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Autore: lilac    25/05/2007    18 recensioni
Qualche tempo dopo la conclusione del Cell Game le cose sembrano tornate alla normalità alla Capsule Corporation, se di normalità si può parlare. Anche Vegeta sembra essere tornato quello di prima, ma perfino la scienziata più quotata del pianeta a volte sbaglia qualche calcolo...
[In questa storia troverete alcuni riferimenti a "La notte porta consiglio", ma non è affatto necessario averla letta!]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I Personaggi, i luoghi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale di Dragon Ball, non mi appartengono ma sono di proprietà di Akira Toriyama che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Ciao! Questa storia è una sorta di seguito di “La notte porta consiglio”. Chi ha letto quella one-shot troverà comunque solo alcuni riferimenti. Non c’è alcun bisogno di averla letta quindi per capire cosa succede. Perciò buona lettura a tutti!
Un grazie in anticipo a chi commenterà, e anche a chi leggerà soltanto^^
E grazie, come sempre, a chi ha letto e commentato le altre mie storie.
Lilac.





[Questa storia si è classificata al terzo posto nel contest su DB indetto da Writers Arena]



QUALCOSA E' CAMBIATO


Le pareti erano state dipinte di bianco, un colore neutro, asettico. L’idea che ben presto si sarebbero probabilmente imbrattate di sangue le dava i brividi. Ma d’altra parte tutto quello che stava succedendo la rendeva inevitabilmente elettrizzata… E nervosa. Vegeta aveva deciso di restare alla Capsule, con lei e Trunks. In fondo non aveva nessun altro motivo per restare sulla Terra, a parte questo… Almeno così sembrava. Ma vai a capire che cosa diavolo poteva passare per la testa di quel saiyan! Si stava illudendo? Probabile. Semplicemente Vegeta non aveva un posto migliore dove andare. E poi l’aveva praticamente ignorata per settimane, dopo quella mattina in cui le aveva chiesto una nuova Gravity Room… O forse era lei che aveva ignorato lui? Si era buttata a capofitto nel progetto. Ultimamente si era fermata solo per mangiare e dormire, tanto che anche Trunks cominciava a soffrire per la sua assenza e a dare segni di nervosismo, nonostante i suoi nonni non facessero che coccolarlo. Quella mattina le era mancato parecchio, avrebbe voluto tenerlo con sé, ma suo padre aveva insistito sul fatto che quella stanza fosse pericolosa per un bambino di nemmeno un anno, anche se era un saiyan. Forse aveva ragione. Certo Vegeta avrebbe sghignazzato beffardo di quelle paure, se lo immaginava proprio. Mah, comunque non sembrava interessarsi affatto a suo figlio. Eppure le era sembrato… Già, come no? Come se avesse potuto aspettarsi chissà cosa! Era decisamente troppo pensare che anche in un periodo di pace quel saiyan non sparisse per intere giornate per andare chissà dove ad allenarsi. Che altro avrebbe potuto avere per la testa se non la guerra?
Te la sei cercata no? E allora smettila di lamentarti Bulma! Sei patetica…
Sollevò per un momento lo sguardo dal complicato macchinario che aveva sotto mano e sospirò pesantemente. Le sfuggì un sorriso. Era stata lei a formulare quell’ultimo pensiero? Sembravano quasi parole di Vegeta…
Si asciugò il sudore della fronte con una manica della tuta. Cominciava ad essere stanca, ma ormai mancava poco. Diede un rapido sguardo tutt’intorno e si concesse un’espressione soddisfatta. Aveva fatto proprio un bel lavoro. Mancava solo la messa a punto del sistema di incremento della gravità e il gioco era fatto. Proprio come la voleva lui. Più grande, era una vera e propria palestra. E più potente, aveva messo a punto una speciale schermatura che avrebbe retto qualsiasi tipo di urto. E nella metà del tempo previsto!
Una smorfia le comparve per un attimo sul volto al pensiero che Vegeta non le avrebbe dato nemmeno un briciolo di soddisfazione per il lavoro che aveva fatto. Anzi, probabilmente avrebbe trovato immediatamente qualche difetto.
