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Autore: Kehia    14/11/2012    1 recensioni
Lei è un essere umano. Lui uno spirito. Incontri di notte, nel buio e nel freddo di un gelido inverno. Le loro parole riecheggiano nell'aria. Ma lei non può toccarlo, se lo toccasse morirebbe. E lui cerca disperatamente l'anello mancante per dar pace alla sua anima.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                    Tra l'amore e la morte





Ho ricordi accatastati come pile di libri dentro il mio cervello. Ricordi che non se ne andranno mai per quanto mi sforzi di cacciarli. Ricordi felici, ricordi tristi, ma la maggior parte sono ricordi che vorrei cancellare.
Ho passato la vita rincorrendo qualcosa d’ignoto. Qualcosa di sconosciuto al mio cuore, al mio cervello e alla mia anima. Eppure l’ho rincorso per tutto questo tempo sperando di trovarlo. E non mi ero accorta, d’averlo già dentro di me.
Ma può un essere umano aggrapparsi a qualcosa che non conosce? Aggrapparsi a qualcosa di cui non ha la certezza che esista? Possono farlo gli esseri umani? Sì, lo fanno tutti i giorni con Dio.
E io credevo di essere diversa, ridevo quando vedevo la gente pregare, loro e le loro false speranze.
Eppure non mi ero accorta di stare inseguendo la loro medesima meta.
Però a quel tempo, non potevo rendermene conto.
 
Come appassionata della storia antica mi chiudevo giornate intere nella biblioteca della piccola cittadina dove vivevo. Mia zia era la proprietaria, quindi potevo rimanerci anche notti intere. Tornavo poco a casa, non che non mi piacesse starci, però vedevo la biblioteca come il mio posto, la mia seconda casa.
I miei genitori non si preoccupavano nemmeno più quando non mi vedevano tornare la sera, sapevano che, sicuramente, mi ero immersa in un qualche libro e avevo perso la cognizione del tempo.
Era una gelida notte d’inizio inverno quando avvenne l’evento che cambiò radicalmente la mia vita.
Immersa completamente nella storia dell’antica Roma all’epoca di Nerone, all’inizio non mi accorsi degli inquietanti rumori provenienti dagli scaffali. Ero talmente abituata a quelli del giorno da non rendermi conto che era notte fonda e la biblioteca sarebbe dovuta essere vuota.
Quando un tonfo sordo giunse alle mie orecchie sussultai. Mi guardai velocemente attorno e finalmente realizzai che erano le due di notte. Chi c’era?
Allerta e tremante mi alzai dalla sedia, arrivai all’interruttore della luce principale e lo azionai.
Un altro tonfo.
-Chi c’è?-, chiesi a voce alta.
Che mossa stupida pensai subito dopo, se fosse stato un ladro di certo non mi avrebbe risposto.
Presi il bastone che mia zia teneva dietro il bancone e mi avvicinai agli scaffali dai quali proveniva lo strano rumore.
In silenzio e lentamente svoltai l’angolo. Fu in quel momento che lo vidi. Immobile, seduto a terra, circondato da libri aperti e chiusi, forse caduti, con il viso rivolto verso il basso che osservava uno di questi.
Era un ragazzo.
-Ehi!-, esclamai.
Lui mi sentì, e fu quando alzò le testa e scrutò incredulo i miei occhi verde sbiadito che mi accorsi di non vederlo. Cioè, lo vedevo, ma lui era… trasparente?
Insomma oltre a vedere lui vedevo il muro dietro di lui… gli vedevo attraverso!
-Oh, Cavolo! Tu… t-tu puoi vedermi?!-. Lui si agitò persino più di me.
Scossi la testa violentemente e mi avvicinai tenendo il bastone ben saldo tra le mani.
-Uoo, che vuoi farmi con quello?!-, la creatura, da seduta cominciò a indietreggiare spaventata.
