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Autore: Evilcassy    08/11/2012    8 recensioni
Non è proibito, è sconsigliato.
Dal buonsenso prima di tutto, e non solo per le ripercussioni sul piano professionale.
Essere una spia significa assumere identità diverse per ogni occorrenza: Natalie Rushman, Laura Matthers, Yelena Belova... Neppure Natasha Romanoff è il suo vero nome e spesso si sorprende a doversi sforzare per ricordarsi come si chiama realmente e come si scrive il suo nome completo in russo.
E significa dover applicarsi nella riuscita della missione ad ogni costo. Una spia - una brava spia com'è lei - non deve avere limiti, né fisici né tantomeno morali.
(Sequel di Scent of a Woman)
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Gushing Ledger.'
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Washing the Spider Out


Somehow all you ever need's 
Never quite enough you know 

(Reno – Bruce Springsteen)

 

Non era proibito, era sconsigliato.

Avere una storia con un collega – e partner di squadra soprattutto   non era esattamente indicato dalle linee guida comportamentali del personale S.H.I.E.L.D.

Le distrazioni ed i risvolti sul piano professionale potevano essere imprevedibili e mettere a repentaglio la più brillante delle carriere, oltre che l'incolumità stessa delle persone.

Figurarsi se tali persone erano due dei migliori agenti.

E due membri della squadra degli Avengers.

Ecco, le linee guida di comportamento del personale S.H.I.E.L.D. non erano state ancora aggiornate sulla base della nuova squadra (probabilmente Fury si era reso conto che fornire indicazioni comportamentali a Stark equivaleva ad invito a comportarsi esattamente all’opposto) quindi, volendo, si poteva fare appello a quella falla nel regolamento.

Che di sanzioni disciplinari in fondo non ce n’erano: si veniva solo un po' pressati per fare in modo che le relazioni restassero sul piano professionale e non sentimentale.

Sicuramente, uno dei due sarebbe stato rimosso dalla squadra Strike Delta, e di sicuro sarebbero stati alternati in missioni ai poli opposti del globo, praticamente un po' di insano mobbing per fare in modo che si vedessero il meno possibile.

Dato che comunque il tempo che avevano il lusso di poter passare insieme era limitato, Natasha Romanoff si prendeva la briga di evitare che venisse ulteriormente decurtato.

Per lei, in fondo, era facile mascherare il suo interesse: si comportava esattamente come sempre nei confronti di Clint: un rapporto garbatamente professionale, giusto quel poco più confidenziale che con altri; comprensibile, dopotutto erano entrambi Avengers ed era stato Barton a farla entrare nello S.H.I.E.L.D.

Agli occhi dei colleghi, il loro rapporto doveva sembrare il più vicino possibile a quella che comunemente veniva chiamata amicizia. E già questa parola doveva suonare altisonante, se associata alla Vedova Nera.

Quindi, Natasha dissimulava benissimo.

Anche perché il lavoro aveva ricominciato a calamitare il suo interesse: tornata dopo due mesi dalla licenza premio del dopo New York, era stata immediatamente riassegnata ad caso di spionaggio antiterroristico. Praticamente un lavoro che poteva eseguire ad occhi chiusi: Fury era stato magnanimo, le aveva concesso di rientrare al lavoro per gradi.

Clint, invece, era ancora alle prese con la fisioterapia: quel maledettissimo legamento si era rivelato davvero rotto alla fine, costringendolo a sottoporsi  ad un intervento di ricostruzione per poi passare le sue giornate ad esercitandosi per recuperare la mobilità e la forza dell'arto bestemmiando contro le stampelle e le punture di anticoagulante.

Natasha non ricordava di essersi lamentata così tanto quando si era dovuta rifare menisco,  crociato anteriore ed entrambi i collaterali in una volta sola.

L'ennesima dimostrazione della superiorità del suo sesso.

Senza contare che il sesso con il tutore donjoy addosso non era così divertente come prima.

Decisamente, tornare operativa era stata un'ottima idea.

Sarebbe tornata a casa in tempo per trovarlo riabilitato e pronto all'azione.

Di qualsiasi tipo.

