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Autore: SereILU    17/11/2012    5 recensioni
Thad/Sebastian | Slash | Rating Verde | Fluff | "Love me" 'verse
Quinta storia della mia serie "Love me", ma, come sempre, può essere letta anche da sola.
Thad è all'Università, a Los Angeles. Sebastian è ancora alla Dalton, per terminare il suo quarto anno. Riusciranno a sopravvivere alla lontananza?
*
“Mi manchi, okay?” Sebastian lo fissò con un’intensità tale da togliergli il respiro, nonostante la bassa qualità del video. “Mi manchi e…”
“Ehi, ehi, tranquillo.” Thad poteva avvertire l’agitazione nella voce del suo ragazzo, e l’ultima cosa che voleva era che Sebastian crollasse in quell’istante, a troppe miglia di distanza.
Sebastian sbatté le palpebre e deglutì, ma non aggiunse altro.
“Mi manchi anche te…” ammise Thad, sentendo il proprio cuore battere appena più velocemente. “Non immaginavo che sarebbe stato così difficile…”
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Love me series'
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Titolo: Miss me
Personaggi: Sebastian Smythe/Thad Harwood
Genere: Romantico, Triste
Rating: Verde
Avvertimenti: AU, What…if?, Slash
Nda: Ero indecisa se rendere questa storia parte del “Love me” ‘verse. Alla fine ho deciso che sì, poteva starci, perché, dopotutto, non è che possono stare sempre a fare cosacce, ‘sti due, no?
Quindi, ecco. Un po’ – ma poco eh – di angst e un sacco di fluff. Perché, alla fine, Seb non è altro che un cucciolo bisognoso di affetto.
Temporalmente siamo circa l’anno della quarta serie, anche se nella mia visione, siamo ben due anni dopo la terza. Va beh, l’importante è che capiate che Thad è all’Università e Sebastian ancora alla Dalton.

 

NB: La canzone che trovate nella storia è “Start of something good” dei Daughtry. Dovreste ascoltarla nella lettura, magari vi trasmetterà qualcosa, come è successo a me.

NB2: La storia fa parte della ormai celeberrima (?) “Love meSeries. Ci sono alcuni riferimenti, ma penso che potrete leggere Miss me anche senza le precedenti storie.

 

A Thalia.
Che dimentica spesso quanto sia fantastica.

 

Miss me

 

 

Thad sollevò lo sguardo dall’enorme tomo su cui stava studiando, Storia della cinematografia europea, e osservò per un momento l’orologio appeso alla parete alla sua destra: segnava le otto e un quarto. Con un sospiro, si voltò di nuovo verso la scrivania, rassegnato ad almeno un’altra mezz’ora di studio intensivo.

Proprio in quell’istante, però, il suono di una chiamata di Skype cominciò a uscire  dalle casse del suo portatile, leggermente distorto e fastidioso. Thad alzò un sopracciglio, ma chiuse subito il libro e accettò la chiamata, anche se di solito Sebastian non lo cercava mai prima delle nove di sera, ormai abituato alle sue lunghissime ore di ripasso.

Quando la finestra riuscì finalmente a caricarsi – checché ne dicesse la UCLA, la linea internet dei dormitori era lenta come un bradipo –, Thad sorrise all’immagine pixellata e un po’ sfocata di Sebastian. Gli si strinse il cuore: erano lontani solo da pochi mesi, ma non passava giorno che non maledicesse l’università, la differenza d’età e Los Angeles.

“Ciao,” disse, sistemandosi meglio sulla sedia e facendo una smorfia quando la sua schiena scricchiolò in modo sinistro. “Come stai?”

Sebastian sospirò e si passò una mano tra i capelli. Aveva già tolto sia la cravatta che la giacca, e la canottiera grigia spuntava appena da sotto la camicia leggermente slacciata. Sembrava sfinito.

“Ehi?” Thad si accigliò. “C’è qualcosa che non va?”

Solo allora Sebastian sembrò tornare in sé. Si aprì in un piccolo sorriso. “No, va tutto bene. Sono solo un po’ stanco.”

