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Autore: Ranpyon    03/06/2007    15 recensioni
La notte di Natale, Ichigo si ritrova da sola a camminare per le strade di Tokyo. Tutto è crollato.
Il suo mondo.
Le sue illusioni.
La sua vita.
Il suo cuore.
Lui.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti i miei lettori!! Sono di nuovo qui, con altre idee da propinarvi e non esiterò a sottoporvele tutte!!
Sono tornata con una nuova Kisshu/Ichigo dato che “Siamo nemici ma il destino ci ha voluto amanti” sta avendo molto successo!

Per ora pubblicherò questo primo capitolo di questa storia.

Diciamo che è una piccola introduzione per mostrarvi ciò che succederà nella storia, in modo che possiate avere un’idea di ciò che vi aspetta (sembra una minaccia… O_O)…

Purtroppo però dovrete aspettare un po’ perché io possa aggiornarla, perché preferisco prima concludere una delle ff che sto pubblicando ora…

Beh, vi lascio al 1° capitolo di “Le conseguenze dell’amore”!

Aspetto di sapere cosa ne pensate!!

Un bacione
Ranpyon

 

Le conseguenze dell’amore

 

 

- Capitolo 1 -

 

Notte.

Nel cielo, limpido e terso, solo la pallida luce della luna che rifletteva la sua ombra sul freddo asfalto delle strade affollate.

Notte.

Una ragazza triste, sola, amareggiata e delusa dalla vita.

Quella cosa per cui si deve essere grati e che ora, invece, era diventata la sua principale fonte di dolore.

Camminava ormai da un paio d’ore con le mani nelle tasche del cappotto che la riparava dal freddo, indifferente a chi le stava intorno e a chiunque le rivolgesse la parola per un qualunque motivo.

Intorno a lei, gente allegra che passeggiava e si fermava ad ammirare le strade addobbate per l’occasione.

Natale.

Quella festività che portava gioia e allegria in ogni casa.

Quella festività che portava gli esseri umani a decorare gli alberi, le strade e persino a costruire cittadine in miniature chiamate presepi.

Perché accadeva tutto quello?

Perché il mondo non aveva smesso di vivere nello stesso istante in cui lo aveva fatto lei?

Perché tutto continuava a scorrere normalmente e la gente intorno a lei sorrideva spensierata, mentre l’unica cosa che riusciva a fare il suo cuore era gridare?

Si fermò in mezzo alla strada, alzando lo sguardo verso l’immensa cattedrale di fronte a lei.

Puntò lo sguardo sull’orologio posto al centro della costruzione e aguzzò la vista.

Le undici e cinquantacinque.

Mancavano cinque minuti a mezzanotte.

Al 25 Dicembre.

Indifferente, scoccò un’occhiataccia alla struttura e si voltò scocciata, incamminandosi.

Il Natale…? Neanche quello aveva più importanza ormai.

Tutto era diventato inutile, da quando…

Accelerò il passo cercando di cancellare quel ricordo dalla sua mente.

Ma credeva davvero di poter cancellare così facilmente una parte della sua vita?

Era impossibile, lo sapeva fin troppo bene.

Quante volte, inutilmente, ci aveva provato…

Quante volte si era detta che, se le cose fossero andate diversamente fin dall’inizio, lei non si sarebbe trovata lì…

Non sarebbe stata sola…

Non sarebbe stata abbandonata dall’unica persona che contava davvero per lei, e per la quale non aveva esitato a mentire, a tradire, a far soffrire chi le stava intorno…

Scosse la testa abbassandola di scatto, fissando i piedi che, trascinandosi, la stavano portando in chissà quale posto…

Non se la sentiva di tornare a casa.

Non voleva tornare lì per poi doversi chiudere in camera per non ascoltare le lamentele di suo padre e le ramanzine di sua madre.

Era stanca.

Era stanca di tutto.

Di dover continuare a vivere mentre lui aveva smesso di farlo già da qualche giorno…

Di doversi comportare normalmente, facendo finta che niente fosse successo…

Di andare avanti…

Sospirò tristemente tirando le mani fuori dalle tasche. Se le portò alla bocca, alitandoci sopra per riscaldarsele, dato che il cappotto non stava affatto compiendo il suo lavoro.