-Che cosa sei tu?!-, urlai. Non ero spaventata, cioè, sì lo ero, beh ritrovarsi qualcuno di trasparente davanti agli occhi non era certo una cosa di tutti i giorni.
Io non avevo mai creduto ai fantasmi, insomma, non era un fantasma quello lì! Che cosa era?!
-No, no, no. Tu sei solo frutto della mia immaginazione. Ecco! Sei soltanto un po’ stanca Claire, tutto qui. E’ meglio se vai a dormire-, mi dissi cercando di rimanere calma.
Ma certo, un fantasma? Ahah! Ma dai! Impossibile!
-Aspetta!-.
Eppure, una volta voltata per andarmene, quando lo sentii alzarsi dietro di me, quando la sua voce roca mi raggiunse, io mi fermai. Non feci un passo. Immobilizzata dallo stupore e incredula per la paura.
Lasciai cadere il bastone a terra, mi voltai lentamente e lo guardai. Non c’era alcun dubbio, era un ragazzo in tutto e per tutto.
Aveva i capelli castani, corti, lisci e spettinati. Gli occhi sembravano chiari, grigi forse, ma vedendoci attraverso sembravano bianchi. Era alto poco più di me, magro e slanciato. Piano, piano, si stava avvicinando.
-Vuoi farmi del male?-, fu lui a chiedermelo. Ma come? Le parti erano invertite? Che situazione surreale.
Io scossi la testa incredula, come potevo fargli del male? Cioè, era lui quello strano, a rigor di logica lui avrebbe dovuto far del male a me, no?
-E tu?-, chiesi con un nodo alla gola.
-Perché dovrei?-.
I suoi zigomi erano marcati poco, il mento tondo e gli occhi grandi. Sembrava un bambino, però il suo sguardo, dava l’idea di un uomo.
-C…che c-cosa sei? Cioè…-, balbettai insicura –Ti sei accorto che, sì insomma, che sei trasparente?-.
Triste, il ragazzo si guardò le mani, il petto ed infine fece tornare gli occhi su di me.
-Io sono uno spirito. Un anima priva di corpo. In realtà, io non sono niente. Forse sono davvero frutto della tua immaginazione-. Il suo tono fu triste e malinconico. Se era uno spirito, allora perché io riuscivo a vederlo? Ero mica una sensitiva?
-Pe… perché riesco a vederti?-.
-E a me lo chiedi? Che ne so?!-, esclamò stizzito.
Io, senza sapere esattamente cosa stessi facendo, mi avvicinai lentamente allo spirito ed allungai la mano verso il suo viso.
Mentre mi avvicinavo, delle strane sensazioni mi avvolsero. Felicità e tristezza assieme, freddo e caldo, luce e buio, buono e cattivo, sensazioni che insieme non potrebbero mai coesistere. Sensazioni incredibili.
-Ferma! Non toccarmi!-, si ritrasse velocemente, -Se mi tocchi… morirai-, fece allarmato.
Spalancai gli occhi. Come? Morire?
-Ma… come posso morire toccandoti? La mia mano non dovrebbe passarti attraverso?-.
Lui mi fissò, si avvicinò nuovamente e all’improvviso prese un libro dagli scaffali, il tutto senza mai staccare gli occhi dai miei. No, non passava attraverso a nulla.
-Non sono un fantasma. Sono uno spirito-.
-E non è la stessa cosa?-.
Scosse la testa.
-Non so se i fantasmi esistano davvero, ma io non sono altro che un anima sperduta sulla terra. Gli esseri umani hanno paura di noi. I pochi che ci hanno visti sono impazziti e si sono suicidati. Tu sei la prima che non scappa via urlando-.
Incrociai le braccia facendomi improvvisamente spavalda.
-Tzè! La paura aiuta a conoscere. E comunque non sono il tipo da scappare via urlando-.
Nelle sue labbra notai un accenno di sorriso.
