Titolo: Miss me
Personaggi: Sebastian Smythe/Thad
Harwood
Genere: Romantico, Triste
Rating: Verde
Avvertimenti: AU, What…if?, Slash
Nda: Ero indecisa se rendere questa storia parte del “Love
me” ‘verse. Alla fine ho deciso che sì, poteva
starci, perché, dopotutto, non è che possono stare sempre a fare cosacce, ‘sti due, no?
Quindi, ecco. Un po’ – ma poco eh – di angst e un
sacco di fluff. Perché, alla fine, Seb non è altro
che un cucciolo bisognoso di affetto.
Temporalmente siamo circa l’anno della quarta serie, anche se nella mia
visione, siamo ben due anni dopo la terza. Va beh, l’importante è che capiate
che Thad è all’Università e Sebastian ancora alla
Dalton.
NB: La canzone che trovate
nella storia è “Start of something good”
dei Daughtry. Dovreste ascoltarla nella lettura,
magari vi trasmetterà qualcosa, come è successo a me.
NB2: La storia fa parte della
ormai celeberrima (?) “Love me” Series. Ci sono alcuni riferimenti, ma penso che potrete
leggere Miss me anche senza le precedenti storie.
A Thalia.
Che dimentica spesso quanto sia fantastica.
Miss me
Thad sollevò lo sguardo dall’enorme tomo su
cui stava studiando, Storia della
cinematografia europea, e osservò per un momento l’orologio appeso alla
parete alla sua destra: segnava le otto e un quarto. Con un sospiro, si voltò
di nuovo verso la scrivania, rassegnato ad almeno un’altra mezz’ora di studio
intensivo.
Proprio in quell’istante,
però, il suono di una chiamata di Skype cominciò a
uscire dalle casse del suo portatile,
leggermente distorto e fastidioso. Thad alzò un
sopracciglio, ma chiuse subito il libro e accettò la chiamata, anche se di
solito Sebastian non lo cercava mai prima delle nove di sera, ormai abituato
alle sue lunghissime ore di ripasso.
Quando la
finestra riuscì finalmente a caricarsi – checché ne dicesse la UCLA, la linea
internet dei dormitori era lenta come un bradipo –, Thad
sorrise all’immagine pixellata e un po’ sfocata di
Sebastian. Gli si strinse il cuore: erano lontani solo da pochi mesi, ma non
passava giorno che non maledicesse l’università, la differenza d’età e Los
Angeles.
“Ciao,” disse, sistemandosi
meglio sulla sedia e facendo una smorfia quando la sua schiena scricchiolò in
modo sinistro. “Come stai?”
Sebastian sospirò
e si passò una mano tra i capelli. Aveva già tolto sia la cravatta che la
giacca, e la canottiera grigia spuntava appena da sotto la camicia leggermente
slacciata. Sembrava sfinito.
“Ehi?” Thad si accigliò. “C’è qualcosa che non va?”
Solo allora
Sebastian sembrò tornare in sé. Si aprì in un piccolo sorriso. “No, va tutto bene.
Sono solo un po’ stanco.”
“Questo lo vedo,”
rispose Thad, ancora preoccupato. “Ma so che ci deve
essere qualcos’altro. Altrimenti non mi avresti chiamato un’ora prima del
solito.”
Sebastian
sbuffò. “Sono così ovvio?”
Thad sorrise. “Sì. Almeno per me.”
Rimasero in
silenzio. Non c’era imbarazzo, né desiderio di aggiungere parole scontante là
dove non servivano. Thad attese, ora più rilassato,
che il suo ragazzo riordinasse le idee e gli dicesse cos’era successo e cosa
avesse in testa. Era sempre stato così.
Ogni tanto,
Sebastian si chiudeva, rimetteva quella maschera di indifferenza e
sfacciataggine che Thad aveva tanto faticato a fargli
scivolare via dal volto, abituato da troppo tempo a risolvere i propri problemi
da solo. Almeno finché Thad non aveva lottato con le
unghie e con i denti per fargli capire che no, non lo avrebbe abbandonato.
