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Autore: Memento_B    09/11/2012    1 recensioni
I Settantaquattresimi Hunger Games sono finiti da poco. Katniss Everdeen e Peeta Mellark sono stati incoronati vincitori, ma il Presidente Snow non ha gradito. Il loro tentato suicidio è stato un vero e proprio atto sovversivo e sarà Seneca Crane a pagare le conseguenze di questa umiliazione. Gli ultimi istanti di vita di Seneca Crane, accompagnati da riflessioni sul potere di Coriolanus Snow.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Presidente Snow, Seneca Crane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Panem et circenses

Ovvero: l’essenza del Potere

 

Duas tantum res anxius optat:
panem et circe
nses

(Giovenale)

 

Il presidente Coriolanus Snow attende. Presto arriverà Seneca Crane e gli infliggerà la punizione che si merita. Tutta la classe dirigente di Capitol City è stata infangata e derisa da due stupidi ragazzi del Distretto 12 e la colpa, ovviamente, è sua. Gli dirà le ultime parole, poi lo accompagnerà alla sua morte.

Guarda fuori da una finestra del suo studio, pensando a quanto facilmente le cose gli stiano sfuggendo di mano.

Sa che niente è più facile del domare un popolo. Tenere sotto controllo la gente è più facile di quanto si possa pensare, basta opprimerli e dar loro l’impressione di essere liberi. Pugno di ferro e illusione, è questa la vera essenza del potere. Sebbene molti siano convinti che il bravo governante sia chi ascolta il popolo e che agisce, con fermezza, per renderlo felice, lui sa bene quanto ciò sia falso. Un governante comprensivo è facilmente ingannabile e manipolabile; il vero segreto per non perdere il controllo è essere implacabili.

Del resto, basta guardare quegli stolti di Capitol City. S’illudono di essere liberi, solo perché i loro bambini non sono strappati dall’abbraccio materno per essere gettati in un’arena, dove saranno fatti a pezzi, uccidendosi l’un l’altro. Per gli abitati di Capitol City, basta avere da mangiare e uno show da guardare, poco importa se in questo muoiano dei ragazzini. Basta dar loro qualcosa per impegnare la mente, una moda da seguire, e non si accorgeranno mai del resto. Vivono in uno stato di torpore che li strappa dalla realtà e che impedisce loro di comprendere quanto accade.

Sprecano la loro vita seguendo l’ultima moda in fatto di parrucche o chiedendosi come morirà il tributo di qualche distretto, senza preoccuparsi del resto. Finché hanno del pane sotto i denti ed uno spettacolo da guardare, sono felici.

Diversa è la storia per i vari distretti. I distretti più ricchi vivono in una situazione più agiata rispetto agli altri, in particolare il Distretto 2, ma non sono così liberi. Sono totalmente sottomessi, sebbene loro vivano gli Hunger Games come un’occasione per portare orgoglio ed onore ai propri distretti. Sono coloro che si prestano meglio ai giochi, le loro madri non si disperano se i loro figli sono scelti alla mietitura. Almeno, non fino a quando sono in vita.

I distretti più poveri sono quelli più difficili da controllare, perché le persone che non hanno nulla da perdere non si preoccupano delle conseguenze. Lì, il ragazzo scelto alla mietitura non è figlio di una sola madre o di un solo padre, ma diventa il figlio di un’intera comunità. Tutti avvertono la morte di un loro tributo come la morte di un proprio figlio, e con loro la strategia della distrazione non funziona. Non hanno il lusso e l’opportunità di pensare ad altro che non sia il lavoro o il bagno di sangue in cui mandano ogni anno i propri figli. Tutto quel che possono fare, è sperare che i diciotto anni dei propri figli arrivino il più presto possibile; ma se non li ammazzano gli Hunger Games, spesso i loro bambini muoiono di fame, quindi la cosa non cambia più di tanto.

