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Autore: Gem    08/11/2012    1 recensioni
«Vuoi sentire che razza di documento devo tradurre?» mormorò, afferrando un altro foglio su cui aveva scarabocchiato qualche frase. «Non ho mai trovato nulla di simile.»
Camus alzò un sopracciglio, guardingo. «Hai di nuovo quella forcina tra i capelli.»

Camus ha lo smalto.
Penso che tutto ciò meriti una profonda riflessione.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il figlio di Crono laccò
 
 
Dalla finestra socchiusa il Sole del pomeriggio entrava nella stanza, impunito.
A occhi chiusi, supino, poteva capirlo dal modo in cui la pelle della spalla e della guancia scottava, ma la mollezza dei sensi era ancora troppo vivida per opporsi in qualche modo a quella sensazione fastidiosa.
Il brusio della tortorella che grugava senza sosta, forse vicino alla finestra, giungeva alle sue orecchie ovattato, indistinto. Tutto ciò che poteva distinguere con chiarezza erano i fremiti che partivano dalla sua mano destra, sollevata, sorretta da dita calde almeno quanto il Sole che gli baciava la guancia.
Mh… non pensava di essere così sensibile al tocco di un paio di labbra che scivolavano, maliziose, dai polpastrelli alle nocche, e poi ancora più giù, fino al polso.
Facendosi sfuggire giusto un sorriso di soddisfazione, si beò di quel solletico senza poter muovere un solo muscolo. Era incredibile quanto poco bastasse – se compiuto nel rispetto di certe condizioni – per placare un cavaliere tanto pericoloso come lui.
Quando sentì le labbra invadenti schiudersi e inumidirgli la pelle, proprio sulla punta dell’indice, tese la schiena e strinse i denti, cercando di rimanere immobile. Ma già i sensi si rinvigorivano: l’udito si affinò, il tatto esplose e persino l’olfatto, fino a quel momento placido, riconobbe l’inconfondibile odore del sesso appena consumato. Il suo corpo reagì di conseguenza.
«Non ha senso combattere con te, Milo.» sussurrò, con sorprendente austerità, una voce nota. Una delle condizioni, a dir la verità.
«Di solito i miei avversari non mi leccano il dito.» ribatté quello aprendo gli occhi. «Cominciano ad aver paura non appena l’unghia diventa rossa.»
Al suo fianco, prono ma sollevato sui gomiti, l’unico tra i cavalieri d’oro a poter permettersi una tale libertà lo fissava con una serietà che sarebbe parsa consona soltanto a un funerale. Il Sole non arrivava sino alla sua pelle, ma Milo avrebbe reputato più difficile scalare l’Olimpo che contare quante lentiggini pitturassero quel corpo nudo steso sul letto.
«Cam.» mormorò ancora, facendo scorrere lo sguardo sulle spalle atletiche.
L’altro gli piegò il dito all’indietro.
«Quindi se l’unghia diventasse verde i tuoi nemici inizierebbero a ridere?»
A iniziare a ridere ci pensò proprio Milo. L’aveva sempre pensato, che sotto quella maschera di algido cavaliere si nascondeva un uomo fin troppo sensibile e dedito ai propri cari. Tentò di non guardarlo in faccia, ben conscio delle ricadute che quell’espressione gelida poteva provocare, ma cedette alla tentazione e dovette coprirsi gli occhi con la mano libera per darsi un contegno.
«Dovresti fare queste osservazioni in battaglia.» riuscì a mormorare tra un respiro affaticato e l’altro. «Per distrarre, temporeggiare…»
Camus allentò la presa al dito e tornò a carezzargli la mano, con la punta delle unghie.
«Dovresti tingere di verde la tua unghia.» osservò. «Per distrarre, temporeggiare… suscitare l’ilarità generale…»
Rifilando un calcio leggero alle caviglie dell’altro, Milo tornò a chiudere gli occhi e godersi quelle carezze feline.
«Prima o poi riuscirò a padroneggiare il mio cosmo anche per mettere lo smalto…» sogghignò mentre Camus indugiava sul polso, graffiandolo. Un battito d’ali gli fece supporre che la tortora fosse volata via. «In fondo quando uso il Restriction i miei occhi diventano dorati. Ti piacciono lo stesso, no? … mh?»
«Oh, taci, per l’amor di Athena.» questa volta la voce di Camus gli parve più indulgente. «Non ho mai sentito un discorso del genere.»
 