“Questo lo vedo,” rispose Thad, ancora preoccupato. “Ma so che ci deve essere qualcos’altro. Altrimenti non mi avresti chiamato un’ora prima del solito.”

Sebastian sbuffò. “Sono così ovvio?”

Thad sorrise. “Sì. Almeno per me.”

Rimasero in silenzio. Non c’era imbarazzo, né desiderio di aggiungere parole scontante là dove non servivano. Thad attese, ora più rilassato, che il suo ragazzo riordinasse le idee e gli dicesse cos’era successo e cosa avesse in testa. Era sempre stato così.

Ogni tanto, Sebastian si chiudeva, rimetteva quella maschera di indifferenza e sfacciataggine che Thad aveva tanto faticato a fargli scivolare via dal volto, abituato da troppo tempo a risolvere i propri problemi da solo. Almeno finché Thad non aveva lottato con le unghie e con i denti per fargli capire che no, non lo avrebbe abbandonato.

Sebastian aveva fatto tutto ciò che poteva per allontanarlo, all’inizio. Poi era corso dietro a Blaine per settimane, finché non aveva fatto un casino troppo grosso, impossibile da riparare. E, nemmeno un mese dopo, la notizia di un tentato suicidio era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Si era spezzato. E Thad era rimasto lì, forse un po’ intimidito dalla potenza delle sue emozioni, ma sicuro e con più coraggio di quanto se ne sentisse, per rimettere insieme i pezzi. Era stato un passo avanti, un piccolo tassello di quell’enorme puzzle che aveva finalmente trovato il posto che gli spettava.

 Thad?”

Thad tornò alla realtà con un sussulto. “Scusa… stavo solo pensando…

“A che cosa?”

“A te.”

Sebastian non si scompose. Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra, illuminando per un istante anche i suoi occhi e rendendoli di un verde quasi accecante, anche attraverso la bassa qualità della webcam.

“Ma non stavamo parlando di me,” continuò Thad. “Sputa.”

L’altro roteo gli occhi. “Mi stai costringendo, Harwood?”

“Smettila di evitare l’argomento, ‘Bas, so che c’è qualcosa che non va.”

Alle sue parole, Sebastian sbuffò di nuovo. “E va bene…

Thad approfittò di quel momento di silenzio e trascinò il portatile sul letto, sistemando i cuscini e trovando finalmente una posizione più comoda per la sua povera schiena.

“Dovresti studiare di meno,” commentò Sebastian.

“Dovresti dirmi cos'è successo.”

“Spaccone.”

“‘Bas!”

“Va bene, va bene!” Sebastian si prese un attimo, poi continuò, il tono di voce leggermente più basso. “Hunter.”

Thad soffocò un gemito. Avrebbe dovuto immaginarlo. “Che ha fatto?”

Sebastian si strinse nelle spalle. “Le solite cose da… capo dell’universo? Non lo so.”

“Ha ancora quell’orribile gatto?”

Già…” Sebastian si accigliò. “Ha già tentato quattro volte di mangiarsi Pavarotti.”

“Carino,” commentò Thad. “Ma stavamo parlando di Hunter…

“Sei tu che hai tirato in ballo il felino.”

“‘Bas…

Sebastian grugnì e si passò le mani sul viso. “Mi tratta come se fossi l’ultima ruota del carro…” mormorò. “Come se… non lo so… non fossi neanche degno di pulirgli le scarpe.”

Thad rimase in silenzio per un attimo. L’irritazione lo colse di sorpresa, prendendolo all’improvviso e facendogli digrignare i denti. “Sai che non è così, vero?”

“… sì.”

Il silenzio tornò. Più teso di prima, carico di nervosismo. Thad si chiese cosa ne era stato di tutta la sicurezza di Sebastian; possibile che un solo ragazzo fosse riuscito a smontare in così poco tempo diciotto anni di strafottenza e menefreghismo?