 

Come suo solito, il rapporto che aveva fatto a Fury era stato breve e conciso. Non si era dilungata in particolari circa le modalità del suo operato, non erano necessari: la missione si era conclusa positivamente, l'obbiettivo prefissato era stato egregiamente raggiunto, i soggetti da fermare erano stati eliminati.

Natasha si era infiltrata nell'organizzazione ed aveva portato a termine la missione, come sempre, nel modo più impeccabile. Fury ne era stato soddisfatto e l'aveva congedata in attesa di riassegnarla ad un nuovo caso.

Si era ritrovata quindi a percorrere il corridoio sino allo spogliatoio femminile in compagnia di Maria Hill, che smontava dal suo turno di servizio. Non che avessero particolari affinità, d'altronde era un suo superiore e Natasha in genere non approfondiva troppo i rapporti se non lo stretto necessario. Non si scambiavano più che un paio di chiacchiere su argomenti lavorativi.

 

Natasha apre l'armadietto e fruga tra i suoi effetti personali: nel beauty case c'è il suo bagnoschiuma preferito e si sente in vena di aver addosso il profumo fruttato.

C'è anche un biglietto giallo: è un post-it piegato, probabilmente infilato all'interno da una delle fessure dello sportello. Natasha lo apre tra le dita fingendo di ascoltare l'aggiornamento della Hill sulle nuove dotazioni concesse da Stark.

"Da te stasera. Penso a tutto io. Sarai sorpresa, Clint."

Quel bigliettino dovrebbe farla sorridere. Dovrebbe essere contenta, che il suo lavoro è riuscito alla perfezione ed il suo uomo l'attende a casa.

Ed invece sente ancora di più il bisogno del bagnoschiuma sulla pelle.

 

Non è proibito, è sconsigliato.

Dal buonsenso prima di tutto, e non solo per le ripercussioni sul piano professionale.

Essere una spia significa assumere identità diverse per ogni occorrenza: Natalie Rushman, Laura Matthers, Yelena Belova...  Neppure Natasha Romanoff è il suo vero nome e spesso si sorprende a doversi sforzare per ricordare come si chiami realmente e come si scrive il suo nome completo in russo.

E significa dover applicarsi nella riuscita della missione ad ogni costo. Una spia – una brava spia com'è lei  – non deve avere limiti, né fisici né tantomeno morali.

Se per avvicinarsi al suo obbiettivo occorre assumere l'identità di una escort e finire a letto con qualcuno, non deve avere nessuna remora a proposito. È il suo lavoro ed è apprezzata, temuta e pagata per quello.

Natasha si rende conto di non aver neppure tentato una strada alternativa: aveva tessuto la sua ragnatela di seduzione e aveva fatto cadere in trappola il suo bersaglio. Missione conclusa con successo. Non si era neppure concessa di provare fastidio o ribrezzo per quello che faceva. È il suo dovere e basta, è preparata ad evenienze simili.

Quello a cui non è preparata è il senso di colpa che le piomba addosso in quel momento. Lo scaccia, lo rinnega, lo spinge nel più profondo delle sinapsi e quasi si strappa di dosso la tuta attillata da tanta è la foga con cui si spoglia.

È consapevole che gli errori e gli orrori che ha commesso sono parte di lei e che non l’avrebbero mai lasciata – la figlia di Dreykov fa capolino nei suoi incubi quando meno se l’aspetta  – ma quella morsa allo stomaco no, non l’aveva mai provata prima.

Perché?

Perché ora ha tradito qualcuno, qualcuno per cui lei non è una spia, un'assassina, un'agente. È qualcuno che la definisce la mia donna, che la fa sentire desiderata al di là delle sue abilità o del suo corpo, qualcuno di cui può fidarsi e con cui sentirsi a suo agio in abiti succinti come in pigiama, sudata per un combattimento o per un amplesso.

Qualcuno con cui sorridere, dormire, rilassarsi davanti ad un film alla tv. Qualcuno a cui sistemare il ghiaccio su una ferita o disinfettare un taglio.