Sebastian aveva
fatto tutto ciò che poteva per allontanarlo, all’inizio. Poi era corso dietro
a Blaine per settimane, finché non aveva fatto un
casino troppo grosso, impossibile da riparare. E, nemmeno un mese dopo, la
notizia di un tentato suicidio era stata la goccia che aveva fatto traboccare
il vaso.
Si era spezzato.
E Thad era rimasto lì, forse un po’ intimidito dalla
potenza delle sue emozioni, ma sicuro e con più coraggio di quanto se ne sentisse,
per rimettere insieme i pezzi. Era stato un passo avanti, un piccolo tassello di
quell’enorme puzzle che aveva finalmente trovato il posto che gli spettava.
“Thad?”
Thad tornò alla realtà con un sussulto. “Scusa… stavo solo pensando…”
“A che cosa?”
“A te.”
Sebastian non si
scompose. Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra, illuminando per un
istante anche i suoi occhi e rendendoli di un verde quasi accecante, anche
attraverso la bassa qualità della webcam.
“Ma non stavamo
parlando di me,” continuò Thad. “Sputa.”
L’altro roteo
gli occhi. “Mi stai costringendo, Harwood?”
“Smettila di
evitare l’argomento, ‘Bas, so che c’è qualcosa che
non va.”
Alle sue parole,
Sebastian sbuffò di nuovo. “E va bene…”
Thad approfittò di quel momento di silenzio e
trascinò il portatile sul letto, sistemando i cuscini e trovando finalmente una
posizione più comoda per la sua povera schiena.
“Dovresti
studiare di meno,” commentò Sebastian.
“Dovresti dirmi
cos'è successo.”
“Spaccone.”
“‘Bas!”
“Va bene, va
bene!” Sebastian si prese un attimo, poi continuò, il tono di voce leggermente
più basso. “Hunter.”
Thad soffocò un gemito. Avrebbe dovuto
immaginarlo. “Che ha fatto?”
Sebastian si
strinse nelle spalle. “Le solite cose da… capo dell’universo?
Non lo so.”
“Ha ancora quell’orribile
gatto?”
“Già…” Sebastian si accigliò. “Ha già tentato quattro volte
di mangiarsi Pavarotti.”
“Carino,”
commentò Thad. “Ma stavamo parlando di Hunter…”
“Sei tu che hai
tirato in ballo il felino.”
“‘Bas…”
Sebastian grugnì
e si passò le mani sul viso. “Mi tratta come se fossi l’ultima ruota del carro…” mormorò. “Come se… non lo
so… non fossi neanche degno di pulirgli le scarpe.”
Thad rimase in silenzio per un attimo. L’irritazione
lo colse di sorpresa, prendendolo all’improvviso e facendogli digrignare i
denti. “Sai che non è così, vero?”
“… sì.”
Il silenzio
tornò. Più teso di prima, carico di nervosismo. Thad
si chiese cosa ne era stato di tutta la sicurezza di Sebastian; possibile che
un solo ragazzo fosse riuscito a smontare in così poco tempo diciotto anni di
strafottenza e menefreghismo?
Certo, i fatti
di febbraio lo avevano cambiato. La maschera era caduta, lasciandolo scoperto,
con l’obbligo di mettersi in gioco per tornare ad affrontare il mondo. Ma perché,
in quel momento, a Thad sembrava di osservare solo un
ragazzino spaventato?
Sebastian
abbassò finalmente le mani e sospirò. “So che in me c’è qualcosa…
perché altrimenti tu non mi parleresti e non staresti con me, giusto?”
“Io ti parlerei
comunque.”
Un sorrisino gli
piegò gli angoli delle labbra. “Non posso avere questa conversazione con te!”
Thad si passò una mano tra i capelli,
perplesso. “Perché?”
“Perché tu sei
di parte!”
“Cosa?”
“Ma sì!”