Certo, i fatti di febbraio lo avevano cambiato. La maschera era caduta, lasciandolo scoperto, con l’obbligo di mettersi in gioco per tornare ad affrontare il mondo. Ma perché, in quel momento, a Thad sembrava di osservare solo un ragazzino spaventato?

Sebastian abbassò finalmente le mani e sospirò. “So che in me c’è qualcosa… perché altrimenti tu non mi parleresti e non staresti con me, giusto?”

“Io ti parlerei comunque.”

Un sorrisino gli piegò gli angoli delle labbra. “Non posso avere questa conversazione con te!”

Thad si passò una mano tra i capelli, perplesso. “Perché?”

“Perché tu sei di parte!”

“Cosa?”

“Ma sì!” Sebastian  si agitò un po’ sul letto, e per poco non fece cadere il portatile da una parte, tanto che a Thad venne quasi il mal di mare. “Non mi dirai mai che sono solo uno spocchioso, vanitoso studentello che…

“Perché non lo sei!” Thad lo interruppe subito, ancora più confuso.

“Oh, andiamo. Sai benissimo che lo sono.”

Thad trasse un respiro profondo e si prese un secondo per riordinare le idee. “Io… non capisco… perché dovrei dirti quelle cose?”

“Perché sono la verità?”

“Non sono la verità, Seb.”

Sebastian si lasciò sfuggire un sospiro frustrato. “Scusa… è che…

Che…?”

Di nuovo silenzio, e stavolta Thad non riuscì ad aspettare.

“Sebastian, ti prego…

“Mi manchi, okay?” Sebastian lo fissò con un’intensità tale da togliergli il respiro, nonostante la bassa qualità del video. “Mi manchi e…

“Ehi, ehi, tranquillo.” Thad poteva avvertire l’agitazione nella voce del suo ragazzo, e l’ultima cosa che voleva era che Sebastian crollasse in quell’istante, a troppe miglia di distanza.

Sebastian sbatté le palpebre e deglutì, ma non aggiunse altro.

“Mi manchi anche tu…” ammise Thad, sentendo il proprio cuore battere appena più velocemente. “Non immaginavo che sarebbe stato così difficile…

L’altro annuì con un sorriso amaro. “Già…” Esitò qualche istante, poi continuò. “Forse sarebbe più facile se noi…

“Sebastian!” Thad se l’era aspettato, anche se avrebbe preferito evitare quell’argomento. “Non ho intenzione di starti ad ascoltare mentre mi chiedi di lasciarti, o mentre tu mi lasci, va bene?”

Ma…

“Niente ma. Credevo che ne avessimo già parlato…

Sebastian lo guardò, gli occhi enormi, luminosi e limpidi. “A volte mi chiedo chi te lo fa fare…

Thad sollevò un sopracciglio. “Fare cosa? Stare con te?”

“Sì.”

“Abbiamo già parlato anche di questo, ‘Bas.”

Ed era vero. L’ultima settimana delle vacanze estive era stata tesa come una corda di violino: entrambi avevano capito che avevano bisogno di parlarne, ma nessuno dei due voleva fare la prima mossa. Avevano cercato di dimenticare che presto Thad sarebbe partito per Los Angeles lasciando Sebastian ad affrontare l’ultimo anno alla Dalton, e l’avevano fatto da soli, lontano dalla calura estiva, tra baci, sussurri e fruscii di lenzuola.

Tuttavia, quando il sole era calato sull’ultima giornata di agosto, Sebastian aveva preso in mano la situazione e aveva chiesto a Thad cosa ne sarebbe stato di loro due. C’erano state domande su domande, il nervosismo e la preoccupazione sempre più evidenti sotto il peso di una decisione così grande.

Ma Thad non aveva avuto dubbi. Se Sebastian avesse voluto lasciarlo andare, allora lui lo avrebbe accettato e se ne sarebbe volato in California da ragazzo “libero”, altrimenti avrebbe lottato con tutto se stesso per far funzionare la loro relazione.

Perciò, per lui, era un discorso chiuso. Non avrebbe accettato una rottura che non fosse avvenuta faccia a faccia, non attraverso Skype, un SMS o una semplice telefonata.

