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Autore: L Change the World    17/11/2012    2 recensioni
questa è la storia di un uomo e di come un oggetto estremamente semplice abbia cambiato la sua vita in modo indelebile...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo era stellato, e Doran camminava solitario per le strette vie del paese senza pensieri per la testa. Osservava le persone, si fermava in qualche locanda per bere un sorso di buona birra, magari si fermava a chiacchierare con dei conoscenti, e riprendeva la sua passeggiata. Era un uomo bello, alto e forte, invidiato da chi lo guardava, e di ciò ne andava ben fiero. Si era sposato alcune settimane prima con una bella fanciulla del paese, il cui nome era Enna, e lui non aveva mai provato così tanto amore per una donna, e di donne ne aveva avute parecchie nel corso della sua vita. Amava il suo sguardo dolce, la sua pelle delicata, il profumo di fiori di campo che le inondava i lunghi capelli corvini. La guardava ogni giorno come fosse la prima volta,e gli sembrava che ogni giorno diventasse sempre più bella. Nonostante ciò, però, si era ritrovato a lasciarla sola per vagabondare senza meta né compagnia. Stava svoltando l’ennesimo vicolo, quando il suo sguardo si posò su un mendicante in ginocchio per terra: era vecchio, lercio e stanco, innumerevoli erano le rughe sul volto ammaccato, e ben pochi erano i grigi stracci che coprivano il suo corpo malato. Vi si avvicinò piano, lungi dalla ragione di quel suo gesto, poiché Doran non era noto per la sua compassione. “Un mortaio di buona pietra, ser, per sue misere monete di rame. Un mortaio buono…” mormorò con voce esile il mendicante, alludendo ad una piccola scodella di grigia pietra che teneva tra le dita scorticate. “Qual è il vostro nome, vecchio?” chiese Doran. “Io non ho un nome, ser, la povertà mi ha portato via anche quello. Due monete di rame, un mortaio buono…” ripeté il vecchio. I suoi occhi incontrarono per un secondo quelli dell’uomo, e Doran ne scorse un lampo di luce vivida. Sorprendendosene, pagò quattro monete e si prese il mortaio. Rientrò a casa che era ormai notte fonda, e, chiusa la porta dietro di sé, vide sul tavolo della cucina un biglietto. La scrittura obliqua ed ordinata di Enna lo informava della morte del suo caro segugio, e che si era presa il dovere di uscire per seppellirlo nel cimitero, vicino ai suoi famigliari. Sconvolto dal dolore, con ancora in mano il mortaio, pianse lacrime colme di angoscia. Per puro caso, una di queste toccò la superficie del mortaio sotto gli occhi di Doran, e, meraviglia!, questa si trasformò in una grossa perla bianca come la neve e liscia come la pelle di un infante. Doran non credette ai suoi occhi, così prese la perla dal mortaio e la analizzò. L’avrebbe potuta donare alla sua giovane sposa, per conquistarla ancora di più e far accrescere il suo amore per lui. Ma la mente di molti uomini si corrompe facilmente di fronte a cotanta bellezza e purezza, così Doran, accecato dall’avarizia, si sforzò a piangere e a dilaniarsi, e, alla fine, in tasca di perle ne aveva già una dozzina. Nel corso dei seguenti mesi, Doran non rivelò a nessuno il suo segreto, e dovette nascondere perfino alla sua amata Enna il perché i suoi occhi fossero sempre così rossi e lividi. La coppia diventò ricca, comprò una casa fuori dal paese, con animali che fruttavano non poche monete, e degli orti capaci di fare invidia anche al più abile degli agricoltori. Le loro vesti erano di seta in estate e di pregiata lana in inverno, avevano sempre decorose scarpe ai piedi, Enna era così piena di gioielli ed ornamenti che arrivava a pesare il doppio della sua mole, e tutto ciò grazie alla vendita delle perle nate dalle lacrime di Doran. Ma ogni cosa ha il suo prezzo: l’uomo, pur di piangere, fu costretto ad inventarsi le peggio malignità, come vendere le cose a lui più care, gli oggetti sacri di famiglia. Arrivò perfino a bruciarsi la mano nel camino per piangere di dolore, ma soprattutto commise molti atroci omicidi. Un giorno, colto dalla follia e dalla sua ormai indomabile sete d’oro, rapì un bambino dalle braccia di sua madre e lo fece a pezzi con un pugnale da lui rubato. Pianse per due giorni a causa del lacerante senso di colpa, e le perle non gli parvero mai così lucenti e splendide. Molto tempo dopo, esattamente l’anniversario di matrimonio di Doran ed Enna, l’uomo si alzò all’alba, la sua adorata donna che ancora dormiva profondamente. Fece una ricca colazione, si lavò con cura ed indossò il migliore dei suoi abiti, dopodiché salì di nuovo nella sua camera, prese il mortaio in una mano e il suo pugnale nell’altra. Si sedette sulle coperte di pizzo del suo letto, si chinò e diede un lungo e appassionato bacio sulle labbra di sua moglie, le quali si dischiusero in un sorriso assonnato ed incosciente. Fatto ciò, affondò la lama nel ventre di lei con una violenza inaudita, mentre urli e grida dilanianti di diffusero per la casa, rompendo il silenzio. Due ore dopo, Doran stringeva tra le sue braccia il corpo brutalmente mutilato della donna che aveva tanto amato, e la cullava con intensa dolcezza. Il mortaio giaceva sul ventre aperto e ancora sanguinante, e le perle aumentavano…
  
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