"Tutto bene?" Hill la sta fissando con la fronte aggrottata. Per un attimo è tentata di raccontarle tutto, di avere un parere razionale sulla vicenda; ma poi si ricorda che non hanno nessuna confidenza, non hanno mai parlato di nulla all'infuori del lavoro e che le relazioni tra colleghi sono sconsigliate – ma non proibite   e rivelare di averne una ad un superiore non è esattamente una buona idea. "Mi è scaduta la promozione di un centro estetico." Biascica. Estrae l’accappatoio dall’armadietto, se lo infila addosso e cammina velocemente nel bagno.

Ha decisamente bisogno di una doccia, e non è sicura che il profumo del bagnoschiuma possa cancellare l'odore di un altro uomo.

 

Clint sta cucinando.

E questo la spiazza ulteriormente.

Aveva quasi sperato di trovarlo sul divano – lattine di birra sparse in giro e rimasugli di pop corn   a guardarsi l'ennesimo Die Hard, così da avere qualcosa di cui arrabbiarsi, con cui mitigare quel senso di colpa che continuava a premerle sulla bocca dello stomaco.

Ed invece eccolo in piedi ai fornelli, la gamba sinistra opportunamente alzata ed appoggiata su uno sgabello, che canticchia qualcosa di vagamente somigliante ad I Will Survive.

Natasha chiude la porta e si sfrega gli occhi mentre cerca di sperare che quella sia tutta una reazione postuma all'essere stato posseduto da Loki, alla battaglia di Manhattan e alla morfina del post intervento al ginocchio, e non perché Clint sia davvero così fantastico da voler sorprendere la propria donna con una cena cucinata dalle sue mani.

"Cosa. Stai. Facendo?"

"Bentornata, anche io sono felice di vederti!" Clint sorride, si volta di tre quarti saltellando sul piede appoggiato a terra. "Sto preparando la cena, per la precisione questi sono Pettini di Mare. Hanno un profumino spettacolare, non è vero?"

Oh, sì, il profumino è così delizioso da farle brontolare la pancia. Escludendo lo spuntino veloce al sapore di plastica del viaggio di ritorno, è da almeno un giorno che non tocca cibo. E per quanto siano invitanti, quei quattro pettini di mare in padella non la rimpinzeranno di certo. "Vedrò di accontentarmi" commenta ironica.

Clint si getta lo strofinaccio sulle spalle e la guarda con un sopracciglio alzato ed un mezzo sorriso che le suggerisce abbia un altro asso nella manica. Poi, mantenendosi in equilibrio su una gamba sola si piega ad aprire il forno.

Ah, il forno. Non era mai stato acceso prima d'ora.

"Et voilà, madame... rombo al sale con patate."

"E tu da quando in qua sai cucinare?"

Richiude il forno, si rialza e claudica di un paio di passi verso di lei.  "Da un po'" risponde semplicemente. "Vedi, la mia identità da agente è una copertura. Mi dispiace aver dovuto celare la mia identità di rinomato chef con te ma... sai, poi avrei dovuto eliminarti." La circonda con le braccia, le stampa un bacio sulla bocca. La guarda negli occhi, sorride. "Ed ho pure portato dell'ottimo vino." La bacia di nuovo, più a lungo. È contento di vederla, vuole festeggiare il suo ritorno: se lei è lì significa che la missione è filata liscia come l'olio, niente intoppi o problemi. Va tutto bene, sono di nuovo insieme.

Natasha vorrebbe affondare, che quelle braccia muscolose le sono mancate da morire e se ne rende conto soltanto in quel momento. Ed invece scioglie l'abbraccio, piano. C'è qualcosa nella sua gola che le rende difficoltoso parlare bene. "Mentre prepari anche la tavola io... vado a farmi una doccia, d'accordo?" Tossisce, dissimula.

Clint annuisce, promette il lume di candela tornandosene ai fornelli, "Che questi pettini non si guarniscono da soli."

 

Si lascia scivolare nel letto e spegne subito la luce. Accanto a sé sente Clint muoversi ed il suo braccio che passa attorno alla sua vita per attirarla a sé. Le solletica la nuca con il fiato, le labbra premono sul collo. Ha voglia di lei ed ha intenzione di assaporarla con la dovuta calma, come a lui piace fare.

La bacia, l'accarezza, le sue dita sotto la stoffa della camicia da notte a cercare la pelle nuda e a guidarla a girarsi sulla schiena. Il peso del corpo su di lei, la pressione del suo desiderio tra le gambe.

