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Quando il giovane fece ritorno alla villetta dove viveva con due suoi
amici che
condividevano la sua stessa condizione, aveva ancora i vestiti e i
capelli
umidi, come Francis non mancò di fargli ironicamente notare
con un:
“Sei
andato a pesca nella Senna invece che a caccia, mon
ami?”
“Diciamo
che ho avuto un contrattempo” rispose Gilbert buttandosi su
una delle
poltrone libere mentre il divano era occupato da Francis che
accarezzava
lievemente i capelli biondi del ragazzo che poggiandogli la testa in
grembo ,
stava leggendo.
Ci
fu una risata e da dietro una delle poltrone emerse la figura di
Antonio, che fino a quel momento era stato sdraiato sul
tappeto vicino al
caminetto e che appoggiandosi con le braccia allo schienale disse:
A
quel punto il volto di Francis si fece serio, persino il suo
compagno percepì
la gravità della situazione, alzò gli occhi dal
libro, rivelando tra l’altro un
paio di cespugliose sopracciglia, e si mise a sedere vigile.
“Mein
Gott! Certo che ne sono sicuro! Non sono mica rinato
ieri!”
esclamò irritato passandosi una mano tra i capelli
scompigliandoli ancora di
più.
“Però”
intervenne Antonio rivolgendosi a Francis “penso che un giro
di
ricognizione lo dovremmo fare comunque, giusto per
sicurezza.”
Francis annuì e i due si alzarono e uscirono dalla stanza.
Ci
fu un momento di silenzio che venne interrotto da Lovino che sbuffando
disse: “Che palle! Bah, me ne vado a dormire.” ed
uscì dal salotto.
Arthur, invece, dopo aver rivolto un’occhiata di rimprovero a
Gilbert, tornò
alla sua lettura.
Fissando
le fiamme del caminetto, Gilbert rimase lì seduto cercando
di ignorare
l’immagine di un paio di occhi violetti che gli comparve in
mente e il senso di
colpa e l’adrenalina che quell’immagine portava con
sé.
*
Nel
quartiere adibito a residenza dei
cacciatori non era insolito che il silenzio della notte venisse
accompagnato
dal suono di un pianoforte.
La
musica proveniva dall’ultimo piano di uno degli alloggi che
venivano condivisi
dalle varie coppie di cacciatori e si diffondeva grazie alla finestra
aperta,
la cui tenda ondeggiava come un mantello per via della brezza
notturna.
All’interno
la stanza era illuminata
solo dalla fioca luce della luna e da, poggiato sopra la superfice del
pianoforte, un candelabro, le cui fiamme si riflettevano sulle lenti
degli
occhiali del pianista.
Come
ogni volta che qualcosa lo turbava, Roderich cercava attraverso la
musica
di trovare la tranquillità che gli sfuggiva e che non gli
permetteva di
riposare. E quella notte in particolare.
La
melodia venne interrotta bruscamente da un accordo di note
sbagliato e
il silenzio cadde nella stanza.
Il
giovane, toltosi con irritazione
gli occhiali, si stropicciò gli occhi e lo sguardo gli cadde
poi sulla divisa
da cacciatore che giaceva in un mucchio disordinato sulla poltrona
lì vicino.
Nonostante
fosse stata una delle sue prime missioni, non riusciva ad accettare
di aver ceduto alle sue provocazioni, lasciandosi guidare dalla foga
del
momento invece che dalla razionalità.
Mentre
osservava un rivolo di cera liquida scorrere giù per una
delle candele,
notando inconsciamente come il corpo ardente delle fiamme avesse la
stessa
sfumatura di quegli occhi,
giurò a se
stesso che se lo avesse incontrato nuovamente non se lo sarebbe fatto
sfuggire
una seconda volta.
.