Sebastian si agitò un po’ sul letto,
e per poco non fece cadere il portatile da una parte, tanto che a Thad
venne quasi il mal di mare. “Non mi dirai mai che sono solo uno spocchioso,
vanitoso studentello che…”
“Perché non lo
sei!” Thad lo interruppe subito, ancora più confuso.
“Oh, andiamo.
Sai benissimo che lo sono.”
Thad trasse un respiro profondo e si prese un
secondo per riordinare le idee. “Io… non capisco… perché dovrei dirti quelle cose?”
“Perché sono la
verità?”
“Non sono la
verità, Seb.”
Sebastian si
lasciò sfuggire un sospiro frustrato. “Scusa… è che…”
“Che…?”
Di nuovo
silenzio, e stavolta Thad non riuscì ad aspettare.
“Sebastian, ti prego…”
“Mi manchi,
okay?” Sebastian lo fissò con un’intensità tale da togliergli il respiro,
nonostante la bassa qualità del video. “Mi manchi e…”
“Ehi, ehi,
tranquillo.” Thad poteva avvertire l’agitazione nella
voce del suo ragazzo, e l’ultima cosa che voleva era che Sebastian crollasse in
quell’istante, a troppe miglia di distanza.
Sebastian sbatté
le palpebre e deglutì, ma non aggiunse altro.
“Mi manchi anche
tu…” ammise Thad, sentendo
il proprio cuore battere appena più velocemente. “Non immaginavo che sarebbe
stato così difficile…”
L’altro annuì
con un sorriso amaro. “Già…” Esitò qualche istante,
poi continuò. “Forse sarebbe più facile se noi…”
“Sebastian!” Thad se l’era aspettato, anche se avrebbe preferito evitare
quell’argomento. “Non ho intenzione di starti ad ascoltare mentre mi chiedi di
lasciarti, o mentre tu mi lasci, va bene?”
“Ma…”
“Niente ma. Credevo
che ne avessimo già parlato…”
Sebastian lo
guardò, gli occhi enormi, luminosi e limpidi. “A volte mi chiedo chi te lo fa fare…”
Thad sollevò un sopracciglio. “Fare cosa?
Stare con te?”
“Sì.”
“Abbiamo già
parlato anche di questo, ‘Bas.”
Ed era vero. L’ultima
settimana delle vacanze estive era stata tesa come una corda di violino:
entrambi avevano capito che avevano bisogno di parlarne, ma nessuno dei due
voleva fare la prima mossa. Avevano cercato di dimenticare che presto Thad sarebbe partito per Los Angeles lasciando Sebastian ad
affrontare l’ultimo anno alla Dalton, e l’avevano fatto da soli, lontano dalla
calura estiva, tra baci, sussurri e fruscii di lenzuola.
Tuttavia, quando
il sole era calato sull’ultima giornata di agosto, Sebastian aveva preso in
mano la situazione e aveva chiesto a Thad cosa ne
sarebbe stato di loro due. C’erano state domande su domande, il nervosismo e la
preoccupazione sempre più evidenti sotto il peso di una decisione così grande.
Ma Thad non aveva avuto dubbi. Se Sebastian avesse voluto
lasciarlo andare, allora lui lo avrebbe accettato e se ne sarebbe volato in
California da ragazzo “libero”, altrimenti avrebbe lottato con tutto se stesso
per far funzionare la loro relazione.
Perciò, per lui,
era un discorso chiuso. Non avrebbe accettato una rottura che non fosse
avvenuta faccia a faccia, non attraverso Skype, un
SMS o una semplice telefonata.
“Ti amo, ecco
perché sto con te,” rispose comunque, perché sentiva che Sebastian ne aveva
bisogno. “Ti amo, e nonostante io conosca tutti i tuoi difetti non voglio
lasciarti.”
“Sono così
tanti?” scherzò subito Sebastian, poi si strinse le braccia attorno al corpo, e
a Thad sembrò ancora più giovane.
