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Autore: Plurale Maiestatis    17/11/2012    1 recensioni
" La ragazza si voltò, reprimendo un sorriso compiaciuto. Adesso tra lei e Xanxus c’erano solo il silenzio della notte e una dozzina di cadaveri.
Xanxus la scrutò a lungo. In silenzio. Lei sorrideva, sicura e bellissima come sempre. Rinfoderò le armi.
“Boss.” Salutò, con un rapido inchino solo accennato "
Storia su una ragazza che cerca il suo posto, sulle sue avventure per raggiungerlo e sui risultati dei suoi sforzi!
Buona lettura a tutti voi =)
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Xanxus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La poca luce di una notte di luna calante lasciava largamente spazio all’immaginazione, e i mille rumori del bosco attutivano i lamenti d’agonia degli uomini a terra, inglobandoli nella sinfonia della battaglia ormai in pieno svolgimento.
I tacchi degli stivali affondavano nella fanghiglia e in quella che aveva tutta l’aria di essere materia cerebrale, ma neppure questo fermò il suo incedere sicuro e risoluto verso il lampeggiante chiarore della battaglia poco oltre una barriera di pini e querce.
La ragazza sorrise, assaporando il momento. Aveva aspettato per anni di poter dimostrare il suo valore e, finalmente, entrare nei Varia. Si era allenata con costanza tutti i giorni, aveva appreso le tecniche della spada, la rapidità con le armi da fuoco, aveva studiato ore e ore di filmini dei combattimenti di Bel e rischiato più di una volta la folgorazione tentando di replicare gli attacchi di Levi.
Si era fermata solo alla necrofilia di Lussuria, ma sperava che col resto del suo curriculum e le dodici lingue imparate per l’occasione, il boss (ebbe un fremito soltanto a pensare al suo nome) avrebbe sorvolato su quella sua piccola lacuna.
Ormai poteva sentire distintamente le loro voci. Il proverbiale ‘’VOOOI’’ di Squalo l’aveva accolta già al suo arrivo circa mezzo miglio più indietro, ed ora era talmente forte che solo grazie alle ore passate sotto l’esposizione continua al simulatore degli Squalo-decibel  riuscì a non cedere all’istinto di tapparsi le orecchie.
Impugnò con forza la katana, caricò la pistola e attese.
Aveva atteso per parecchi combattimenti, due risse e una defenestrazione di Squalo, in attesa che i Varia potessero finalmente degnarsi d'aver bisogno di lei. Era rimasta ai margini dello scontro per ore, in silenzio, attendendo di poter entrare in azione.
Adesso, se lo sentiva, quel momento era finalmente arrivato.
Un’imprecazione. Un lampo. Squalo fu a terra.
Lei non gli diede il tempo di rialzarsi.
Fu più rapida di un battito di ciglia.
Il suo corpo scolpito nel completo scelto per l’occasione superò la barriera di rami come se nemmeno esistessero. Nessuno dei suoi lucenti capelli biondi lasciò lo chignon in cui erano stati accuratamente acconciati.
Nemmeno un atomo del suo perfetto make up si scompose mentre, la lama splendente nei fiochi raggi di luna ancora levata in alto, il primo cadavere si riversava sul secondo, alle sue spalle, il quale stava ancora puntando la sua pistola contro Xanxus prima di crollare con un grazioso forellino tra gli occhi.
La ragazza si voltò, reprimendo un sorriso compiaciuto. Adesso tra lei e Xanxus c’erano solo il silenzio della notte e una dozzina di cadaveri.
Xanxus la scrutò a lungo. In silenzio. Lei sorrideva, sicura e bellissima come sempre. Rinfoderò le armi.
“Boss.” Salutò, con un rapido inchino solo accennato, che lasciò appena intravedere la scollatura.
Con la sua voce bassa e carezzevole, Xanxus infine parlò. Ma, con enorme sorpresa della ragazza, non si rivolse a lei, bensì a Squalo che, alle sue spalle, stava arrancando per rimettersi in piedi.
Avrebbe potuto chiedere chi fosse, da dove venisse, quale fosse il suo intento. Lei avrebbe saputo rispondere.
E invece no.
