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Autore: damnitgallagher    16/11/2012    14 recensioni
Sono passati cinque mesi dalla morte del Presidente Snow, dalla fine della ribellione.
Mi piacerebbe dire che tutto è tornato normale, che tutto è tornato come prima.
Ma non e così.
Mia madre se n’è andata, Gale pure, Peeta non c’è.
E Prim, il solo pensiero fa male. Prim non c’e, Prim se n’è andata e non tornerà.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I CAPITOLO

 

Katniss.

 

Sono passati cinque mesi dalla morte del Presidente Snow, dalla fine della ribellione.

Mi piacerebbe dire che tutto è tornato normale, che tutto è tornato come prima.

Ma non e così.

Mia madre se n’è andata, Gale pure, Peeta non c’è.

E Prim, il solo pensiero fa male. Prim non c’e, Prim se n’è andata e non tornerà.


E’ da cinque mesi che sono tornata al Distretto Dodici. Negli ultimi mesi in tanti si sono dati da fare per farlo tornare alla vita, e pian piano ci stiamo, o meglio, ci stanno riuscendo.
I non ho fatto e non sto facendo nulla per contribuire.

Passo le mie giornate accovacciata sul divano, le ginocchia strette al petto e la testa nascosta in mezzo ad esse. 
Non ho ne la forza ne il coraggio di fare altro, perché qualsiasi cosa intorno a me è testimone di ricordi amari: un fiocco azzurro abbandonato in un cassetto, nastro che intrecciavo nei capelli della mia piccola Prim; un barattolo in cui sono rimaste poche foglie secche, le foglie che mia madre aveva usato per curare sia me che Gale, l’inverno scorso;  ogni giorno, al crepuscolo, Peeta mi appare sotto forma di un bellissimo tramonto.
La mia unica compagnia è Ranuncolo, quel vecchio gatto che solo qualche mese fa avrei trasformato in stufato molto più che volentieri, e che ora è diventato una delle cose più preziose che ho. Lui è il mio unico legame con lei, lui è la mia unica famiglia al momento.

Ogni tanto Sae mi porta qualcosa da mangiare e si, se non fosse per lei credo sarei morta di fame. Si prende cura di me, a modo suo, non so perché lo faccia. Forse c’è Haymitch dietro tutto questo, ma non ho intenzione di indagare ulteriormente. 
Oltre a Sae lui è l’unico che si sia mai fatto vivo.

Passiamo molto tempo insieme, anche se non credo che ciò che facciamo si possa definire così, dato che io mi limito a stare sul mio divano e lui se ne sta seduto su una sedia a sorseggiare il suo prezioso liquido bianco. Peeta non sarebbe fiero di lui, e nemmeno di me.

Peeta, oh Peeta, quanto mi manchi. Se fossi qui mi diresti di reagire, mi aiuteresti a reagire.

Penso spesso a lui, più di quanto dovrei. Ma poi ricordo che il mio ragazzo del pane se n’è andato, il ragazzo buono, dolce, premuroso è stato ucciso da Capitol, e sostituito da un ragazzo sperduto, che ha perso se stesso.
Haymitch dice che sta migliorando, che le lezioni con il dottor Aurelius stanno davvero dando grandi risultati. Ma sono già passati cinque mesi, e ormai ho perso la speranza. 

Qualcuno bussa alla porta.

Guardo l’orologio, è mezzogiorno. Deve essere Sae, come ogni giorno. E come ogni giorno aspetta qualche minuto prima di aprire la porta con la copia di chiavi che le ho dato, forse sperando inutilmente di vedermi aprire quella porta, il che sarebbe il segno di un miglioramento.

Ma io non miglioro, e nemmeno mi sforzo di farlo. 
Forse ho paura. Ho paura di affrontare la realtà ed essere costretta ad andare avanti. Non voglio andare avanti. Andare avanti significherebbe lasciarsi il passato alle spalle, ed io non voglio farlo.