Un avviso sonoro sul monitor appeso alla parete richiamò la sua attenzione. Bulma scrutò con attenzione la scritta che lampeggiava sullo schermo. Digitò alcuni comandi sulla tastiera e nella stanza tornò il silenzio più assoluto. L’espressione di lei tornò a farsi concentrata mentre ricominciava ad inserire diligentemente cifre e istruzioni.
Zero e Uno… E’ tutto qui. La gente lo trova tanto complicato, si immagina che chissà quale strana magia spinga le macchine ad eseguire i più incredibili compiti, che gli scienziati siano come stregoni, in possesso di oscuri codici di acceso ad una lingua sconosciuta. E invece è solo una questione di Zero e Uno. Due-soli-stupidi-numeri. È semplice in teoria. Basta metterli assieme, infinite combinazioni diverse, ed è come mettere insieme le lettere, che formano le sillabe, che formano le parole, e le frasi, e così via. Due semplici numeri, l’uno l’opposto dell’altro, come il giorno e la notte, la terra e il cielo. Il concetto è veramente semplice.
Il concetto… Perché nella pratica è terribilmente difficile. Il problema è che nessuno, ma proprio nessuno, riesce a pensare in termini di Zero e Uno, neanche il più geniale degli scienziati, impossibile! Gli esseri umani non comunicano per impulsi elettrici, per Zero e Uno. Geniale è chi è stato capace di tradurre Zero e Uno, il linguaggio delle macchine, in linguaggi di programmazione, il linguaggio degli esseri umani. Geniale è chi conosce tutte le lingue possibili in cui quei due stupidi numeretti possono combinare parole che hanno un senso. Geniale è chi sa scrivere opere d’arte con quelle parole.
E lei lo era di certo un genio.
Un sorriso compiaciuto le apparve sul volto mentre considerava soddisfatta il procedere del suo lavoro.
Qualche strano scherzo della sua mente la portò di nuovo a pensare a Vegeta. Il sorriso le si allargò ulteriormente sul viso con una sfumatura di sarcasmo.
Se avesse dovuto immaginare il funzionamento di quell’uomo avrebbe ipotizzato certamente una simile teoria. Zero e uno, notte e giorno, bianco e nero… Orgoglio e vergogna, forza e debolezza… Vita e morte… Quell’ultimo accostamento le smorzò notevolmente il sorriso sulle labbra.
Vegeta era così, viveva di contrasti, era quello il motore che lo muoveva. Beato chi conosceva una lingua in cui tradurre tutto ciò! Che cosa avrebbe dovuto significare quella sua decisione di restare? O la sua reazione alla morte di Goku…
Il pensiero dell’amico si tramutò in un’espressione infinitamente triste. Perché Vegeta non poteva essere come Goku? Così semplice, così cristallino che i suoi sentimenti gli si potevano leggere in faccia come sulle pagine di un libro.
Vegeta sembrava parlare veramente una lingua sconosciuta, indecifrabile. Eppure certe volte aveva veramente l'impressione di capirlo…
Quando era molto piccola le piaceva leggere in giardino nelle notti d’estate, in quelle notti limpide di luna piena. Dopo cena sgattaiolava furtiva nel laboratorio di suo padre, prendeva il primo libro la cui copertina era abbastanza affascinante e se ne andava a sdraiarsi nel giardino sul retro della Capsule, dove sua madre non riusciva a trovarla. A volte leggeva solo un paragrafo, altre volte intere pagine. Ma le costava un’enorme fatica e le facevano male gli occhi, perché non c’era abbastanza luce. Eppure le piaceva starsene lì, sdraiata sul prato, a carpire segreti da quegli strani libri che parlavano di macchine, circuiti e altre cose fantastiche. Le sembrava sempre di avere fra le mani il più bel libro mai scritto, anche se non riusciva a leggere che poche righe alla volta. Certe volte doveva ricominciare daccapo, eppure valeva sempre la pena. Starsene lì, alla luce della luna, valeva la pena anche solo capire una parola… Perché lei riusciva a capire
Bulma sospirò e strizzò gli occhi per la stanchezza, quasi quel ricordo avesse avuto un qualche effetto concreto.
