Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Emera96    09/11/2012    4 recensioni
Una notte, una notte qualunque.
Una notte in cui Katniss si sveglia, in preda agli incubi.
Cerca conforto in Peeta, scoprendo che lui è morto nel sonno.
Cosa fare? Andare avanti per la figlia o lasciarsi andare alla disperazione?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dormi, tranquillo e stai lontano dai miei sbagli.


piccolo spazio autrice:

E' da due settimane che voglio scrivere questa cosa.
Purtroppo, appena l'ho finita, il pc si è spento.
Sono triste perchè era venuta benissimo, e non so se sarà lo stesso.
Ci provo, buona lettura.














Pov Katniss.


La neve cade leggera e quasi impercettibile sulla mia pelle, facendomi rabbrividire quando arriva a contatto col mio viso.
Ma l'apparenza inganna: quello che fino a qualche minuto prima riusciva a farti sentire bene senza troppe pretese, può trasformarsi nella tua condanna a morte senza che tu nemmeno te ne accorga. E quel bianco dapprima così rassicurante, puro come il più innocente dei bambini, può diventare rosso come il sangue che sgorga copioso da una ferita mal curata. E così succede. Quelle piccole perle bianche che fino a pochi istanti prima sembravano cullarmi in una dolce favola, diventano le lame insanguinate di un rosso vermiglio che, al contatto con il suolo, spazzano via tutto quello che trovano. Me compresa, che urlo con tutto il fiato che ho in gola, anch'essa in fiamme.

- NO, NO! - urlo, non curandomi della notte silenziosa che avvolge la casa, ma cercando di non svegliare la piccola Jennifer, che dorme nella stanza accanto.
Ogni notte i miei incubi tornano crudeli a farmi visita, gettandomi in un mare di disperazione che posso cercare di combattere senza però mai vincere. Ho imparato a convivere coi miei incubi, portandoli con me come se fossero vecchi amici, senza soffocarli, per non peggiorare una situazione già in equilibrio precario. 
E' una lotta continua inscenata da due fazioni contrapposte che non sanno trovare un finale degno di loro, e continuano a imperversare ogni notte nella mia mente.

Mi asciugo una lacrima, sola, che solca la mia guancia destra, senza mai cadere.
Mi volto e mi avvicino a Peeta che, immobile, giace addormentato accanto a me, cercando nel suo abbraccio un rifugio in cui scappare da tutte le mie paure notturne.

- Peeta? Peeta, dai..svegliati. - sussurro al suo orecchio, per evitare un risveglio della piccola, ignara di questo strano rituale notturno che ci accompagna da anni.
Peeta non si muove, rimane immobile nella sua parte di letto. In lui non c'è espressione, non c'è una ruga di espressione, come se nessun pensiero attraversasse la sua mente, come se non avesse alcun problema, come se fosse protetto da una cupola di vetro che , coprendolo dal resto del mondo, lo riesce a salvare. Come se..

Scaccio via un brutto pensiero e , appoggiandomi su un gomito, osservo Peeta silenziosa, ricordando e sorridendo.
Lo guardo e sorrido al pensiero del ragazzo dei Giochi, che ormai è solo un ricordo del passato. Adesso vedo in lui un uomo possente, le braccia muscolose a causa del duro lavoro di ogni giorno al forno, che sembrano essere state fatte per cingermi la vita. Gli occhi, adesso chiusi, che racchiudono un azzuro come il cielo che vedo quando, ogni mattina, vado un paio d'ore al Prato per evadere dal resto del mondo e dimenticare tutto e tutti, lì dove nessuno mi chiederà mai spiegazioni. Quei capelli biondi che gli incorniciano il viso, tra i quali spunta, quasi invisibile, qualche capello bianco. E quella bocca, quelle labbra carnose celate da un pizzico di barba, tanto quanto basta per risultare irresistibile ai miei occhi. 

-..Peeta? - sussurro nuovamente, incuriosità dal suo sonno persistente.
Mi avvicino a lui, cauta, senza fare rumore, e lo scuoto dolcemente, per svegliarlo, senza ottenere nessun risultato.
Impaziente, poggio la mia testa sul suo petto, come facevamo una volta, e aspetto il suo risveglio lasciandomi cullare dal battito lento del suo cuore.
Mi accorgo un minuto in ritardo che regna il silenzio, non solo in casa, ma anche all'interno del petto di Peeta.

- Peeta, rispondimi.. PEETA RISPONDIMI! - urlo, scuotendolo violentemente sul letto, aspettando un segno, qualcosa che mi confermi che questo è un incubo nell'incubo. Che presto mi sveglierò tra le sue braccia, cullata dalla sua voce, dai suoi occhi che guardandomi sapranno farmi trovare un attimo di pace . Ma non ottengo niente. Nè un 'ti amo', nè un abbraccio insieme alla bambina, nè un ultimo ricordo insieme, da poter tenere con me fino alla fine dei tempi.
Ed è tutto sbagliato, tutto troppo presto, una notte troppo normale per qualcosa di così doloroso, qualcosa a cui non avevo mai minimamente pensato.

