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Autore: NoxPolaris    16/11/2012    1 recensioni
Lo fece... si buttò. Aprì le palpebre e lo vide... lui.
[...]
"Tranquillo Takanori, non sono qui per farti del male"
"C-chi o cosa sei tu?" trovò il coraggio di chiedergli, senza sapere dove trovasse la forza per reagire a tutto quello.
Lui gli sorrise ancora, distendendo le labbra carnose e stringendo appena gli occhi dallo splendore innaturale, "Io sono Ruki".
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1


La soffitta ingombra era a malapena illuminata da uno spiraglio di luce polverosa che riusciva a stento a sfuggire ai pesanti tendaggi, intenti a preservare il segreto di quella stanza dimenticata. Con cautela,Takanori si diresse a quell’unica finestra, scostandone gli scuri drappeggi e permettendo alla luce del sole di irrompere nuovamente dove, ormai da lunghi anni, non era più di casa.
Parevano passati secoli dall’ultima volta che Takanori aveva messo piede in quel luogo; volgendosi verso la stanza, l’onda dei ricordi lo investì in pieno, trascinandolo nella sua calda corrente, e d’un tratto il tempo non era mai trascorso: lì, proprio su quel tavolo consumato dal tempo, la nonna poggiava il mochi fatto in casa, quello con il ripieno di umeboshi, il preferito di Takanori, per farlo raffreddare; e là, su quella sedia a dondolo abbandonata in un angolo, lei si sedeva ogni pomeriggio, cucendo, leggendo o semplicemente riposando, mentre il sole tramontava oltre la finestra alle sue spalle.
Ogni oggetto, in quella soffitta, portava con sé un potente ricordo e possedeva ancora un’impronta della sua anima, come del resto ogni cosa che le era appartenuta.
Takanori mosse alcuni passi, sfiorando con la punta delle dita il bracciolo della morbida poltrona a fiori dove lei si sedeva prendendolo tra le braccia, narrandogli dolcemente storie antiche quanto il mondo stesso… leggende di Kami e impavidi guerrieri.
Una lacrima calda sfuggì alle sue ciglia, scendendo lentamente sulla sua guancia pallida; tutti quegli oggetti, ora accatastati distrattamente ed impolverati, costituivano la sua infanzia, i suoi primi ricordi.
D’un tratto, gli occhi di Takanori si posarono su di un oggetto estraneo, lungo e stretto; quel qualcosa ricoperto da un lenzuolo bianco si ergeva proprio al centro della stanza, spezzando la dolce corrente dei ricordi. Asciugandosi quell’unica lacrima, Takanori si diresse lentamente verso l’oggetto, curioso, chiedendosi cosa potesse essere.
Esitava. Non sapeva il perché, ma in qualche modo l’idea di prendere quel lenzuolo e farlo scivolare via, svelando il mistero, lo intimoriva.
“Non essere stupido Taka!” si disse dopo alcuni secondi ancora, mentre la sua mano restava sospesa a pochi centimetri dalla stoffa leggera, “Cosa potrà mai essere?!”. Finalmente, riuscendo ad autoconvincersi, si decise ad afferrare il lenzuolo e a tirarlo via; davanti ai suoi occhi increduli apparve un magnifico specchio a figura intera.
Era inspiegabile e bellissimo: la cornice dorata era modellata in eleganti sembianze di farfalle e serpenti, tanto accurati da sembrare creature vere pietrificate per sempre da qualche crudele sortilegio; la superficie riflettente, perfettamente lucida, pareva catturare la luce del sole e farla sua, restituendola attraverso le spire sensuali dei serpenti e le ali delle farfalle, che, d’un tratto, prendevano vita….
Takanori osservò ammirato quello spettacolo di luci e riflessi, quell’oggetto che sembrava più un portale che uno specchio, un portale verso un altro mondo… un mondo lontano ma allo stesso tempo assurdamente a portata di mano.
Le sue dita sottili si poggiarono sulla superficie fredda, raggiungendo il loro perfetto riflesso; gli occhi marroni e dolci si fissarono sui loro gemelli, appena velati dal ciuffo di capelli biondi.