Quella volta non mi ero ancora resa conto di quale fenomeno mi ero ritrovata davanti. O meglio, forse dentro di me credevo davvero di essere impazzita.
Dopotutto non avevo amici e con i miei parlavo poco, forse lui era il mio amico immaginario arrivato un po’ troppo tardi.
Dopo quel breve discorso ci sedemmo nello stesso posto dove stavo studiando e ricominciammo a parlare. Avevo così tante domande da porgli.
-Ehm, io sono Claire. Tu come ti chiami?-, e mi chiesi se in una notte sarei riuscita a porle tutte.
-Perdendo il mio corpo ho perso anche il mio nome-, rispose malinconico. –Dopotutto qui non c’è nessuno che possa chiamarmi per nome-.
-Beh, da oggi in poi ci sarò io!-, esclamai convinta e gli sorrisi cercando di far sparire quell’aria scura dal suo volto. –Un nome che mi è sempre piaciuto è Josh, che ne pensi? Ti piace?-.
Lui sorrise, era un sorriso triste, così triste e malinconico. Non poté non farmi pena. Mi chiesi quale fosse la sua storia, se se la ricordava, com’era morto, chi era stato in vita. Così tante domande…
-Vada per Josh-, acconsentì alla fine.
-Bene! Senti…-, guardai in basso a destra, –posso farti qualche domanda? Cioè, chiederti delle cose un po’ crude? Sì, insomma, su quello che riguarda la tua vita e…-.
-Oh, guarda. Studi storia antica? Oh, gli antichi romani, erano l’unica parte di storia che mi piaceva-
Per un attimo il suo sguardo fu pensieroso, come se stesse rievocando vecchi ricordi, ricordi felici.
-Tu quanti anni hai?-, chiese all’improvviso voltandosi a guardarmi.
-Sedici-.
-Oh, uno di meno di me, di quando sono morto-.
-E quando sei morto?-, chiesi prontamente.
-Non saprei, veramente non ricordo niente della mia morte. Ricordo della mia vita. Ricordo di essere nato nel millenovecentonovantaquattro…-.
-Quindi ora dovresti avere diciotto anni, sei morto da un anno-, costatai sorridendo, ma tornai subito seria, non c’era molto da sorridere.
-Poi-, continuò il suo discorso, –Sentii dentro di me una voce, quando vagavo per la città in cerca di meta, cioè quando ero già morto. Quella voce mi condusse qui e mi disse di aspettare. Cosa non so. Mi disse di aspettare l’anello che mancava, ciò che mi teneva imprigionato come spirito…-, alzò le spalle, –Però il tempo passava e io non avevo alcun indizio, così ho perso le speranze-.
Ascoltai attentamente il suo racconto malinconico. Era così triste sentirlo parlare, mi veniva quasi da piangere e all’improvviso mi passò la voglia di fargli domande. Perché fargli ricordare cose così tristi? Si vedeva che soffriva, soffriva tanto.
Però, a lui, che probabilmente sapeva… una domanda, quella domanda, dovevo porla per forza…
-Dio esiste?-.
Si voltò a guardarmi, non seppi decifrare la sua espressione, forse stupita, scettica, incredula.
-Dio, dici?-, scosse la testa, –Dio è la vana speranza degli esseri umani, è stato creato da loro…-, poi guardò in basso. –Sinceramente, io non l’ho mai visto, né sentito. Egli non è concreto-.
Rimasi immobile, quindi Dio non esisteva?  Era davvero una creazione dell’uomo?
Allora tutto quello che avevo pensato in quegli anni era vero. Dio non esisteva, facevo bene a ridere davanti agli stolti che credevano in lui!
-Sai, è tanto che non parlo con qualcuno. Io vorrei sapere la tua storia-, all’improvviso i suoi occhi sembrarono assorti, presi completamente da me.
Un po’ imbarazzata e spiazzata decisi di raccontargli la mia noiosa storia. Ci misi poco per fargli sapere tutto.