“Ti amo, ecco perché sto con te,” rispose comunque, perché sentiva che Sebastian ne aveva bisogno. “Ti amo, e nonostante io conosca tutti i tuoi difetti non voglio lasciarti.”

“Sono così tanti?” scherzò subito Sebastian, poi si strinse le braccia attorno al corpo, e a Thad sembrò ancora più giovane.

“Oh, sì. Sei pieno di difetti, Seb,” confermò Thad. “Ma è per questo che mi piaci.”

Rimasero ancora in silenzio, il loro silenzio, quello tranquillo, leggero, che serviva a entrambi solo per osservarsi a vicenda e ricominciare ad imparare ogni piccolo dettaglio dei loro visi e dei loro gesti. O, nel caso di Thad, del sorriso che Sebastian gli aveva appena rivolto.

“Ho un’idea,” disse Thad all’improvviso. Si alzò di nuovo dal letto, lasciando l’altro leggermente confuso, e afferrò la chitarra che teneva appoggiata accanto alla scrivania. Era la chitarra che i suoi genitori gli avevano regalato per il suo primo giorno alla Dalton e, anche se aveva cambiato le corde poco prima di trasferirsi, si vedeva che era vecchia e usata.

Ma era sua, e il fatto che fosse ricoperta dalle firme e dagli auguri dei suoi vecchi compagni di scuola non faceva altro che renderla ancora più speciale.

Si prese un istante per osservare il nome di Sebastian, la sua calligrafia leggermente spigolosa che faceva bella mostra di sé contro il legno chiaro, poi tornò a sedere sul letto, sistemando il computer così che Sebastian potesse vederlo.

Thad?” Sebastian gli lanciò un’occhiata confusa. “Che stai facendo?”

Shhh!” Thad gli rispose con un gesto sbrigativo della mano, facendogli capire che doveva tacere. Pizzicò le corde un paio di volte, benedicendo il clima della California che gli evitava di avere le dita gelate tutto il tempo, come invece gli succedeva in Ohio.

Quando i primi accordi cominciarono ad acquistare un senso, Thad osservò l’espressione di Sebastian cambiare: un sorriso dolcissimo gli illuminò il viso, e gli occhi, se possibile, diventarono ancora più luminosi.

Thad cominciò a cantare a voce bassa; le parole, che ormai sapeva a memoria, sembrarono aleggiare nell’aria, prima di raggiungere Sebastian, a così tante miglia di distanza.

You never know… when you’re gonna meet someone, and your whole wide world in a moment comes undone…Thad quasi ridacchiò a quelle parole, perché sapeva quanto significato avevano, sia per lui che per Sebastian. You're just walking around… then suddenly everything that you thought that you knew above love is gone…

Dopo pochi istanti, anche la voce di Sebastian si unì alla sua, formando uno strano duetto, fuori tempo a causa della connessione lenta, ma a Thad non importava, almeno non finché Sebastian avesse continuato a ricordare quella canzone.

You see my heart, I wear it on my sleeve, ‘cause I just can't hide it anymore…Thad lasciò che fosse Sebastian a cantare quelle parole, perché, di nuovo, sapeva quanto fossero importanti.

Avevano ascoltato per la prima volta ‘Start of something good’ quasi per caso, durante una tranquilla serata di febbraio. Era una di quelle canzoni che Nick aveva inserito nella propria playlist senza nemmeno ricordare che esisteva.

Era stato subito chiaro a entrambi che quella sarebbe stata la loro canzone; il fatto, poi, che l’avessero ascoltata precisamente un anno dopo la prima volta che avevano fatto l’amore, beh, era stata solo un incentivo.

Cause I don't know where it's goin'… There's a part of me that loves not knowin'. Just don't let it end before we begin…

Era lì che Thad voleva arrivare. Perché avrebbero dovuto far finire la loro storia proprio nel momento più difficile? Volevano forse diventare una di quelle coppie cliché di liceali che non riescono a resistere agli ormoni e alla lontananza?