Takanori non ricordava di aver mai visto prima quello specchio: non apparteneva ai suoi ricordi, e per quel che ne sapeva non era nemmeno appartenuto alla nonna…. Chissà chi lo aveva portato sin lì…. Ciò che era sicuro era che era splendido.
Rimase a specchiarsi per alcuni secondi ancora, le labbra carnose leggermente dischiuse, il petto della piccola figura che si alzava ed abbassava lentamente nel respiro.
Era curioso come quello specchio, a differenza di tutto il resto nella stanza, fosse incredibilmente intonso, senza un solo graffio o una sola macchia… sembrava appena uscito dal negozio; ma allora che ci faceva lì?
Takanori stava fissando il muro spoglio oltre la sua spalla, sovrappensiero, quando, con la coda dell’occhio, gli parve di scorgere un movimento sospetto… qualcosa che non avrebbe dovuto esserci: sicuramente si era sbagliato, ma… aveva forse visto i suoi stessi occhi muoversi sullo specchio quando in realtà non li aveva affatto spostati?
Takanori catturò il proprio sguardo, ma non c’era niente di strano, niente di sbagliato: il Takanori di sempre lo fissava a sua volta, come ogni mattina dallo specchio del bagno, restituendogli, ora, un’occhiata stupita e vagamente preoccupata.
Sì… doveva essersi sbagliato! Forse era un po’ stanco; non aveva dormito molto quella notte e la pesantezza cominciava a farsi sentire. Con riluttanza raccolse il lenzuolo e alzandosi in punta di piedi ricoprì l’oggetto.
Lentamente si voltò e si avviò verso la porta dalla quale era entrato, lanciandosi qualche occhiata alle spalle ogni tanto, continuando a tornare allo specchio coperto, quello specchio che ora sembrava un fantasma uscito dai racconti di Halloween per bambini.
Non sapeva perché, ma qualcosa, dentro di lui, era ancora in allerta. Era stupido pensandoci, ma per qualche motivo non riusciva proprio a quietare del tutto il suo cuore.

Qualche giorno più tardi Takanori tornò alla soffitta, in apparenza senza nessun motivo concreto. Semplicemente aveva voglia di rivedere quello specchio, o meglio… ne aveva bisogno…: aveva bisogno di assicurarsi una volta per tutte che quello che gli era parso di vedere fosse effettivamente solo un’allucinazione, uno scherzo della sua mente spossata; e poi c’era qualcos’altro… un qualcosa che nemmeno lui riusciva a comprendere.
Come qualche giorno addietro, si portò d’innanzi allo specchio e, questa volta senza esitare, lo spogliò della sua protezione. Ed eccolo, nuovamente davanti ai suoi occhi, quell’oggetto contenente nient’altro che il suo riflesso, nient’altro che sé stesso.
Takanori tirò un respiro di sollievo; si sentiva un idiota fifone per essersi fatto tutti quei problemi, per aver cercato ogni giorno qualcosa di inesistente su tutte le superfici lucide che aveva incontrato. “Scemo! Scemo! Scemo!!” si disse, ridacchiando.
Poi successe di nuovo; stava fissando il proprio viso, i propri bei lineamenti modellati da un’adorabile sorriso, quando vide distintamente i suoi occhi abbassarsi. I suoi occhi.
Li serrò immediatamente, affondando le mani tra i morbidi capelli biondi.
Come poteva essere un errore questa volta? Come??! Lui li aveva visti…!!
“Calmati Taka!! Calmati!!” le sue mani stringevano tanto da tirare dolorosamente i capelli a cui erano aggrappate, “Non è successo niente!! Andrà tutto bene!! Quello che pensi di aver visto non è reale… non è reale!” e tuttavia, stentava a credere alle sue stesse parole.
Cominciò a fare respiri profondi, lunghi e lenti. Lasciò che i secondi scorressero, che i minuti passassero, rallentando i battiti del suo cuore impazzito. Attese, attese per un tempo che parve dilatarsi all’infinito… ma non poteva restare così per sempre. Doveva aprire gli occhi… indipendentemente da qualsiasi cosa avrebbe visto….