Io non ero altro che una semplice ragazza che non dava importanza a niente e a nessuno. Mi definivano cinica. Non avevo amici ed il rapporto con i miei genitori era nella norma. Non avevo nessun fratello o sorella, e a scuola ero discreta. L’unica mia passione era la storia, e questo l’aveva capito anche da solo.
Era tutto lì, il mio passato era noioso.
Eppure lui mi ascoltò senza interrompermi nemmeno una volta, assorto nelle mie noiose parole, nei miei semplici occhi.
Immaginai come poteva essere ritrovarsi senza nessuno per più di un anno, completamente solo, senza che la gente possa nemmeno vederti. Doveva essere stato terribile per lui. Provavo così tanta compassione per quel ragazzo…
Però anch’io volevo sapere la sua storia, ero così curiosa di sapere chi fosse stato in vita, cosa avesse fatto e più di tutti mi premeva sapere come fosse morto. Inutile però parlargliene, insomma, accennare al suo passato lo faceva diventare triste e io non volevo vederlo triste, volevo vederlo sorridere assorto proprio come quando gli avevo raccontato della mia noiosa vita. Già, io almeno ce l’avevo ancora una vita.
 
-Ti rivedrò ancora?-, chiesi triste, alle sei del mattino quando dovevo tornare a casa per prepararmi ad andare a scuola.
Lui mi guardò e sorrise, il solito sorriso triste, probabilmente anche lui temeva che io non potessi più vederlo.
-Non lo so-, ammise, –Però spero di sì, stare con te questa notte mi ha fatto sentire bene-.
Quando lo vidi sorridere ancora sentii una strana sensazione. Una sensazione fredda, che però venne subito scaldata. Il mio cuore sussultò. Che cosa era?
Ero davvero impazzita? Insomma, era uno spirito, e gli spiriti non esistevano! Già, ma se essi non esistevano, io con chi ero stata quella notte? Con chi avevo parlato di ogni cosa riguardasse la mia vita? Con chi avevo scambiato opinioni sulla storia degli antichi romani?
Con chi precisamente non lo sapevo. Però era Josh, solo Josh. E lui era uno spirito. E a dirla tutta, anche un bellissimo spirito.
Chissà, se lo avessi incontrato quando era ancora in vita cosa sarebbe successo…?
Sentii ancora una strana sensazione, questa volta era brutta. La sensazione del vuoto che lui poteva provare essendo consapevole di non avere più la propria vita tra le mani. Di non possedere un corpo proprio… di non potermi toccare…
Scossi la testa mentre sotto la doccia passavo lo shampoo sui capelli, neri e di media lunghezza.
Quel giorno dormii a tutte le lezioni. Quella dove andavo era una scuola piuttosto scadente, forse era proprio per questo che andavo discretamente. Non vedevo l’ora di finirla.
Tornai in biblioteca non appena uscii dall’edificio scolastico, quando entrai però fui subito demoralizzata da tutta la gente presente di giorno. Anche se avessi visto Josh non avrei potuto parlare con lui, mi avrebbero presa tutti per pazza.
Così, mi sedei in un angolo ed aspettai pazientemente che giungesse la sera sperando di trovarlo di nuovo.
Quando finalmente anche mia zia uscì e chiuse le porte mi alzai di scatto e cominciai a girare tra gli scaffali.
-Josh!-, lo chiamai guardandomi attorno.
Ero felice, era la prima volta che mi sentivo così.
Felice perché avevo aspettato tutto quel tempo soltanto per rivederlo.
Beh, il tempo sembrava esser passato in un batter d’occhio a dire la verità, ma non m’importava niente! Volevo soltanto rivederlo!
-Certo che oggi la biblioteca era proprio piena, eh?-.
Lui comparì alle mie spalle, sorridente e soddisfatto. Ed io quando mi voltai sorrisi e sentii lo strano impulso di abbracciarlo. Ero consapevole però che se l’avessi toccato sarei morta.