Labbra che la sfiorano e la riempiono di brividi.

Tutto ciò che a lei piace da impazzire, tutto ciò che le mozza il respiro e le fa accelerare i battiti. Tutto ciò che sente di non meritare.

"No." sussurra. Clint si ferma, si puntella sui gomiti alzando il viso dal suo per fissarla meglio. Nella penombra Natasha trova il suo sguardo perplesso. "Sono un po' stanca" si giustifica.

Clint sospira e rotola di lato. "Peccato." Lei si volta dandogli nuovamente la schiena mordendosi le labbra, e dopo pochi minuti sente di nuovo la pressione del suo braccio su di lei. La mano non cerca più la sua pelle, le labbra non assaggiano più il suo collo.

Il respiro di Clint è calmo e regolare. Lo sente rilassarsi contro la sua schiena per addormentarsi, rispettando il suo bisogno di riposo, sicuro che domani lei si sentirà piena di energie e risponderà ai suoi assalti con il suo solito entusiasmo.

Il peso sullo stomaco di Natasha sale sino allo sterno, si fa più pesante: ora le riesce difficile persino deglutire.

Sarebbe giusto dirglielo, essere sincera con lui: magari giustificando il suo tradimento come qualcosa di necessario ed indispensabile ai fini della missione, ma sarebbe mentirgli di nuovo: lei si è solo comportata come al solito, ha scelto la via più breve per adempiere al suo compito senza curarsi di quello che faceva.

Sono gli strascichi del suo addestramento tra le file della Red Room:  Macchine di morte, con un’arma come corpo e proiettili al posto delle labbra.

Nessuno è amico: tutti sono possibili bersagli, papabili futuri nemici.

Natasha sa che non sarà mai libera dai propri errori, ma sperava di aver stretto un patto di non belligeranza con la sua coscienza.

Si sbagliava.

Cerca di calmarsi, fa profondi respiri, sente Clint muoversi e chiedere con voce impastata se stesse bene: “Digestione lenta” Mente.

Lui si scusa.

“E di cosa?”

“Di aver abbondato con le porzioni.”

Natasha vorrebbe sorridere, ma riesce solo ad emettere uno sbuffo.

“Sicura?”

“Di cosa?”

“Che sia solo digestione lenta.”

È sul punto di raccontargli la verità, ma poi sospira e ripete che è colpa della digestione. “Forse il vino, credo fosse troppo fresco.”

Eccola lì, la Vedova Nera: mente ed uccide al servizio di bugiardi ed assassini. Mente ad un uomo non meno virtuoso di lei, l’unico che potrebbe comprenderla.

L’unico che le ha dato fiducia, una possibilità, un’alternativa in barba agli ordini.

L’unico importante. Troppo, da rischiare di perderlo.

“In effetti il vino era troppo fresco.”

Si ripromette di agire diversamente, la prossima volta. Di togliersi di dosso i rimasugli della Red Room, di lavare via quegli insegnamenti.

Di essere Natasha, e non solo la Vedova Nera. Chiude gli occhi, sa che la figlia di Dreykov arriverà a tormentarla – lo fa sempre quando pensa troppo al suo passato – e lo accetta: i suoi errori sono parte di lei, e non la lasceranno mai.

 

ANGST ANGST ANGST ANGST!!! Così, mi pareva quasi d’obbligo.

Questa storia è il proseguimento naturale di Scent of a Woman.

Il titolo è tratto dalla filastrocca americana ‘the Itsy Bitsy Spider’ e la canzone è Reno di Bruce Springsteen.

Di altre citazioni non ce ne sono, o meglio, al momento non me ne ricordo: a parte che ho ripreso il discorso di Loki a Natasha in più parti.

Resto pazientemente in attesa di un vostro commento, parere, critica… quello che volete.

Spero di aver fatto un buon lavoro: volevo comunque analizzare le difficoltà di una coppia così ‘anomala’, al di là di quelle pratiche della gestione della vita di tutti i giorni.

Ringrazio in modo spasmodico chi ha recensito Scent of a Woman e Imaginaerum: giuro che prima o poi mi prenderò una seratina di tempo per dirvi grazie una ad una.

Siete preziose.

Grazie,

EC.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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