L’unica cosa che si può fare con loro è distruggere ogni speranza, privarli anche del più piccolo sogno, renderli innocui. Finché un popolo ha un simbolo cui aggrapparsi, qualcuno che lo guidi, avrà sempre una speranza. Saranno uniti e compatti e si sa, el pueblo unido jamas serà vencido. Tutto quel che c’è da fare con loro è dividerli, spingerli a lottare l’un contro l’altro anche solo per qualche briciola di pane, per una tessera. Tutti, perfino quei pochi vincitori che non provengono dai distretti favoriti, devono essere ridotti a delle semplici marionette.

Illusione e terrore sono due grandi alleati quando si parla di potere, Snow lo sa bene. Controlla tutta Panem così e non ne fa un mistero. Anche con i vincitori è lo stesso: li illude di aver vinto, di essere salvi, di poter vivere una vita come quella degli abitati di Capitol City, una vita quasi normale. Invece no. Lui li sfrutta a suo piacimento, trovando giovamento dai loro pregi. Bellezza, simpatia, dolcezza… riesce a sfruttare tutte le qualità a suo piacimento. Li costringe a sottomettersi per lui quando ne ha necessità, poi li lascia sprofondare nelle loro case. Case lussuose, ma dove saranno perseguitati dai ricordi degli assassini commessi, degli altri innocenti ragazzi che hanno visto morire. In quella maniera impazziranno e non avranno il coraggio di disubbidire; sa benissimo che nessuno dimentica la visione della morte che si abbatte su un ragazzo, specialmente se si è gli assassini. Quando si uccide per la prima volta, l’istante più brutto è quando si vedono gli occhi dell’avversario spegnersi. Subito dopo, viene la consapevolezza di aver posto fine ad una vita di una persona che non si conosceva nemmeno.

La cosa più tremenda, forse, è il dover addestrare i tributi delle edizioni successive. Li addestrano per essere i migliori, per farli vincere, a volte ci si affezionano anche, ma dopo pochi giorni vengono strappati via e buttati in un’arena. Nel migliore dei casi, moriranno; nel peggiore dei casi, uno di loro vincerà e dovrà fare i conti con una vita infestata da spettri di ragazzini.

Infine, in caso il vincitore abbia umiliato il governo di Capitol City in qualche maniera, c’è la punizione più crudele. Gli viene strappato via tutto quel che ha: famiglia, amici, tutto. Una volta che avrà perso qualsiasi cosa ed avrà a disposizione qualcosa su cui sfogare il dolore –come l’alcool o droga- del resto non gliene importerà nulla. Vivrà una non-vita, senza interferire con i suoi programmi.

E’ per questo che non ha paura degli Hunger Games. I vincitori potrebbero costituire un problema per il suo potere, ma lui si premura di spezzarli, qualora non siano già impazziti nell’arena. Quei ragazzi sopravvissuti, che più volte nel corso della vita probabilmente si pentiranno di non essere morti, diventano delle larve, dei parassiti delle società. Delle semplici bambole da usare per i propri scopi.

Eppure, in quel momento poteva cambiare tutto. La colpa è solo di Seneca Crane, che ha permesso a quegli straccioni del Distretto 12 di vincere, ridicolizzandoli tutti. Il loro atto, una vera e propria ribellione alle regole prestabilite, era stato una scintilla; scintilla accolta dai distretti, che subito ne hanno fatto un focolaio di rivolta. Ma lui è Coriolanus Snow, e sa benissimo come spegnere l’incendio.

 

***

 

Le parole di Claudius Templesmith si possono sentire ovunque a Capitol City. Di certo, i Settantaquattresimi Hunger Games non verranno dimenticati facilmente, in bene o in male. Lo sa bene Seneca Crane, i cui passi rimbombano l’uno dopo l’altro in un corridoio vuoto. Sa che ogni passo che compie lo porterà sempre più vicino alla morte, ma sa anche che non può evitarla. Non sa cosa aspettarsi da quell’incontro privato con il presidente Snow, dubita che sarà lui stesso a porre fine alla sua misera e breve vita. Più probabilmente, si limiterà a torturarlo psicologicamente, a prepararlo alla sua fine, e poi ordinerà a qualcuno di ammazzarlo.