Chissà dov’era in quel momento? In qualche posto a devastare il panorama, certo… Chissà che diavolo aveva per la testa?
La sua mano smise di pigiare sui tasti quasi istintivamente, come se quella risposta richiedesse uno sforzo maggiore delle altre.
Osservò distrattamente l’orologio e scosse lentamente il capo come a scrollarsi di dosso i suoi ultimi pensieri. Che stupida! Vegeta non era di certo una macchina, non per lei almeno. Era solo un uomo terribilmente difficile da capire, con un carattere terribilmente difficile. La maggior parte delle volte, con lui era solo più semplice non provarci affatto e accettarlo così com’era. Qualsiasi fosse stata la ragione per cui aveva deciso di restare, l’importante era che avesse deciso di farlo.
Oh accidenti! Quasi non ti riconosco più ragazza… Dove è finita la Bulma che vive giorno per giorno e che non si fa problemi inutili?!
Quell’ultimo pensiero sembrò ridonarle un certo entusiasmo e una nuova concentrazione. Osservò attentamente le ultime istruzioni che aveva inserito e si apprestò a riprendere a lavorare.
Qualcosa sullo schermo attirò per un momento la sua attenzione. Lo sguardo si fece più concentrato e un’espressione dubbiosa si materializzò sul suo viso. Rimase alcuni secondi assorta in qualche calcolo complicato. Poi sembrò decidersi e si voltò intenzionata ad uscire dalla stanza, con l’aria di chi aveva una mezza idea.
Fece in tempo a ruotare appena il busto e ad accennare un primo passo, che si trovò a sbattere violentemente contro qualcosa di molto simile ad un muro. La sorpresa e lo spavento le conferirono una espressione sbigottita quasi surreale. Non riuscì a trattenere un grido. Se non fosse stato per l’improvvisa emozione avrebbe potuto notare una luce particolare, come fosse un sorriso sinceramente divertito, che per un attimo era balenato nel nero di quegli occhi che la fissavano ora con scherno.
“Dio mio Vegeta! Ma ti sembra il modo di comparire così dietro alla gente?!” Gli urlò contro arrabbiata, ancora in preda allo spavento.
Il saiyan non si era mosso di un millimetro dalla sua posizione, piantato solidamente con i piedi per terra e con le braccia incrociate sul petto. Si limitò a fissarla senza dire una parola. Se ne stava immobile. Sembrava rilassato.
Uno sguardo più attento avrebbe notato invece la tensione che lo pervadeva, pareva che il suo corpo fosse tenuto in piedi da energia pura.
Era quello forse il suo modo di reagire agli eventi. Restare immobile e lasciare che tutto il resto si muovesse attorno a lui. Ciò che non l’avrebbe evitato di sua spontanea volontà, sarebbe andato a sbattergli contro.
Troppe cose ormai stavano sfuggendo al suo controllo. Troppe cose stavano accadendo che avevano degli effetti inaspettati su di lui. Troppe cose a cui era stato costretto a rinunciare. Troppe domande a cui non riusciva a trovare risposta. Le cose stavano succedendo, come sempre nella sua vita. Avrebbe dovuto adattarsi… Come sempre. O meglio, chi avesse mai avuto a che fare con lui si sarebbe adattato, prendere o lasciare. Era stanco di cercare risposte, non le avrebbe più cercate, questa volta voleva stare a vedere che cosa sarebbe successo.
Avrebbe dovuto distruggere quel pianeta con un solo colpo e sparire per sempre con esso. Al diavolo Kakaroth e il suo inutile, patetico eroismo! Eppure se ne stava lì, a fissare quella donna che sbraitava come un’ossessa con la faccia accaldata, e si stava… divertendo? Che assurdità! Assurdo era che proprio in quel momento gli tornasse in mente che cosa provava nel possederla, nel sentirla gemere sotto di lui…
“… Ma dico, non mi stai nemmeno ascoltando?! Ti ho fatto una domanda!”
Se Vegeta avesse sentito o meno le ultime parole di Bulma non diede il minimo segno di averlo fatto.
“Ti ho chiesto che cosa sei venuto a fare qui. Mi hai sentito?” Insistette lei con più calma.
