorpresa che sul viso del suo isterico capo si era disegnato un lieve sorriso.
Josh uscì dal bancone, andando incontro ad un ragazzo alto, moro, con i capelli un po' arruffati: indossava un paio di jeans abbastanza larghi e un giaccone blu.
-Allora, ragazzo! Che mi racconti?-.
Pareva che quei due si conoscessero da un po'.
Prima di tornare alle sue faccende, Carly incrociò distrattamente lo sguardo con quello del ragazzo appena entrato: sembrava arrogante, pieno di sé.
Lo guardò male, malissimo, appena si rese conto che gli occhi del tizio dicevano anche qualcosa tipo "se ti prendo ti distruggo!", il che era disgustoso.
Odiava essere guardata in quel modo, le dava i brividi.
Chinò nuovamente la testa sui tavoli, mettendosi a finire di pulire, quando venne chiamata da Josh:-Carly! Fai un cappuccino fumante al mio amico Joe, e fa' che sia buono!-.
-subito!- lo canzonò, facendo attenzione che non se ne accorgesse, poi si avvicinò al bancone sbuffando: l'ultima cosa di cui aveva voglia era essere sbranata con gli occhi dal tizio appena entrato.
-scalda bene la schiuma: a me piace calda... Molto calda!-.
Dopo essere inorridita per l'espressione sensuale davvero mal riuscita di Joseph, o come diavolo si chiamava, Carly fece il benedetto caffè, facendo in modo di non rispondere, perchè se l'avesse fatto, probabilmente sarebbe stata la fine.
-grazie bellezza, era perfetto.- disse il ragazzo, appoggiando sonoramente la tazzina sul bancone, poi si alzò e andò ad abbracciare Josh.
-finalmente!- si disse Carly, sentendosi libera di tenere di nuovo la testa alzata.
Dio, quella battuta era stata lo squallore, e più ci pensava, più le scappava da ridere: decisamente il peggior tentativo di abbordaggio della sua vita.
-Carly! Non cincischiare! Ci sono dei tavoli da servire!-.
Routine, semplice routine.


 

78
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