“La pizzeria ha cambiato di nuovo il tizio delle consegne?” Domandò, annoiato, cercando con gli occhi cremisi di individuare la cena.
Per la prima volta in vita sua, lei si sentì profondamente interdetta.
 
D’altro canto, dall’alto della sua consolidata e collaudata conoscenza della psicologia di Xanxus, lei non si era di certo aspettata un’accoglienza da red carpet. Sapeva che per guadagnarsi la stima dei Varia avrebbe dovuto faticare parecchio, quindi prese il fatto che si fossero quantomeno accorti della sua esistenza come un fatto positivo e decise di far buon viso a cattivo gioco.
“Boss. Il mio nome è Giulietta, killer freelance ed esperta di ogni genere di combattimento che nella vostra immensa esperienza possiate mai aver sentito nominare. Sono giunta fin qui per…”
“Giulietta? Quella di D’Annunzio?” Domandò Levi, senza curarsi troppo di averla interrotta.
“Giulietta è di Shakespeare, imbecille! Ma cos’hai nel cervello, le torpedini intorpidite?? Che sei proprio di un’ignoranza plateale!” Anche quella volta, Mammon non lesinò dichiarazioni d’affetto verso il guardiano del fulmine, scatenando la tipica risatina di Bel e uno squasso generale di risate tra gli altri presenti.
Eccetto Xanxus.
Lei incrociò il suo sguardo di fuoco, nell’inespressività più totale del resto del volto. Si ricordò solo allora di rinfoderare la spada, senza degnare di un briciolo di reazione i suoi nuovi (si sperava) commilitoni, decisa a dimostrare al Boss quale fosse il suo valore.
Non importava che la deridessero. Non finchè questo fosse stato il prezzo da pagare per la sua felicità.
“Giulietta, mh? Sei una macchina.” Fu Xanxus a parlare, finalmente.
“Io…Io non…” Lei rimase interdetta, accorgendosi che quella del boss non era una domanda. Era un’affermazione.
Che fare? Dare torto al boss la prima volta che le rivolgeva la parola?
“Ti ho vista in televisione. Giulietta è il nome di una macchina.” Adesso Xanxus sbadigliava.
Lei si sentì dannatamente demotivata.
“Omonimia, Xanxus. Io sono più umana di quanto sembri, anche se in molti mi hanno definita una vera e propria macchina da guerra.” Rispose, usando il tono più lascivo e seducente che trovò nel suo repertorio.
Scelta di parole eccellente, si congratulò con se stessa.
“Peccato. Avresti potuto rallegrare le notti di Gola Mosca, ultimamente ci sembra un po’ giù il ragazzone!” Fu Squalo, come sempre, a terminare le frasi del boss destinate agli estranei, giusto per non fargli sprecare troppo fiato e per non mandare in infermeria Levi in preda a sanguinamenti improvvisi e compulsivi.
Giusto per sicurezza, Bel diede un colpo di piatto con un coltello sul naso del guardiano in questione, che mugolò allontanando e bofonchiando qualcosa che, di certo, aveva a che fare col Bossu.
L’attenzione, finalmente, tornò su di lei.
“Potrei affettare ognuno dei presenti senza che nemmeno ve ne accorgiate, Capitano. Eviti di prendermi per una ragazza da letto, lo dico per il vostro bene e per la vostra utilità.” Prese un breve respiro, si assicurò che la fioca luce della luna la illuminasse al meglio, fece scintillare i denti bianchissimi in un sorriso ammaliante incorniciato dal rossetto rosso e perfetto ed infine si rivolse a Xanxus. “ Avete visto il mio valore, e vi chiedo di essere assunta come vostro guardiano.”
Ecco, l’aveva detto. Ora si poteva aspettare solo due cose: o le avrebbero riso in faccia, o avrebbero ingaggiato con lei un combattimento all’ultimo sangue per vedere di che pasta fosse fatta davvero.
In ogni caso, lei era pronta. Era stata pronta in ogni momento della sua vita per arrivare a fare quella domanda, e sapeva che non c’era persona al mondo più adatta di lei per quel ruolo.
Ma la domanda era: lo sapeva anche Xanxus?