“Oh, sì. Sei
pieno di difetti, Seb,” confermò Thad.
“Ma è per questo che mi piaci.”
Rimasero ancora
in silenzio, il loro silenzio, quello
tranquillo, leggero, che serviva a entrambi solo per osservarsi a vicenda e
ricominciare ad imparare ogni piccolo dettaglio dei loro visi e dei loro gesti.
O, nel caso di Thad, del sorriso che Sebastian gli
aveva appena rivolto.
“Ho un’idea,”
disse Thad all’improvviso. Si alzò di nuovo dal
letto, lasciando l’altro leggermente confuso, e afferrò la chitarra che teneva
appoggiata accanto alla scrivania. Era la chitarra che i suoi genitori gli
avevano regalato per il suo primo giorno alla Dalton e, anche se aveva cambiato
le corde poco prima di trasferirsi, si vedeva che era vecchia e usata.
Ma era sua, e il fatto che fosse ricoperta
dalle firme e dagli auguri dei suoi vecchi compagni di scuola non faceva altro
che renderla ancora più speciale.
Si prese un
istante per osservare il nome di Sebastian, la sua calligrafia leggermente
spigolosa che faceva bella mostra di sé contro il legno chiaro, poi tornò a
sedere sul letto, sistemando il computer così che Sebastian potesse vederlo.
“Thad?” Sebastian gli lanciò un’occhiata confusa. “Che stai
facendo?”
“Shhh!” Thad gli rispose con un
gesto sbrigativo della mano, facendogli capire che doveva tacere. Pizzicò le
corde un paio di volte, benedicendo il clima della California che gli evitava
di avere le dita gelate tutto il tempo, come invece gli succedeva in Ohio.
Quando i primi
accordi cominciarono ad acquistare un senso, Thad
osservò l’espressione di Sebastian cambiare: un sorriso dolcissimo gli illuminò
il viso, e gli occhi, se possibile, diventarono ancora più luminosi.
Thad cominciò a cantare a voce bassa; le
parole, che ormai sapeva a memoria, sembrarono aleggiare nell’aria, prima di
raggiungere Sebastian, a così tante miglia di distanza.
“You never know…
when you’re gonna meet someone, and your whole wide
world in a moment comes undone…” Thad quasi ridacchiò a quelle parole, perché sapeva quanto
significato avevano, sia per lui che per Sebastian. “You're just walking around… then suddenly everything
that you thought that you knew above love is gone…”
Dopo pochi
istanti, anche la voce di Sebastian si unì alla sua, formando uno strano
duetto, fuori tempo a causa della connessione lenta, ma a Thad
non importava, almeno non finché Sebastian avesse continuato a ricordare quella
canzone.
“You see my
heart, I wear it on my sleeve, ‘cause I just can't hide it anymore…” Thad lasciò che fosse Sebastian a cantare
quelle parole, perché, di nuovo, sapeva quanto fossero importanti.
Avevano
ascoltato per la prima volta ‘Start of something good’ quasi per caso,
durante una tranquilla serata di febbraio. Era una di quelle canzoni che Nick
aveva inserito nella propria playlist senza nemmeno
ricordare che esisteva.
Era stato subito
chiaro a entrambi che quella sarebbe stata la loro canzone; il fatto, poi, che l’avessero ascoltata precisamente
un anno dopo la prima volta che avevano fatto l’amore, beh, era stata solo un
incentivo.
“Cause I don't
know where it's goin'… There's a part of me that
loves not knowin'. Just don't let it end before we
begin…”
Era lì che Thad voleva arrivare. Perché avrebbero dovuto far finire la
loro storia proprio nel momento più difficile? Volevano forse diventare una di
quelle coppie cliché di liceali che non riescono a resistere agli ormoni e alla
lontananza?
Un’occhiata a
Sebastian, però, bastò a farlo rilassare, perché, nonostante i pixel lenti e
maledettamente sfocati, sapeva che il suo ragazzo aveva capito. Avrebbero dovuto
lottare solo per qualche altro mese. Ce l’avrebbero fatta.
