Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: _Zexion_    13/11/2012    2 recensioni
A volte, pensava che Aomine avesse le ali.
Correva libero sul campo, segnava, non importava come o se in un modo consono o no al basket che conosceva. Aomine volava sul campo e sorrideva nel farlo. E lui cercava ossesionatamente quasi di essere al suo livello, di raggiungerlo, di essere in grado di volare accanto a lui.
Lo ammirava, lo seguiva, lo amava. Era quella persona che tanto a lungo aveva cercato e che alla fine aveva trovato, ne era stato sicuro nel momento esatto in cui aveva incrociato quelle iridi blu.
Ma la verità era che le ali a Kise non erano mai spuntate. Ed alla fine Aomine era volato troppo lontano.
[ AoKise ]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuo a ripetermi di arrendermi, ma alla fine non lo faccio mai.
AoKise, perché dovevo iniziare a scriverle e perché oggi ero ispirata. Sperando di star riprendendo la mano Speriamo sia comunque leggibile.
Anyway, ho messo finita ma è probabile poi aggiungerò un'altro capitolo (Rating arancione/rosso probabilmente) perché ci deve essere una certa scena di cui solo io e un'altra persona siamo a conoscenza aaaand, posso permettermi di dedicartela? ;///; Se la trovi decente, obv. Se no puoi ignorare la cosa xD (Io so che sai chi sei(?)) Perché hai bisogno di una fic che finisce bene e ho cercato di far si che ci finisse (mamisembraunacavolataassurda- -zero fiducia in sé stessa- )
Ma basta con le ciance. Vi lascio alla lettura~

It's never too late.


Uno, due, tre.

Il rintocco del pallone che batteva sul parquet della palestra con un rumore secco, sordo, andava ad un ritmo tutto suo ma che comunque si riusciva a scandire tra uno stridio ed un'altro della suola delle scarpe.
Kise lo sapeva dopo averlo visto giocare in quel modo così libero.
Eppure, avrebbe potuto giurarlo, quegli stessi rintocchi sembravano andare a ritmo con il battito del suo cuore. Mentre lo guardava giocare, mentre assaporava quell'emozione nuova, elettrizzante, che gli partiva da un semplice formicolio fino a scoppiare in un brivido lungo la spina dorsale, tanto da fargli accapponare la pelle, avrebbe potuto giurarlo

/Ah, ecco. E' lui./

 

« Kise-kun? »

Il suono di quella voce lo riportò alla realtà, alzando il viso verso quel ragazzo che come sempre riusciva a comparire quando meno una persona se l'aspettava, facendogli prendere l'usuale colpo al cuore .

« Wahh! Kurokocchi! Compari sempre all'improvviso, eh? »

Una risata che non gli apparteneva, forzata. Kuroko se ne accorse, mentre con il suo sguardo impassibile lo guardava, nemmeno volesse sondare lo stato d'animo altrui.

« In realtà sono qui da un pò, Kise-kun. Ti chiamavo, ma non mi rispondevi, così mi sono avvicinato. »

« Oh, davvero? Non me ne sono proprio accorto, scusami! »

Una mano dinanzi al viso, ancora quel sorriso, in segno di scuse. Kise era sempre felice di vedere Kuroko, ma quel giorno i suoi pensieri erano completamente da un'altra parte. Forse per la partita avvenuta da poco contro il Touou, forse per la vicinanza di Aomine, forse per tutto quello che era successo.
Pensarci, lo mandava completamente su un'altro pianeta dove nessuno poteva entrarci. Nemmeno Kuroko, alla quale era affezionato.

« Va tutto bene, Kise-kun? »

Ovattata, bassa. Era come Ryouta sentiva quella voce, tentato di guardarsi intorno, sospirare, portarsi una mano alla fronte. Ma non lo fece.
Semplicemente sorrise più vivacemente, usando una di quelle maschere che a volte quando lavorava come modello portava.