Le strofinò tra loro facendole solo arrossare un po’ e se le riportò in tasca, scocciata.

Si guardò intorno.

Il parco Inohara…?

Quel parco le aveva regalato tantissimi ricordi.

Ricordi belli, brutti, tristi, dolorosi, felici, spensierati… Ma l’ultimo era stato il più doloroso di tutti.

Deglutendo, accelerò il passo e si inoltrò nel fitto bosco, sicuramente deserto a causa del freddo. Camminò per qualche centinaio di metri, mentre, da lontano, sentiva il rintocco delle campane che segnavano l’arrivo della mezzanotte, e quindi del Natale.

Si bloccò e sorrise amaramente.

 

“A quella cosa che hai detto tu… La festa… Il Natale, o come diavolo si chiama…! Andremo io e te, alla cattedrale, a sentire quelle cose che suonano!!”

“Si chiamano campane, Kisshu…”

“Sì, sì, proprio quelle!”

 

Senza che se ne rendesse conto, una lacrima le scivolò lungo una guancia e lei la lasciò scendere.

Le sfiorò le labbra per poi depositarsi sul suo mento…

E cadde a terra.

Ichigo sgranò gli occhi e fissò il suolo sotto di lei.

“Sto… sto piangendo…?” si chiese portandosi una mano sotto l’occhio e raccogliendo un’altra lacrima, che inesorabile, era nata.

Si portò il dito sulle labbra, poggiandole sopra lievemente.

Quante volte aveva sentito il sapore amaro di quelle lacrime…

Quante ne aveva versate per lui in passato… E quante ne avrebbe versate ancora?

Riprese di nuovo a camminare inoltrandosi ancora di più nel bosco. Ormai il suono delle campane non era più udibile e questo fu fonte di un leggero sollievo per lei…

Non voleva sentirsi ricordare quella promessa che non era stata mantenuta. Si guardò intorno, sempre continuando a camminare, spaesata.

Forse si era persa… Si fermò ad osservare il panorama circostante, notando con rammarico che non si trattava altro che di alberi.

Alberi e alberi per centinaia di metri. Aguzzò la vista, sicura che fosse da quelle parti, ma forse trovarlo di notte sarebbe stato impossibile.

Inutile tentare, con il cuore in gola si voltò e ritornò sui suoi passi, pensando all’imminente terzo grado che i suoi genitori le avrebbero fatto vedendola rincasare così tardi.

Ma, come aveva sempre fatto negli ultimi tempi, se ne sarebbe fregata.

In pochi minuti si ritrovò fuori dal parco, in mezzo alla gente che, ancora, passeggiava a chiacchierava allegra in quel mondo che per lei ormai era divenuto solo un’utopia.

Ormai non ne faceva più parte.

Con passo leggero si avviò verso casa, pensando a qualche scusa convincente da raccontare.

Ma, in fondo, il silenzio avrebbe fatto più effetto di mille scuse.

Si ritrovò nella sua strada, di fronte alla porta addobbata con una ghirlanda con su scritto “Merry Christmas”.

“Merry un corno” pensò gettandole un’occhiataccia.
Estrasse dalla tasca del cappotto una chiave e la infilò nella toppa, facendola girare lentamente.

Aprì la porta che emise un leggero cigolio ed entrò sfilandosi gli stivali e poggiandoli al lato del corridoio. Si infilò le pattine e si tolse anche il cappotto, appendendolo all’attaccapanni posto vicino alla porta.

Silenziosamente, si diresse nel salotto con il respiro che man mano si faceva irregolare.

“Sono tornata” proferì facendo il suo ingresso nella stanza.

Il signore e la signora Momomiya sollevarono lo sguardo e la fissarono.

“Scusate se sono tornata tardi” disse immediatamente lei.

Sakura, sua madre, poggiò sul tavolo la rivista di cucina che stava leggendo e si avvicinò alla figlia, poggiandole una mano sulla guancia.

“Ichigo, ma sei gelata! Che ti è saltato in mente di andare in giro con questo freddo?”

“Fino a quest’ora, poi!” esclamò suo padre imitando la donna e avvicinandosi alla figlia.

Ichigo deglutì, mentre sentiva gli occhi che cominciavano a bruciarle terribilmente.