Un’occhiata a Sebastian, però, bastò a farlo rilassare, perché, nonostante i pixel lenti e maledettamente sfocati, sapeva che il suo ragazzo aveva capito. Avrebbero dovuto lottare solo per qualche altro mese. Ce l’avrebbero fatta.

But I'm starting to believe that… this could be the start…

Thad sfiorò le corde per le note finali e chiuse gli occhi per riprendere fiato. Sentiva il cuore correre e gli occhi pungevano a causa delle lacrime che minacciavano di scivolargli sulle guance, ma si costrinse a non piangere. Non poteva, stavolta toccava a lui essere forte.

Ehm…” Sebastian si schiarì la voce e si passò velocemente le mani sulle guance, anche se a Thad non sfuggirono le leggere scie umide che gli avevano colorato la pelle. “È stato…

“Intenso?”

Sì…” Sebastian gli rivolse un sorriso timido. “Grazie…

Thad fece per rispondere, ma il suo cellulare vibrò all’improvviso, facendolo sobbalzare e minacciando di fargli cadere a terra la chitarra. Con uno sguardo di scuse rivolto allo schermo del computer, lo estrasse dalla tasca.

Era un SMS di Jeff.

(20.54)
Da: Jeff
Ehi, piccioncino. So che starete facendo tanto bel sesso su Skype, in questo momento. Ma ho davvero bisogno di riavere possesso di quella che è anche la mia stanza. Potresti dire a Sebastian di aprirmi la porta e restituirmi le chiavi? Vestito, possibilmente.

Thad scoppiò a ridere e lanciò a Sebastian uno sguardo carico di affetto.

“Cosa?” chiese Sebastian, preso alla sprovvista da quel repentino cambiamento d’umore.

“Jeff chiede le sue chiavi, e che tu gli apra la porta.”

L’altro lo fissò confuso per alcuni secondi, poi parve afferrare il concetto. “Accidenti…” esclamò con finto dispiacere. “Mi ero completamente dimenticato di Sterling!”

“Ho notato, sì…

Sebastian ridacchiò. “Sarà meglio che vada da Duvall a riprendermi il mio compagno di stanza…

Thad annuì. “Sì, è una buona idea.”

E… grazie, Thad. Davvero…

Sebastian…Thad poggiò la chitarra a terra. “Quando vuoi.”

Il sorriso che Sebastian gli rivolse avrebbe potuto illuminare la stanza. “Lo so. Ti amo.”

“Anche io ti amo.” Thad si avvicinò allo schermo, godendosi per un ultimo secondo il viso di Sebastian, e poi chiuse la chiamata. Spense il portatile e lo poggiò sul tappeto, accanto alla chitarra.

Osservò l’enorme libro di storia del teatro, minaccioso anche da lontano. Poi sbuffò.

“Chi se ne frega!” esclamò a voce alta, spogliandosi velocemente ed infilandosi sotto le coperte, la stanchezza che si faceva sentire all’improvviso. Ci avrebbe pensato l’indomani.

Stava quasi per scivolare nel sonno, quando due SMS in rapida successione lo riportarono alla coscienza, allungò il braccio verso il comodino e afferrò il cellulare.

(21.26)
Da: Jeff
Grazie, Thaddy. Il mio letto rischiava di non riconoscermi più!

Thad rise e passò all’altro SMS.

(21.26)
Da: Seb
Non dare retta a neanche mezza parola di quello che ti dice Sterling. Non è colpa mia, se non è mai in camera, ma di Duvall. E ricordagli che le pareti della Dalton non sono così spesse, si sente tutto quello che fanno! Ti amo, buonanotte.

Scosse la testa con uno sbuffo e si voltò verso la parete. Si addormentò col sorriso sulle labbra.

 

 

 

 

Nda:

Okay, è finita. L’ho scritta in mezza giornata, mi piace e non la cambierei con nessuno smut.
Come sempre, grazie a tutti quelli che perderanno due minuti a leggere/commentare eccetera XD
Robs, ti voglio bene.

SereILU

 

 

   
 
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