L'inizio.




Era aprile e una bimba dal cappottino grigio stringeva tra le mani una fotografia dondolandosi avanti e indietro, cullata dal dolce venticello primaverile. Si asciugò una lacrima e poi rimise la mano in tasca.
Un bambino dallo sguardo perso- che probabilmente non vedeva l'ora di tornarsene a casa a guardare i cartoni animati o a giocare con le macchinine- si sedette sulla panchina affianco alla bimba dai capelli biondi e gli occhi azzurrocielo.
Guardavano la bara in lontananza e con essa il gruppo di adulti in nero che piangeva.
I loro sguardi, per un momento, si incrociarono.
Nessuno dei due ebbe il coraggio di dire nulla. Ma poi, il bimbo, decise di parlare.
-E' tua madre?- disse, facendo cenno col capo verso la bara.
La bimba annuì. Si sentì sollevata dopo quella frase. Non aveva detto "era tua madre?", come avrebbero fatto tutti.  Perché in fondo Juliette era ancora sua madre, anche se ormai era volata in cielo.
Poi puntò lo sguardo verso una lapide di fianco a quella della sua mamma. Era piena di polvere e fiori secchi e a stento riusciva a leggerci il nome.
"Shine Loan. 1920-1943 Splendi in cielo, piccolo angelo"
La bimba pensò che i suoi parenti o i suoi amici dovevano essersi dimenticati quella ragazza ormai morta da 58 anni. Così, si alzò dalla panchina e si diresse verso un cespuglio lì vicino.
Ne staccò un fiore di gelsomino e se lo portò al naso chiudendo gli occhi.
Intanto il bambino la guardava, pensando ai suoi occhi. Non ne aveva mai visti di così belli. Anzi, secondo lui quelli erano gli occhi più belli che il mondo avesse mai avuto e, secondo lui, ogni cosa che lei vedeva o toccava diventava magica. Bellissima.
Seguì ogni passo della bambina, ne assaporò ogni gesto. La vide dirigersi verso la lapide un po' vecchiotta e trascurata, con un fiore tra i capelli e la sua fotografia in una mano. Prese il fiore e lo mise a terra, di fianco alla lapide. Poi fece il segno della croce e se ne tornò al suo posto sulla panchina di fianco a lui.
Si girò verso il bambino ed entrambi si accorsero che erano praticamente incollati l'uno all'altra.
-Allora, come ti chiami?- disse la bimba, nascondendo tutta la tristezza che aveva dentro. Ma lui se ne accorse e gli prese la mano, come per consolarla.
-Justin.- disse lui, guardando verso il cielo e rivedendoci gli occhi dell'altra.
Lei sorrise. -Io mi chiamo..-
-Eveline!- non riuscì a finire la frase, che suo padre la chiamò da lontano.
Si alzò dalla panchina e si girò verso di lui.
-Io devo andare.- gli sorrise, con il sole negli occhi.
-Ci si vede- la salutò lui con la mano e intanto lei correva verso suo padre girandosi ogni tanto a guardare il piccolo Justin.
Nessuno dei due sapeva ciò che sarebbe successo dopo. Se si sarebbero rivisti, oppure no. Ma entrambi ci speravano, con tutto il cuore.




Spazio autore.
ok, ok, ok,
ci ho messo il cuore a scrivere questa ff e spero che vi piaccia çç
non è la prima che scrivo ma questa è la prima a cui mi sto affezionando già dal primo capitolo!
quuuuuindi, spero che trasmetta le stesse emozioni anche a voi.
aggiornerò una volta al giorno se posso o anche di più, I promise :3

ah, fatemi sapere cosa ne pensate lasciando qualche recensione :) è davvero importante.

xoxo

@jarannnah_ on twittaah.