 

“Gattina, ma che ti è saltato in mente?! Lo sai che qui la temperatura è sottozero! Andare in giro con questo freddo…! Certo che vuoi esseri umani siete proprio strani… Masochisti, oserei dire…!”

 

“I-Ichigo…?” la donna, sempre più preoccupata, si voltò verso il marito.

“Shintaro, un fazzoletto, presto” esclamò indicando un mobile posto al lato del salone.

L’uomo obbedì e in un secondo Ichigo sentì sul suo viso una stoffa morbida che le asciugava le lacrime.

Stava piangendo di nuovo…?

 

“Non devi piangere!”
“Ma…”

“No, niente ma, micetta…! Non devi piangere, punto e basta!”

 

“…BASTA!” urlò scattando all’indietro, stanca di tutta quella situazione.

“NON VOGLIO QUESTO GENERE DI PREMURE!! NON VOGLIO NIENTE! NON LE MERITO, PERCHÉ NON HO FATTO NIENTE PER SALVARE LUI!” continuò sempre gridando, rivolta al fantasma di quello che ormai era divenuto il passato.

Si allontanò correndo, lasciando i suoi genitori che si lanciavano occhiate preoccupati.

Loro non sapevano. Non potevano sapere cos’era successo ad Ichigo e forse era meglio per loro non sapere niente.

Si diresse al piano di sopra, entrando nella sua stanza e sbattendo la porta. Lasciò la luce spenta e si gettò sul letto.

“Dannazione… Dannazione…” esclamò affondando la testa nel cuscino.

Erano giorni che la sua immagine la perseguitava.

Era ossessionata dal suo volto serio e malinconico che, anche se con parole indirette, le diceva addio, mentre tutto crollava.

Il suo mondo…

Le sue illusioni…

La sua vita…

Lui…

Era ossessionata dal senso di colpa perché non era riuscita a salvarlo…

Non era riuscita a salvare colui che, prepotentemente e velocemente, era entrato nella sua vita, l’aveva sconvolta, e altrettanto velocemente se n’era andato.

E fino ad ora non aveva mai pianto…

Lui le aveva detto di non farlo e lei era riuscita a mantenere la parola…

Ma vedere tutti che si preoccupavano per lei, che la trattavano con mille riguardi solo perché sapevano che c’era qualcosa che non andava, la faceva stare male da morire.

La faceva letteralmente morire perché lei non meritava tutto quello. Non meritava di essere compatita, aiutata, né tantomeno apprezzata.

Sì, apprezzata, perché, in fondo, quello che aveva fatto era più che giusto.

Certo, giusto per il mondo.

Ma sbagliato per lei.

E forse anche per lui.

Singhiozzò, premendo il viso contro il cuscino e deglutendo a fatica.

Le lacrime ormai scivolavano copiose e non avevano intenzione di smettere.

E neanche lei ne aveva.

Voltò la testa di lato per poter riprendere fiato e singhiozzò di nuovo, tirando su con il naso.

 

“Tranquilla, ti raggiungerò”

“No, non se ne parla!! Io resto con te!”

“Non posso permettertelo!”

“Non sono una bambina, so fare le mie scelte!!”

“Non dico che tu non le sappia fare. Ma la maggior parte delle volte le tue scelte sono sbagliate”

“Ma…”
”Ti amo”

 

Singhiozzò di nuovo, mentre la sua mente era ormai completamente affollata dai ricordi del passato…

E il suo cuore gridava.

 

“E’ inutile che piangi… Le tue lacrime non lo faranno tornare…”

 

 

*** To be continued ***



 

 

Oddio, beh, come primo capitolo è una tragedia greca…

E ascoltare Tiziano Ferro mentre lo si legge, o lo si scrive nel mio caso, non è la cosa migliore ç_ç

Comunque… Lo so, è triste!

Questo praticamente sarebbe l’ultima capitolo di questa ff.. Cioè, tutta la storia sarà un flash back da ricondurre a questo capitolo!

Spero che vi sia piaciuto e che l’angoscia non sia stata troppo, perché devo ammetterlo, ma questo forse è uno dei capitoli più tristi che ho scritto finora.

Quindi beh… commentate e ci vediamo al prossimo aggiornamento, sperando che il blocco dello scrittore non si impossessi di me all’improvviso!

Un bacio

Ranpyon

  
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