C’era una volta, ogni storia dovrebbe iniziare così. Ma non questa. Perché tutte le storie hanno un inizio strabiliante, un mezzo turbolento e un tragico finale. Ma io non seguirò questo schema: ci sarà un tragico inizio, un mezzo turbolento (questo è sempre gradito) e un finale strabiliante. Ma forse non seguirò nemmeno questo, di schema. Me lo dice anche mia sorella Junebug, non pianifico mai ciò che faccio. Vado sempre per istinto ed intuito. Se mi faccio male, non bado a cerotti o fasciature. Non sono come Junebug, lei per ogni caduta si deve fasciare. Anche per la storia della nostra famiglia, anche quella la voleva fasciare.
I.
Vengo comunemente chiamato Scott o Scotty quindi non è raro riferirsi a me al maschile, mia sorella invece è l’unica che mi chiama Peggy Sue come quella canzone di Buddy Holly.
Papà se ne andò all’improvviso, in un afoso pomeriggio d’estate di sette anni fa. Avevo solo sette anni e stravedevo per lui. Junebug non fa altro che ripetermi che se c’era papà c’ero io. Per un anno ho aspettato davanti alla porta di casa nella speranza che si decidesse a tornare. Ma un freddo giorno di dicembre Junebug mi prese per le spalle e mi scosse: “Svegliati, quell’uomo non tornerà”. E mi svegliai da quel torpore che il mio corpo aveva. E mi arrabbiai con lui. Ma avevo capito perché se ne era andato: la scusa che aveva un'altra donna non reggeva. Papà non aveva altro che noi e poi voleva bene a mia madre. No, aveva scoperto qualcosa di sconcertante. Qualcosa che avrei scoperto a mio malgrado. Fino ad allora avevo nuotato nel mare dell’amore.