Non voglio lasciare Prim, non voglio dimenticarla. Prim, la mia piccola ed innocente sorellina, così buona, così indifesa.. un peso inizia a premere sul mio petto, impedendomi di respirare, sento gli occhi pizzicare e la vista mi si annebbia. 
Devo essere impallidita, perché Sae mi squadra preoccupata. Mi copro il viso con le mani e ritorno nella mia posizione fetale, mi richiudo su me stessa, non voglio che mi veda così. Sae appoggia ciò che ha preparato sul tavolo della cucina e aspetta che io mi alzi, che dia un segno di vita, che mangi qualcosa.

Ma io non ho alcuna fame, quel peso è ancora li, mi opprime, e l’unica cosa che riesco a fare è rimanere immobile.
Sae capisce che nemmeno oggi ho intenzione di alzarmi, e dopo avermi rivolto un'ultima occhiata, con un sospiro esce dalla porta.
Tolgo le mani dal mio viso ed inizio ad inspirare ed espirare profondamente: è così che il dottor Aurelius mi aveva detto di fare per calmarmi, per riprendere il controllo, o almeno credo. So soltanto che anche questo sistema fortunatamente funziona, anche se questa crisi mi ha lasciata senza forze.

Socchiudo gli occhi e in pochi istanti il buio mi avvolge.

Rumori, spari, bombe. Un sacco di bombe piovono dal cielo, mi sommergono, esplodono, io brucio, tutto intorno a me brucia, Prim, Peeta, Gale, mia madre bruciano. E le bombe continuano a cadere.. 
Un forte rumore mi sveglia di soprassalto.

 

Ho la fronte imperlata di sudore, il respiro affannato e le mie mani non smettono di tremare. E così ogni volta che chiudo gli occhi e bombe ed ibridi mi assalgono.

Credo di non essere più riuscita a dormire per più di un paio di ore da quando sono tornata al Distretto, forse è per questo che sono sempre così stanca. 
Spesso mi ritrovo a rimpiangere le giornate passate a Capitol o nell’Arena.

Se qualcuno lo sapesse mi darebbe della pazza, anche se lo fanno già. Ma in quei luoghi con me c'era Peeta, e tra le sue braccia ero in grado di affrontare qualsiasi cosa. Ora Peeta saprebbe calmarmi, lui saprebbe cosa fare per farmi stare meglio.

 

Spalanco gli occhi, aspettandomi di vedere il fuoco intorno a me.

Mi guardo intorno: niente fuoco, niente fumo, le urla sono sparite. Ma quel rumore persiste e proviene da fuori.

Non metto piede fuori casa da molto, molto tempo, ma questo rumore non mi è familiare, e voglio assolutamente scoprirne l’origine. E poi comunque, non sarei in grado di rimettermi a dormire. 
Cerco le mie pantofole, ma non le trovo. Non importa. Sulla sedia ce una vecchia giacca di pelle nera, deve averla dimenticata Haymitch; poco male, la indosso.


Apro lentamente la porta, sbirciando, ma non vedo nulla.

Il rumore proviene dal basso e sono costretta ad uscire per poter vedere.

Fuori il sole splende luminoso nel cielo, devo coprirmi gli occhi per non restare abbagliata. Abbasso lo sguardo verso ciò che credo sia la fonte del rumore.

E ciò che vedo mi coglie assolutamente alla sprovvista.

A pochi metri da dove sono un ragazzo biondo chino a terra  sta piantando dei fiori attorno alla mia casa.

Io so chi è, ma la conferma della sua identità arriva quando i suoi profondi occhi azzurri incontrano i miei: due occhi così azzurri, come il cielo in primavera, così profondi, così dolci, così sinceri, occhi che significano forza e speranza. Sono gli occhi che mi hanno tenuta in vita durante gli Hunger Games, sono gli occhi che mi hanno salvata dalla fame, gli occhi a cui mi sono aggrappata nei momenti più bui.

 

Il mio ragazzo del pane è tornato.

  
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