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Autore: innerain    12/11/2012    0 recensioni
".. Hey, Platypus, indovina un po' chi ti ha portato il Frappucc-"
Si bloccò di colpo.
Sul suo viso, incredulità.
L'incomprensione della realtà, la confusione, il terrore, lo stupore; il caos.
Dipinto su quegl'occhi color ambra, grandi e spalancati.
Seduti davanti a lei, i Green Day.
Uno davanti all'altro; Tré più verso di lei, che copriva parzialmente Mike, seduto al centro, e in fondo, quasi sul lato opposto della stanza, Billie. La mente si rifiutava di capire, il cuore di battere; erano Loro. Non una foto, non un video clandestino su YouTube, non un poster, non il booklet di un CD. Non un sogno.
Erano Loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's note: Stanca di studio e di frustrazioni continue, sto cercando di abbandonare la speranza di trovare anche solo un paio di commenti sui capitoli. Vi ringrazio come al solito della partecipazione.
Capitolo breve, non necessariamente chiaro né facile, ma sicuramente fondamentale per i prossimi capitoli, che non è detto che posterò di qui a poco. Vedremo.
Ringrazio come sempre chi mi è vicino nei miei deliri, nelle mie fasi di perdita totale di speranza e di abbandono, nei miei voli pindarici come nelle mie melense eredità romantiche (nel senso improprio del termine).
Adieu.




Title:
Catch My Breath (Kiss the demons out of my dreams)
Soundtrack: Give me Novacaine, Green Day; Hospital, Lydia; Never let me go, Florence + The Machine.







“The mind is its own place, and in itself can make a heaven of hell, a hell of heaven..”
[Paradise Lost, John Milton]








Dammi un ricordo che non ho memoria di avere, dammi una gioia che non so più come provare, regalami un respiro tra queste nubi soffocanti di realtà, perché la memoria di me stesso non fa che scorrermi via tra le mani come i granelli di polvere che si perdono nell'aria, irriconoscibili tra gli altri.


Out of body and out of mind, kiss the demons out of my dreams.


Sento le mie labbra lasciar fuggire un suono che mi vibra nel petto, ogni muscolo teso nell'inutile tentativo di raggiungere un attimo di pace da questa pressione, da questo ardere non ancora insopportabile che mi pulsa nella testa.
Tento di chiudere gli occhi ma li ritrovo aperti, tento di stringere i pugni ma le dita si schiudono, e mi accorgo che lo sfiorare di altre dita conquista i movimenti della mia stessa mano, come i petali che si aprono al calore del sole. Ogni contatto incerto, ovattato dal dolore, mi fa respirare, come se mi liberasse da questa ferita che si ramifica ovunque, nella mia mente, nel mio corpo.


Its like a throbbing tooth ache of the mind.


E' dolce, il contatto.
Ed altrettanto amara è la realtà.

“Billie, rilassati.. respira.” Voce dolce come balsamo sulla mia pelle.

Chi sei?


Tento di definire, tento di capire. Una voce mi apre la mente, i pensieri stanchi rifuggono la coscienza che lentamente si insinua tra i miei movimenti. Non sono sicuro di volermi svegliare.


Tell me that I won't feel a thing, so give me novacaine.


Un altro contatto, stavolta deciso, come di chi già ne ha avuti fin troppi di momenti come questo.

Sento l'eco dei miei pensieri tra i lembi ed i limiti di questo limbo, dove ogni respiro rimbalza sull'orlo della coscienza, unico indicatore del fatto che sono ancora vivo. Sono vivo, ma vivo?

“Non ti preoccupare, adesso ci penso io. Tu vai pure.. Vai.” La voce stavolta è dura, stanca, difensiva. La difesa è il timore di un attacco che è già avvenuto, e il cui fantasma brucia sulla pelle ancora sensibile. E' una voce che non vorrei mai sentire o sapere lontana.
E' familiare la presenza, vicina come sento che è sempre stata.
Un respiro, un attimo di silenzio. Incertezza, discrezione, timidezza, fiducia.

 “.. Va bene. Il mio telefono è sempre acceso, per qualunque cosa.”