-Speravo di rivederti-, aggiunse lui, subito dopo aver visto il mio sorriso.
Che bella sensazione. 
Quelle furono le settimane o forse i mesi più belli della mia vita, in verità persi totalmente la cognizione del tempo. Il solo fatto di poterlo vedere riempiva ogni particella del mio cuore. Sì, proprio a me. Cinica com’ero. Stava accadendo proprio a me.
Cos’era quello che provavo? Io lo sapevo.
Era quello che gli umani chiamano amore.
Ed era una sensazione assolutamente fantastica.
Però dietro a tutto ciò, c’era qualcosa di davvero molto triste. Che presto riuscii a capire.
Nell’amore, non bastava soltanto il sentimento, le parole. Io avevo bisogno di qualcosa di più, del contatto, avevo bisogno di poterlo sfiorare, di sentire la sua pelle a contatto con la mia..
Ma come potevo farglielo capire? Come poteva esistere una storia tra uno spirito e un umano? Come si poteva essere felici se lui era morto ed io ero viva?
Per essere felici, dovevo forse morire io? Sì, dovevo morire io perché lui non poteva tornare in vita. E non ci voleva niente… dovevo soltanto toccarlo. Semplicemente toccarlo e finalmente sarei potuta stare insieme a lui per sempre…
Però, se morendo fossi andata in un altro posto? Se non fossi rimasta uno spirito, ma qualcosa di più?
E se toccandolo fossi sparita completamente?
-Josh…-, lo chiamai tristemente una sera non appena lui mi sede accanto –mi spieghi perché, se qualcuno ti tocca muore…?-.
Lui guardò in basso ed incrociò le braccia mettendosi comodo sulla sedia.
-La voce che mi guidò fino a qui, un tempo mi disse che noi spiriti, non essendo un corpo… siamo solo emozioni…-.
Lo guardai incredula, in effetti la cosa era logica, perché cos’altro poteva esserci oltre al corpo? Quindi l’anima non era altro che l’insieme di emozioni…
-Quindi-, proseguì –chiunque ci tocchi, prova le nostre stesse emozioni, ad esempio gioia e tristezza insieme. Ma siccome sono fuori dal corpo, esse sono mille volte più forti. E’ vero che ognuno di noi prova sia la tristezza che la gioia, però prova in maniera forte o una o l’altra. Toccando uno di noi, le prova assieme alla stessa incredibile potenza. Questo uccide l’anima, la fa come esplodere…-, aveva alzato gli occhi sui miei, che increduli, rimasero per dei minuti fissi a guardarlo.
-Credo di capire-, dissi poi abbassando lo sguardo.
Che cosa triste… l’anima non può sopportare due emozioni opposte provate nello stesso momento, in maniera così forte da farla scoppiare. Eppure, pensai, forse la mia anima ne era capace.
Però, chi ero io per poter resistere al suo tocco? Non ero speciale, ero soltanto un essere umano.
Altri giorni passarono, così velocemente che nemmeno me ne accorsi, per me diventava sempre più difficile stare vicino a lui senza provare il desiderio di toccarlo. E ciò che provavo cresceva di giorno in giorno. Non potevo continuare così. Dovevo cercare di uscirne, dovevo decidere cosa fare.
Poi, arrivò un giorno di neve, in cui io e Josh ce ne stavamo seduti a terra in un angolo della biblioteca a chiacchierare. Fu quel giorno, che gli feci quella domanda, la domanda che sconvolse tutto.
-Ehi, Josh-, aspettai che si voltasse a guardarmi e continuai –non pensi che il tuo anello mancante… sia proprio l’amore?-.
Silenzio.
Vidi il suo sguardo tremare e cadere in basso verso il pavimento, si passò una mano tra i capelli e sospirò triste.
Era tornato triste… perché?
