Panem et circenses
Ovvero: l’essenza del Potere
Duas tantum res anxius optat:
panem et circenses
(Giovenale)
Il presidente Coriolanus Snow attende. Presto arriverà Seneca Crane e gli
infliggerà la punizione che si merita.
Tutta la classe dirigente di Capitol City è stata infangata e derisa da due
stupidi ragazzi del Distretto 12 e la colpa, ovviamente, è sua. Gli dirà le
ultime parole, poi lo accompagnerà alla sua morte.
Guarda fuori da una finestra del suo studio, pensando a quanto facilmente le
cose gli stiano sfuggendo di mano.
Sa che niente è più facile del domare
un popolo. Tenere sotto controllo la gente è più facile di quanto si possa
pensare, basta opprimerli e dar loro
l’impressione di essere liberi. Pugno di ferro e illusione, è questa la vera
essenza del potere. Sebbene molti siano convinti che il bravo governante sia chi
ascolta il popolo e che agisce, con fermezza, per renderlo felice, lui sa bene
quanto ciò sia falso. Un governante comprensivo è facilmente ingannabile e
manipolabile; il vero segreto per non perdere il controllo è essere
implacabili.
Del resto, basta guardare quegli stolti di Capitol City. S’illudono di essere
liberi, solo perché i loro bambini non sono strappati dall’abbraccio materno per
essere gettati in un’arena, dove saranno fatti a pezzi, uccidendosi l’un
l’altro. Per gli abitati di Capitol City, basta avere da mangiare e uno show da
guardare, poco importa se in questo muoiano dei ragazzini. Basta dar loro
qualcosa per impegnare la mente, una moda da seguire, e non si accorgeranno mai
del resto. Vivono in uno stato di torpore che li strappa dalla realtà e che
impedisce loro di comprendere quanto accade.
Sprecano la loro vita seguendo l’ultima moda in fatto di parrucche o chiedendosi
come morirà il tributo di qualche distretto, senza preoccuparsi del resto.
Finché hanno del pane sotto i denti ed uno spettacolo da guardare, sono felici.
Diversa è la storia per i vari distretti. I distretti più ricchi vivono in una
situazione più agiata rispetto agli altri, in particolare il Distretto 2, ma non
sono così liberi. Sono totalmente
sottomessi, sebbene loro vivano gli Hunger Games come un’occasione per
portare orgoglio ed onore ai propri distretti. Sono coloro che si prestano
meglio ai giochi, le loro madri non si disperano se i loro figli sono scelti
alla mietitura. Almeno, non fino a quando sono in vita.
I distretti più poveri sono quelli più difficili da controllare, perché le
persone che non hanno nulla da perdere non si preoccupano delle conseguenze. Lì,
il ragazzo scelto alla mietitura non è figlio di una sola madre o di un solo
padre, ma diventa il figlio di un’intera comunità. Tutti avvertono la morte di
un loro tributo come la morte di un proprio figlio, e con loro la strategia
della distrazione non funziona. Non hanno il lusso e l’opportunità di pensare ad
altro che non sia il lavoro o il bagno di sangue in cui mandano ogni anno i
propri figli. Tutto quel che possono fare, è sperare che i diciotto anni dei
propri figli arrivino il più presto possibile; ma se non li ammazzano gli Hunger
Games, spesso i loro bambini muoiono di fame, quindi la cosa non cambia più di
tanto.
L’unica cosa che si può fare con loro è distruggere ogni speranza, privarli
anche del più piccolo sogno, renderli innocui. Finché un popolo ha un simbolo
cui aggrapparsi, qualcuno che lo guidi, avrà sempre una speranza. Saranno uniti
e compatti e si sa, el pueblo unido jamas
serà vencido. Tutto quel che c’è da fare con loro è dividerli, spingerli a
lottare l’un contro l’altro anche solo per qualche briciola di pane, per una
tessera. Tutti, perfino quei pochi vincitori che non provengono dai distretti
favoriti, devono essere ridotti a delle semplici marionette.
Illusione e terrore sono due grandi alleati quando si parla di potere, Snow lo
sa bene. Controlla tutta Panem così e non ne fa un mistero. Anche con i
vincitori è lo stesso: li illude di aver vinto, di essere salvi, di poter vivere
una vita come quella degli abitati di Capitol City, una vita quasi
normale. Invece no. Lui li sfrutta a suo piacimento, trovando
giovamento dai loro pregi. Bellezza, simpatia, dolcezza… riesce a sfruttare
tutte le qualità a suo piacimento. Li costringe a sottomettersi per lui quando
ne ha necessità, poi li lascia sprofondare nelle loro case. Case lussuose, ma
dove saranno perseguitati dai ricordi degli assassini commessi, degli altri
innocenti ragazzi che hanno visto morire. In quella maniera impazziranno e non
avranno il coraggio di disubbidire; sa benissimo che nessuno dimentica la
visione della morte che si abbatte su un ragazzo, specialmente se si è gli
assassini. Quando si uccide per la prima volta, l’istante più brutto è quando si
vedono gli occhi dell’avversario spegnersi. Subito dopo, viene la consapevolezza
di aver posto fine ad una vita di una persona che non si conosceva nemmeno.
La cosa più tremenda, forse, è il dover addestrare i tributi delle edizioni
successive. Li addestrano per essere i migliori, per farli vincere, a volte ci
si affezionano anche, ma dopo pochi giorni vengono strappati via e buttati in
un’arena. Nel migliore dei casi, moriranno; nel peggiore dei casi, uno di loro
vincerà e dovrà fare i conti con una vita infestata da spettri di ragazzini.
