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Autore: sososisu    26/05/2007    7 recensioni
Rimane Il Triangolo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io, lui…e l’altra.
Classico.
Tipico.
Solito.
Come altro definirlo?
Tre lati di un bel triangolo.
Equilatero?
No. C’è sempre il lato più corto…quello più vicino al vertice…quello più vicino a lui. E chissà perché non sono mai io.
E lui chi è. Il vertice di tutto ciò chi è?
È lui.
Non è bello. Però ha un suo fascino. Alto, altissimo, molto più di me. Mani grandi che puzzano di sigaretta. Labbra carnose. Aria sempre, perennemente, strafottente. Ti guarda dall’alto verso il basso, ogni volta. E io sempre li a rispondere al suo sguardo stronzo. Sempre. Occhi negli occhi. Non sono una codarda, non ho paura. Se mi sfotte gli rispondo a tono. Mi sentivo Dio quando era lui il primo ad abbassare la testa, sconfitto. “Si” urlavo dentro di me. Si. Si. Si. Stronzetto hai perso!
Ma poi…poi beh classico.
Siamo a scuola. In classe insieme. Lui era davanti, vicino alla cattedra, niente compagne di banco a incrinare il nostro gioco, la nostra competizione. La prof consegna un compito in classe e lui veniva da ME a confrontare i voti. Prima da me. Prima di tutti veniva da me. E se prendevo più di lui…pronta a ridergli in faccia un po’ bastarda. Perché si sa che le donne stronze piacciono, a lui poi…poi il giorno dopo io prendevo 5 e lui 9 e mezzo, e ‘sta volta era lui che rideva di me. Io lo fulminavo e gli sorridevo sarcastica. E lui non parlava più. E io mi sentivo…mi sentivo…cristo mi sentivo una Dea. Mi sentivo sexy, provocante...sapevo che il mio atteggiamento gli piaceva. Perché ero l’unica che era capace di affrontarlo VERAMENTE. Non siamo mai stati grandi amici, MAI. Ma il nostro rapporto mi piaceva. Se mi sfotteva io lo sfottevo anche se ogni volta che lo faceva, poi, dentro, qualcosa si incrinava. Ma non ci ho mai fatto particolarmente caso.
E poi…poi…si lo so,ridete, ridete pure…l’altra com’è entrata in mezzo? Come?
Per una cosa talmente…Dio…talmente…banale…stupida. Un odiosissimo cambio di posti. Lo spostano di banco. L’ho detto che è una stupidata…ridete su, vi sto aspettando. Ridete!
Va a finire in fondo alla classe. Vicino a un morto vivente. Ma dietro a…a…a lei. Lei. Lei.
Lei bella, lei intelligentissima, lei furba…lei…oddio come descrivervela?
Bella, più di me. Capelli mori, occhi castani, un bel seno. Unico difetto, un sedere un tantino cicciotto. Ma nulla di grave, il resto compensa tutto. È una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto. Parla, parla, parla…non ti stanchi mai di ascoltarla. Ti cattura con le sue parole. Ti…ti…Cristo quanto la detesto.
E…poi…sapete qual è il problema? Mi viene da piangere…ma che dico…lo sto già facendo…il problema è che…che…che è una mia carissima amica. Che mi vuole bene. Che non sospetta nulla. E che io sto iniziando ad odiare con tutta me stessa.
È perfetta per lui. Perfetta forse è un eufemismo. Carattere forte, deciso, tosto…troppo. Anche più del mio…il che è gran dire. Ha la capacità di fare sentire ME una merda. E vi assicuro che ce ne vuole…
E lui che fa? Lui ci casca come una pera lessa. Ora che lei gli sta davanti non può più fare interventi idioti nel bel mezzo delle lezioni, perché lei è pronta a girarsi e sputargli in faccia due o tre insulti piazzati bene che…che lo stroncano. E lui si zittisce, e io bollo dalla rabbia…no di più…dalla gelosia…no di più…dall’INVIDIA. E perché? Per che cosa? Semplice, perché IO non sono MAI stata capace di zittirlo cosi. MAI. Forse riuscivo a farlo ammutolire per due o tre secondi, ma poi? Poi ricominciava, come se io non avessi detto nulla. E lei invece? Lei…lei…lei lo spiazza. Lo fa rimanere di stucco. Lei è forte, lei lo affascina da morire.