Con un sospiro impensierito, Milo si portò l’estremità della matita alla bocca e continuò a osservare una pergamena sbiadita sul tavolo. Le lettere greche erano abbastanza riconoscibili, nonostante la grafia particolare, ma alcune parole erano state cancellate via dallo scorrere del tempo.
Con l’altra mano agguantò un foglio bianco e si fece aria. Sebbene fosse sudato da capo a piedi, coi vestiti umidicci appiccicati alla pelle, riusciva a sentire il beneficio di quel gesto sul collo, libero dai capelli. Cosa c’era di male, in fondo, nel sollevare i ricci troppo lunghi per contrastare quella calura asfissiante?
Lo sguardo si posò proprio su una delle tante omissioni. Aveva capito che la parola mancante doveva essere un verbo, dato che quella frase aveva già ogni complemento immaginabile con le sue infinità di declinazioni, ma non riusciva in alcun modo a dedurre dal contesto quale fosse.
Si trattava di una citazione che non aveva mai incontrato prima. Certo che quella pergamena con le sue proposizioni riusciva a dargli filo da torcere almeno quanto Aiolia con i suoi pugni.
In quel momento avvertì un cosmo cristallino, trattenuto a giudicare dalla debole intensità, avvicinarsi sino alla stanza. Udì anche alcuni passi eleganti, ma non si preoccupò in alcun modo di fermare quell’inatteso ospite.
«Ti disturbo?» la voce di Camus suonò come una brezza fresca nell’afa di quella giornata.
«Anche se fosse, ne gioirei.» gli rispose con un sorriso sornione Milo, sollevando gli occhi appena in tempo per vederlo comparire sullo stipite della porta. Indossava l’armatura, diligentemente, e persino il mantello. Probabilmente non ha nemmeno idea di che caldo faccia, rifletté.
Appoggiò quindi il foglio bianco e la matita sul tavolo.
«Vuoi sentire che razza di documento devo tradurre?» mormorò, afferrando un altro foglio su cui aveva scarabocchiato qualche frase. «Non ho mai trovato nulla di simile.»
Camus alzò un sopracciglio, guardingo. «Hai di nuovo quella forcina tra i capelli.»
Prendendolo per un sì, Milo si schiarì la voce.
« “… sottomesso, come quando per tre volte con belluino furore il figlio di Crono… verbo illegibile… gli artigli di luce nell’epirrema più eristica del misoneista Cammeo.” » lesse solennemente, poi alzò gli occhi e fissò il compagno con aria inquieta. «Conosco tutti gli autori greci. Tutti. E so tutti i loro testi a memoria. Eppure non ho mai sentito in vita mia questo Cammeo.»
«Il figlio di Crono laccò. Laccò gli artigli di luce.»
Milo abbassò il foglio.
Di solito era Camus quello chino su qualche libro, intento a studiare o semplicemente a leggere, e spettava alle proprie chiacchiere la facoltà di interrompere un paradisiaco silenzio.
Di solito.
Le labbra si alzarono, leste, a disegnare un sorriso obliquo.
«E sia. Il figlio di Crono laccò.» raccolse la sfida senza troppi indugi e scrisse velocemente il verbo mancante. «La lettura del Grande Sacerdote sarà molto interessante, questa sera. Onde evitare spiacevoli interpretazioni, spiegherò in nota che si tratta di un’aggiunta a discrezione del traduttore.»
Camus si fece avanti incedendo con quel suo passo elegante e mai viziato dalla premura. Non c’era nemmeno un’ombra di malizia sul viso, come se fosse totalmente innocente, né tantomeno un sorriso che potesse far chiarezza sul suo stato d’animo.
Eppure Milo continuò a sorridere.
«A tal proposito, quale preferirebbe il figlio di Crono?» chiese all’improvviso Camus, alzando entrambe le mani di fronte al suo viso.
A dargli filo da torcere c’erano quella pergamena con le sue preposizioni e Aiolia con i suoi pugni. A metterlo con le spalle al muro, però, ci pensava il più freddo dei dodici cavalieri d’oro.
Gli occhi di Milo guizzarono dalle nocche coperte dall’armatura sino alle dita pallide, poi, sgranandosi sempre di più, arrivarono sino alle belle unghie che il giorno prima gli vellicavano il polso. Poteva giurare di non sentire più caldo, adesso. Una sensazione indescrivibile, e ben più potente, gli metteva in subbuglio l’intera mente, come se avesse davanti a sé non Camus, ma un imprevedibile nemico.
Alzò gli occhi.
Effettivamente le due figure coincidevano.
«Sai che con quelle unghie tinte stendi gli avversari meglio di me?»
«Verde o rosso?»
«Verde.»
Camus ritrasse le mani proprio mentre Milo allungava le proprie.
«Se il figlio di Crono preferisce il verde, allora un comune mortale come me non può che scegliere il rosso.» constatò intrecciando le dita davanti al petto, mostrando ancora una volta le unghie colorate. Rosse per la mano sinistra, verdi per la mano destra.
Oh Dea.
Milo alzò un sopracciglio: aveva già la battuta pronta.
«Oh, taci, per l’amor di Athena. Non ho mai sentito un discorso del genere.»
«Arrivederci, Milo.» gli rispose Camus dandogli le spalle. «Tornerò in Siberia domattina.»
Appoggiato col gomito sul tavolo, Milo si portò le labbra alle nocche della mano e nascose un sorriso terribilmente divertito, pungolato da quella strana situazione. Si deliziò del contrasto cromatico dei capelli rossi sul mantello bianco e accostò quella visione alle unghie rosse che spezzavano il pallore della carnagione di Camus.
«Rubi gli smalti a Nené, eh?» sibilò mentre il caldo tornava ad abbattersi su di lui. «Per quanto tempo hai intenzione di tenerlo, Cam?»
Camus volse appena il capo. Milo scorse soltanto il profilo del naso e un occhio straordinariamente espressivo.
«Scommettiamo per sempre?»
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’angolino dell’headcanon
 
