Chapter Two
LAUGH
I started a joke, which started the whole world crying,
But I didn't see that the joke was on me, oh no.
I started to cry, which started the whole world laughing,
Oh, if I'd only seen that the joke was on me.
[I started a joke, Bee Gees]
Odore di umido. È soffocante.
Il ticchettio delle gocce d'acqua che cadono sul pavimento ritma il suo respiro, flebile, simile a un rantolo continuo, minaccioso, disperato.
Lo sguardo perso nel vuoto, le labbra dischiuse come se gli mancasse l'aria.
Si morte quasi a sangue le labbra, gratta con le unghie troppo lunghe il tessuro ruvido che gli costringe le mani. Sgrana gli occhi, li sbarra, scuote la testa per scostare una ciocca di capelli. Trema. Chiude di scatto gli occhi, forte, quasi fino a farsi male.
"No..."
Si sforza, spera. Ma non riesce.
Le lacrime non escono.
Torna a fissare il vuoto.
Lei si avvicina, preoccupata.
Siinginocchia accanto a lui, sfiorandogli con una mano la spalla, con timore reverenziale e una nota di apprensione.
Posa con delicatezza le labbra sul suo collo, asciandovi un segno quasi del tuto ivisibile sul bianco ormai sporco. Lui rabbrividisce ma non si muove. Non reagisce.
Non parla. Da giorni. Da QUEL giorno.
"Cosa ti hanno fatto..." sussurra lei, ormai in lacrime, soffocandole sulla sua camicia di forza. Singhiozza senza ritegno mentre con pochi tocchi leggeri e timidi la slaccia, liberandogli le braccia. Posa la fronte sulla sua spalla, si sente del tutto impotente. Come se la sua presenza non cambiasse nulla. Come se lui non la volesse. Non più. "Io esisto solo per stare al tuo fianco..."
"No."
Lei lo guarda, interrogandosi se lui abbia davvero proferito parola o se si fosse trattato solo della sua immaginazione. Alza lo sguardo e incontra il suo. Freddo. ma vivo.
Profondo.
Pazzo.
Lui appoggia una mano alla sua schiena.
La bacia.
A lungo.
Lei non osa neanche respirare.
"Cosa sono diventato?" La fissa.
Lei sorride tesa, guarda altrove, sposta il peso da un piede all'altro, volta la testa.
"Rispondi" secco, freddo, autoritario. Un ordine.
"Ris-pon-di" scandisce, stringendole il collo fra le dita, costringendola a guardarlo.
Serra la mano, affondandola nella carne morbida di lei.
"I-io non..." sospira, impaurita. "Non lo so..."
"Non lo sai" ripete, guardandola negli occhi. "Non lo sai" e scoppia in una risata tanto forte che pare che il suo corpo non possa reggerla Non più. Non è la sua solita risata. È forzata.
Finta. Artificiosa.
Lui chiude le labbra, sorride.
Non con le labbra.
Con le cicatrici.
La sua bocca è ferma, inespressiva.
"Non riesco più a ridere.".
"Mr. J, io..."
"Non riesco più a ridere." Si siede e si richiude di nuovo nel suo silenzio.