“Devo avere per forza un motivo per essere qui?” Si decise a parlare seccato. “Si può sapere perché ci metti tanto a costruire una stupida camera gravitazionale?” Continuò sarcastico.
“Lo sai Vegeta?” Rispose lei, sforzandosi di non arrabbiarsi. “Se mi lasciassi lavorare in pace potrei anche finire prima. Non hai di meglio da fare che stare qui a disturbarmi?”
Lui la fissò imperturbabile con una strana espressione negli occhi. Bulma restò per un attimo in silenzio. Le sembrò che stesse per dire qualcosa, e le sembrò di leggere nel suo sguardo una risposta a quella domanda retorica, tutt’altro che positiva. Le parole che uscirono dalla bocca del saiyan però furono di tutt’altra natura.
“Di sicuro ho di meglio da fare che stare qui a sentirti starnazzare come un’oca.” Sentenziò con rabbia, voltandosi e guadagnando la porta.
Bulma rimase spiazzata da quel tono così astioso.
“Già certo, vai ad allenarti!” Replicò istintivamente senza rendersene conto. “Non perdere neanche un minuto, mi raccomando!”
Vegeta si bloccò sulla porta e si voltò verso di lei. La sua espressione tradì per un attimo un certo stupore per il tono freddo e tagliente della donna.
“Il motivo di tutta questa fretta poi chissà qual è?” Proseguì, vomitandogli addosso tutto il suo rancore e la sua frustrazione “Non mi pare che tu abbia poi tanti nemici con cui combattere al momento… O vuoi prendertela con il piccolo Gohan, ora che suo padre è morto!”
Bulma aveva pronunciato quelle ultime parole con un nodo in gola. La sensazione che provò subito dopo fu quasi liberatoria. Quasi… Perché un secondo dopo aver parlato si rese immediatamente conto dell’effetto che le sue parole avevano sortito nel saiyan. Aveva già visto quella espressione negli occhi di Vegeta, rabbia, odio; ma mai così intensa come in quel momento.
Lo aveva ferito, questo fu quello che pensò. Le sue parole erano saettate veloci e, precise come la più affilata delle lame, avevano colpito. Dal suo sguardo sembrava stillasse sangue tanto quella ferita era stata devastante. Perché gli aveva parlato così?
Lo vide tornare sui suoi passi ed avvicinarsi lentamente a lei.
“Io…” Mormorò confusa, non riuscendo a proseguire. Si aspettò il peggiore degli insulti che avesse mai potuto ricevere, ma Vegeta non disse una parola. Continuò ad avvicinarsi a lei deciso, con un’espressione che non prometteva nulla di buono. Sembrava fosse sul punto di esplodere.
Bulma indietreggiò istintivamente di qualche passo. Si trovò con le spalle al muro senza neanche accorgersene. Sentì il metallo freddo della parete sfiorarle la schiena e qualcosa di sporgente graffiarle la tuta. Allungò una mano dietro di sé per appoggiarsi al pannello di controllo del computer, ma non riuscì a staccare gli occhi dal volto del saiyan, che ormai era a pochi centimetri da lei.
Sembrava volesse ucciderla col solo sguardo.
Ma lui non avrebbe mai potuto farle del male, pensò risoluta cercando di trovare le parole per scusarsi.
“Vegeta…” Iniziò a parlare.
All’improvviso si sentì soffocare, fu come se una morsa la stesse stritolando. La testa cominciò a girarle vorticosamente e un terribile senso di oppressione le annebbiò la vista. Si rese appena conto che rapidamente anche tutti gli altri sensi stavano venendo inesorabilmente meno. Non riusciva a muoversi, né a respirare. Le prese il panico e fissò terrorizzata l’uomo di fronte a sé. Sentì che stava per svenire…
O è questo che si prova un attimo prima di morire?
Fissò quegli occhi neri colmi di rabbia solo per una frazione di secondo. Una frazione di secondo che le sembrò un’eternità. Solo una frazione di secondo, eppure le era sembrato di leggervi un’espressione assolutamente... nuova? Per la prima volta in vita sua ebbe veramente paura…


In lontananza, sentiva ovattato un rumore familiare, come un lamento. Flebile, in qualche anfratto nascosto della sua mente, le sembrava che un bambino stesse piangendo.