“But I'm
starting to believe that… this could be the start…”
Thad sfiorò le corde per le note finali e
chiuse gli occhi per riprendere fiato. Sentiva il cuore correre e gli occhi
pungevano a causa delle lacrime che minacciavano di scivolargli sulle guance,
ma si costrinse a non piangere. Non poteva, stavolta toccava a lui essere
forte.
“Ehm…” Sebastian si schiarì la voce e si passò velocemente
le mani sulle guance, anche se a Thad non sfuggirono
le leggere scie umide che gli avevano colorato la pelle. “È stato…”
“Intenso?”
“Sì…” Sebastian gli rivolse un sorriso timido. “Grazie…”
Thad fece per rispondere, ma il suo cellulare
vibrò all’improvviso, facendolo sobbalzare e minacciando di fargli cadere a
terra la chitarra. Con uno sguardo di scuse rivolto allo schermo del computer,
lo estrasse dalla tasca.
Era un SMS di
Jeff.
(20.54)
Da: Jeff
Ehi, piccioncino. So che starete facendo
tanto bel sesso su Skype, in questo momento. Ma ho
davvero bisogno di riavere possesso di quella che è anche la mia stanza.
Potresti dire a Sebastian di aprirmi la porta e restituirmi le chiavi? Vestito,
possibilmente.
Thad scoppiò a ridere e lanciò a Sebastian
uno sguardo carico di affetto.
“Cosa?” chiese
Sebastian, preso alla sprovvista da quel repentino cambiamento d’umore.
“Jeff chiede le
sue chiavi, e che tu gli apra la porta.”
L’altro lo fissò
confuso per alcuni secondi, poi parve afferrare il concetto. “Accidenti…” esclamò con finto dispiacere. “Mi ero
completamente dimenticato di Sterling!”
“Ho notato, sì…”
Sebastian
ridacchiò. “Sarà meglio che vada da Duvall a riprendermi il mio compagno di stanza…”
Thad annuì. “Sì, è una buona idea.”
“E… grazie, Thad. Davvero…”
“Sebastian…” Thad poggiò la
chitarra a terra. “Quando vuoi.”
Il sorriso che
Sebastian gli rivolse avrebbe potuto illuminare la stanza. “Lo so. Ti amo.”
“Anche io ti
amo.” Thad si avvicinò allo schermo, godendosi per un
ultimo secondo il viso di Sebastian, e poi chiuse la chiamata. Spense il portatile
e lo poggiò sul tappeto, accanto alla chitarra.
Osservò l’enorme
libro di storia del teatro, minaccioso anche da lontano. Poi sbuffò.
“Chi se ne frega!”
esclamò a voce alta, spogliandosi velocemente ed infilandosi sotto le coperte,
la stanchezza che si faceva sentire all’improvviso. Ci avrebbe pensato l’indomani.
Stava quasi per
scivolare nel sonno, quando due SMS in rapida successione lo riportarono alla
coscienza, allungò il braccio verso il comodino e afferrò il cellulare.
(21.26)
Da: Jeff
Grazie, Thaddy.
Il mio letto rischiava di non riconoscermi più!
Thad rise e passò all’altro SMS.
(21.26)
Da: Seb
Non dare retta a neanche mezza parola di
quello che ti dice Sterling. Non è colpa mia, se non
è mai in camera, ma di Duvall. E ricordagli che le pareti della Dalton non sono
così spesse, si sente tutto quello che fanno! Ti amo, buonanotte.
Scosse la testa
con uno sbuffo e si voltò verso la parete. Si addormentò col sorriso sulle
labbra.
Nda:
Okay, è finita. L’ho scritta in mezza
giornata, mi piace e non la cambierei con nessuno smut.
Come sempre, grazie a tutti quelli che perderanno due minuti a
leggere/commentare eccetera XD
Robs, ti voglio bene.
SereILU