« Sto bene, Kurokocchi. Ed è proprio un colpo di fortuna che tu sia qui, sai? Perché non andiamo a farci un giro? Come ai vecchi tempi! »

Sorrise, Kuroko, a quelle parole. Quei sorrisi semplici, abbozzati, che di tanto in tanto faceva. Ma un sorriso un pò triste, capendo in parte che l'altro stesse mentendo, sentendo in lontananza la voce di Kagami chiamarlo.

« Kise-kun, io.. »

« Ah? Non è Kagamicchi quello? Allora andiamo tutti insieme! »

Senza possibilità di dire nulla, senza possibilità di chiedere, spiegare, Kuroko semplicemente annuì, lasciando che Kise si aggregasse a lui e Kagami, intenti ad andare da MajiBurger a mangiare qualcosa.

 

« Un'altra volta! »

« Ah? Non mi va più, Kise. Per oggi lasciamo perdere, ok? E' tardi. Ho fame. »

« Un'ultima volta, Aominecchi! Stavolta ti batterò! »

« No. »

« Aominecchi! »

Testardo, lo era sempre stato in un certo senso. Ma aveva dimenticato cosa si provava ad esserlo. Succede, quando non trovi più nulla che ti prenda, che ti soddisfi.
Questo sino al momento in cui era entrato nel club di basket e lo aveva incontrato. Forte, imbattibile, libero come l'aria. A volte, pensava che Aomine avesse le ali.
Correva libero sul campo, segnava, non importava come o se in un modo consono o no al basket che conosceva. Aomine volava sul campo e sorrideva nel farlo. E lui cercava ossesionatamente quasi di essere al suo livello, di raggiungerlo, di essere in grado di volare accanto a lui.
Lo ammirava, lo seguiva, lo amava. Era quella persona che tanto a lungo aveva cercato e che alla fine aveva trovato, ne era stato sicuro nel momento esatto in cui aveva incrociato quelle iridi blu.
Ma la verità era che le ali a Kise non erano mai spuntate. Ed alla fine Aomine era volato troppo lontano.

 

Ricordi su ricordi. Cosa lo spingeva a stare così male? L'averlo avuto così vicino, sfiorato. L'averlo quasi raggiunto ma incredibilmente, riuscire a farselo sfuggire.
La sconfitta, il fatto che avesse deluso i suoi compagni.

Ci pensava continuamente, mentre camminava nel buio della sera, dopo aver lasciato Kagami e Kuroko andare per la loro strada, l'aria fredda che gli pizzicava le mani e il viso, che aveva cercato di coprire il più possibile con una sciarpa e rifugiando le altre nelle tasche dei pantaloni.
Le ragazze che si voltavano a guardarlo additandolo perché lo riconoscevano, bisbigliando tra di loro. Le voci delle persone che camminavano per andare a mangiare da qualche parte, che parlavano di negozi e acquisti.
Intorno a sé, Kise non prestava molta attenzione a cosa accadeva. Si muoveva per tornare a casa ed alla fine si bloccò proprio dinanzi ad essa, scorgendo una figura famigliare.

« .... Aominecchi....? »

 

« Mi piaci. »

Due parole solamente, ma due parole che furono capaci di fargli venire il batticuore dette da lui. Kise sentiva distintamente il sangue affluire alle guance, rendendole rosse, mentre cercava di dare una spiegazione logica a quelle parole. Perchè Aomine sicuramente intendeva come amico, null'altro.
Per questo sorrise, ridacchiando, visibilmente nervoso. E lo sguardo serio dell'altro si assottigliò quasi subito, nemmeno stesse prevedendo le parole in seguito.

« Anche tu mi piaci, Aominecchi, il tuo modo di giocare e il---»

Non finì la frase, ritrovandosi con le labbra altrui sulle proprie dapprima in un tocco leggero che divenne più forte, mentre Aomine approfondiva, facendogli aprire le labbra.

« N-nh, A-aominecchi, Aomi- »

Nessuna tregua, nessun respiro. Quel bacio era così vero, così bagnato che era impossibile equivocare. Ciò che l'altro intendeva con quelle parole era esattamente ciò che Kise non pensava possibile.
Lo capì mentre si ritrovava a ricambiare, una mano tra i capelli blu, il corpo dell'altro così vicino al suo da sentirne il calore e per la prima volta l'odore della pelle altrui, così forte che gli provocava altri brividi.