Trunks!
Aprì gli occhi di scatto, per poi richiuderli un secondo dopo, abbagliata dalla luce che li feriva. Provò a riaprirli lentamente e vide il soffitto della sua camera da letto girare vorticosamente. Sentì un forte senso di nausea, chiuse di nuovo gli occhi e prese un lungo e lento respiro. Trunks non stava piangendo, la casa era silenziosa. Si tirò su a sedere con calma e si lasciò scivolare lentamente verso il bordo del letto. Riaprì gli occhi solo quando si assicurò che i suoi piedi fossero saldamente appoggiati al pavimento e cominciò a guardarsi intorno. La testa le girava ancora, ma molto meno di prima. Afferrò la bottiglia d’acqua sul comodino e bevve un lungo sorso, guardando con la coda dell’occhio la sveglia sul mobile. Era già pomeriggio inoltrato. Le sei passate. Aveva dormito per ore?!
Ogni secondo che passava si sentiva sempre meglio, anche se aveva un terribile mal di testa e continuava ad essere un po’ confusa. Aveva indosso la tuta da lavoro. Come era finita lì? Passò rapidamente in rassegna le ultime cose che ricordava di aver fatto. Una strana espressione comparve sul suo viso nel momento in cui cominciò a tornargli in mente tutto.
Si alzò lentamente e uscì dalla sua stanza diretta al terzo piano.
Arrivata a destinazione sembrava ormai essersi ripresa del tutto, se non fosse stato per quel doloroso cerchio alla testa che non accennava minimamente a sparire.
“Oh, ciao Bulma! Come va?” La apostrofò allegramente il dottor Brief, intento a lavorare sul pannello di controllo della gravity room.
“Papà!” Lo salutò perplessa lei massaggiandosi le tempie. “Cosa stai facendo?”
“Oh, niente d’importante tesoro. Stavo cercando di correggere qualche piccolo difetto… Non volevo disturbarti visto che eri stanca.”
Bulma lo fissò ancora più perplessa e si avvicinò lentamente.
“Sai, Vegeta è venuto a cercarmi. Era piuttosto seccato.” Ammise divertito l’anziano scienziato.
“Vegeta?”
“Sì” Annuì il dottore continuando a lavorare. “Il dispositivo di incremento della gravità è troppo sensibile. E la gravità aumenta troppo velocemente. Mi ha chiesto di sistemarlo al più presto.”
Bulma parve riflettere per un momento. “Be’, ecco… veramente ci stavo lavorando… l’avevo notato anch’io… stavo per correggerlo…”
Pronunciò quelle ultime parole sempre più assorta nei suoi pensieri…
… Quando è arrivato lui… Allora è questo… Devo aver premuto il pulsante inavvertitamente e aumentato la gravità. Vegeta mi ha… Accidenti, se sono tutta intera la gravità non deve essere salita che di pochissimo… Ma…
“Tutto bene figliola?”
“Eh?… Oh… Sì, sì papà. Certo, sto benissimo! Ho solo un po’ di mal di testa.”
“Non hai un gran bella cera, sai? Mi sembri stanca. Hai lavorato fin troppo a questo progetto negli ultimi tempi. Perché non vai a riposarti un altro po’? Qua posso pensarci io.” Suggerì lo scienziato con aria vagamente preoccupata.
Bulma sorrise. “Certo papà, grazie… Sto benissimo!” Aggiunse poi allegramente, parlando più con se stessa ad alta voce, che con il suo interlocutore.
“Sì… ehm… Lo vedo.” Commentò il padre senza capire, scuotendo leggermente il capo e riprendendo a lavorare.
Bulma si era già avviata con rinnovata energia verso la porta senza quasi ascoltare la risposta. Un pensiero però la bloccò appena prima di guadagnare l’uscita.
“Papà, dov’è Trunks?” Chiese leggermente in apprensione voltandosi verso il genitore.
“Oh, Trunks è in camera sua.” Rispose tranquillamente l’altro.
“Da solo?!”
“Certo!”
