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Autore: WordsEnchantress    14/11/2012    1 recensioni
Non limitarti a raccontare una storia, quando puoi viverla.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era chiamata anche “la strana”: Iris lo sapeva, ma lasciava che queste parole le scivolassero addosso… Nessuno usava più il suo nome, i più neanche lo conoscevano. Nel migliore dei casi era chiamata “la Racconta Storie”.

Circolavano diverse e strane voci sul suo conto: c’era chi affermava che il trucco della sua bravura fosse l’amata sfera, chi osava dire che fosse una truffatrice, chi vociferava del suo bulbo ancora serrato, chi raccontava che avesse visto il suo fiore aprirsi solo nella sfera e che fosse il più bello mai esistito. Ma, forse, dovremmo fare un passo indietro.

Un tempo il mondo era molto più piccolo di come non lo conosciamo: lì i bambini nascevano ognuno con il proprio bocciolo, il quale, solo avendo trovato il vero amore, sbocciava… Identico per entrambi gli amanti. Non esisteva bocciolo che, al tramontare dei diciotto anni, non mostrasse la sua bellezza agli occhi meravigliosi del cielo. Beh… Tranne uno.

L’unico motivo che ancora la legava a quel paese era il suo dono: le sue storie.

La sera, adulti e piccini, correvano sulla spiaggia a chiamarla e, quando lei sentiva le loro voci, andava a sedersi sullo scoglio e loro si radunavano attorno, per ascoltarla.

Lei allora estraeva la sua sfera e la faceva volteggiare e rotare tra le dita affusolate, con grazia e precisione innaturali.

Quando, finalmente, la bolla di cristallo si fermava tra le mani a coppa della ragazza, cominciava la vera magia: i suoi enormi occhi tramutavano nei colori più belli, il riflesso della luna si tingeva d’oro vivo e la sua voce usciva come una melodia scandita e incalzante, ma lieve, strisciando sui cuori degli spettatori incantati.

Ella abitava fuori dalla città e, appena terminata la sua fiaba, aspettava che tutti fossero tornati a casa e poi si allontanava silenziosamente. Ma ciò che nessuno sapeva era che, appena svoltato l’angolo, lei cominciava a correre.

Ma quella sera correva più forte del solito. A un certo punto si fermò di colpo, in pieno bosco, e appoggiò la schiena alla corteccia ruvida di un albero, lasciando che il sudore le rivestisse il corpo di rivoli taglienti. Era finita?

Ma il suo pensiero fu interrotto bruscamente dal fumo nero, che tornò a oscurare il cielo e l’avvolse nelle sue grinfie… Si trovò immediatamente a terra e riuscì a sentire un masso che le penetrava il fianco; poi il suo avversario le accarezzò la guancia fino a raggiungere il collo, soffocandola. Quando ormai le forze stavano venendo meno e il sangue abbandonava il suo corpo tingendo la terra di rosso, tutto sprofondò nuovamente nel silenzio e la luna tornò a splendere nello scuro manto.

Aprendo gli occhi si accorse di trovarsi in una stanza sconosciuta, dove un ragazzo mai visto le accarezzava i capelli sciolti.

“Ma cosa…? Lasciami!” cercò di divincolarsi.

Chi era? Come aveva osato… Deglutì… Spogliarla?

A parte la biancheria intima, l’unica cosa a coprirle la pelle nuda era una spessa fasciatura, che pigiava sulla ferita. Lui semplicemente le afferrò i polsi, bloccandola, e aspetto che si calmasse, per poi iniziare a parlar piano:

“Iris, ogni sera scappi dalla paura della solitudine e dalla tristezza. Ogni sera. Mi ero ripromesso che sarei venuto in tuo aiuto non appena, e soltanto se, ti avessi vista in pericolo… Ma quest’agguato ha sorpreso tanto me quanto te. Non sono… Arrivato in tempo.” Il suo volto si fece cupo.

“La mia sfera…” Non poteva essere reale tutto questo.

“Non ne hai bisogno. La sfera è solo uno specchio nella quale vedi riflessi i tuoi occhi, e in essi la fantasia, e la maschera che ti protegge da chi non sa amarti. Il dono più prezioso che possiedi vive dentro te.”

Detto questo afferrò il fagotto abbandonato sul comodino di legno grezzo, vicino al letto, e ne lasciò scivolare fuori, e in seguito a terra, la bolla di cristallo.

Poi, nel silenzio e nella consapevolezza delle spiegazione che le doveva, uscì chiudendo dietro la porta dietro di sé. Sedutosi sul pavimento appoggiò l’orecchio alla porta e rimase lì, ad ascoltare le sue lacrime trasformarsi in respiri e, infine, in sogni.

Quando Iris si svegliò Alex era ancora lì, al suo fianco, che con rispetto fissava il muro di fronte, senza lasciare che il suo sguardo indugiasse sul corpo così perfetto e puro della ragazza. Le offrì una camicia da uomo per coprirsi e le porse una tazza di caffè.

Le sfuggì un sorriso stiracchiato e un timido grazie, poi tornò il silenzio.

“Credo che ti spetti qualche risposta…”

Annuì piano, mentre mandava giù il primo sorso.

“Sarò breve: conosco tutte le tue fiabe e le ricordo parola per parola. Ti ho sempre protetta in silenzio, da lontano. Questa mia dimora si affaccia sul bosco, sulla città, sul mare e… Su casa tua. Non ho mai voluto avvicinarmi, perché io… Non sarei all’altezza. Ma il tuo sguardo, la tua voce, il sorriso… Sono più forti di me.”

“Io ti conosco…” sussurrò posando la tazza vuota.

“No, non è possibile.”

“ci siamo visti diverse volte. Nelle mie storie… Io ti ho conosciuto, ti ho ferito, ti ho vissuto… Io ti ho amato.”

Poi il dolore tornò a stringerle come una morsa d’acciaio i fianchi e si accasciò.

Non poteva lasciarla uscire in quelle condizioni, così l’ospitò per giorni a casa sua.

Ogni momento che vivevano, ogni attimo che li rendeva protagonisti, sembrava che una magia crescesse dentro e fuori di loro…

Infatti arrivò un giorno in cui un’improvvisa folata di vento tiepido li avvolse e una musica tintinnante filtrò nella stanza fino a raggiungere i due boccioli adagiati su di un piccolo vassoio di ceramica: essi, librandosi in aria, aprirono i loro petali all’unisono, mostrandosi nella loro pienezza; ed ecco che una diceria si compì, trasformandosi nel fiore più bello mai visto. Allora il ragazzo prese le mani d’Iris e passò l’indice sul contrasto della sua pelle delicata per poi baciare il suo sorriso.

Da quel giorno vissero il loro dolce amore, lontano da chi non aveva saputo credere.

E a volte, i cittadini di quel piccolo mondo, si radunano ancora al tramonto, sulla spiaggia, e chiamano invano la Racconta Storie.

   
 
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