Lo capì, quando vide gli occhi altrui e il leggero rossore (Aomine arrossiva?) sulle guance del ragazzo, mentre lo guardava così intensamente da voler distogliere lo sguardo, ma non riuscendoci per nulla.

« Mi piaci, Kise. »

Un sorriso leggero, vero, che si apriva lentamente sulle labbra del biondo, mentre allacciava le braccia dietro al collo altrui, abbracciandolo. Imbarazzante, certo, ma necessario.

« Anche tu, Aominecchi. »

Ed il pensiero più limpido in quel momento nella mente di Kise, era che Aomine infondo, sapeva essere perfettamente convincente.

 

« Kise. »

La voce che solo qualche giorno prima aveva sentito, il volto che solo qualche giorno prima aveva visto, ritrovarseli di nuovo così improvvisamente davanti lo destabilizzarono un pò, anche se evitò di darlo a vedere.
Nessuno dei due si mosse, restarono semplicemente lì a guardarsi e d'improvviso, come se la risposta fosse stata sempre lì, Kise sentì limpido e acuto il dolore al petto prenderlo, facendogli fare una smorfia sul viso.

Il perché quei pensieri lo aveva assalito così improvvisamente, il perché dall'ultima volta che lo aveva visto si sentisse così.
Finché si trattava di mandare sms, finché si trattava di vederlo da lontano o di non averci a che fare a tu per tu, poteva andare bene.
Ma quella ferita restava ancora lì, sotto pelle, a bruciare. Ed averlo così vicino, l'aveva solamente riportata a galla.

 

« Kise, lasciamoci. »

Neutrali, forse fredde? Quelle parole erano arrivate inesorabilmente un giorno come un'altro, poco prima del diploma di terza media, quando oramai di quella squadra di amici non erano rimasti altro che talenti individuali che andavano per la loro strada.
Kise lo sapeva, perché infondo anche lui era uno di quelli e perchè in fondo, il rapporto con Aomine aveva cominciato a diventare più possessivo ed egoista ed al tempo stesso più distaccato.

Lo sapeva, che sarebbe potuto arrivare, ma nonostante tutto quando era insieme all'altro si sentiva ancora come il primo giorno e quindi non ci credeva davvero. Non voleva.

« Cosa...? »

« Hai capito. Non ho intenzione di portare avanti questa storia, mi sono stufato. Rompiamo. »

Nessun'altra parola, Aomine se ne era andato dopo quella frase, senza nemmeno dargli il tempo di chiedere, di parlare, di infuriarsi o rispondere soltanto.
Era rimasto da solo nel cortile vicino alla palestra, immobile.
Solo dopo pochi minuti, si era reso conto di star piangendo.

 

« Posso offrirti qualcosa da bere? »

« Ah? No, sto bene così. »

Un semplice no avrebbe potuto semplicifcargli la vita, Kise lo sapeva. Ignorarlo, fare due chiacchiere fuori di casa e poi ognuno per la sua strada.
Preferibilmente, tuttavia, aveva finito con l'invitarlo a casa, in quella camera che spesso li aveva visti insieme.

« Non è cambiato niente, uh? »

Inopportuno.
Avrebbe voluto dirglielo mentre si toglieva la giacca della divisa, ponendola sull'apposito ometto. Doveva fingere andasse tutto bene? Oppure poteva anche mostrargli che non era esattamente gradita, la sua presenza li?
Gradita.
Forse il problema era che sotto quell'espressione impassibile nascosta all'altro, il cuore di Kise era un tumulto di sentimenti contrastanti.
Speranza, nervoso. Felicità, rabbia. A quale doveva dare più spazio?

E mentre pensava a questo, lo sentiva perfettamente. Lo sguardo di Aomine puntato contro la sua schiena, bruciare la pelle e arrivare in profondità, facendolo sentire irrequieto.

« Oi, Kise. Come va la gamba? »

 

Plic.

