Disclaimer: I personaggi di
Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Si consiglia prima l’ascolto e la lettura del testo
“Creuza de Ma” ~
.:
Corda Marsa d'Aegua e de Sä :.
Dall’Andrea c’era sempre quell’aria gonfia di
mare, lamelle di sole che si srotolavano piano all’incedere del giorno; il
bugigattolo polveroso era saturo dell’odore di frittûa de pigneu e vino, le pareti incrostate di sale biancastro.
A dirigerla proprio l’Andrea, con quella sua faccia rubizza e le braccia cotte
dal sole, la saliva raggrumata all’angolo delle labbra livide di mare e gli
occhi liquidi come la notte nuda; aveva delle figlie, l’Andrea, due splendide
ragazze dai capelli ricci e lo sguardo divertito, la parlantina sciolta che ben
s’accompagnava al ticchettio delle scarpette nere sull’acciottolato, quando le figge tornavano tra le pietre sgrossate
e più dure degli occhi sfuggevoli della gente di Lugano, con la faccia da tagliaborse.
Anche
Giorgio le guardava, nel suo cantuccio dove l’Andrea, che non era marinaio, ma
faceva una lévre
de cuppi che al
solo vederla lo stomaco faceva una capriola, dove l’Andrea, si diceva, lo
fissava cupo perché non s’avvicinasse d’un solo passo alla Caterina dalla voce
di soprano(1) e all’esotica Jamin-A(2).
Non che si facesse scoraggiare troppo, il
seborghino, anzi, non c’era verso che togliesse loro gli occhi di dosso –Di dosso a loro e alle gambe snelle che
arricciolavano ad ogni passo l’orlo delle gonne- fino a quando un gran sbattere
di porte non annunciava l’arrivo dei marinai.
Allora balzava in piedi, gesticolava, urlava,
chiamava, occhi negli occhi con quello sguardo conficcato di chiodi; seguiva il
dondolio della camminata traballante, si piazzava davanti al più torvo di
tutti, tendeva il collo, strabuzzava un po’ gli occhi e poi li roteava verso il
gruppetto ancora lucido di spuma secca.
-Dunde ne
vegnì, duve l'è ch'ané?- chiedeva, interrogandoli uno per uno con lo
sguardo.
-Da 'n scitu
duve a l'ûn-a a se mustra nûa e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua-
rispondevano sempre e il modo in cui si guardavano l’un l’altro faceva ben
capire agli altri avventori come quella fosse ormai diventata una frase di rito
-Ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse
da u Dria, a a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria(3)-
Giorgio, allora, piegava le spalle con un sospiro,
pagava all’Andrea quanto dovuto per il bianco di Portofino e poi se ne usciva.
Il vento, allora come ogni giorno, lo salutò
scompigliandoli suadente i capelli, il profumo del mare gli sfiorò con dita invisibili
il torace e le braccia, il canto delle onde gli sussurrò una ninna nanna all’orecchio.
U mæ ninin u mæ, u
mæ(4),
cantava, e Seborga serrò le palpebre nel sentire i toni della spuma mutarsi in
una voce dolorosamente famigliare –La voce della Liguria che lo richiamava
senza sosta, da almeno cinquant’anni.
Ma mai, mai, Liguria s’era presentato dall’Andrea,
piazzandosi su quella sedia sgangherata e scrostata che sembrava pronta a
rompersi in ogni momento. Liguria pretendeva, ordinava, obbligava, ma ancora
non aveva mosso un passo per riprendersi quel piccolo territorio sopra Imperia.
E sì che Giorgio, un tentativo di aspettarlo lo continuava a fare.
Lì, nell’osteria dell’Andrea, sedeva in attesa di
compagnia, guardava la Caterina e la Jamin-A per poterne commentare con
qualcuno le loro inappuntabili grazie, si metteva in mezzo ai marinai solo per
vederne spuntare uno in particolare, quello col cappellaccio nero, i capelli
unti e i ciuffi di pelo che spuntavano ispidi e grigi dalle orecchie flosce.
-Ti me
perdunié u magún- intonò, il volto fisso nella direzione dove sapeva
ergersi il profilo allampanato della Lanterna -Ma te pensu cuntru su e u so ben t'ammìi u mä- abbassò il capo -'N pò ciû au largu du dulù(5)-
Calciò via un sassolino dal sentiero e si diresse a
casa, lungo il sorriso ricurvo di una mulattiera di mare.
Note
Finali
Come vedete, praticamente il
paesaggio di contorno è quello della canzone “Creuza de Ma”, di Fabrizio de
Andrè: vi metto qui il link in cui potete leggere sia la versione originali in
genovese che la traduzione: http://www.bielle.org/fabriziodeandre/pages/creuzatxt.htm.
Per le altre note, vi metto qui
alcuni riferimenti alle altre canzoni:
(1) Caterina è il nome della pescivendola
che si sente parlare alla fine della canzone. E’ stata registrata mentre
declamava le sue mercanzie al Mercato del Pesce di Genova, in Piazza Cavour.
Aveva una voce naturalmente impostata in Re Maggiore e non lo sapeva.
(2) Protagonista della canzone
omonima, che segue proprio Creuza de Ma.
(3) da dove venite dov'è che andate / da un posto dove la luna si mostra
nuda / e la notte ci ha puntato il coltello alla gola (…) usciamo dal mare per
asciugare le ossa dall'Andrea / alla fontana dei colombi nella casa di pietra.
(4) Il mio bambino, il mio, il mio (Sidun – Fabrizio de Andrè)
(5) Mi perdonerai il magone / ma ti penso contro sole / e so bene stai
guardando il mare / un po' più al largo del dolore (D'Ä MÆ RIVA – Fabrizio de Andrè)