 
Due mesi dopo
 
La vita alla villa dei Varia l’aveva potuta assaporare solamente di sfuggita, ma tanto le era bastata per esserne totalmente affascinata. Aveva trascorso ben trenta secondi da sola in compagnia di Xanxus e ne era uscita non solo indenne, ma con un suo mezzo ghigno stampato nella memoria, una missione in mano e la promessa che quando sarebbe tornata, se sarebbe tornata, le avrebbe dato qualcosa di davvero importante.
Il cuore le salì alla gola, tamburellando come impazzito a quel pensiero. Che si trattasse del suo Ring della Nuvola non c’era dubbio, ma più di una volta mentre condivideva pezzi di stoccafisso con gli inuit o evitava la carica dei bisonti nelle praterie, non riusciva a non sorridere pensando che, in fondo doveva trattarsi di qualcosa di più.
Era il modo in cui l’aveva guardata, come l’aveva trattata, come l’aveva sfidata.
Il suo cuore era definitivamente impazzito. L’aveva capito persino dallo sguardo arcigno di Levi: Xanxus si era innamorato di lei. E lei, beh… Più di una volta passò al setaccio col tablet alcuni siti di abiti da sposa.
Era il suo cuore che voleva darle, e magari un altro anello oltre a quello della Nuvola. Eppure lei non aveva alcuna intenzione di cadere ai suoi piedi appena l’avrebbe visto. Oh no, si era ripassata la scena talmente tante volte nel cervello che ormai sapeva perfettamente come sarebbe andata: lui seduto alla poltrona, gli sguardi sconvolti degli altri guardiani davanti al suo successo, e lei, scintillante e spavalda come sempre, che posa i fogli del rapporto della missione sul tavolo con studiata noncuranza, prima di sorridere a Xanxus e andarsene nella sua stanza, perfetta nella sua divisa dei Varia, ad attendere che lui la seguisse.
Fu con questa certezza matematica in mente che, mentre tutto intorno cominciavano a cadere le prime foglie d’autunno, Giulietta varcò il cancello della villa.
“Boss. C’è Giulietta alla porta.”  Annunciò uno dei sottoposti, uno dei pochi che non erano riusciti a beccarsi i posti migliori nella sala di sorveglianza per godersi lo spettacolo.
“Giulietta?” Xanxus parve pensieroso. “E chi diavolo è Giulietta?”
“La…La ragazza che avete mandato in Alaska e nel Nebraska, mio boss. Quella della pizza…” Il povero malcapitato cercò di rammentarne l’identità a Xanxus, il quale parve ricordare solamente alla parola pizza.
“Mh, sì. Feccia, vammi a chiamare quell’idiota di Squalo, che porti il suo brutto culo qui entro trenta secondi.”
Dicendo così, e senza dare al sottoposto il tempo materiale per domandarsi in base a quali dati il boss potesse apostrofare in tal senso le terga del Capitano, l’uomo schizzò fuori a velocità a dir poco sonica.
“VOOOOOOOOI coglione di un boss che accidenti vuoi??”  Squalo non ottenne altra risposta che un gesto rapido del boss, dopo del quale si ritrovò in mano il ring della Nuvola insieme ad un foglietto di carta.
“No…non vorrai davvero…” Squalo parve spaesato.
Xanxus tornò a tracannare tequila senza troppi patemi d’animo. “Dai l’anello a Mammon, che lo faccia lucidare, quel coso sta diventando spazzatura almeno quanto te. Poi prendi quel cazzo di foglietto, ricordati come si fa a scrivere e segnaci che pizze volete. Manda quella stronzetta della Alfa Romeo a prendere le pizze che ancora ci deve e poi spediscila da Lussuria.
Lo sguardo di Squalo fu alquanto interrogativo.
“Da Lussuria? A fare che?” In effetti, quando qualcuno veniva mandato da Lussuria, difficilmente era per una visita di piacere, e ancor più difficilmente gli addetti alle pulizie della villa riuscivano a scrostare dalle pareti il sangue e i resti di budella che vi rimanevano appiccicati dopo.
Xanxus gli tirò dietro il bicchiere vuoto, giusto per incentivarlo ad agire alla svelta.
“Ho letto il suo curriculum, le mancano nozioni di necrofilia.” Xanxus sogghignò. “ E a Lussuria manca un po’ di allenamento.”



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