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Autore: _Eileen    12/11/2012    2 recensioni
Lui mi rivolge un altro sorriso, questa volta ridacchiando «Sei tutta rossa»
«E' il freddo. In questo posto tira costantemente un vento gelido» rispondo, massaggiandomi leggermente le gote gelate.
[Storia scritta per la Tiddì Week - Gwen/Trent]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
- Questa storia fa parte della serie 'Tiddì Weeks'
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Tiddì week – Monday

Mattino invernale

 

Pro And Con”

 

Advice is like snow:
the softer it falls,
the longer it dwells upon,
and the deeper in sinks into the mind.
[Samuel Taylor Coleridge]

 

 

Stringo tra le mani la tazza di caffè bollente, portandomela lentamente alle labbra. Sento bruciare terribilmente la gola, ma al momento è la mia ultima preoccupazione; ho la testa altrove.

Oggi è il grande giorno. Suona strano detto così, non mi devo certo sposare, ma l'ansia mista a gioia che provo mi fa sentire come se fossi effettivamente davanti all'altare.

Prendo un bel respiro e guardo l'orologio appeso alla parete. Devo andare, o farò tardi. Vado in cucina e appoggio la tazza che mamma mi ha regalato qualche giorno fa per Natale nell'acquaio -tazza orribile, tra l'altro, con tanto di renne felici e pois colorati-, stringendomi sempre di più nella sciarpa.

Esco di casa chiudendomi con cautela la porta alle spalle, guardando meccanimente verso il cielo grigio che si staglia sopra di me. Dopo una settimana di neve incessante, finalmente un po' di tregua. Forse fa troppo freddo, dopotutto sono le sei di mattina; sono sicura che la neve tornerà nel pomeriggio, lasciando il paesaggio bianco e immacolato un'altra volta. Non mi piace la neve, è solo una pallida infinita distesa decisamente deprimente.

Mentre mi avvio verso la stazione -per fortuna abito vicino, così non mi devo sorbire un noiosissimo viaggio in autobus- ripenso agli avvenimenti di questi ultimi mesi; è successo tutto così in fretta!

Una mattina, verso metà Novembre, sono andata a prendere la posta svogliata e ho trovato una lettera bizzarra. Era di poche righe, il mittente mi chiedeva come stavo, e di continuare a vivere felice, tutto qui. La firma, però, è la cosa che mi ha stupito maggiormente: con una calligrafia esile e obliqua, il nome di Trent faceva bella figura di sé in basso a destra. Sono passati circa due anni da quando la tortura del reality si può definire conclusa, quattordici mesi da quando ho lasciato Duncan e circa otto da quando Nate ha lasciato me. Mi sentivo terribilmente sola e un po' di compagnia mi avrebbe fatto bene, così ho deciso di rispondere a quell'insolita lettera. Per un paio di settimane, abbiamo cominciato a sentirci regolarmente. Pian piano entrambi abbiamo cominciato ad essere meno tesi e formali e abbiamo ripreso a parlare apertamente l'un con l'altro come una volta. Passavano i giorni e così anche gli attriti tra di noi: dalle lettere siamo passati alle e-mail, poi a qualche chat veloce; sembrava come se non fosse mai successo niente, e ci siamo comportati come fidanzatini lontani per le vacanza di Natale, finché lui in giorno, in maniera del tutto inaspettata, mi ha proposto un incontro. La cosa sul momento mi ha entusiasmato parecchio, ma ora, quando solo due ore di treno mi separano da lui, mi sento terribilmente tesa.

 

Mi stringo più forte nel mio cappotto nero, una volta scesa dalla vettura. In questa parte della regione fa molto più freddo. Mi guardo attorno spaesata, facendo guizzare lo sguardo tra la folla di gente che c'è in stazione. Chissà se è venuto a prendermi...

«Gwen?» mi giro di scatto, vedendo un uomo qualche metro più in là con una giacca a vento color crema che mi saluta incerto.

Mentre mi avvicino verso di lui con lo sguardo basso e le mani in tasca penso a quanto sia cambiato: è molto più alto di come lo ricordavo, i capelli sono un può più lunghi e gli occhi, se possibile, ancora più splendenti. Lo raggiungo e finalmente trovo la forza di alzare lo sguardo, rispondendo debolmente al sorriso radioso che mi rivolge.
«Come stai?» mi chiede, dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante.

«Bene» rispondo secca. Vorrei aggiungere qualcos'altro, ma non trovo le parole adatte, quindi preferisco rimanere zitta.

Lui mi rivolge un altro sorriso, questa volta ridacchiando «Sei tutta rossa»

«E' il freddo. In questo posto tira costantemente un vento gelido» rispondo, massaggiandomi leggermente le gote gelate.

E poi lo abbraccio.

Mi tuffo nel suo petto, unendo le mani dietro la sua schiena e beandomi di quell'odore che mi era tanto mancato. Nemmeno la neve e il tempo possono cancellare simili ricordi. Dopo un momento di sgomento, anche lui mi abbraccia, cominciando a giocare lentamente coi miei lunghi capelli neri. Rimaniamo così per un po', in silenzio, immersi nei ricordi, siano essi quelli belli o quelli brutti.

«In tutto questo tempo non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, ma... mi sei mancato davvero tanto» Cavolo, la presenza di Trent mi fa dire frasi estremamente smielate, ma questa volta non sono altro che vere e sentite. Mi è mancato sul serio.

Lui biascica qualcosa di indistinto in risposta.

«Vieni, ti offro la colazione. Così ti puoi scaldare un po'» Sorrido incerta, questa volta sentendomi avvampare le guance per la vergogna e non per il freddo pungente.

Usciamo dalla stazione e ci avviamo ad un bar dall'altra parte della strada; solo in quel momento mi rendo conto di quanta neve sia caduta qui, nascondendo il paesaggio col suo mantello bianco. Sbuffo scocciata: assolutamente perfetto; adesso ricollegherò per sempre l'odiata sostanza acquosa ad un ricordo bello come quello di aver ritrovato Trent: non potevo chiedere di meglio.

 

 

 

 


 


 


 

  
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