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Autore: Igvonain_Z    08/11/2012    1 recensioni
Correrà l'anno 2102 (notare la somiglianza con 2012). Un uomo viene ibernato nel 2021 e si risveglia 80 anni dopo, nel 2102. Il mondo è completamente diverso, anche se ancora non sa in realtà come è cambiato. In quest'epoca sono riusciti ad inventare la macchina del tempo: questo darà al nostro protagonista una visione completamente diversa del tempo e della storia. Lui la vedrà come ". Nella mia mente creai una linea del tempo simile ad una vecchia pellicola cinematografica, dove i fotogrammi sono contemporaneamente su tutta l'opaca striscia che conteneva il film [...] tutto è accaduto, tutto sta accadendo e tutto accadrà nello stesso momento.".
Un altra frase chiave è questa: "sorridendo, ubbidirono". Proprio su quel sorriso... Bè, per scoprirlo dovete aspettare il prossimo capitolo!
Gio
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correrà l’anno  2101
Aprì gli occhi. Nulla a parte una luce bianca accecante. Lentamente misi a fuoco la stanza circostante. Non era cambiata molto dall’ultima volta che la vidi coscientemente, anche allora era piena di uomini in tute asettiche che lavoravano a dei monitor. Lentamente lo sportello di vetro della mia cella di ibernazione si aprì. Provai ad uscire. Non riuscì a muovere un solo muscolo, naturalmente. E’ un Effetto collaterale di 80 anni di immobilità a novanta gradi sotto lo zero. Insomma, sono stato per ben 16 lustri un ghiacciolo e dovrò aspettare ancora un paio di ore per riprendere appieno le mie facoltà motorie. Non appena mi tirarono fuori mi misero su una sedia a rotelle. Vedevo tutto. Non udivo nulla. Non riuscivo a muovere neppure le palpebre niente. Avevo perso completamente la sensibilità, ma non me ne preoccupai: ero già stato preparato a questa evenienza, anche se, lo ammetto, sentirla sulla propria pelle è tutt’altra cosa. Scorsi uno strumento metallico ricolmo di un liquido trasparente appoggiato sulla pelle. La vista si annebbiò. Forse mi stavano iniettando un sonnifero o qualcosa del genere. La vista iniziò a sfocarsi poi, lentamente i colori iniziarono a perdere la loro forma, a mescolarsi in una miscela confusa e indescrivibile …
Quando riaprì gli occhi mi trovavo in una stanza perfettamente bianca. Provai lentamente a muovere le gambe e il braccio: ce la facevo, anche se mi sembrava una cosa assurdamente strana dopo tanti anni di perfetta paralisi. Ebbi molto poco tempo per riflettere sull’enormità di quel che avevo fatto: mi ero appena destato da un sonno lungo solo ottant’anni e mi sentivo come se avessi dormito una notte in una posizione un po’ scomoda e con le braccia piegate sotto al cuscino.
Passarono si e no cinque minuti dal mio secondo risveglio ed entrarono delle dottoresse e degli infermieri sorridenti. Sempre sorridendo la dottoressa ordinò ad un infermiere:
-Misuragli la pressione. Tu- rivolgendosi all’altro- prendigli un po’ di sangue per le analisi.
-Si dottoressa.
Fecero quelli e, sorridendo, ubbidirono.  Con uno strumento simile a quello che mi iniettò il sonnifero qualche ora prima, mi fece il prelievo e l’altro, appoggiandomi semplicemente una lastra metallica, sottilissima che si confondeva col monitor olografico che indicava la mia pressione. Nel mentre, l’infermiere che mi aveva fatto l’indolore prelievo di sangue, lesse da un monitor il risultato delle mie analisi.
La dottoressa annuì e, rivolgendosi a me, chiese:
-Vuole vedere come è il suo aspetto dopo ottant’anni da ghiacciolo?
“Effettivamente” pensai “ non ci avevo ancora pensato: chissà come sono ridotto”.
Un infermiere mi porse uno specchio:
-Bisogna dire che per essere un vecchietto di 110 anni me la passo bene.
Scherzai io, vedendo la mia immagine perfettamente identica a che avevo ottant’anni prima: non ero stupito, infatti, era già stato programmato che mi sarei conservato perfettamente per tutta la durata prevista dell’ibernazione. Ebbene si, è grottesco ma è così: il mio corpo è alla stregua di un pezzo di carne da tenere nel freezer!
-Straordinariamente bene, oserei.
Confermò lei, andandosene con i suoi infermieri. Rimasi solo per poco, senza neppure il tempo di raccogliere le idee: entrò un uomo, sorridente, sulla quarantina.
-Buongiorno … O buonasera, sinceramente non saprei.
Salutai io, sentendomi molto spavaldo in quel nuovo mondo.
-Buongiorno, direi. La dottoressa mi ha detto che ora lei sta benissimo.
Fece lui.
-Effettivamente mi sento benissimo. Un po’ alieno, ma in generale bene.
-In effetti lei è un po’ alieno. Sono cambiate molte cose da quando lei è stato ibernato. Tuttavia la sua missione è ancora in essere, quindi, lei starà in questa epoca per un po’ di tempo, poi, siccome siamo riusciti a scoprire il processo che le permetterà di tornare alla sua epoca, tornerà a relazionare. Come da programma. Naturalmente saprà che i viaggi tra un epoca e l’altra non sono come i viaggi che si compiono normalmente tra un luogo e un altro: lei tornerà nella sua epoca, dove ciò che vedrà e sta vedendo non è ancora accaduto, sebbene ora stia accadendo.
Mi lasciò qualche istante per comprendere ciò che mi stava dicendo. Nella mia mente creai una linea del tempo simile ad una vecchia pellicola cinematografica, dove i fotogrammi sono contemporaneamente su tutta l’opaca striscia contenente il film. Quella rivelazione mi fece intuire la reale immensità del tempo: tutto è accaduto, tutto sta accadendo e tutto accadrà nello stesso momento. Davanti a quell’infinito dei brividi mi percorsero rapidi la schiena
Proprio mentre, invano, tentavo di srotolare e di guardare tutta la pellicola, perdendomi così nei meandri dell’infinito, quell’uomo mi ripescò:
-Ora torniamo a noi. Anzitutto sono Janjames, responsabile dei viaggi spaziotemporali della C.M e sarò la tua guida in quest’epoca. Starai qui, stavo dicendo, una settimana al termine della quale tornerai nel 2021. Puoi darmi del tu.
Disse, passando da un tono distaccato e professionale ad uno pratico e piuttosto spiccio, pur sorridendo.
-Va bene. Però credo che dovresti aggiornarmi sui principali avvenimenti degli ultimi ottant’anni.
Effettivamente, questa, potrebbe sembrare una cosa da poco ma è una cosa fondamentale. Ora, o meglio, un tempo ero nel 2021. Se un uomo del 1941 piombasse in quell’epoca sarebbe veramente spaesato:
da un tempo dove la plastica era per i più ancora un mirabolante prodigio, le automobili uno spettacolo straordinario e i computer neanche se li sognavano, verrebbero catapultati in un mondo dove di plastica sono ormai le donne, ci si sposta con le automobili anche per andare in bagno e i computer hanno ormai sostituito anche la pizza del sabato.
Le proporzioni sono le stesse: non so cosa sia successo negli ultimi ottant’anni. Ibernato negli a New York USA  e svegliatomi sempre nello stesso laboratorio ma, paradossalmente, non so neppure in che stato o in che città sia quello stesso laboratorio. Non so neppure se esistono ancora minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi e gli anni come li ho conosciuti io

TO BE CONTINUED

GMZ
  
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