Frasi di circostanza che vorrebbero essere taciute, ma il silenzio che incombe in loro assenza sarebbe anche peggiore.

La voce si avvicina, diventa scura macchia di corpo, respiro d'aria e di presenza. Vorrei raggiungerla, vorrei definirla, conoscerla. Non sono neanche più sicuro di vederla, mentre mi sento lentamente perdere ogni contorno di coscienza.

Riconosco qualcosa sotto di me che cede sotto un peso, ed anch'io cedo.


Apro gli occhi, non sono solo.

Ogni mano si allunga verso di me, protuberanze nascoste dall'insondabile confusione di questa realtà. E' una pressione onnipresente, una presenza che vorrei vedere, ma non riesco. Schiudo le labbra, vorrei farmi sentire, vorrei scacciare ogni cosa, rimanere solo. Vorrei dare voce a quest'ansia, ma non sento alcun suono.

Vedo un colpire frenetico agli angoli di ogni cosa, allungo una mano per violare la distanza, ma ogni cosa scompare.


I get the funny feeling that's alright.


Sfiorare di tessuto sul viso, mi chiudo su me stesso. E' tutto più facile quando si è piccoli, lontani dal mondo.
Un respiro profondo, una mano (la mia?) che a forza preme sugli occhi, sul viso, sugli zigomi. Voglio alleviare il dolore, ma nessuno mi ha mai insegnato a combatterlo.

“.. Io sono nell'altra stanza. Buonanotte.” Parole sussurrate tra un'arresa non ben mascherata e un affetto che in quel momento fa solo star male.

Adesso la vedo, l'ombra. Si appoggia in fondo, si fonde con il buio. La sento respirare, sento i suoi occhi su di me.

Vorrei scomparire.


Scompaio.


Battito di cuore, pulsazione di coscienza.

Amaro domina nella bocca e corpo. Perché il risveglio deve sempre essere improvviso parto di realtà?


Onde di suono intense, trema ogni parte di me, boato basso ed indistinto che mi assorda le orecchie. Allungo una mano, ma ogni attimo è pesante, e soffoco nella fatica. Elettricità nell'acqua, movimenti improvvisamente immobili, nessun rumore. Tutto è troppo forte, troppo da sopportare.



Take away the sensation inside - bittersweet migraine in my head.


Dolce è un nuovo sfiorare delicato di tre dita sul mento, sulla guancia - e il respiro di un profumo che vorrei fosse familiare mi fa abbandonare di nuovo ogni luce.

Di nuovo la presenza, strisce di luce sulla superficie grigia sopra di me.


Jimmy says it's better than here.


Dimmi che sarà una buona notte, e tutto andrà bene.


Give me a long kiss goodnight, and everything will be alright.


Un sospiro d'aria sulla pelle - come il fantasma della carezza di un amante perduto - ed il sonno cominciò ad eludere ogni assonnato tentativo di inseguirlo fino ai lembi più remoti della tiepida incoscienza, fino a poco prima padrona di membra stanche e pesanti. Una mano allungata a stringere un lenzuolo arricciato e ruvido, mentre il viso veniva affondato nell'incavo centrale del cuscino, unica isola di salvezza rimasta dai respiri di luce solare che riscaldavano il letto e il corpo occupante.

Billie aprì un occhio, sperimentalmente. Qualcosa nella sua mente gli prometteva che se la luce non fosse stata buona con lui, si sarebbe potuto chiudere di nuovo in un meraviglioso fagottino, una bianca e lenzuolosa crisalide che lo avrebbe protetto dalle noiose ingerenze di tutto ciò che lo circondava – luce compresa. Bastava chiudere gli occhi con abbastanza forza, e sarebbe scomparsa anche quella.


Quando l'unico occhio socchiuso si rifiutò di definire con precisione l'ambiente circostante, tentò con il secondo occhio, con il solo risultato di richiuderli con forza entrambi subito dopo, la luce impressa impietosamente anche sulle palpebre chiuse, mentre un grugnito discontinuo e roco fuggì dalle labbra socchiuse. No, no.. dormiredormiredormire. Buio, dormire. E basta. Una voce cantilenava nella sua testa con fare forse anche troppo insistente per essere d'aiuto nel ristabilire la pace dei sensi, necessaria per poter tornare a dormire.