“Come sarebbe certo?! Papà! Sei impazzito! È troppo piccolo per…”
“Oh, non preoccuparti tesoro.” La interruppe lui. “Ho installato un radio-monitor in camera sua che trasmette l’audio della sua stanza in filodiffusione.”
Bulma si fermò ad ascoltarlo curiosa.
“Se piange o si sveglia, lo puoi sentire da ogni parte della casa.” Concluse distrattamente continuando a lavorare sul pannello di controllo. In quello stesso istante il pianto di un bambino cominciò a risuonare nella camera gravitazionale ad un volume assordante.
“Vedi?!” Puntualizzò serafico l’uomo, alzando il tono della voce per farsi sentire.
“Però!” Ammise divertita Bulma, incamminandosi verso la stanza del figlio al piano di sotto. Di sicuro lo avrebbe sentito anche tutto il vicinato, forse l’intero quartiere, pensò ironica scendendo le scale e continuando a massaggiarsi le tempie doloranti, visto il volume a cui l’aveva regolato suo pad…
… Maledetto moccioso! Vuoi stare zitto!...
Bulma si bloccò in mezzo alle scale. Era la voce di Vegeta. Per un momento il piccolo Trunks aveva smesso di piangere e Bulma non riuscì a trattenere un sorriso.
Quando il bambino ricominciò a piangere appena due secondi dopo non poté fare a meno di aspettare curiosa la reazione del saiyan.
… Dannato moccioso è la guerra che vuoi?! Ok, eccoti accontentato!...
Uno strano rumore e il tono minaccioso con cui Vegeta aveva pronunciato l’ultima frase la misero per un momento sul chi vive. Involontariamente si ritrovò a scendere lentamente gli ultimi gradini.
…bzzz… Una scarica elettrostatica e poi il silenzio. Trunks aveva smesso di piangere, sì… Ma non si sentiva più alcun rumore. Bulma cominciò ad avvicinarsi alla stanza del figlio accelerando il passo. Gli ultimi metri li percorse senza accorgersene quasi correndo. Quando irruppe letteralmente nella stanza del bambino non c’era più traccia di Vegeta. Il monitor sulla cassettiera accanto al lettino, che era ridotto ad un ammasso fumante di metallo, attirò tuttavia all'istante la sua attenzione.
“Mamma!”
Bulma si voltò sorridente verso il piccolo Trunks, che teneva allegro tra le mani un’astronave giocattolo. “Ciao tesoro! Che cosa hai in mano? Un’astronave?”
Il bambino elargì alla madre un sorriso soddisfatto.
“Te l’ha data papà?” Chiese lei avvicinandosi, quasi fosse una vera curiosità.
“Boom!” Fece per tutta risposta il piccolo saiyan, imitando gioioso il gesto non proprio gentile di suo padre verso quello che rimaneva del povero apparecchio sul mobile.
Bulma non riuscì a trattenere una risata divertita, incoraggiata dalla reazione allegra di suo figlio. Quella risata si trasformò però ben presto in un sorriso del tutto diverso.
“Lo sai Trunks?” Sussurrò appoggiando i gomiti alla sponda del lettino e avvicinando con aria complice il viso a quello del bambino. “Credo che qualcosa sia cambiato da queste parti, non credi anche tu?”
Suo figlio si limitò ad osservarla curioso…


“Vegeta?”
Il saiyan se ne stava immobile, seduto a gambe incrociate sul prato, gli occhi chiusi. Le ombre allungate del tardo pomeriggio si posavano sul suo volto come per nasconderlo. Il sole stava lentamente tramontando dietro le sue spalle.
“Senti…” Bulma si avvicinò titubante. “Non vorrei disturbarti…”
“E allora non farlo!” La interruppe seccato lui senza neanche aprire gli occhi.
“Grazie!” Continuò sinceramente, ignorando il tono scorbutico e fermandosi in piedi di fronte a lui. Socchiuse gli occhi e sollevò appena il viso cercando di catturare il calore degli ultimi raggi di sole. Decisamente la lunga doccia calda e una buona dose di antidolorifici contro l’emicrania l’avevano resa alquanto tollerante verso i modi del saiyan.