Che cosa avevo detto di male? Non lo capii fino a che non fu lui ad illuminarmi.
-Lo pensavo anch’io. Ma non è quello…-.
Scettica mi misi in ginocchio e andai di fronte a lui allungando il collo il più possibile verso il suo viso e mettendolo in difficoltà. Lui faceva di tutto per evitare il contatto e cercava di indietreggiare per quanto possibile.
-Perché no?-, poi mi ritrassi, lasciandolo respirare e aspettando che rispondesse.
Lui mi guardò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo a sinistra e rispose in un sussurro.
-Perché se era davvero l’amore ciò che mi mancava… a quest’ora avrei già dovuto trovare la pace-.
Ancora non capivo.
-E perché?-.
-Perché sono innamorato di te-.
Le sue parole uscirono dolci e soavi mentre giungevano alle mie orecchie come un telo di seta pregiata e pura, fu una dolce melodia che mi inebriò per un istante e poi mi fece definitivamente crollare il mondo addosso.
Mi misi a sedere e guardai in basso.
-Oh, Josh… anch’io sono innamorata di te! Non è giusto!-, non mi ero nemmeno resa conto di star urlando –Io voglio stare con te, ma non in questo modo! Sai… più volte ho pensato di morire, per poter stare finalmente insieme e…-
-Cosa?!-, esclamò arrabbiato. –Non ci devi nemmeno pensare. Tu devi vivere! Non essere così sciocca da morire senza sapere nemmeno dove ti porterà la morte. Potresti morire invano!-.
-e lo farei!-, urlai –Per te lo farei!-.
Silenzio.
Che cosa stava accadendo? Io ero arrabbiata…
Ero arrabbiata perché lo amavo, arrabbiata perché ero consapevole che non sarei mai potuta stare assieme a lui, arrabbiata perché lui non voleva che lo raggiungessi.
-Ascoltami Claire-, i suoi occhi erano tornati tristi, tristi e malinconici, proprio come quando lo avevo conosciuto, io non volevo più vederlo così. –forse è meglio che tu non venga più qui. Costruisciti la tua vita con qualcuno di vivo…-.
Cosa? Che razza di proposta era quella?
-Non puoi chiedermi questo-, dissi a denti stretti, infuriata come non mai. –Non puoi chiedermi di dimenticarti-.
Silenzio.
Il mio cuore aveva preso a battere in maniera irregolare già da un bel po’, sentivo la pelle umida e il respiro farsi molto più ampio. Le mie mani, poggiate a terra, tremavano e sicuramente non era per il freddo.
Fu in quell’istante che decisi di fare la cosa che sembrava la più sbagliata di tutte.
-Ti svelerò un segreto Josh-, dissi sentendo gli occhi tremare –quando mi metto in testa di fare una cosa… non c’è nessuno che possa fermarmi-.
Non gli diedi nemmeno il tempo di capire la frase.
Mi allungai verso di lui, presi il suo viso tra le mani e lo baciai.
Fu un attimo.
Sentii le sue labbra contro le mie, morbide… buone. La sua pelle a contatto con le mie mani.
Sembrò tutto normale, come se lui fosse vivo, era caldo…
Una miriade di emozioni m’invasero, emozioni delle quali non conoscevo nemmeno il nome, emozioni forti, troppo forti…
Sì, stavo morendo…
-Claire, Claire!-, mi chiamò Josh a gran voce prendendo le mie mani nelle sue. Quando aprii gli occhi lo vidi sorridere.
-Ora ho capito Claire! Ora so tutto!-, non riuscii a capire bene cosa stesse dicendo, non sentii più i piedi, fu così che mi accorsi che stavo scomparendo.
-Claire!-, esclamò lui colmo di gioia –Non era l’amore il mio anello mancante. Ma era la persona che mi avrebbe amato in maniera così forte da morire per me. Eri tu! Eri tu l’anello mancante!-.