« Sei venuto per questo, Aominecchi? Eri preoccupato per me? »

Nessuna risposta.
Ah.
Aomine alla fin fine non cambiava, vero? La sentiva, la rabbia sotto la pelle conservata da quel giorno, per tutti quei mesi, essere pronta ad uscire. Ma la ricacciò giù, voltandosi e sorridendogli con quel finto sorriso che usava sempre, sul lavoro, quando in realtà qualcosa non andava.
Un sorriso che Aomine sapeva riconoscere.

« Mi sto riprendendo. Ho solo bisogno di un pò di riposo, ma posso tranquillamente giocare, in fondo non sono tutti avversari come te, il mio 100% contro di loro è diverso. »

E parlando onestamente, anche con un problema simile, avrebbe comunque dato il 100% in ogni caso, bramoso di arrivare a sfidare di nuovo Aomine e anche il Seirin, per riprendersi quella rivincita che oramai da mesi bramava.
Lo osservò, quindi, notando quel volto che in realtà non esprimeva poi tante emozioni quante ne avrebbe volute leggere.

« E' così? »

Una frase semplice che suonava disinteressata, mentre Aomine si appoggiava sui palmi delle mani, puntando realmente lo sguardo intorno a sè, sugli oggetti, le foto, i libri, gli abiti.
Una domanda che gli premeva constantemente nella mente.

« Oi, Kise. Stai con qualcuno, ora? »

 

Plic.

 

E forse era esattamente il genere di argomento che Ryouta non si sarebbe mai aspettato di sentire, non in quel momento, non dopo tutto quello che era successo.
Far crollare le maschere è qualcosa di molto più semplice di quanto si possa pensare in realtà, specie quando sotto di esse i sentimenti sono un'onda pronta a infrangersi contro lo scoglio.
Impassibile, quasi vuoto, lo sguardo di Kise si posò altrove.

« ... Ti interessa? »

« Mi basta una risposta semplice. »

Come sempre. Aomine arrivava, prendeva ciò che sembrava gli fosse dovuto con la sua solita spavalderia e se ne andava, senza spiegazioni, con il suo solito, assurdo, modo di fare.
Un tempo, per Kise sarebbe stato facile capire dove iniziava e dove finiva quella sua spavalderia. Dove iniziava la bugia e finiva la verità. Ma improvvisamente aveva smesso di capirlo.

« Non sono affari tuoi, Aominecchi. »

Usare quel soprannome, nonostante il tono serio, aveva un che di ironico. Aomine lo capì e si alzò, avvicinandosi alla scrivania altrui, osservando le foto della nuova squadra di Kise.

« Magari con quel tizio, Kasamatsu? Mi siete sembrati uniti. »

Cocciuto.

« Ti consola lui, dopo le partite? O sei tu, a consolare lui? »

Testardo.

« Aominecchi... »

« Ma si, infondo hai ragione. Non ha a che vedere con me. »

 

Crack.

 

Solitamente la violenza era sconsigliata, per dei giocatori. Poteva portare ammonimenti, quindi espulsioni dalle squadre, persino a loro che andavano alle superiori. Kise lo sapeva, ne era conscio. Come il fatto che farsi male, quando poi già una gamba gli doleva, non era esattamente la mossa più astuta che poteva fare. E sicuramente, non era in grado di battersi esattamente alla pari con Aomine.
Ma a volte il semplice sapere non basta e l'istinto prende il sopravvento. E forse fu per questo motivo che poco dopo il suono del pugno che sbatte contro il tavolo attirò l'attenzione di Aomine, ritrovandosi addosso lo sguardo di Kise.
Buffo.
Era chiaro che Kise fosse arrabbiato, eppure sembrava quasi stesse per piangere.

« Aominecchi, cosa sei venuto a fare, qui? Sei venuto a denigrarmi? Sei venuto a parlare, a sapere come sto? Ad assicurarti che nonostante tutto io non sia più un tuo intralcio?