“Perché diavolo mi stai ringraziando?!” Chiese lui, sollevando finalmente lo sguardo.
“Be’… Lo sai”
“Io non so proprio un bel niente!”
Bulma preferì non insistere. “E… scusami”
Vegeta sembrò mutare per un momento espressione. Sembrava sorpreso.
“Non volevo ferir…”
“Di un po’, non hai niente di meglio da fare che venire qui a disturbarmi?” La interruppe, distogliendo lo sguardo e ritrovando in un istante tutto il suo sarcasmo.
Bulma sorrise. “No”
Il saiyan sembrò per un momento spiazzato di fronte a quella risposta. Si alzò svogliatamente e incrociò di nuovo lo sguardo della donna. “Che diavolo vuoi Bulma?”
“ Perché hai deciso di restare? E’ per Trunks vero?” Chiese lei, ignorando di nuovo il tono seccato dell’altro.
“Si può sapere perché accidenti voi terrestri dovete sempre avere una spiegazione per tutto, dannazione!” Sbottò lui facendo istintivamente un passo in avanti, verso di lei.
“Non è con i terrestri che stai parlando Vegeta” Replicò per nulla intimorita, decisa a non dargliela vinta. “Stai parlando con me!”
“Un’insulsa terrestre, appunto!”
Bulma si impose di non raccogliere la provocazione. “E’ per Trunks vero? Vuoi vedere se diventerà davvero forte come… l’altro Trunks?” Lo incalzò.
“Che assurdità!” Rispose Vegeta sempre più irritato. “E’ ovvio che diventerà molto più forte! Quell’altro buono a nulla è stato allenato dal figlio di Kakaroth!”
Bulma sorrise vittoriosa. “Già. Proprio come pensavo”
Lui la fissò con uno sguardo carico di rancore. Fece un altro passo verso di lei, poi un altro. “E sentiamo, che cosa avresti pensato? Che pensi di aver capito?”
Per la seconda volta in quella giornata Bulma si ritrovò senza rendersene conto ad indietreggiare di fronte all’incedere del saiyan, per la seconda volta si ritrovò con le spalle al muro. Si accorse di essersi istintivamente allontanata da lui quando la sua schiena aderì al muro della Capsule e percepì il calore della parete, che il sole aveva battuto per tutto il pomeriggio. Di nuovo, per la seconda volta quel giorno, gli occhi scuri del saiyan erano terribilmente vicini ai suoi e questa volta agì d’impulso. Lo baciò.
Lo fece senza riflettere neanche un secondo. Prese il volto di lui fra le mani e appoggiò le labbra alle sue. Una sensazione di calore la avvolse di nuovo, un calore diverso, erano le mani di lui tra i suoi capelli, sul suo collo, le labbra di lui che si dischiudevano, e sembravano emanare un’energia sconosciuta…
“Tesoooroooo! Sono tornaataaa! Dove sei cara? Sei lì in giardinooooo?”
La voce squillante di sua madre, che la chiamava affacciata ad un finestra, la destò all’improvviso. Istintivamente fece per staccarsi da Vegeta, ma Vegeta e le sue labbra si erano dileguate alla velocità della luce molto prima che lei se ne accorgesse. Le era quasi sembrato di sentire una sorta di grugnito allontanarsi e scomparire tra le ombre degli alberi…


Perché hai deciso di restare?
Lui non lo sapeva. Non lo sapeva davvero. Se l’era chiesto più di una volta, più di una volta aveva continuato a fissare quella parete, i muri di quella stanza, neanche potesse veramente trovarvi una risposta. Non era mai stato un uomo che si poneva tante domande, lui era uno che agiva e basta, a seconda delle circostanze, qualsiasi esse fossero. Valutazione, strategia e azione. Niente di più ovvio finora. Dannazione! Da quando aveva messo piede su quell’insulso pianeta non faceva altro che farsi domande. Che cosa era cambiato accidenti?! Non aveva risposte. E maledizione non voleva averne!