Non capivo… cosa stava accadendo…?
-Quindi… ora staremo insieme…?-, chiesi, rendendomi conto di non avere quasi più la voce.
Mi accorsi allora che anche lui stava scomparendo… quindi, stavamo scomparendo insieme? Potevamo davvero stare insieme?
-Sì! Sì! Ne sono sicuro! Tu non stai morendo Claire! Tu…-.
Vidi le mie mani sparire e sentii delle lacrime solcare le mie guance.
-Josh…-, feci in un singhiozzo cominciando a piangere come una bambina, avevo paura, troppa paura. Non della morte, paura di non poter stare con lui.
-Claire… Claire, ascoltami! Prometti che non ti dimenticherai mai di me! Prometti che continuerai ad amarmi! Io tornerò senz’altro! Il mio era solo un coma!-.
-Cosa significa questo Josh?! Cosa significa?!-.
 
L’eco della mia ultima frase mi rimbombò nella testa come un eco tra le montagne.
-Svegliati sono le sette!-, la voce di mia madre mi raggiunse e finalmente io, aprii gli occhi.
Mi misi a sedere sul letto intontita. Che strana sensazione… avevo sognato?
Cosa?!
Mi alzai di scatto e andai in bagno, lavai il viso con acqua gelida e mi guardai allo specchio. Poi mi guardai le mani, toccai i capelli e costatai il tutto: Ero viva.
Era quindi stato tutto un sogno?
No, impossibile. Io avevo vissuto quelle emozioni, non erano state soltanto illusioni.
Josh era esistito, Josh esisteva…
-Claire, vai fuori ad aspettare papà e aiutalo con le borse-, disse la voce di mia madre dalla cucina.
Senza dire niente obbedii. Fuori era freddo, l’inverno era appena cominciato.
Mi strinsi nella vestaglia e mi sedetti sui gradini del giardino di casa che si affacciavano alla strada, lì cominciai a pensare.
Era stato quindi davvero tutto un sogno? Possibile che quelle sensazioni fossero state soltanto frutto del mio inconscio? E anche lui…?
Ma… io ne ero innamorata.
Il cuore mancò un battito.
Però era stato tutto frutto della mia immaginazione, lui non era davvero esistito, io mi ero innamorata di un sogno.
Perché?
Sentii delle lacrime, le stesse lacrime del sogno punzecchiarmi gli occhi. Non le bloccai, le lasciai scorrere lentamente sul mio viso, singhiozzando.
Non era giusto, perché avevo sognato qualcosa di così reale? Eppure, avrei dovuto aspettarmelo. Insomma, i giorni passavano in maniera alquanto veloce, il mio carattere era diverso da quello attuale e lui… lui era uno spirito diamine! Gli spiriti non esistevano!
Però, all’improvviso riuscii a capire tutta la gente che pregava Dio. All’improvviso capii la frase di Josh su di lui.
Capii tutto.
Io, atea convinta, non avevo capito sino a quel momento che le speranze della gente, le false speranze che la gente si creava pregando e credendo, alla fine non erano vane.
Io, non avevo capito di stare inseguendo la stessa identica cosa che inseguivano tutti gli altri.
Sì, cercavo qualcosa di ignoto, che avevo conosciuto in quel sogno, quello che in molti ritenevano fosse Dio… eppure si sbagliavano, quella speranza che tutti inseguivano era più comunemente chiamata: Amore.
-Ciao, che ci fai qui fuori? Mi stavi aspettando?-.
-Sì, la mamma ha detto che devo aiutarti con le bor…- alzai lo sguardo e rimasi immobile.
-Borse? Quali borse?-, si chinò davanti a me e mi accarezzò i capelli affettuosamente, poi sorrise.
-Sai, il mio vero nome è Nicolas. Ma tu puoi continuare a chiamarmi Josh-.
 
 FINE
 

Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere che ne pensate!

Hinata Ookami.
  
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