Infine, in caso il vincitore abbia umiliato il governo di Capitol City in
qualche maniera, c’è la punizione più crudele. Gli viene strappato via tutto
quel che ha: famiglia, amici, tutto. Una volta che avrà perso qualsiasi cosa ed
avrà a disposizione qualcosa su cui sfogare il dolore –come l’alcool o droga-
del resto non gliene importerà nulla. Vivrà una non-vita, senza interferire con
i suoi programmi.
E’ per questo che non ha paura degli Hunger Games. I vincitori potrebbero
costituire un problema per il suo potere, ma lui si premura di spezzarli,
qualora non siano già impazziti nell’arena. Quei ragazzi sopravvissuti, che più
volte nel corso della vita probabilmente si pentiranno di non essere morti,
diventano delle larve, dei parassiti delle società. Delle semplici bambole da
usare per i propri scopi.
Eppure, in quel momento poteva cambiare tutto. La colpa è solo di Seneca Crane,
che ha permesso a quegli straccioni del Distretto 12 di vincere,
ridicolizzandoli tutti. Il loro atto, una vera e propria ribellione alle regole
prestabilite, era stato una scintilla; scintilla accolta dai distretti, che
subito ne hanno fatto un focolaio di rivolta. Ma lui è Coriolanus Snow, e sa
benissimo come spegnere l’incendio.
***
Le parole di Claudius Templesmith si possono sentire ovunque a Capitol City. Di
certo, i Settantaquattresimi Hunger Games non verranno dimenticati facilmente,
in bene o in male. Lo sa bene Seneca Crane, i cui passi rimbombano l’uno dopo
l’altro in un corridoio vuoto. Sa che ogni passo che compie lo porterà sempre
più vicino alla morte, ma sa anche che non può evitarla. Non sa cosa aspettarsi
da quell’incontro privato con il presidente Snow, dubita che sarà lui stesso a
porre fine alla sua misera e breve vita. Più probabilmente, si limiterà a
torturarlo psicologicamente, a prepararlo alla sua fine, e poi ordinerà a
qualcuno di ammazzarlo.
Signore
e signori, sono lieto di presentarvi i vincitori dei Settantaquattresimi Hunger
Games, Katniss Everdeen e Peeta Mellark! Ecco a voi… i tributi del Distretto 12!
Quella semplice frase ha segnato la sua fine; poche parole che hanno salvato la
vita di Everdeen e Mellark, ma che hanno inevitabilmente firmato la sua condanna
a morte. Non è stato in grado di controllare la situazione, di tenere sotto
controllo quegli Hunger Games, non è riuscito a catturare quella scintilla.
L’atto in sé è stato quanto di più ribelle e trasgressivo si è visto dall’inizio
degli Hunger Games e tenere sotto controllo la situazione non sarà facile. La
colpa, ovviamente, è solamente sua. E’ stato lui a dare quell’undici
a Katniss Everdeen, a presentarla come una promessa per il Distretto 12,
alimentando così le loro speranze; e non è riuscito a stroncare la coppia di
sfortunati innamorati sul nascere, ed alla fine sono stati loro a distruggere
lui.
Arrivato davanti alla porta d’ebano dello studio del presidente Snow, Seneca
Crane alza la mano destra, bussando. Tre colpi decisi, probabilmente una delle
ultime cose che farà. Eppure, non è agitato. Ha accettato stoicamente la sua
fine, la colpa è solamente sua e tentare di fuggire dalla morte peggiorerebbe
soltanto le cose. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, alla fine lui non è
altro che una misera pedina di Capitol City, esattamente come tutti gli altri.
Nemmeno la sua vita ha valore per il presidente Snow.
<< Entra, Seneca, e chiudi la porta. >>
Seneca esegue gli ordini e capisce che probabilmente non uscirà mai più da
quella stanza. Il coraggio gli viene a mancare improvvisamente. La morte è il
suo mestiere, per anni ha vissuto
grazie alla morte d’innocenti ragazzini. La conosce sotto ogni aspetto,
dall’intossicazione all’assassinio più crudele, ma l’idea di doverla affrontare
in prima persona e fra pochi minuti lo destabilizza.
<< Gradisci un succo di bacche, Seneca? >>
***
Seneca Crane è stato eliminato. Non ci è voluto molto, dopo avergli ripetuto
quanto è stato incapace ed altro, Snow l’ha fatto scortare in una stanza
predisposta per il suo suicidio. Ed
ora, lui se ne sta seduto sulla sua poltrona, pensando a chi nominare primo
stratega. Per i Settantacinquesimi Hunger Games, Edizione della Memoria, farà le
cose in grande, ma ha già in serbo una
sorpresa per tutti, un piccolo cambiamento nelle regole che sarà nascosto a
chiunque, strateghi compresi.
Snow odia i poveri e i reietti. Li
odia perché suscitano sentimenti di pietà nella maggior parte della popolazione,
e la pietà è un sentimento non contemplato nel suo programma. La pietà fa
immedesimare il pubblico nell’altro, causando sentimenti pericolosi e che
possono portare ad atti sovversivi.
Poca roba è stata più pericolosa dell’immedesimazione nel presunto amore di
Katniss Everdeen e Peeta Mellark. I loro baci, il loro rifiuto di uccidersi a
vicenda, sono qualcosa di pericoloso nell’arena. Concedere loro la vittoria è
paragonabile a concedere una scintilla di speranza a Panem.
Lui, però, spegnerà per sempre la ragazza in fiamme. La distruggerà una volta
per tutte e questa volta non si accontenterà di spezzarla psicologicamente. La
vuole morta, una morte certa che non lascerà dubbi, davanti agli occhi
dell’intera nazione. La butterà di nuovo nell’arena degli Hunger Games, ed una
volta lì non avrà speranze di sopravvivere.