- Peeta, perdonami. Io ho sbagliato tutto, io ho sempre pensato che.. che tu saresti rimasto. Avevi detto 'Sempre'. LO AVEVI PROMESSO, PEETA! - urlo nuovamente, sentendo le lacrime scendere copiose sulle guance, e una morsa gelida attanagliarmi lo stomaco e passare sulla schiena, come una minuscola goccia d'acqua fredda che, vertebra dopo vertebra, arriva fino alla punta dei piedi, senza mai cadere a terra, rimanendomi addosso come un impronta digitale. Incancellabile ormai.
Non oppongo resistenza a una sensazione, a un mix di pensieri e parole che rischia di annullarmi, di distruggermi senza che io possa far niente per resistere, per difendermi.
Io e te, ricordi?

Io e te, spaventati alla Mietitura.
Tu, pronto a tutto, anche a perdere la vita, pur di salvarmi.
Io, vogliosa di tornare a casa, senza troppi sensi di colpa sulle spalle.

Io e te, due innamorati.
Tu, ignaro di tutto e felice di essermi accanto.
Io, fin troppo consapevole, e costretta a recitare.

Io e te, di nuovo nel girone più cupo dell'inferno.
Io e te, confusi, in bilico tra inizio e fine.
Io e te, separati dal fato.
Io e te, di nuovo insieme ma mai così distanti.
Io e te, devastati dai nostri demoni, mai più gli stessi.

Io e te.
Lo vedi? Io e te, una cosa sola. Ioete, una sola parola, sillaba, suono.

Cerco di spegnere il cervello, di annullare ogni cosa, di far finta che tutto questo non mi appartenga, che questo dolore che sento non esista, sia solo un' illusione.
Ma è impossibile. Come puoi spegnere il cervello e non pensare a niente quando il tuo cuore ti è stato violentemente strappato dalla casualità? E' un dolore sordo e cieco, che non guarda in faccia a nessuno, che colpisce e poi chiede scusa, vigliacco, nascondendosi dietro un muro sottile, sapendo di aver colpito la persona sbagliata. Un piccolo calcio a livello della pancia mi riporta con violenza alla realtà.

- Dovevo dirtelo domani. Dovevo dirti che saremmo stati più stretti in casa a causa sua. - dico, singhiozzando al corpo esanime e muto di Peeta, riflettendo mentre poso la mano di Peeta, fredda, sul mio ventre rigonfio di una vita piccola, ma che ha già perso tutto quello che poteva avere. Una vita che non potrà mai vedere gli occhi di suo padre ricambiare il suo sguardo. E poi penso a Jennifer, che a cinque anni ha perso il miglior compagno di giochi e confidente del mondo intero.

Mi lascio ricadere su un letto improvvisamente troppo grande e freddo, nonostante le pesanti coperte. Non puoi tener caldo un cuore diviso a metà. Non puoi ripararlo, sostituirlo, migliorarlo. Sarà sempre in cerca della sua metà mancante e saprà bene che non riuscità mai a trovarlo, finchè continuerà a battere. Un cuore arreso.
Sento la rabbia, l'impotenza, la paura e la debolezza incedere su di me, e mi chiedo cosa davvero sto passando.

Rabbia, per chi ha scelto di strapparmi la cosa più bella che avevo in un momento come questo.
Impotenza, il sapere che non potrai mai riportarlo indietro per una parola sussurata all'orecchio, che quell'abbraccio non tornerà mai più.
Paura, paura di non farcela senza di lui, paura di perdere me stessa.
Debolezza, l'assenza totale delle mie forze che sembrano abbandonarmi tutte insieme.

Sento una porta cigolare e appare Jennifer sulla soglia della nostra..della mia camera da letto.
E' buffa. La frangetta ricade scompigliata sul viso candido, puntinato da qualche lentiggine sporadica.
Gli occhioni azzurri, tutti ciglia, sembrano fari che illuminano la stanza buia e silenziosa.
Nella mano, la sua collana con la perla, come se fosse un piccolo portafortuna.

- Mamma , perchè stai piangendo? - mi chiede, con tutta la dolcezza che una bambina di cinque anni può avere.
- Piccola, ho solo..fatto un brutto sogno. Stai tranquilla. - rispondo, cercando di fingere un sorriso rassicurante.
- E Papà? Perchè non si sveglia? -
- Papà..Papà sta.. - dico, interrotta da un piccolo singhiozzo.
- Mamma, non piangere! -
- No piccola, avevo solo qualcosa nell'occhio.. Papà sta dormendo. -
- Ha fatto anche lui un brutto sogno? -
- No, sta solo dormendo tesoro. Perchè non vai anche tu a dormire? -
- Va bene Mamma. Ma non piangere più! -
- No piccola, non piango più. - dico, accompagnandola in camera.


Passano pochi secondi prima che un pensiero mi sfiori.

- Avevi detto 'Sempre'. Era una promessa. - 














Spazio autrice:

Era molto più bella la prima versione, ma vabè.
Alla mia Sil, che stava per morire di tachicardia quando la fanfiction è andata persa.

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Emera96