Lo fece… si buttò. Aprì le palpebre e lo vide… lui.
Sperava di vedere il proprio viso sconvolto, gli occhi lucidi, sperava di vedere quel labbro che sentiva fremere incontrollato, sperava di vedere le mani stringere il capo, quasi rischiasse di andare in pezzi come lo rischiava la sua ragione, se non trattenuto. Ma non vide niente di tutto questo.
Lui lo fissava con un ghigno, un ghigno che però non distorceva i suoi lineamenti, anzi, rendeva le sue labbra rosse ancora più sensuali e faceva brillare come gemme quegli occhi scuri, profondi quanto l’inferno stesso; e quelle erano le labbra di Takanori, e quelli erano i suoi occhi, nonostante ormai paressero non appartenergli più….
Le ginocchia del ragazzo cedettero, incapaci di sostenere oltre il suo peso. Cadde a terra, davanti allo specchio, le lacrime ormai libere di scendere sulle sue tenere guance, il cuore stretto in una morsa gelida.
Lui non cadde; abbassò appena il capo, osservandolo divertito, le labbra increspate in un sorriso sempre più ampio mentre alcuni ciuffi di capelli, spostandosi, gli accarezzarono le lunghe ciglia arcuate.
Incapace di trattenerli, alcuni gemiti sfuggirono alle labbra di Takanori; non capiva: vedeva quell’essere nello specchio, ed era reale… si muoveva, lo guardava… ma come era possibile che tutto quello stesso succedendo davvero? Perché?! Perché stava succedendo a lui?!! Perché diavolo era nato in quello schifoso mondo impazzito?!! Perché??!!
E poi, come aveva fatto a non notarlo prima? Come aveva fatto a non accorgersene? Quell’essere era lui, era Takanori, ma al contempo non lo era affatto…: più lo guardava e più si rendeva conto della verità di quella devastante conclusione: lui era uno splendido demone imprigionato nello specchio… un demone che aveva preso in prestito le sue sembianze impregnandole della propria essenza….
I suoi capelli biondi parevano intessuti di luce, così folti e brillanti da sembrare vivi mentre incorniciavano quel volto levigato e dal pallore opaco e perfetto, quel volto nel quale splendevano quegli occhi dall’intensità senza pari, tanto profondi da dare l’impressione che celassero un intero universo al loro interno e da rischiare di risucchiare tutto ciò che Takanori era, come un’implacabile buco nero… e mai quelle labbra erano parse tanto morbide ed attraenti, così come mai il suo piccolo e fragile corpo era sembrato tanto voluttuoso e carico di promesse pur restando immobile.
“Tranquillo Takanori, non sono qui per farti del male” poche parole gentili, fuoriuscite dalla sua bocca come una nenia, la voce bassa e leggermente roca… un tono diverso da quello di Takanori ma inconfondibilmente proprio delle sue corde vocali.
“C-chi o cosa sei tu?” trovò il coraggio di chiedergli, senza sapere dove trovasse la forza per reagire a tutto quello.
Lui gli sorrise ancora, distendendo le labbra carnose e stringendo appena gli occhi dallo splendore innaturale, “Io sono Ruki”.





Ciao!! Questa è la prima ff che decido di pubblicare, nonostante non sia troppo soddisfatta del risultato.
Comunque la mia idea è stata: che succederebbe se prendessi Takanori, ragazzo dolce e tranquillo, e lo mettessi di fronte al Ruki sexy e “indemoniato” del palco?
Questa follia mi è stata ispirata da una canzone bellissima, Mirror of Terror degli A(ace), che, a chi non la conosca, consiglio vivamente di ascoltare!!
Il secondo ed ultimo capitolo è in fase di elaborazione e prometto che cercherò di pubblicarlo il prima possibile! Ovviamente sarò più che felice di sapere cosa ne pensate!!
A presto!! 
  
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