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Autore: nameless colour    09/11/2012    4 recensioni
Flash-One short dedicata all'iniziativa organizzata dalla Klaine army nell'occasione dell'anniversario della prima volta, ❤.
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Dal testo:
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“Kurt, c’è bisogno di approvare i nuovi tessuti, i nuovi colori, chiamare i fornitori dallo Zimbabwe e tastare le pecore per scegliere il tipo di lana adatta per linea esquimese. Si prospetta un duro inverno.”

“Blaine! Quale onore averti in quasi – orario. Ricorda che oggi hai da registrare Teenage Dream per la settecentesima volta, non dimenticartene. E… oh, quella delle t-shirt bucate è una nuova moda? Spopolerebbe su Vogue!”
[...]
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Happy Klex anniversary!
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Kurt e Blaine si erano visti.

Erano le sei in punto di un banale e scontato giovedì mattina quando la sveglia di Kurt Hummel iniziò a trillare.

Una mano algida e candida balzò fuori dalle coperte di seta blu ed interruppe quella sconclusionata sequenza di suoni senza successione logica. La benda da notte ancora celava quegli specchi che avrebbero avuto il potere di gelare il fuoco.

Si alzò, diretto in cucina, dove ad aspettarlo c’era una lavagnetta che riportava il programma calorico di quella giornata, stipulato la sera prima. La colazione era pressoché la medesima di tutti i giorni dispari: muesli e una tazza di latte scremato, rigorosamente senza zucchero. Kurt aprì l’anta laccata della credenza per preparare tutto, ma qualcosa lo fece sobbalzare: non c’era il muesli. Si fece largo verso il frigo e notò che il cartone del latte era semivuoto. Fanculo, pensò. Maledetti scioperi e maledette feste.

Andò in bagno. L’asciugatrice aveva prodotto il classico “bip” giornaliero, segno che i capi colorati erano asciutti. Promise a se stesso di ricordare che il pomeriggio avrebbe dovuto mettere a lavare la biancheria. Aveva sempre sognato di vivere in un dove che avesse un che di bucolico, ma vuoi le esigenze, vuoi i mezzi, non era stato possibile. Sullo scaffale – che sì, era assolutamente da rispolverare – erano stati preparati diversi vasetti di creme dai colori pastello. Dopotutto, lo smog produce danni da non prendere affatto sottogamba, e New York era la fiera dello smog.

La seconda parte dell’alzataccia era dedicata all’outfit del giorno: camicie e pantaloni gessati erano un evergreen. Il fazzoletto del taschino era stato abbinato con i motivi romboidali dei calzini.

Attivò l’allarme, chiuse e controllò i vari  chiavistelli, ed uscì.

***

Blaine Anderson era un ritardatario cronico. Mancavano dieci minuti alle otto e si ritrovava a sonnecchiare con la bava alla bocca ed una mano poggiata sulla sveglia. Quando suonò per la milionesima volta, il suo sguardo scivolò sul led. Ed avrebbe preferito ricevere un secchio di acqua fredda addosso.

Okay, forse non proprio, ma quasi.

Si catapultò verso l’armadio che, ovviamente, tutto offriva tranne che una t-shirt e dei jeans per andare al lavoro. Le sole cose che, oltre qualche bermuda hawaiano – i quali non erano assolutamente da disprezzare – risultavano decenti erano dei completi gessati e delle camicie. Non vorrei sembrare l’invitato di una qualche cerimonia, pensò tra se e se.

Con ciò, corse verso il ripostiglio, dove aveva lasciato un mucchio di magliette e pantaloni che Consuelo avrebbe dovuto stirare. Ne scelse una al volo e la indossò; poco dopo si illuminò ricordandosi di avere un paio di pantaloni nella lavanderia. Doveva smacchiarli, ma andiamo, chi mai gli avrebbe sbirciato il sedere? Mentre era intento ad abbottonarsi la cintura alla velocità della luce, il bordo della t-shirt gli si infilò tra l’ardiglione e i fori: un taglio diametralmente perfetto trionfava al disopra della cerniera. Uh… casual.

Mancavano cinque minuti. Cinque minuti e sarebbe dovuto essere in studio.

Si lavò i denti e scappò, chiudendosi la porta alle spalle, con le chiavi all’interno.

Con la maglia maculata di dentifricio e lo stomaco brontolante per il digiuno.

***

La strada che Kurt Hummel percorreva per recarsi alla sede di Vogue.com era la stessa oramai da quattro anni. Bicicletta, metrò e poi un tratto a piedi. Alcune pallide perle di sudore gli scorrevano lungo le tempie e maledì se stesso per aver scelto il cotone al posto del lino.

Fece la solita sosta al chiostro del giornalaio che distava qualche metro dalla sua destinazione  e si avviò con una copia del Times tra le mani. Era l’anno delle elezioni e ci teneva particolarmente ad informarsi su colui che avrebbe governato il suo Paese.