Auguri Milo! In teoria la fic da postare qui era questa. Ma è un esperimento, quindi resta carina carina sul lj.
Kurumada disegna. Trovo molto sexy (?) la capigliatura di Shura. Adoro anche vedere la serietà dei cavalieri sulla sinistra e l’assoluto fancazzismo di quelli sulla destra. Death Mask che dà un pugno in testa a Camus ci può stare. Ma Camus tutto imbellettato che fa una carezzina ad Aiolia – che se la gode, essendo un gatto – è veramente il top. Menzione d’onore a Doko apparentemente seduto sull’elmo di Saga.
 
Anni fa pensavo che Camus smaltasse le unghie per scommessa; avevo addirittura mantenuto questa visione nella mia cara e vecchia Enigma, fic che a suo tempo aveva ricevuto un discreto successo. Oggi la riscriverei, ma mi fermo qui perché sto divagando.
Comunque, tornando in tema: è davvero triste che nell’anime non abbiano mantenuto questo dettaglio. Non trovate?
 
Nené (soprannome di Henriette) è una delle ancelle dell’Undicesima Casa. Cammeo è un altro tizio di mia invenzione, a quanto pare un commediografo sconosciuto. Kàmein, volendo. Ero ubriaca. Secondo me il Santuario ha tantissimi documenti considerati “perduti” dal resto del mondo che ancora devono essere tradotti o glossati (sempre nella mia testolina bacata, Milo è quello che se ne occupa di più). Oh, la forcina tra i capelli XD
 
Mh... Milo would climb Olympus only to count the freckles on Cam’s body.
Scusate, adoro i supporti visivi.
  
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