Senza preavviso, come se si fosse pianificata perfettamente il momento ideale per depennare anche l'ultima, flebile speranza di tornare nel mondo dei sogni, cominciò a ramificarsi nella sua testa una pulsazione di inconfondibile e spietata emicrania. Billie represse un principio di urlo esasperato nell'isoletta non-più-così-felice del cuscino, una qualche remota parte nella sua coscienza consapevole del fatto che altrimenti la situazione non sarebbe di certo migliorata.

Dopo qualche tempo, soddisfatto di aver mentalmente sconfitto le malvagie influenze del risveglio almeno nell'immediato futuro, il frontman tentò nuovamente di avventurarsi nel mondo circostante almeno con lo sguardo. Soddisfatto dei propri risultati – quasi del tutto positivi – tentò di tirarsi a sedere, con movimenti lenti ed instabili. Passata la prima ondata di vertigini, si avviò verso la stanza adiacente.

Non fu tanto la figura dormiente di Mike che lo lasciò perplesso – quante volte l'avesse visto in quello stato ormai erano inestimabili – quanto il fatto che fosse addormentato sul divano, con un'orrenda coperta di flanella avvinghiata alle caviglie,  una tazza di ceramica scolorita ai piedi del divano e il cellulare stretto gelosamente tra le dita. Sembrava che avesse pianificato di addormentarsi sul divano, piuttosto che essersi semplicemente lasciato cadere su di esso dopo una notte fin troppo distorta dall'alcool, troppo stanco per trascinarsi fino al letto di Billie, men che meno a casa propria, ma ormai troppo disabituato a dormire sul pavimento. Billie sorrise appena – non erano più quelli di una volta.

Ignorando la dolorosa pressione alle tempie, si trascinò verso il triste angolo cottura, ancora dominato dalla penombra. Tuttavia la scarsa luce non bastò a nascondere un piccolo pezzo di carta – le parole, sopra, scritte frettolosamente, con una calligrafia irregolare, obliqua, quasi come se l'autore stesse cercando di nascondere un tremolio nella mano.


 “Ora siamo pari. Per il brownie rimedierò.

- Erin”



Il frontman non poté reprimere un sorriso dalle sue labbra, mentre il suo sguardo individuava il liquido scuro nella macchinetta, tenuto in caldo da chissà quanto tempo. Mentre con le dita accarezzava inconsciamente il biglietto, cercò di ricordare, o almeno di capire le circostanze che avevano causato quella curiosa situazione. Da che ricordava, l'ultima volta che si erano sentiti era stata quella telefonata improvvisa, di sera, durante la quale-


Bastò il ricordo dell'improvviso arrivo di Tré e Mike a spiegare il vuoto di memoria, così come non ci mise tanto a capire che in qualche assurdo momento della sua ebbra follia doveva aver trascinato in mezzo anche quella poveretta.


E pensare che l'aveva chiamato per avere aiuto. E pensare che l'aveva sentita così persa, così in cerca di una presenza di silenzioso sostegno. E pensare che non aveva fatto altro che essere in mezzo nei momenti meno adatti, e quando finalmente gli aveva dato la possibilità di esserci, lui aveva fallito miseramente, cedendo al triste piacere di una bevanda alcolica in più e di un doloroso ricordo in meno. E pensare che-


Il mugugnare sommesso e soffocato da un cuscino di Mike lo fece tornare alla realtà del caffé, del biglietto e della realizzazione improvvisa di ciò che avrebbe dovuto fare.


E, mentre scovava il numero sulla rubrica del telefono, la sua mente dolorante e ancora assonnata cercava di sbloccare il buio cubo di oblio che racchiudeva gli eventi della notte precedente, nel tentativo di rendersi almeno scusabile per l'essersi sicuramente abbassato alle peggiori azioni e parole che il suo alter-ego ubriaco era straordinariamente capace di inventare.


Tre squilli e due respiri dopo, una voce.


 “.. Pronto?


La sua.


Billie sorrise.
   
 
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