Lui fuma. Anzi. Fumava, come un turco. Poi ha smesso. Poi ha ricominciato. Ma niente più Marlboro. No…ora è più figo…e allora si porta a scuola le cartine e il tabacco. Con un foglio si fa il filtro, una bella leccata e zac! La sigaretta è fatta. E mentre la fa io penso…Dio quanto vorrei essere quella dannata sizza [termine che tra l’altro odio…ma visto che lui le chiama cosi…allora anche io ho iniziato]. Perché? Perché vorrei essere quell’oggetto stupido e inutile? Perché…perché cosi proverei il sapore delle sue labbra mentre aspira la mia vita, e quello della sua lingua mentre mi costruisce, pezzo per pezzo.
E poi…un giorno…l’altra dice: -Fammi provare a farne una?- lui dice si, lei prova, e…cazzo le fa da Dio. Lui rimane perplesso. Le piace sempre di più…un po’ maschiaccio, un po’ stronza, intelligentissima, bella, sa fumare, e, per Dio, sa anche fare le sigarette. Insomma…la donna perfetta.
E li io ho perso venti battiti cardiaci.
Quella…quella…quella…non so nemmeno come definirla tanto la odio!
Cosi provo a fumare…se sono capace magari tornerà a guardarmi…
Bene. Proviamo allora.
Porto la sigaretta alla bocca. Inspiro. Zac. Si mette a ridere. E da quel giorno inizierà a sfottermi sul mio modo di fumare assurdo. –Non sei capace! Non sei capace! Ritirati vah…- e io non so più come difendermi. E allora annuisco…e dentro piango, urlo. E l’altra invece fuma da Dio. E lui l’ammira. Dio quanto stanno diventando ripetitive le mie parole. Scusatemi. È solo che ho la necessità fisica di sfogarmi.

25 maggio. Ore 20. concerto della scuola. Cacchio mi sono anche vestita bene, nella speranza che tornassi a guardare le mie curve come facevi un tempo. Io arrossivo come un’idiota. E tu nemmeno te ne accorgevi. Ma ti capivo…sai…sei tanto più alto di me…quando mi parlavi era ovvio che l’occhio ti cadesse un “po’” più giù. Sorridevo e dentro pensavo: Cacchio, gli piacciono le mie tette. Che volgare ero. Che nanetta. Che stupida. Che piccola cretina cotta, anzi, STRAcotta di lui.
Arrivi. Sorrido amara. Nemmeno mi saluti. Poi arriva l’altra. E la baci sulla guancia. E dentro si incrina ancora di più quel qualcosa che non ha un nome…
Passi la serata con lei e qualcun altro, mentre io e un’amica rimaniamo in un angolino. Lei si che mi vuole bene. Lei mi consola, mi capisce.
Qualche volta usciamo dall’Aula Magna e andiamo nel cortile a prendere una boccata d’aria. Sta iniziando un temporale pazzesco. Tuoni e lampi riempiono il cielo. La scuola è buia. Dio sembra un film, l’atmosfera è la fotocopia del mio stato d’animo.
…E tu stai li…seduto a farti la tua bella sigaretta…che non ti viene. Allora vai da lei e le dici –Me ne fai una?- Lei te la fa perfetta. Ancora, ancora si incrina. Le sorridi, le sorridi come non hai mai fatto con me.
Dio sto per piangere. Guardo l’orologio, è tardi, domani ho la versione di greco, devo andare a casa. Chiamo papà che deve venire a prendermi. –Tra dieci minuti davanti a scuola-
Bene. Esco. Ormai è da un po’ che li ho persi di vista. Mi siedo sugli scalini all’entrata. Sono sola. Lui, lei e altri amici sono di fronte al Blockbuster vicino alla scuola. Ridono, scherzano. Io sono circondata da una serie di ragazzi con bandiere nere-rosse. Urlano come dei coglioni. Sono stati a San Siro alla festa del Milan. Che ha vinto. E io sono Interista. E non me ne va bene una…
Poi lo vedo baciare la guancia dell’altra e andarsene. Di nuovo, come prima, nemmeno mi saluta. E se ne va…a casa. Papà arriva…vado anche io. Entro nel letto e sto mezz’ora al telefono con una mia amica a urlare insulti verso quei due stronzi. Poi cerco di dormire…ma niente da fare…non ci riesco. Penso a me, a lei, a lui…piango bagnando tutto il cuscino. Penso a quanto è misterioso, a quanto mi intriga, a quanto è stronzo…non capisco. Mai provata una sensazione del genere. Non è amore…o, almeno, credo non lo sia…no, non lo è, decisamente no. Era solo…solo…prima che arrivasse lei era…divertente. Era una sfida. Dovevo sempre essere migliore di lui. Lo guardavo durante le lezioni e, benché no lo trovassi carino, avevo una voglia assurda di abbracciarlo forte. E quando mi parlava, se lui guardava il seno, io guardavo le labbra. Cosi…maschili. Manco avessimo 20 anni…però…erano cosi da…maschio…cosi attraenti. Leggermente carnose…con quell’aroma di tabacco e…e…e…basta, dormo.

…Questo è un mio piccolo sfogo, perché in fondo, no so come andrà a finire la storia mia, sua e dell’altra. Ancora non lo so…forse non succederà nulla e prima o poi riuscirò a dimenticare la sua faccia quando prendevo più di lui in latino. Oppure il dolore che provo adesso, quando la prof consegna le verifiche, e lui corre da lei. Perché io non sono più la sua rivale…
…Forse riuscirò, un giorno, a dimenticarmi di tutto ciò. Ma per adesso. Rimane il triangolo. Di certo non equilatero, e, secondo me, nemmeno isoscele. Magari scaleno…si…scaleno…chissà che lato sono io?

Giuls

  
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