Il suo ufficio, se avesse potuto, si sarebbe illuminato e avrebbe attirato chiunque verso di se. Lo stile era alquanto minimal, sui toni del crema e del grigio e a Kurt faceva piacere considerarlo… casa sua. Era lì che aveva assistito ai lanci delle tendenze che avevano regnato sulle passerelle per intere stagioni, li che aveva ricevuto promozioni e meriti, lì che aveva incontrato le persone che incorniciavano le sue giornate. Sospirò quando udì Janet, la sua segretaria – sì, ora era lui ad averne una – chiamare il suo nome con una cove che avrebbe destato un sordo.

Kurt, c’è bisogno di approvare i nuovi tessuti, i nuovi colori, chiamare i fornitori dallo Zimbabwe e tastare le pecore per scegliere il tipo di lana adatta per linea esquimese. Si prospetta un duro inverno.”

Okay, probabilmente di lì a poco sarebbe impazzito, e una cosa era certa: erano passati appena venti minuti, ma aveva bisogno di caffè. Dosi industriali di caffè.

Uno strato di crema con SPF 50 – erano quasi le nove, per Dio – ed uscì alla ricerca della fonte più vicina.

***

Il tour di Blaine era… avventuroso. Improvvisare uno slalom tra il traffico era senz’altro un’esperienza. L’attaccatura del casco gli pizzicava leggermente la barbetta che sì, era decisamente il caso di radere. Si ripromise di dirlo a qualcuno per farselo ricordare al momento opportuno.

Una volta arrivato, ringraziò di trovare una sfilza di posti liberi per lo scooter. Dopo aver parcheggiato non si accorse che erano riservati alle bici, e che la moto si accasciò inesorabilmente al suolo cinque minuti dopo essersi catapultato all’interno dell’edificio.

La pancia continuava ad improvvisare assoli, e di lì a poco lo Starbucks dietro l’angolo sarebbe stato risucchiato fino all’ultimo chicco.

Salì rapidamente la rampa di scale fino al terzo piano. Per quanto a volte lo stressasse, il suo lavoro era la sua vita. Passione, amore, rabbia… era un convoglio di emozioni senza il quale probabilmente non sarebbe stata la stessa persona.

Decise di fare una sosta nella stanza in cui componeva, per controllare la presenza di eventuali… riserve.

Non l’avesse mai fatto.

Un tanfo di… cos’erano? Hamburger? Banane? Un ammasso indefinito di cibo regnava sovrano sulla scrivania, e quella che probabilmente era la metà del suo guardaroba era sparsa ai piedi della libreria. Poteva dire di essere a casa.

Fece dietrofront e lungo il corridoio incontro Dylan, il suo vocal coach. Al momento gettarsi dal parapetto poco distante gli parve senza dubbio l’opzione migliore.

Blaine! Quale onore averti in quasi – orario. Ricorda che oggi hai da registrare Teenage Dream per la settecentesima volta, non dimenticartene. E… oh, quella delle t-shirt bucate è una nuova moda? Spopolerebbe su Vogue!”

Fu con ciò che il termometro della sua sopportazione giunse al limite. Aveva bisogno di zuccheri.

Molti, molti zuccheri.

***

Kurt era infastidito – se non turbato – dall’ingente quantità di persone che popolavano lo Starbucks. Probabilmente nella sua valigetta avrebbe trovato qualche mascherina, e l’avrebbe anche indossata se non fosse stato certo che sarebbe sembrato un cerebroleso.

Si avviò verso la cassa, preparando i soldi con la mancia, ad aspettare il suo turno.

***

Blaine arrivò di corsa. Il sudore che gli ricopriva il 90% del corpo ed il viso diventato paonazzo lo facevano somigliare ad un body builder. Prese ciò che con ogni probabilità era l’ordinazione più ipercalorica, ma decise che aveva bilanciato tutto con la corsa di poco prima.

Un ragazzo in giacca e cravatta, con i capelli perfettamente acconciati, era in piedi davanti a lui.

Si domandò se da Starbucks non festeggiassero anche matrimoni.

Un lampo di genio gli folgorò la mente: aveva lasciato il portafogli negli altri pantaloni. O meglio, in un posto indefinito di casa sua.

Tirò fuori le tasche dei pantaloni a mo’ di perquisizione, per scoprire di avere ancora un paio di dollari, che volarono inesorabilmente sul pavimento. Doveva riconoscere che era stata un’ottima idea non lavarli prima.

Per sbaglio urtò con il capo sotto il sedere del ragazzo elegante, il quale si girò di scatto.

Le pare il caso d-”

Ed in quel momento accadde.

Kurt e Blaine... si erano visti.

 



Rieccomi con una nuova OS, questa volta organizzata in tempo record dalla Klaine army!

Che dire? Alquanto demenziale, per nulla il mio genere, ma spero ugualmente di aver regalato una risata a tutti! Grazie per la lettura e... happy Glee day,

klisses. 

  
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