Signore e signori, sono lieto di presentarvi i vincitori dei Settantaquattresimi Hunger Games, Katniss Everdeen e Peeta Mellark! Ecco a voi… i tributi del Distretto 12!

Quella semplice frase ha segnato la sua fine; poche parole che hanno salvato la vita di Everdeen e Mellark, ma che hanno inevitabilmente firmato la sua condanna a morte. Non è stato in grado di controllare la situazione, di tenere sotto controllo quegli Hunger Games, non è riuscito a catturare quella scintilla. L’atto in sé è stato quanto di più ribelle e trasgressivo si è visto dall’inizio degli Hunger Games e tenere sotto controllo la situazione non sarà facile. La colpa, ovviamente, è solamente sua. E’ stato lui a dare quell’undici a Katniss Everdeen, a presentarla come una promessa per il Distretto 12, alimentando così le loro speranze; e non è riuscito a stroncare la coppia di sfortunati innamorati sul nascere, ed alla fine sono stati loro a distruggere lui.

Arrivato davanti alla porta d’ebano dello studio del presidente Snow, Seneca Crane alza la mano destra, bussando. Tre colpi decisi, probabilmente una delle ultime cose che farà. Eppure, non è agitato. Ha accettato stoicamente la sua fine, la colpa è solamente sua e tentare di fuggire dalla morte peggiorerebbe soltanto le cose. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, alla fine lui non è altro che una misera pedina di Capitol City, esattamente come tutti gli altri. Nemmeno la sua vita ha valore per il presidente Snow.

<< Entra, Seneca, e chiudi la porta. >>

Seneca esegue gli ordini e capisce che probabilmente non uscirà mai più da quella stanza. Il coraggio gli viene a mancare improvvisamente. La morte è il suo mestiere, per anni ha vissuto grazie alla morte d’innocenti ragazzini. La conosce sotto ogni aspetto, dall’intossicazione all’assassinio più crudele, ma l’idea di doverla affrontare in prima persona e fra pochi minuti lo destabilizza.

<< Gradisci un succo di bacche, Seneca? >>

 

***

Seneca Crane è stato eliminato. Non ci è voluto molto, dopo avergli ripetuto quanto è stato incapace ed altro, Snow l’ha fatto scortare in una stanza predisposta per il suo suicidio. Ed ora, lui se ne sta seduto sulla sua poltrona, pensando a chi nominare primo stratega. Per i Settantacinquesimi Hunger Games, Edizione della Memoria, farà le cose in grande, ma ha già in serbo una sorpresa per tutti, un piccolo cambiamento nelle regole che sarà nascosto a chiunque, strateghi compresi.

Snow odia i poveri e i reietti. Li odia perché suscitano sentimenti di pietà nella maggior parte della popolazione, e la pietà è un sentimento non contemplato nel suo programma. La pietà fa immedesimare il pubblico nell’altro, causando sentimenti pericolosi e che possono portare ad atti sovversivi.

Poca roba è stata più pericolosa dell’immedesimazione nel presunto amore di Katniss Everdeen e Peeta Mellark. I loro baci, il loro rifiuto di uccidersi a vicenda, sono qualcosa di pericoloso nell’arena. Concedere loro la vittoria è paragonabile a concedere una scintilla di speranza a Panem.

Lui, però, spegnerà per sempre la ragazza in fiamme. La distruggerà una volta per tutte e questa volta non si accontenterà di spezzarla psicologicamente. La vuole morta, una morte certa che non lascerà dubbi, davanti agli occhi dell’intera nazione. La butterà di nuovo nell’arena degli Hunger Games, ed una volta lì non avrà speranze di sopravvivere.

 

  
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