Avrebbe potuto conquistare intere galassie e sottometterle al suo volere, ma qualcosa gli diceva che quella non era più una sua priorità… Priorità, già… Ora come ora non aveva più priorità di alcun genere… Perché questa cosa non lo avesse ancora ucciso era un bel mistero. Perché era ancora vivo? Ecco un’altra dannata domanda… Maledizione! Se quella gravity room non fosse stata pronta entro breve avrebbe fatto saltare in aria tutta la casa, accidenti!
Il lieve bussare alla porta lo riportò per un momento alla realtà. Si voltò distrattamente per un momento, per poi tornare ad osservare il soffitto e ad ignorare la sua ospite.
“Posso?” Chiese gentilmente Bulma affacciandosi alla porta.
Il saiyan se ne stava sdraiato al buio con le braccia incrociate dietro la testa. Non si era degnato nemmeno di voltarsi a guardarla. Bulma fece qualche passo verso il letto e si fermò in mezzo alla stanza.
“Volevo solo dirti che la gravity room è pronta. Puoi iniziare ad usarla quando vuoi… Be’, non dici niente?” Insistette lei curiosa e un po’ indispettita, notando la totale mancanza di una qualsiasi reazione da parte di Vegeta.
“Ora che l’hai detto puoi pure andartene” Rispose brusco lui.
Ok ora basta! La mia pazienza ha un limite!
L’espressione della donna si fece in pochi istanti rabbiosa. “Certo che sei proprio un ingrato e un maleducato!” cominciò ad inveirgli contro irrigidendosi. “Sono settimane che sgobbo sulla tua maledetta camera gravitazionale come un mulo. Mi pareva che avessi fretta, no?! Che cosa stai aspettando allora?! Brutto scimmione arrogante, egoista, antipatico…”
Vegeta si alzò svogliatamente dal letto e fece qualche passo verso la donna, che continuava ad insultarlo e a sbraitare imperterrita senza quasi prendere fiato.
“…diavolo ti credi di esse… re…”
Le parole le morirono in gola nel momento in cui notò il modo in cui Vegeta se ne stava in piedi di fronte a lei e la guardava dritta negli occhi. Ebbe un sussulto nel sentire la porta che sbatteva dietro di lei; con la coda dell’occhio si accorse del braccio proteso dell’uomo, che teneva il palmo della mano aperto in direzione di questa. Lo spostamento d’aria le provocò un brivido. Si diede mentalmente della stupida per come si stava sentendo, sembrava una ragazzina. Era addirittura arrossita accidenti! Perché quel maledetto saiyan riusciva a farla sentire così?
Perché fai così Bulma?! Controllati! Con-trol-la-ti!
Quando sentì quella mano sfiorarle la schiena smise completamente di pensare. Il tocco di lui si fece più deciso, l’altra sua mano le cinse un fianco. Si sentì leggera come una piuma quando lui la sollevò e la adagiò sul letto.
“Veget…”
“Taci!” La interruppe lui brusco cominciando a strapparle letteralmente i vestiti di dosso e ad assaggiare ogni singolo centimetro di pelle che scopriva.
“Ma… Aspet…” Cercò di protestare, senza sapere nemmeno perché.
“La vuoi piantare di blaterare Bulma!” La interruppe di nuovo lui, appoggiandosi con entrambe le mani sul cuscino, a pochi centimetri dal suo viso. Facendo forza sulle braccia si staccò da lei e si mise in ginocchio. Bulma sentì appena il suo peso su di sé, eppure ebbe la sensazione di essere incatenata su quel letto.
Vegeta si sfilò la maglia con un unico rapido movimento. “E’ tutto il giorno che tento di farti stare zitta.”
Pronunciò quelle parole lentamente, scandendole sillaba per sillaba, mentre gettava con un gesto deciso l’indumento sul pavimento, senza distogliere lo sguardo estremamente serio dagli occhi azzurri di lei…


Per Bulma e per Trunks.
Bulma non l’ebbe mai quella risposta da Vegeta. Perché lui non la conosceva ancora la risposta a quella domanda; e lei non glielo chiese più. Quella fu la risposta ad un’altra domanda. Una domanda molto diversa, l’ultima domanda che il principe dei saiyan si fece prima di morire, qualche anno più tardi.
Lui lo capì solo allora che quella era, ed era sempre stata, la risposta a tutte le sue domande…



Fine

  
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