Ghiaccio. Era in quegli occhi, quei maledetti occhi azzurri, dove cadevo sempre. I discorsi, le idee, nulla valeva contro quell'oceano puro che mi ammaliava, quella rete che mi attirava ogni volta che lo vedevo. Mi sentivo inerme, debole, di fronte ai suoi occhi e al loro fare beffardo, quasi ingannevole. Era la mia trappola, la sciocca preda ero io. Sì, sciocca, perchè mi lasciavo illudere che anche per me esistesse uno spazio, un angolo che luccicasse al mio arrivo, come succedeva nei miei occhi autunnali quando arrivava lui. Le mattine piovose poi erano le peggiori, lui arrivava con quelle lucide goccioline di pioggia sui capelli e sulle ciglia e io morivo dietro di lui, sperando che per una volta il suo sorriso si girasse a guardarmi. Oh, il suo sorriso era fatto di polvere di stelle, ne ero sicura. Quel sorriso che rideva allegro, scherzoso, e che allo stesso tempo mostrava quella sicurezza che io ammiravo tanto. Era il suo sorriso che mi svegliava la mattina, che mi illuminava e allontanava da quel mondo di favole che era la mia mente senza di lui. La sua voce era una ninna-nanna: mi cullava senza tregua, senza darmi un attimo di respiro. Mi avvolgeva e stringeva tra le sue spire di doppi sensi e parole ironiche, parole a cui non osavo rispondere per la paura di sentirmi abbandonata dalla sua voce. Doveva solo guardarmi. Era solo questo che volevo, che desideravo ogni giorno. Aspettavo che mi scoprisse, che decidesse che ero io la persona speciale per lui, l'unica. E lo sto ancora aspettando.