Perché mi sembra di esser stato al mio posto, nonostante tutto quello che è successo, senza causarti problemi. »

« ... Eh? »

Aomine pensava, credeva di star seguendo il discorso altrui, in un modo o nell'altro. Di tenerne le redini. Eppure al contrario di questo pensiero, alla fine si era perso dietro alle parole dell'altro.
L'espressione quasi divertita, confusa sul proprio volto, stavano a significare quello infondo.

Di cosa stava parlando Kise?

« Che cosa stai dicendo? »

« Sto parlando del tuo avermi lasciato perché ti avevo stufato. Ho smesso di girarti intorno, ho smesso di chiederti di giocare con me, ho smesso di ammirarti l'altro giorno, per staccarmi completamente da te! »

« Oi, Kise. »

« Cos'altro pretendi che faccia? Sei venuto qui a prenderti gioco di me? »

« E' questo che pensi? »

Kise non rispose a quella domanda, preferendo restare in silenzio. C'è un momento quando i sentimenti traboccano, in cui le parole fluiscono indesiderate, inconsapevoli, dalle labbra delle persone, intente solo a ferire per proteggersi.
Conosceva Aomine, eppure anche lui era umano e come tale, sbagliava. Per quanto Aomine potesse essere cambiato non credeva arrivasse a simili bassezze. Ma d'altronde, a cosa poteva credere ancora?

« .... Mi hai stufato. »

« Uh? »

Inaspettato, inopportuno forse, completamente irriverente, fu il bacio che arrivò sulle labbra altrui, il corpo spinto indietro fino alla scrivania, i polsi bloccati.
Aomine si premurò di far si che l'altro non fuggisse, appropriandosi di quella bocca che era stata sua un tempo. Quel corpo, che era stato suo. Quel ragazzo, che era stato suo.

E per questa sua possessività ricavò un morso sul labbro, doloroso, che bruciò più di quanto ritenesse necessario, facendolo separare dall'altro almeno in parte.
Lo sguardo sorpreso se lo era aspettato, ma quel rossore, quel semplice rossore sulle sue gote no. E improvvisamente sentì la propria compostezza scivolare via, insieme alla confusione negli occhi altrui.

« ... Perché? »

« Ho mentito, Kise. Tu sei mio. Mi appartieni. E' sempre stato così e non è mai cambiato niente. Pensavo fosse solo un'ovvia soluzione a tutto quanto. Ma l'altro giorno, alla partita... non ti voglio lasciare a nessuno. »

Gli prese il volto fra le mani, guardandolo seriamente. Aveva fatto una scelta, alla fine delle medie, pensando a Kise.
Ma Aomine non era poi così indulgente. Si era accorto sin da subito dello sbaglio che aveva fatto. E l'aver visto Kise piangere affidandosi a quel tipo, quel Kasamatsu, glielo aveva fatto capire.
Solo lui poteva essere al fianco di quel ragazzo, nessun altro.

« Non mi importa se adesso stai con quel tipo. Ti riprenderò. »

Ridere.
Era quello che voleva fare Kise in quel momento, perché improvvisamente, si rendeva conto di quanto atteggiarsi da adulti non potesse cambiare il fatto che erano ragazzi.
Stupidi, pronti a sbagliare, a dividersi e diventare nemici.
Quanto stupido era stato lui stesso.
Probabilmente di fronte a quel sorriso, a quella risatina, Aomine stava pensando male di lui, si stava facendo le idee sbagliate. Ma quanto aveva sofferto in quei mesi? Quanto aveva sperato, in fondo, che Aomine tornasse da lui?
Il pensiero lo faceva sentire così stupido, specie quando portò le mani dinanzi agli occhi. Dannate lacrime.

« Kise..? »

« Aominecchi. »

Incontrò lo sguardo blu dell'altro, impedendogli di parlare ed asciugandosi le lacrime pensando che in fondo quello sguardo preoccupato poteva essere l'inizio. Si avvicinò alle sue labbra, leccando via il sangue dal morso che poco prima lui stesso gli aveva inferto, nemmeno fossero delle tacite scuse.

« A volte sai essere stupido anche tu. »

« Ho smesso di ammirarti. Non ho mai smesso di amarti. »

E le spiegazioni, per il momento poteva lasciarle a dopo.

  
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